TEIQue: Validità ed altri studi

TEIQue: Validità ed altri studi

Petrides e colleghi (Petrides e Furnham, 2003; Petrides, Pita e Kokkinaki, 2007) hanno sottoposto il TEIQue ad un scrupoloso programma di ricerca per testarne le qualità psicometriche e hanno così mostrato che questo strumento dispone di un ottima validità.   In uno studio in due step, Petrides e Furnham (2003) hanno verificato la validità di costrutto.  In una prima parte somministravano ai partecipanti il TEIQue, insieme ad un inventario di personalità, il NEO PI-R di Costa e McCrae (1992). Il NEO PI-R è una derivazione di un altro questionario di personalità, il Big Five, e misura 5 dimensioni basilari di personalità: Neuroticismo (N), Estroversione (E), Apertura all’esperienza (AE), Amicalità (A) e Coscienziosità (C). Dopo un periodo di 5 mesi i partecipanti dovevano affrontare la seconda parte dell’esperimento che consisteva in una procedura d’induzione dell’emozione. In particolare, ai partecipanti venivano mostrati due video uno disturbante ed uno allegro. Il video disturbante mostrava delle immagini dei campi di concentramento dell’Olocausto. Il video allegro invece mostrava degli sketch comici. Entrambi questi video avevano una durata di circa 3 minuti. Inoltre, i partecipanti dovevano compilare un questionario sull’umore, il Profile of Mood States (POMS: McNair, Lorr e Droppleman, 1992), non appena arrivavano, subito dopo il video disturbante e subito dopo il video comico. I risultati hanno mostrato che, in linea con le ipotesi di Petrides e Furnham (2003), le persone che avevano un alta percezione di autoefficacia emotiva erano anche più sensibili alle manipolazioni di induzione dell’umore.  In particolare, solo questi mostravano un deterioramento significativo dell’umore in seguito al video disturbante (mentre non c’erano differenze significative nel miglioramento dell’umore che seguiva il clip comico). Sembrerebbe dunque che persone con un differente EI di tratto differiscano nelle reazioni a stimoli affettivamente carichi. Questo dato in particolare contrasta l’idea che un quoziente emotivo elevato sia universalmente vantaggioso (e.g. Goleman, 1995).

Petrides, Perez-Gonzalez e Furnham (2007) hanno messo ulteriormente alla prova la validità di costrutto del TEIQue confrontandolo anche ad altri strumenti che misurano lo stesso costrutto. Lo strumento scelto per questo confronto era l’EQ-i di Bar-On (1997) che, come detto sopra, misura anche capacità, abilità e competenze che non sono oblique rispetto all’intelligenza emotiva, tuttavia mostra un ottima affidabilità (.90). In secondo luogo, i suoi limiti fattoriali non erano di particolare rilievo in questo studio.

 

Un primo studio prevedeva la somministrazione di questo strumento insieme al NEO PI-R. Inoltre, in questa ricerca venivano testate anche alcune variabili criterio che gli autori si aspettavano essere correlate con l’intelligenza emotiva di tratto. Queste dimensioni erano: ruminazione, soddisfazione della propria vita e strategie di coping (adattive vs. maladattive). I risultati dell’analisi fattoriale hanno mostrato che l’intelligenza emotiva di tratto era un predittore affidabile di tutte questi criteri. Ad una maggiore punteggio sull’EQ-i corrispondeva una maggiore soddisfazione della vita, una minore ruminazione, oltre che a migliori strategie di far fronte alle emozioni. Inoltre, non solo questi punteggi correlavano con le dimensioni più legate all’affettività del NEO PI-R, ma addirittura spiegavano una parte di varianza aggiuntiva rispetto alle altre variabili. In un secondo studio, Petrides, Perez-Gonzalez et al. (2007) somministrarono, al posto dell’EQ-i, il TEIQue. Inoltre, venivano misurate variabili criterio differenti. Infatti, oltre al coping, altri criteri presi in considerazione erano depressione, attitudini disfunzionali, self-monitoring (automonitoraggio), aggressività verbale e fisica, rabbia e ostilità.  I risultati di questo secondo studio hanno portato non solo ulteriore supporto alla validità di costrutto del TEIQue, ma hanno anche portato supporto alla validità convergente, incrementale e discriminante. Infatti, le misure ottenute da questo strumento erano convergenti rispetto a quelle ottenute nel primo studio con l’EQ-i. Inoltre, tutte le dimensioni prese in considerazione correlavano con l’intelligenza emotiva con l’unica eccezione dell’aggressività verbale, forse perché confusa con l’assertività che invece è correlata con alti punteggi. In aggiunta, il TEIQue incrementava la varianza di tutte le dimensioni, con l’unica eccezione della rabbia. Dunque, questi risultati hanno portato ulteriore conferma non solo alla validità di costrutto, ma anche di quella incrementale e convergente del TEIQue. In aggiunta, il fatto che le misure dell’IE di tratto contribuiscano a spiegare la varianza sia di variabili tipicamente cliniche (depressione e abitudini disfunzionali) sia di variabili tipicamente sociali (self-monitoring ed aggressività) mostra la versatilità di questo strumento. Ancora, i risultati presenti supportano anche la validità discriminante del TEIQue e forniscono importanti informazioni inerenti il fatto che l’IE di tratto sia identificabile all’interno dello spazio fattoriale di personalità. Questo studio implicava il NEO PI-R come criterio di confronto, tuttavia Petrides e colleghi (Petrides, Perez-Gonzalez e Furnham, 2007; Petrides, Pita, Kokkinaki, 2007) hanno trovato risultati simili anche utilizzando altri strumenti per l’indagine di personalità, come l’International Personality Disorder Esamination (IPDE; Loranger, Janca e Sanctorius, 1997) e l’Eysenk Personality Questionnaire  (EPQ; Eysenck & Eysenck, 1975). In particolar modo, per quanto riguarda l’EPQ l’intelligenza emotiva di tratto risultava particolarmente correlato a due dei “grandi tre fattori” misurati da questo test, l’Estroversione e il Nevroticismo, ma non per la terza dimensione, lo Psicoticismo. D’altra parte, quest’ultima dimensione è da sempre quella la cui misurazione risulta più problematica (Eysenck, Eysenck e Barret, 1985). Inoltre, anche in questo caso l’effetto dell’autoefficacia emozionale di tratto permetteva di spiegare la varianza di diverse dimensioni anche quando l’effetto dell’EPQ era controllato. Questi risultati sono importanti perché consentono l’inclusione dell’intelligenza emotiva ditratto all’interno dei principali modelli di personalità e mostrano anche che questo costrutto si colloca al livello più basso di queste gerarchie tassonomiche. In secondo luogo, anche le implicazioni per la validità nomologica sono importanti. Infatti, ad un alta intelligenza emotiva sono associate anche una maggiore soddisfazione nella vita e un più frequente uso di strategie di coping adattive per far fronte alle difficoltà. In oltre, alti valori nella percezione delle proprie abilità emozionali sono correlate negativamente con la ruminazione di eventi negativi e strategie non adattive, quali l’evitamento e, dunque, anche una minore predisposizione alla depressione. In un altro studio, ChamorroPremuzic, Bennett e Furnham (2007) hanno mostrato anche che ad un alta autoefficacia emozionale di tratto corrisponde anche una maggiore disposizione alla felicità. In uno studio questi ricercatori somministravano ai loro partecipanti una batteria composta dal TEIQue-SF (Petrides e Furnham, 2006), dall’Oxford Happiness Inventoy (OHI; Argyle, Martin e Crossland, 1989), per la misura della felicità, e il Ten Item Personality Inventory (TIPI; Gosling, Rentfrow e Swann, 2003), per la misura della personalità.

 

Quest’ultimo è una versione di soli 10 item del Big Five. I risultati di questo studio hanno dimostrato che l’intelligenza emotiva di tratto, non solo aveva un effetto positivo sulla felicità, ma era addirittura un predittore significativamente più forte delle cinque variabili di personalità del TIPI. Inoltre il rapporto tra alcune dimensioni di personalità, quali l’estroversione e l’amicalità, e la felicità sembrerebbero essere mediate dall’effetto dell’intelligenza emotiva. D’altra parte, la coscienziosità appare spiegata solo parzialmente dall’autoefficacia emotiva di tratto. Una spiegazione potrebbe essere che le persone che ottengono alti punteggi in C siano non solo più abili a regolare ed identificare le emozioni proprie e degli altri ma siano anche più disposti a lavorare duro per raggiungere i loro obiettivi. Il fatto che ad un alta intelligenza emotiva corrisponda anche una maggior disposizione ad essere felici ha delle potenti implicazioni anche per lo studio dei processi di giudizio e decisione. Infatti, alla felicità sono legate anche una maggior rapidità ed accuratezza nella presa di decisione (Isen e Patrick, 1983) e una maggiore propensione al rischio quando la possibilità di perdere non appare una minaccia per l’umore (Isen, Nygren e Ashby, 1988). Tuttavia, il fatto che le persone con un elevata intelligenza emotiva di tratto siano più sensibili alle emozioni elicitate da uno stimolo affettivamente carico (Petrides e Furnham, 2003) potrebbe portare anche delle conseguenze negative nel processo di scelta. Sevdalis, Petrides e Harvey (2007) hanno dimostrato che ad una alta IE di tratto corrisponde anche una maggiore tendenza a sovrastimare le predizioni riguardanti il proprio stato d’animo. In un esperimento tutti i partecipanti dovevano affrontare un gioco in letteratura noto come ultimatum game (Güth, Schmittberger e Schwarz, 1982). Questo gioco prevede un compito di negoziazione tra un proponente ed un ricevente. Lo sperimentatore generalmente da una somma di denaro al proponente il quale deve condividerla con il ricevente. Se quest’ultimo accetta l’offerta del proponente allora questi possono dividersi il denaro, al contrario se la trattativa si conclude con un nulla di fatto nessuno dei due partecipanti guadagna nulla. In realtà tutti i partecipanti erano assegnati al ruolo di proponente. Prima che il gioco avesse inizio ai partecipanti veniva chiesto che emozioni si aspettavano di provare subito dopo la decisione del ricevente e dopo 5 giorni. In particolare, le emozioni misurate erano il regret ed il disappunto. Quindi venivafatto compilare anche il TEIQue-SF. In un secondo momento subito dopo aver negoziato con il ricevente, che era in un altra stanza, i proponenti apprendevano se il ricevente aveva accettato o no la loro offerta. Per tutti i partecipanti, il feedback sulla trattativa era negativo. Ai partecipanti era chiesto dunque di complilare subito un questionario sugli affetti positivi e negativi, il Positive And Negative Affect Scale (PANAS; Watson, Clark e Tellegen, 1988). I partecipanti sarebbero poi tornati cinque giorni dopo per compilare nuovamente questo questionario. In linea con quanto è stato trovato in altri studi (Loewenstein e Schkade, 1999), tutti coloro che avevano preso parte a questo esperimento tendevano a sovrastimare lo stato d’animo che avrebbero provato se non avessero portato a casa alcuna somma di denaro. Tuttavia, coloro che avevano ottenuto punteggi più alti sul TEIQue-sf riportavano anche una maggiore discrepanza tra il punteggio dell’emozione anticipata subito prima che l’ultimatum game avesse inizio e quella realmente esperita 5 giorni dopo. Il fatto che gli attori decisionali con un’ alta intelligenza emotiva di tratto sovrastimino maggiormente il regret ed il disappunto potrebbe avere delle implicazioni anche per il loro comportamento di scelta. Infatti coerentemente con il fatto che le persone minimizzino il massimo dispiacere possibile (Mellers, Scwhartz, Ritov, 1999), queste persone  potrebbero essere anche meno propense a correre il rischio associato ad un esito negativo di una decisione. D’altra parte, potrebbero essere anche più propense ad anticipare l’emozione positiva associata ad un esito positivo e dunque avere una propensione al rischio maggiore rispetto a chi invece ha un autoefficacia emotiva di tratto più bassa. Il  fatto poi che le persone con un alto IE di tratto mostrino un maggiore deterioramento dell’umore in seguito ad un video che elicita sentimenti negativi (Petrides e Furnham, 2003) e che sovrastimino maggiormente il regret ed il disappunto anticipati legati ad una scelta (Sevdalis, et al., 2007) contrasta l’idea, affermatasi negli anni 90’, che l’intelligenza emotiva di tratto sia una virtù assolutamente positiva (e.g. Goleman, 1995). Infatti se è vero che questo tipo d’intelligenza risulta essere adattiva in alcuni contesti, è anche vero che in altri risulta maladattiva (Petrides, 2011). Resta il fatto che  l’intelligenza emotiva sembrerebbe giocare un ruolo chiave nelle differenze individuali nella valutazione affettiva degli stimoli e dunque anche nel processi di giudizio e decisione. Di conseguenza, anche le implicazioni per lo studio del comportamento altruistico e più precisamente, di quello delle donazioni in beneficenza potrebbero essere interessanti. Per esempio, il fatto che una persona con alto EI di tratto sia più portata ad anticipare le emozioni associate all’esito negativo di una decisione potrebbe significare anche che queste persone siano più propense ad anticipare il regret che deriverebbe se non aiutassero una persona in difficoltà. In accordo con il negative relief state model (Cialdini et al. 1973, 1976) invece queste persone potrebbero anche essere più propense ad aiutare un altro in difficoltà rispetto a chi ha una minore autoefficacia emotiva di tratto. In aggiunta, questo aspetto potrebbe essere amplificato dalla maggiore tendenza all’interesse empatico verso un’altra persona che è associata all’intelligenza emotiva di tratto. Molti studi, infatti, hanno mostrato l’interesse empatico verso una vittima può portare ad una maggiore propensione a comportamenti prosociali (Batson et al. 1978; 1981; 1997; 2007; Cialdini et al. 1987). Ancora più interessante ai fini della presente tesi è il fatto che le persone con un elevato livello di IE di tratto possiedano anche una maggiore abilità nel regolare e gestite le proprie emozioni. Dunque in accordo con quanto dimostrato da Rubaltelli ed Agnoli (2012) queste persone dovrebbero anche rispondere in maniera differente agli affetti contrastanti che si possono generare nel contesto di una decisione di beneficenza. Proprio nel prossimo capitolo verrà mostrato un esperimento che per la prima volta mostra che l’intelligenza emotiva gioca un ruolo fondamentale come moderatore del comportamento della decisione di aiutare.

 

 

 

 

 

Intelligenza emotiva e altruismo: effetto di ripetuti successi ed insuccessi nel comportamento d’aiuto –  © Andrea Righi