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Cos’è lo stress

Lo stress

“L’eliminazione dello stress sarebbe equivalente alla morte.”(Selye,1936)

Cos’è lo stress 

Il termine “stress” deriva dal latino “stringere” (legare strettamente, spremere con forza), dalla stessa radice viene anche la parola “strain” più usata nel senso di sforzo doloroso, peso, affanno, lotta. In ingegneria, i due termini hanno conservato il loro rapporto semantico di causa, noto anche come stress, ed effetto, noto come strain. In psicofisiologia invece, si distinguono anzitutto due diverse forme dello stress biopsicosociale: lo stress positivo o eustress, nonché una reazione fisiologica di adattamento a condizioni o eventi ambientali, e lo stress negativo o distress, cioè quella condizione di squilibrio (reale o percepito) tra pressioni o richieste ambientali e le capacità e risorse individuali a farvi fronte. In entrambi i casi, lo stress comprende una risposta ad esigenze poste all’organismo: tali esigenze possono superare i limiti di ciò che l’individuo può affrontare oppure restare in tali limiti. Nel secondo caso, la mobilizzazione e l’uso di risorse personali può aumentare le capacità adattative dell’individuo (Sibilia, 2010).

Da un punto di vista teorico il meccanismo alla base dello stress e le relative conseguenze sull’organismo risalgono a Darwin (1872) che descrisse le manifestazioni somatiche degli stati di attivazione emozionale e comportamentale tra cui: la tachicardia, la sudorazione, la dilatazione pupillare etc. (Prunetti, 2010).

I successivi pionieri degli studi sullo stress furono Cannon (1915) e successivamente Selye (1936). Cannon (1915) iniziò le sue ricerche servendosi dei raggi X per osservare il processo di digestione negli animali. Durante gli esperimenti in un animale sottoposto a stress il processo digestivo si interruppe; ciò gli suggerì alcune ipotesi sulle risposte con cui l’organismo reagisce a situazioni come il pericolo, la paura ed il dolore. Da qui introdusse la teoria del “fight or flight response” per la quale l’uomo risponde alla percezione di una minaccia con una attivazione rapida del sistema nervoso autonomo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Il sistema nervoso autonomo è costituito da una componente detta simpatica, che entra in azione quando c’è necessità di mobilitare le risorse dell’organismo, e da una componente chiamata parasimpatica che invece ha il compito di ripristinare le risorse spese durante l’azione. Ipotalamo, ipofisi e surrene sono parte del sistema endocrino che hanno la funzione di rilasciare ormoni che alterano il metabolismo durante l’attivazione simpatica. Il risultato finale di entrambe le vie è il rilascio di ulteriori ormoni che inducono, nella maggior parte dei casi, un’azione motoria che può essere la fuga (flight) o l’attacco (fight) (Cannon, 1915).

Selye (1936) riprese gli studi di Cannon, introducendo per la prima volta in ambito psicofisiologico il termine “stress”, tanto da essere noto in America come “Dottor Stress”. Dai suoi esperimenti con i topolini emerse che, indipendentemente dal tipo di sostanza somministrata (batterio o tossina) o di procedura nociva (eccesso di caldo o di freddo) applicata al topolino, era possibile identificare tre fasi della risposta (allarme, resistenza, esaurimento): ciò diede origine alla “sindrome generale di adattamento” (General Adaptation Syndrome, GAS), caratterizzata da precise modificazioni a carico degli organi dell’animale. Il dato più interessante fu che anche uno stress psicologico (la visione di un predatore o l’immobilizzazione in una gabbia stretta) poteva causare la medesima sindrome (Selye, 1936). 

La successiva ricerca di Selye (1946) si concentrò sullo studio dell’adattamento dell’organismo animale e umano ai diversi tipi di agenti stressanti (tossici, fisici e psichici). Lo stress poteva così essere prodotto da un’ampia ampia di stimoli denominati “stressor”, i quali producevano essenzialmente la medesima risposta biologica. La sindrome generale di adattamento prevedeva così tre fasi: 

  • Fase di allarme: in cu si hanno reazione di allarme sostenute da attivazioni neurovegetative con il rilascio di adrenalina e noradrenalina, permettendo così una rapida reazione del sistema nervoso autonomo che innesca un insieme di cambiamenti fisiologici che hanno come scopo l’autoconservazione. Negli animali questo è il momento del pericolo e dell’attacco.
  • Fase di resistenza: l’iperproduzione di cortisolo continua, mentre l’organismo è impegnato nel fronteggiare lo stressor. In questa fase si assiste ad un progressivo adattamento dell’organismo ed un progressivo recupero dell’omeostasi.
  • Fase di esaurimento: questa fase prende piede quando l’esposizione all’agente stressante si protrae eccessivamente. La corteccia surrenale entra in uno stato di esaurimento funzionale. I cambiamenti psicofisici che si producono nell’organismo durante questa fase, danno origine a modificazioni patologiche.

È opportuno aggiungere che in relazione a come gli stressor vengono percepiti, può subentrare la mobilitazione globale delle risorse energetiche dell’organismo, in cui gli eventi che minacciano la sopravvivenza stessa dell’individuo richiedono una risposta immediata e potente; oppure può sopraggiungere l’ansia, quando la minaccia non è immediata e oggettiva, ma è una aspettativa di minaccia. Lo stress del primo tipo di per sé non è dannoso, anzi: di fronte a un reale pericolo immediato può salvare la vita, innescando risposte altrettanto immediate ed energiche: risposte di attacco o di fuga (in inglese: fight or flight). Ma nel caso in cui la minaccia sia di tale entità da provocare uno shock emotivo (come quando l’individuo si trova coinvolto in una situazione disastrosa o catastrofica), il risultato può essere quello del Disturbo Post-Traumatico da Stress.Lo stress disadattivo più frequentemente si verifica quando la situazione stressogena diventa abitudine, subentrando così una tendenza alla preoccupazione, uno stato d’ansia perdurante. Viene definito sindrome di attivazione perché una costante attivazione delle risorse dell’organismo è logorante e, alla lunga, produce danni: i cosiddetti disturbi da stress (Anchisi e Dessy, 2008).

Per Selye (1976) lo stress è “l’essenza della vita”, non è un fenomeno legato all’emergenza: ci può essere una buona o una cattiva gestione dello stress (rispettivamente, eustress e distress). Nel caso del distress, ciò che è negativo non è la risposta allo stimolo, ma i sentimenti negativi che l’accompagnano. Sono i sentimenti negativi che di per sé procurano danno (Anchisi e Dessy, 2008). Il concetto strettamente connesso a questa visione è quello di “adattamento”, il quale presuppone modificazioni fisiologiche o patologiche (malattie da disadattamento). Per designare questo processo dinamico, Selye coniò il termine eterostasi (Bottaccioli,2006). 


© Il Burnout negli insegnanti – Federica Sapienza


 

Il burnout negli insegnanti

Introduzione

Quando le richieste provenienti dall’ambiente esterno spingono costantemente l’individuo a fornire prestazioni superiori al normale, è possibile che si venga a creareuno squilibrio che può essere definito “stress”. Selye (1936), uno dei più grandi studiosi dello stress, lo definì come “una condizione aspecifica in cui si trova l’organismo quando deve adattarsi alle esigenze imposte dall’ambiente”, ossia una reazione che ognuno di noi ha di fronte a diverse richieste, difficoltà o prove.

Esso è parte del nostro vivere; ha valenza positiva (eustress) quando è caratterizzatoda una durata breve, mentre diventa nocivo (distress) nel momento in cui si protrae per lunghi periodi di tempo.

A tal proposito,una o più condizioni stressogene, se particolarmente intense o protratte nel tempo, possono indurre l’ormai nota sindrome del burnout (Maslach, 1982). Questo fenomeno avviene quando si creano due forti discrepanze tra alte richieste del lavoro e la persona che lo svolge, creando così alti livelli di stress cognitivo, emotivo e sociale, vissuti come ingestibili (Rossati & Magro, 1999).

Secondo un primo modello del burnout di Maslach (1982), la sindrome è caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.

I sintomi dell’esaurimento psicofisico riconducibili al burnout sono dati da: insonnia e disturbi da somatizzazione (ad es. cefalea, disturbi gastrointestinali); un rilevante senso di affaticamento dopo il lavoro ed alta incapacità di concentrazione. La depersonalizzazione si manifesta invece con: atteggiamenti colpevolizzanti nei confronti degli utenti; cinismo; perdita di sentimenti positivi verso gli utenti (ad es: respingere le telefonate); assenteismo e resistenza a recarsi a lavoro. La ridotta realizzazione professionale si associa al disinvestimento, al senso di fallimento personale e professionale.  

Secondo alcuni autori sembrano essere più esposti al burnout coloro che possiedono una ridotta resistenza individuale agli stimoli (nota come hardiness), la quale permette di reagire alle sollecitazioni con tenacia (Marck, 1990). La personalità hardy possiede tre caratteristiche:  •è consapevole del proprio ruolo nella società e del significato attribuito alla propria esistenza

  • percepisce le novità come stimolo anziché come insidia
  • sente di poter controllare gli eventi senza esserne sopraffatto.

Il burnout degli insegnanti è stato ampiamente discusso a livello internazionale. Fino ad oggi sono stati ottenuti dei risultati sovrapponibili riguardo al burnout degli insegnanti appartenenti a Paesi diversi (Chan, 1995; Manthei, 1988); dai essi è possibile dedurre che il burnout si classifica come un fenomeno psicosociale molto complesso, in cui entrano in gioco fattori di rischio personali, relazionali e ambientali.


© Il Burnout negli insegnanti – Federica Sapienza


Emergency Evacuation: Discussion

Emergency Evacuation: Discussion

 

The aim of this exploratory pilot study was to shine a light on the resource of leadership during an emergency situation. For this reason we proposed some hypothesis that regard connections between some variables that we believe can play an important role during emergencies. We took into account transformational leadership, knowledge about the emergency plan, positive attitude toward emergency plan, self-confidence and the team emergency response.

As predicted by hypothesis 1, higher levels of transformational leadership correspond to higher levels of self-confidence. The significant positive correlation we found supports our idea that transformational leaders will feel confident also during the emergency situation.

Also hypothesis 2 has been confirmed. Indeed, the statistical analysis shows that leaders who have a deeper knowledge about the emergency plan report higher levels of self-confidence. This means that being familiar with the procedures to following in case of emergency allow leaders to feel more confident when the dangerous situation really takes place.

In the same way, having a positive attitude toward the emergency plan is another key variable that positively affects the level of self-confidence. In fact, the correlation analysis has shown that the hypothesis 3 received statistical support: if a leader thinks that the emergency plan is understandable and safe, he/she will feel more sure about how to lead the situation.

The level of self-confidence, at the same time, affects the team emergency response. The correlation matrix, indeed, shows that there is a statistically significant positive correlation between the self-confidence and the team emergency response (hypothesis 4). This means that self-confident leaders have a positive effect on their team members during the emergency, leading them to perform the most appropriate actions.

Moreover, the correlation matrix shows two other relationships that haven’t been taken into account in the research questions chapter. The first one is that positive attitude toward the emergency plan and knowledge about it are strongly positively correlated. This finding is not surprising. Indeed, only if a leader knows the emergency plan he/she will develop a positive attitude toward it, or, on the contrary, only if a leader thinks that the emergency plan is important he/she will be motivated to read and memorize it. The second relationship that emerged from the correlation matrix is that knowledge about the emergency plan is directly and positively correlated to team emergency response. This means that leaders who have a good level of knowledge about how to behave in case of emergency have a positive effect on the emergency performance of their teams, probably suggesting them the right things to do in order to face the hazard.

The model we proposed, with transformational leadership, knowledge about the emergency plan and positive attitude toward it predicting the level of self confidence hasn’t received support from the statistics analysis (hypothesis 5). Indeed, differently to what we thought, knowledge is not a significant predictor. On the other hand, transformational leadership and positive attitude received statistical support. Surprisingly, this means that knowing what to do in case of emergency doesn’t have a predicting effect on the level of confidence in leading the same emergency. Coherently with what we supposed, instead, leaders who adopt a transformational style of leadership and, at the same time, have a positive attitude toward the emergency procedures will experience higher levels of self-confidence during the emergency.

Not even hypothesis 6 has received statistical support. Indeed, there is no statistical significance for the moderator effect of self-confidence in the relationship between transformational leadership and team emergency response.  This could be due to the small sample we used for this pilot study, or maybe truly there is not a significant effect between these variables. Nevertheless further researches are needed to give light to these topics, because there is a gap in the literature so far.

The descriptive analysis provided in this study depict a positive scenario of the emergency management in the organization considered.

Most of the immediate actions performed during the shock were pertinent with the ones suggested in the evacuation plan, like sheltering under the table. Also the team emergency response described by the leaders is positive: the most rated item regards the management of the situation as a team and the clarity of the leadership role. Less than the half of the participants reported that they needed to encourage someone which wasn’t calm and only a quarter of them had to convince someone to leave the building. These are both good indicators of the members performance. Team evacuation behavior can be also be considered positively: the items that received the higher rates regard the safely use of emergency exit in a reasonable time. Most of the leaders reported to have only a little bit of difficulties in leading the situation, and the mean of the self-confidence level was quite high (almost 70%). Results are really positive also taking into account leaders’ knowledge about the emergency plan (the mean of each itemis over 2.46 on a maximum of 3), and leaders’ attitude about it, which is quite positive (the mean of each item is over 3 on a maximum of 4). Moreover, asking about the effectiveness of a list of actions, the answers are pertinent with what the emergency plan recommends. Finally, drills are perceived quiet important or extremely important by eight out of ten leaders.

All this descriptive data enrich our comprehension of the situation happened in the organization we considered as well as this study that aimed to give a description and clarify the leader’s perspective during an emergency evacuation. Nevertheless, there are some limitations that affect this research.

The first one regards the number of participants which is too small. For this reason it could be useful to repeat the study with a bigger number of respondents and retest the 5th and 6th hypothesis that haven’t be statistically supported. It could be also interesting to collect participants from different firms and companies instead that from the same organization.

Another weakness of this paper is that leaders’ knowledge about emergency plan is assessed through questions to the leaders so the measure couldn’t be objective. It would be better to assess their level of knowledge through another questionnaire. For example, it could be more objective to verify if the respondents really know the content of the emergency plan (for example “according to the evacuation plan, where is the nearest emergency exit from your office?”), instead of asking the level of the agreement on the item “I know the emergency plan in case of evacuation”.

Also other type of variables present the same problem of objectivity. Team emergency and team evacuation response are assessed through questions to the leaders, so the measure could not be completely reliable. Also in this case it would be better to use another specific questionnaire able to assess objectively the level of team emergency and evacuation response. As an alternative these variables can be also assessed through some specific drills. Another idea could be to distribute these two scales to a sample of teams’ members as well and then confront their answers to leaders’ ones.

Finally, another factor that has to be taken into account is that social desirability bias is it likely to affect our data. This is because our sample is composed of managers and leaders that can be motivated to answer in a way to ingratiate the company or the employer, faking the results.

The present study is just an exploratory research, but it gives some interesting starting points that would be interested to be examined in depth. Further research is needed to clarify the questions raised in this report. For example, there are no studies analysis leadership in evacuation that take into consideration leadership styles. Also self-confidence is an aspect generally neglected in this field of study. Nevertheless, it is two factor are both involved during the evacuation process.

This study reaffirm, once again, the crucial importance of the psychological issues in evacuation management.  There are many questions that still have to be answered due to the complicated evacuation setting which involves individual, social and environmental factors. Nevertheless, continuing collecting data is of utmost importance to develop a comprehensive model of human behavior in evacuation. Psychological findings will be then added to engineering measures in the evacuation models that are really useful tools to predict time needed to exit buildings. Only with this synergy in efforts workers’ security in the workplaces would be pledged.

 

©  – MANAGEMENT OF AN EMERGENCY EVACUATION: A LEADER’S PERSPECTIVE – Sara Colangeli

Relationships between variables

Relationships between variables

 

Relationships between variables

We run a correlation to test the first fourth hypothesis.

Table 17

Correlation Matrix

Note. *p<.05, **p<.01

As shown in Table 17, transformational leadership and self-confidence are positively correlated, r(26)=.45, p<.05. So, hypothesis 1 can be confirmed. Also knowledge about the emergency plan and self-confidence are positively correlated, r(29)=.40, p<.05 (hypothesis 2). Hypothesis 3, as well, can be confirmed, because the table shows a strong positive correlation between positive attitude toward emergency plan and self-confidence, r(28)=.56, p=.01. As it was supposed in hypothesis 4, also self-confidence and team emergency response are positively correlated, r(28)=.44, p<.05. Moreover, the table shows another relationship that we haven’t supposed at the beginning of this study. Indeed, also knowledge about the emergency plan and team emergency response are positively correlated, r(33)=.39, p<.05. Finally, another interesting finding not considered in the hypothesis is that also positive attitude and knowledge are strongly positively correlated, r(34)=.60, p<.01.

Predictors of self-confidence

A multiple regression analysis was conducted to predict the level of self-confidence from theknowledge about the emergency plan, the positive attitude toward it and the transformational style of leadership. We considered self-confidence as a criterion and knowledge, positive attitude and transformational leadership as predictors. Results are reported in Table 18.

Table 18

Multiple Regression Analysis (dependent variable: self-confidence)

Note. R²=.65.

For this model, both the transformational leadership t(24)=2.21, p<.05 and the positive attitude t(24)=2.51, p<.05 are significant predictors of the team emergency response. On the other hand, knowledge t(24)= -.11, p=.91 resulted not significant. The relationship between the two predictors and the criterion is positive, meaning that is the level of transformational leadership or of the positive attitude rises, also the level of team emergency response will grow. Moreover, looking at the Bs, we can also notice that the positive attitude has a bigger impact (B=13.93) than the transformational leadership (B=10.60). The overall model, with the three predictors, is able to account for the 65% of the variance in the level of self-confidence.

So, the result provides partial confirmation for the hypothesis 5.

Self-confidence’s moderation effect

We tested the moderator effect of self-confidence between transformational leadership and team emergency response using a regression analysis. Results are reported in Table 19.

Table 19

Moderation Analysis (dependent variable: team emergency response)

Note. R² = .13

Looking at the last column, we can see that the interaction between the two variables is not statistical significant (p=. 91). So we are not able to confirm that the strength of the relationship between transformational leadership e team emergency response is affected by the level of self-confidence (hypothesis 5).

 

©  – MANAGEMENT OF AN EMERGENCY EVACUATION: A LEADER’S PERSPECTIVE – Sara Colangeli