Burnout e lavoro emozionale-Ambiti di ricerca futuri: il contagio emotivo
Burnout, lavoro emozionale e ambiti di ricerca futuri: il contagio emotivo
Burnout e lavoro emozionale: Risultati
I risultati dell’Anova Univariata hanno dimostrato che i gruppi con diversa anzianità lavorativa hanno punteggi diversi in relazione alla domanda emotiva, cosi come è possibile riscontrare in tabella, dalla quale ad esempio si evince che i lavoratori con un’anzianità lavorativa che va dai 0 ai 5 anni hanno valori più alti (m=1.72; ds=.68) rispetto ai lavori con un’ anzianità lavorativa oltre i 21 anni (m= 1.47; ds= .82).
Figura 6. Confronto tra operatori con diversa anzianità lavorativa in relazione alla domanda emotiva
Tuttavia le differenze tra i gruppi considerati non risultano significative (F(3,149) = 1.393, sig= 247) per cui non si può attribuire all’anzianità lavorativa la differenza tra questi ultimi, risultato che suggerisce che nonostante l’acquisizione di esperienza, la percezione di stressrelativo alla domanda emotiva rimane invariato.
Per quanto riguarda la seconda ipotesi, i risultati dell’indagine preliminare di correlazione tra la dissonanza emotiva e la soddisfazione lavorativa, hanno rilevato una correlazione negativa tra le due variabili (r = -.186; sig = .022; vedi Figura 5). Sulla base di questo risultato è possibile affermare che, come ipotizzato, all’incrementare della dissonanza emotiva diminuisce la soddisfazione lavorativa e viceversa all’incrementare della soddisfazione lavorativa, diminuisce la dissonanza emotiva. Tuttavia, tale risultato, non permette di affermare che la presenza di dissonanza emotiva comporti una riduzione della soddisfazione lavorativa. Per sostenere tale ipotesi è stata pertanto condotta un analisi della regressione lineare.
I risultati di questa analisi hanno confermato l’esistenza di una relazione lineare negativa tra le due variabili (Beta = -.186, t= -2.32, sig = .022). Osservando il valore di R quadro corretto (R2 =.03), inoltre è possibile affermare che la dissonanza emotiva spiega circa il 3% della varianza della soddisfazione lavorativa.
Per la verifica della terza ipotesi, utilizzando il t-test abbiamo, rilevato che vi sono differenze significative tra le medie delle donne e quelle degli uomini nella frequenza di manifestazioni emotive (t(52) = -3.475; p= .001). Nello specifico, in media le femmine (m= 3.68; ds= .77 ) manifestano emozioni più frequentemente rispetto ai maschi (m= 2.90; ds= .85).
Il secondo confronto effettuato ha rilevato anche una differenza significativa nell’ intensità delle manifestazioni emotive rispetto al genere (t (51) =-2.105; p =.040). Nello specifico i risultati mostrano che in media le femmine (m = 3.102; ds =.998) manifestano emozioni più intense dei maschi (m = 2.526; ds =.873). Si può pertanto considerare verificata la terza ipotesi. Per quanto riguarda i risultati della quarta ipotesi si riportano di seguito i risultati delle tre regressioni lineari effettuate.
Figura 7. Risultati regressioni lineari
Note: **p< .01; * p<.05
La misura di quanto sia buona la previsione dell’insorgenza dell’esaurimento emotivo, della depersonalizzazione e del senso di riuscita professionale che riusciamo ad effettuare conoscendo i valori della regolazione superficiale delle emozioni è fornita dal coefficiente di determinazione R quadrato, i cui i valori variano da 0 a 1, dove zero indica che il modello non aita a conoscere i valori delle variabili dipendenti e 1 che il modello permette di determinare tutti i valori delle variabili dipendenti. In questo caso si sono ottenuti valori relativamente piccoli del coefficiente di determinazione ma comunque significativi. Il che significa che il modello permette una previsione causale delle dimensioni del burnout.
Come si evince dalla tabella il surface acting è un predittore positivo dell’esaurimento emotivo e la percentuale di varianza spiegata è del 13%. La percentuale di varianza spiegata invece sulla dimensione della depersonalizzazione è del 17%. Per quanto riguarda invece l’effetto del surface acting sul senso di riuscita professionale si evince una relazione negativa, per cui per un incremento del surface acting, ci si aspetta un decremento del senso di riuscita professionale. La percentuale di varianza spiegata è del 10%. Pertanto si può considerare verificata la quarta ipotesi.
© Il ruolo delle emozioni in ambito sanitario: Lavoro emozionale e job burnout – Lucia Scotese
Partecipanti
Obiettivi e ipotesi di ricerca
Stress e Burnout: riconoscere i sintomi e prevenire il rischio
Guida ISPESL per gli operatori sanitari
Sul portale dell’INAIL nella sezione dedicata agli approfondimenti è presente una pubblicazione INAIL – ex ISPESL dal titolo “Stress & Burnout“.
La guida vuole essere un contributo al processo di conoscenza e prevenzione dello stress e burnout oltre che uno strumento di formazione degli operatori e di diffusione delle informazioni.
Già da molti anni gli psicologi del lavoro hanno evidenziato che nell’uomo moderno il contesto sociale e lavorativo è quello maggiormente in grado di attivare risposte di stress, sia dal punto di vista comportamentale sia da quello fisiopatologico.
Gli studi che si sono occupati in particolare delle professioni sanitarie (attività che presuppongono un’azione diretta sulle persone e una relazione d’aiuto terapeutico) parlano di un fenomeno di disaffezione al proprio lavoro, chiamato (sindrome dell’operatore “ bruciato” ).
Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate (possiamo considerarlo come un tipo di stress lavorativo).
Generalmente nasce da un deterioramento che influenza valori, dignità, spirito e volontà delle persone colpite.
È una malattia in costante e graduale aumento tra i lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata, ciò non significa che qualcosa non funziona più nelle persone, bensì che si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora.
Molti operatori socio sanitari devono confrontarsi, nel corso della loro esperienza lavorativa, con condizioni di “ stress e burnout” . Dover affrontare una situazione difficile può infatti indurre una reazione di adattamento nel soggetto coinvolto (stress) e quest’ultima può cristallizzarsi in una vera e propria sindrome (burnout).
L’operatore socio-sanitario ne è esposto più di altri lavoratori principalmente a causa della peculiarità dell’utenza per la quale lavora, ma anche per altre cause di diversa origine, come quelle riconducibili alla struttura degli ambienti, ai tempi ed alla organizzazione del lavoro, oppure ai rapporti relazionali con colleghi e superiori o alle non infrequenti ambiguità e contraddizioni relative al ruolo ricoperto, nonché all’insoddisfazione per la remunerazione non sempre gratificante.
Tutti questi fattori agiscono singolarmente e, soprattutto, tra loro associati provocando sovente dei sintomi riconducibili alla sindrome del burnout, come l’apatia, la perdita d’entusiasmo, il crollo delle motivazioni e il senso di frustrazione.
Per questo motivo il burnout deve essere considerata una malattia correlata principalmente all’attività lavorativa e, come tale, da prevenire.
L’indice della guida:
3 Presentazione
5 Introduzione
7 Lo stress: una definizione
11 Cos’è il burnout
13 I sintomi
17 Le cause
23 La prevenzione
27 Qualche consiglio
29 Normativa di riferimento
31 Per saperne di più: bibliografia, contatti e link utili
33 Cosa ho imparato su stress e burnout?
Questionario di auto-apprendimento
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Uno sguardo al fenomeno
Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate (possiamo considerarlo come un tipo di stress lavorativo). Generalmente nasce da un deterioramento che influenza valori, dignità, spirito e volontà delle persone colpite.
È una malattia in costante e graduale aumento tra i lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata, ciò non significa che qualcosa non funziona più nelle persone, bensì che si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora.
Storia del burnout
Il termine burnout in italiano si può tradurre come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”, è apparso la prima volta nel mondo dello sport, nel 1930, per indicare l’incapacità di un atleta, dopo alcuni successi, di ottenere ulteriori risultati e/o mantenere quelli acquisiti.
Il termine è stato poi ripreso dalla psichiatra americana C. Maslach nel 1975, la quale ha utilizzato questo termine per definire una sindrome i cui sintomi evidenziano una patologia comportamentale a carico di tutte le professioni ad elevata implicazione relazionale.
La Maslach definisce il burnout come una perdita di interesse vissuta dall’operatore verso le persone con le quali svolge la propria attività (pazienti, assistiti, clienti, utenti, ecc), una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in persone che, per professione, sono a contatto e si prendono cura degli altri.
Il contatto costante con le persone e con le loro esigenze, l’essere a disposizione delle molteplici richieste e necessità, sono alcune delle caratteristiche comuni a tutte quelle attività che hanno obiettivo professionale il benessere delle persone e la risoluzione dei loro problemi, come nel caso di medici, psicologi, infermieri, insegnanti, ecc..
Negli anni nella sindrome del Burnout sono state incluse altre categorie di lavoratori, tutti quei professionisti o lavoratori che hanno un contatto frequente con un pubblico, con un’utenza, quindi non più solo gli “helper” …, possono quindi far parte di tali categorie tanti liberi professionisti o dipendenti: l’avvocato, il ristoratore, il politico, l’impiegato delle poste, il manager, la centralinista, la segretaria ecc..
Il burnout viene considerato, da molti studiosi, non solo un sintomo di sofferenza individuale legata al lavoro (stress lavorativo), ma anche come un problema di natura sociale provocato da dinamiche sia sociali, sia, politiche, sia economiche; la sindrome può infatti interessare il singolo lavoratore, lo staff nel suo insieme e anche istituzioni (per esempio l’organizzazione dei soccorsi in situazioni di crisi come i Vigile del Fuoco, i Militari, le Forze dell’Ordine ecc.).
Le caratteristiche del burnout
La sindrome del burnout ha maggiore probabilità di svilupparsi in situazioni di forte divario tra la natura del lavoro e la natura della persona che svolge quel lavoro.
Molti contesti lavorativi richiedono una forte dedizione ed un notevole impegno, sia in termini economici sia in termini psicologici e, in certi casi, i valori personali sono messi in primo piano a scapito di quelli lavorativi. Le richieste quotidiane rivendicate dal lavoro, dalla famiglia e da tutto il resto consumano l’energia e l’entusiasmo del lavoratore.
Quando poi successo, conquista ed obiettivi (spesso troppo ambiziosi) sono difficili da conseguire, molte persone perdono la dedizione data a quel lavoro, cercano di tenersi a distanza pur di non farsi coinvolgere e, spesso, diventano cinici.
Il burnout ha manifestazioni specifiche:
In sintesi le dimensioni tipiche del burnout sono:
Le cause del burnout
In genere (ma superficialmente) si ritiene che il burnout sia in primo luogo un problema dell’individuo, le persone manifesterebbero tale disturbo a causa di difetti/caratteristiche del loro carattere, del loro comportamento o nella loro capacità lavorativa (vedi per esempio competenze). In base a questo punto di vista, sono gli individui a rappresentare il problema, e la soluzione sta nel lavorare su di loro o nel sostituirli.
Vari studi hanno dimostrato invece che il burnout non è un problema dell’individuo in sé, ma del contesto sociale nel quale opera. Il lavoro (contesto, contenuto, struttura, ecc) modella il modo in cui le persone interagiscono tra di loro e il modo in cui ricoprono la propria mansione. Quando l’ambiente di lavoro non riconosce l’aspetto umano del lavoro, il rischio di burnout aumenta.
La difficoltà di misurarsi con le proprie emozioni e di conseguenza il non riconoscere il problema con conseguente sentimento di rassegnazione rispetto alla vita sono manifestazioni ben evidenti.
Inoltre il burnout non è affatto un problema che riguarda solo chi ne è affetto, ma è una “malattia” contagiosa che si propaga in maniera altalenante dall’utenza all’èquipe, da un membro dell’èquipe all’altro e dall’èquipe agli utenti e può riguardare quindi l’intera organizzazione.
Alcune delle cause specifiche sono:
Maslach e Leiter (1997) hanno elaborato un nuovo modello interpretativo che si focalizza principalmente sul grado di adattamento/disadattamento tra persona e lavoro. Secondo questi autori la sindrome del burnout ha maggiori probabilità di svilupparsi quando è presente una forte discordanza tra la natura del lavoro e la natura delle persone che svolgono tale lavoro.
Queste discrepanze sono da considerarsi come i più importanti antecedenti del burnout e sono sperimentabili in sei ambiti della vita organizzativa: carico di lavoro, controllo, ricompense, senso comunitario, equità, valori. Maslach e Leiter (1997) hanno ridefinito il burnout come una erosione dell’impegno nel lavoro. Quest’ultimo, secondo gli autori, sarebbe caratterizzato da tre fattori (energia, coinvolgimento ed efficacia) che rappresentano i poli opposti delle dimensioni del burnout: impegno e burnout non sono altro che le due estremità opposte di un continuum.
Fattori che possono determinare la sindrome
Fattori individuali
Caratteristiche di personalità
Inoltre esiste un tratto di personalità che è correlato alla sindrome (il tipo A: ambizioso, competitivo, esigente sia con se stesso che con gli altri, puntuale, frettoloso, aggressivo )
Fattori socio-demografici
Struttura organizzativa
Struttura di ruolo: distribuzione dei compiti e delle funzioni all’interno di una organizzazione
Le tensioni sono generate da:
La sintomatologia
La sindrome è caratterizzata da manifestazioni quali nervosismo, irrequietezza, apatia, indifferenza, cinismo, ostilità delle persone, sia tra di loro sia verso terzi; si distingue dallo stress, (concausa del burnout), così come si distingue dalla nevrosi, in quanto non disturbo della personalità ma del ruolo lavorativo. Dal punto di vista clinico (psicopatologico) i sintomi del burnout sono molteplici, richiamano i disturbi dello spettro ansioso-depressivo, e sottolineano la particolare tendenza alla somatizzazione e allo sviluppodi disturbi comportamentali.
Il soggetto colpito da burnout manifesta:
Tale situazione di disagio molto spesso porta il soggetto ad abuso di alcool, di psicofarmaci o fumo.
Da un punto di vista psicopatologico la sindrome del burnout si differenzia dalla sindrome da disadattamento (sociale o lavorativo o familiare o relazionale), si verifica all’interno del mondo emozionale della persona ed è spesso scatenata da una vicenda esterna.
Per evitare che la sindrome del burnout, deteriori sia la vita lavorativa, sia la vita privata della persona, bisogna intervenire con efficacia.
SEGNI E SINTOMI DELLO STRESS LAVORATIVO
Sintomi fisici
Sintomi psichici
Cosa fare praticamente
Riconoscere la sindrome del burnout non è così facile, spesso si tende a ricondurre il tutto come un problema dell’individuo e non del contesto lavorativo nel suo insieme.
Le organizzazioni quasi sempre ignorano questo problema e questo rappresenta un errore molto pericoloso, in quanto il burnout può incidere pesantemente sull’economia dell’intera organizzazione.
La risoluzione del fenomeno burnout dovrebbe essere affrontata sia a livello organizzativo che a livello individuale, l’organizzazione che si assume la responsabilità di affrontare il burnout, lo può gestire in modo garantirsi il proprio personale produttivo nel tempo.
Un’organizzazione che agisce a sostegno dell’impegno nel lavoro è un’organizzazione forte.
L’aiuto maggiormente efficace per la singola persona è sicuramente un intervento da parte di un professionista competente in materia che possa fornire strumenti cognitivi, favorire una maggiore comprensione/consapevolezza del problema, aiutare a comprendere le relazioni esistenti tra il comportamento personale, il proprio vissuto ed il contesto di vita e lavorativo, modificare il proprio comportamento e i propri atteggiamenti in coerenza con quanto acquisito.
Ma tali interventi sul singolo non sono semplici: il singolo può avere difficoltà a rivolgersi ad uno psicologo per farsi aiutare, ciò a causa sia di pregiudizi verso la categoria di professionisti che si occupa di tali problematiche, sia perché spesso non è in grado di chiedere aiuto e/o si imbatte in altre categorie di professionisti non competenti in tali materie. Purtroppo ancor oggi molti preferiscono pensare di avere un problema organico invece di accettare l’idea di poter avere un problema psicologico anche se causato da fattori esterni.
Interventi per fermare/ affrontare/superare/prevenire il burnout
In letteratura ci sono molte strategie per la prevenzione del burnout. Anche la Maslach indica la necessità di focalizzarsi sia sull’individuo sia sul luogo di lavoro.
Oggi il burnout rappresenta un rischio troppo elevato per ogni contesto organizzativo: i costi economici, la produttività ridotta, i problemi di salute e il generale declino della qualità della vita personale o lavorativa (tutte possibili conseguenze di questa sindrome) sono un prezzo troppo alto da pagare.
E’ dunque consigliabile l’adozione di un approccio preventivo per affrontare il problema burnout.
Il modo migliore per prevenire il burnout è sicuramente puntare sulla promozione dell’impegno nel lavoro. Ciò non consiste semplicemente nel ridurre gli aspetti negativi presenti sul posto di lavoro, ma anche nel tentare di aumentare quelli positivi. Le strategie per aumentare l’impegno sono quelle che accrescono l’energia, il coinvolgimento e l’efficacia, sostenendo i lavoratori, permettendo loro di affermarsi tra i loro colleghi, lasciando loro dell’autonomia nelle decisioni da prendere ed offrendo loro un’organizzazione del lavoro chiara e coerente, ecc.
Esempi di azioni :
Azioni possibili a livello individuale:
Azioni possibili a livello sociale:
Azioni possibili a livello istituzionale:
Altri esempi … (.. dimensioni su cui influire per prevenire lo stress..)
A livello organizzativo sono necessarie strategie volte a promuovere l’impegno professionale e l’armonia tra operatore e posto di lavoro, di seguito alcuni esempi:
Dr. Andrea Castello – Dr.ssa Irene Borgia
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