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La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo

La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo (Personalizing your space: a research in the workplace)

Abstract

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Obiettivo di questa ricerca è indagare il fenomeno personalizzazione del proprio spazio in ambito lavorativo, per capire se essa sia in qualche modo associata al benessere dei lavoratori.

Per fare ciò abbiamo costruito un questionario che andasse ad indagare le seguenti dimensioni:

  • la qualità dell’ambiente fisico di lavoro,

  • il grado di personalizzazione e di controllo sul proprio spazio,

  • il commitment e la prospettiva futura all’interno dell’organizzazione,

  • l’autonomia e il carico di lavoro,

  • le relazioni con colleghi e superiori,

  • l’identificazione con l’organizzazione e

  • la soddisfazione sia per l’ambiente di lavoro dal punto di vista fisico sia, in generale, rispetto al proprio lavoro ed alla propria vita.

Il questionario è stato somministrato online ad un campione di 103 lavoratori. I dati ottenuti sono risultati abbastanza in linea con quanto finora emerso in letteratura.

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli


 

Ricerca Utilizzo di Internet: Conclusioni

Limiti

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Nonostante il seguente lavoro di ricerca sia piuttosto eterogeneo considerato che tratta aspetti diversificati dell’utilizzo di Internet, dall’ambivalenza uso funzionale-disfunzionale, passando per i fattori personali che mediano l’approccio con gli strumenti della Rete per concludere con la definizione della differenza tra uno problematico e dipendenza presenta lo stesso dei limiti. Il più evidente è senza dubbio l’impossibilità di analizzare la dipendenza da Internet nel campione di ricerca in conseguenza della mancanza di una scala ad hoc nello strumento di misura. Gli item del questionario, secondo la scala di misura di Caplan (2010), sono costruiti per rivelare l’uso problematico e nel software SPSS con cui si sono svolte le analisi statistiche è assente la variabile “Dipendenza da Internet”. Parallelamente a ciò è assente anche una scala di misura ad hoc per valutare il capitale sociale, uno dei costrutti più interessanti dell’intero studio. Abbiamo ovviato analizzando la variabile supporto sociale online, considerato che il capitale sociale permette di ricevere sostegno sociale sia riguardo alla raccolta di informazione che alla percezione di supporto emotivo. Un ultimo limite può essere quello di non aver valutato statisticamente quanto e in che modo l’utilizzo di Internet condiziona la performance lavorativa o didattica fornendo magari anche dati quantitativi in merito. Questo sarebbe stato un aspetto concreto molto interessante da valutare considerata l’importanza che ricoprono il percorso universitario e quello lavorativo durante l’emerging adulthood.

 

Conclusioni

Lo studio di ricerca si è focalizzato su una precisa fascia d’età, l’emerging adulthood in cui gli individui devono affrontare continue sfide di sviluppo per giungere alla costruzione di una nuova identità. In questo senso Internet può costituire un utile organo funzionale o essere sfruttato in maniera disfunzionale conducendo l’utente verso un PIU o in casi estremi ad una vera e propria dipendenza da Internet. La ricerca ha individuato alcuni fattori che mediano l’utilizzo di Internet da parte degli emerging adults. La disposizione delle ipotesi ha seguito un ordine logico per delineare gradualmente il processo che porta le persone a fare un uso problematico della Rete. I risultati dimostrano che un basso supporto sociale sperimentato nella vita offline porta gli individui a cercare di colmare questa mancanza attraverso il supporto sociale online. Questo aspetto produce benessere per l’utente il quale però deve fare attenzione ai rischi che comporta. E’ stato, infatti, dimostrato che il supporto sociale online predice positivamente lo sviluppo di PIU. Parallelamente la ricerca conferma la correlazione dell’uso problematico di Internet con altri due fattori, quali il preferire interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia e la mindfulness. L’individuo ricevendo online il supporto sociale di cui ha bisogno attraverso i SNS, Facebook nello specifico, può aumentare progressivamente l’utilizzo di Internet arrivando al punto di preferire gli scambi conversazionali online. Questo avviene quando il l’utente è in possesso di un basso livello di mindfulness, in base al quale non riesce a regolare adeguatamente il proprio comportamento online sviluppando un uso problematico di Internet. Allo stesso tempo è stata rilevata una correlazione positiva tra frequente utilizzo di Facebook e bassa autostima. Gli individui cercano di compensare online una povera immagine sciale offline. Il disegno di ricerca non si è focalizzato interamente sulla sfera negativa dell’Utilizzo di Internet ma si è cercato di dimostrare che l’utilizzo dei SNS, Facebook nello specifico, predice direttamente lo sviluppo del capitale sociale e i risultati hanno confermato l’ipotesi. In questo senso l’individuo attraverso le piattaforme di Social Networking riesce sia a raccogliere informazioni importanti per risolvere situazioni critiche che a ricevere supporto emotivo. Vieni, quindi, posta attenzione all’ambivalenza degli strumenti della Rete che se utilizzati in modo funzionale possono offrire risorse importanti per aiutare gli emerging adults nel loro percorso di ricerca di identità. Questo studio deve fornire uno stimolo a riporre sempre maggiore attenzione ad una fascia d’età che presenta grandi difficoltà al suo interno. Secondariamente riguardo alla parte disfunzionale dell’utilizzo di Internet bisognerà costruire una scala ad hoc e validata in diversi paesi per valutare la dipendenza da Internet e i suoi effetti sulla vita delle persone sempre ben consapevoli della differenza rispetto all’uso problematico (PIU).

         

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© Emerging adults ed utilizzo di Internet: organo funzionale o strumentalità inversa? – Andrea Pivetti

 


Ricerca Utilizzo di Internet: Discussione

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Con il presente lavoro di ricerca analizziamo il ruolo che può avere Internet, artefatto culturale della nostra generazione, durante l’emerging adulthood. Internet è davvero in grado di aiutare le persone ad affrontare le delicate e numerose sfide caratteristiche di questo importante periodo di sviluppo? Quali sono i fattori che mediano un utilizzo funzionale o disfunzionale degli strumenti della Rete? Nell’ultimo periodo sulla carta stampata, nei dibattiti televisivi, ma anche nelle opinioni del senso comune, le critiche al Web sono sempre più marcate. I bersagli più colpiti sono i Social Network Sites e i giochi online reputati dalle masse come causa di alienazione personale e impoverimento dei rapporti interpersonali. Attraverso la ricerca cerchiamo di fare chiarezza sulla situazione esplicitando che Internet nasce come uno strumento con lo scopo di facilitare la vita delle persone e in grado di fornire supporto durante un periodo critico come l’emerging adulthood. L’utente consapevole delle proprie azioni avrebbe il dovere di farne un uso funzionale in ragione dei propri scopi anche se questo non sempre si verifica. Lo studio di ricerca analizza quali sono quei fattori che portano l’individuo a fare un utilizzo funzionale o disfunzionale degli strumenti digitali per portare a termine i propri obbiettivi personali. Le ipotesi di ricerca si focalizzano maggiormente sulla sfera negativa dell’utilizzo di Internet coerentemente con l’impronta del lavoro maggiormente spostata sulla parte disfunzionale, per culminare con l’analisi del lato patologico del problema. Le ipotesi sono disposte in sequenza secondo una logica precisa con il fine di trattare l’intero processo dalle origini, analizzando i fattori che regolano l’interazione con la Rete, fino alle manifestazioni comportamentali. Si parte dalle variabili personali che conducono all’uso problematico passando per le potenzialità positive di Internet espresse nel nostro caso attraverso i Social Network Sites, aspetto che conduce l’individuo ad un approccio più o meno frequente con gli strumenti della Rete. Riguardo alla prima ipotesi di ricerca i risultati hanno dimostrato un’influenza diretta della variabile indipendente “basso supporto sociale online” sulla variabile dipendente “supporto sociale online”. Questo sta a significare che le persone che nella vita di tutti i giorni sperimentano un basso supporto sociale da parte di amici o conoscenti ricercheranno online questo aspetto, fondamentale per il loro benessere. È stato, infatti, dimostrato che il supporto sociale rappresenta un utile risorsa psicologica in grado di tamponare il peso degli eventi stressanti (Cohen & Wills, 1985). Tutto questo è reso possibile perché la percezione di supporto sociale può essere “veicolata” attraverso Internet colmando le mancanze della vita offline.

Lo studio a questo proposito rileva una predittività tra l’utilizzo di Facebook e lo sviluppo di capitale sociale. La scelta di Facebook è dovuta in primis al fatto che è il SNS più usato e secondariamente alle sue funzionalità. Attraverso Facebook è possibile entrare in contatto con contenuti o chattare con persone che possono offrire soluzioni o suppporto sociale difronte a situazioni critiche. L’utente attraverso Facebook riesce a confidarsi quando sente l’esigenza di parlare, sia per risolvere problemi personali che solamente per raccogliere informazioni utili. In questo caso si parla di capitale sociale bridging, che attraverso lo sviluppo di legami “deboli” permette di raccogliere informazioni o aprire nuove prospettive (Granovetter, 1982) in un periodo come l’emerging adulthood in cui ci si trova continuamente davanti a cambiamenti e transizioni da superare. Nell’altro caso ci riferiamo al capitale sociale bonding, grazie a cui l’utente riesce a ricevere supporto emotivo da conoscenti con cui si sta consolidando un rapporto o da affetti più cari presenti da sempre nella vita della persona. L’individuo instaura, quindi, conversazioni online con diversi utenti, i quali non sono necessariamente amici. Se gli effetti di queste conversazioni migliorano il benessere percepito la persona aumenterà la frequenza di questi contatti che da sporadici diventeranno abituali. Si nota quindi il potenziale “terapeutico” del supporto sociale online come risorsa psicologica, come proposto da Oh, Ozkaya, & LaRose (2014). L’incremento delle conversazioni online con conoscenti e/o amici porta però con sé dei rischi. L’utente deve essere in grado di regolare gli scambi virtuali non recando alterazioni alle proprie attività ed evitando che esse interferiscano con impegni lavorativi, didattici o sentimentali. Come sottolineato da Caplan (2003) l’utente potrebbe passare ad un utilizzo disfunzionale della Rete sviluppando un uso problematico di Internet (PIU).

Qua nasce la seconda ipotesi di ricerca (H1.1), che attraverso le analisi statistiche effettuate dimostra un’influenza positiva da parte della variabile indipendente “supporto sociale online” sulla variabile indipendente “uso problematico di Internet”. Sono emerse differenze significative riguardo al genere e alla professione e ciò sta a significare che l’effetto è differente per maschi e femmine e per ruoli lavorativi. La ricerca di supporto sociale online, in mancanza di un adeguato supporto sociale offline, può sviluppare nell’utente un uso problematico degli strumenti della Rete con tutte le conseguenze negative ad esso correlate. Numerosi, infatti, come espresso nella revisione della letteratura, sono i risvolti negativi per la vita dell’utente creando problemi nei rapporti di lavoro fino a quelli sentimentali/familiari.

L’individuo nel ricevere supporto sociale online, di fronte ad effetti positivi sperimentati per la propria stabilità interiore può addirittura arrivare a preferire le interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia (Caplan, 2003). H3 indaga proprio questo aspetto e le analisi statistiche dimostrano una correlazione positiva tra la variabile indipendente “preferire interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia” e la variabile dipendente “uso problematico di Internet”. In queste condizioni l’individuo si aliena sempre di più dagli scambi sociali impoverendo le proprie skills interazionali nella vita offline e invertendo quella che dovrebbe essere la normalità dei rapporti interpersonali.

Una correlazione negativa, invece, è emersa tra le variabili di H4 “mindfulness” e “problematic Internet use”. Questo sta a significare che al crescere del valore dell’uso problematico di Internet diminuisce quello della mindfulness. È bene ricordare che al fine di regolare il comportamento non è solo importante averne il controllo, ma è anche necessario essere consapevoli della differenza tra l’azione eseguita e l’azione desiderata o giusta (MacKillop & Anderson 2007). Se l’utente non è pienamente consapevole delle propri azioni online tra quello che è funzionale ai suoi obbiettivi e quello che invece è superfluo non sarà in grado di regolare il proprio comportamento sviluppando contemporaneamente un uso problematico della Rete.

Un altro fattore determinante per l’utilizzo di Internet è l’autostima, motore di ogni attività e di ogni sua realizzazione. H3 indaga il rapporto tra utilizzo dei social network (Facebook, Instagram, LinkedIn) e l’autostima con l’obbiettivo di dimostrare che un frequente utilizzo delle piattaforme Social è accompagnato ad una bassa autostima da parte degli utenti. La scelta di focalizzarsi su questi tre SNS piuttosto che altri è perché nella fascia d’età degli emerging adults, la bassa autostima, in considerazione delle sfide che gli individui si trovano ad affrontare, può essere legata a problemi personali come ad insoddisfazione lavorativa. Gli utenti, quindi, ricercano conforto attraverso i SNS con la speranza o l’illusione che il loro utilizzo possa aiutarli a riequilibrare la considerazione del proprio sé. Come sostenuto da Kuss e Griffith (2011), le persone utilizzano Facebook per cercare di compensare online una povera immagine sociale offline. I Social Network Sites sopra riportati potrebbero ipoteticamente fornire feedback positivi per un miglioramento della valutazione di sé sia sulla sfera personale (Facebook e Instagram) che su quella lavorativa (LinkedIn). Come hanno dimostrato Valkenburg, Peter e Schouten (2006) nel loro studio su un campione di adolescenti, i feedback ricevuti attraverso il Web sotto forma di like, commenti e contatti possono migliorare o impoverire la loro autostima in un delicato periodo come l’emerging adulthood tra continui “alti e bassi”. I risultati non hanno confermato l’esistenza di una correlazione tra uso di Instagram e LinkedIn e bassa autostima cosa che invece si verifica con l’utilizzo di Facebook. Come dimostrato da Vogel et at. (2014) in un interessante lavoro di ricerca un frequente uso di Facebook si accompagna ad una bassa autostima e questo si verifica per un fattore di moderazione. Essi hanno dimostrato che le persone che fanno un uso frequente di Facebook tendono durante la loro attività online ad effettuare confronti “verso l’alto”, ovvero con persone considerate “influenti” che si pensa abbiano determinate caratteristiche positive. Attraverso la consultazione dei loro profili, l’utente crede erroneamente, a maggior ragione se non ha un rapporto diretto con la persona nella vita oflline, che essi abbiano un’esistenza più felice della loro. Come conseguenza diretta, avviene una svalutazione del proprio io o, in altre parole, un impoverimento dell’autostima.


© Emerging adults ed utilizzo di Internet: organo funzionale o strumentalità inversa? – Andrea Pivetti


        

 

Ricerca Utilizzo di Internet: Risultati

Risultati

 

Risultati

Per la verifica delle ipotesi di ricerca a livello statistico abbiamo utilizzato il software SPSS 22.0.

H1: Basso supporto sociale offline influisce sullo sviluppo di supporto sociale online

Per verificare l’ipotesi H1 abbiamo effettuato un’analisi di regressione lineare per valutare l’effetto della variabile indipendente (Supporto sociale Offline) sulla variabile dipendente (Supporto sociale Online). E’ stata trovata una relazione altamente significativa tra le due variabili (F(1, 784)=78,513, p < .01) con un R-quadrato di .090 come si può vedere in tabella 1.

 

Tabella 1. Regressione lineare tra basso supporto sociale offline e alto supporto sociale online.

 

Riepilogo del modello

Modello R R-quadrato R-quadrato adattato Errore standard della stima
1 ,302a ,091 ,090 ,35899
  1. Predittori: (costante), SupportoSociale ricodificatoa2gruppi

 

ANOVAa

Modello Somma

quadrati

dei Gl Media quadratica F Sign.
1            Regressione 10,118 1 10,118 78,513 ,000b
Residuo 101,037 784 ,129
Totale 111,155 785
  1. Variabile dipendente: SupportoSocialeONricodificato2gruppi
  2. Predittori: (costante), SupportoSociale ricodificatoa2gruppi

 

Coefficientia

Modello Coefficienti non standardizzati Coefficienti standardizzati t Sign.
T Errore std Beta
1            (Costante)

SupportoSociale ricodificatoa2gruppi

,834 ,040 20,826 ,000
,227 ,026 ,302 8,861 ,000
  1. Variabile dipendente: SupportoSocialeONricodificato2gruppi

H1.1. Il supporto sociale online predice l’uso problematico di Internet (PIU)

Anche in questo caso per analizzare l’influenza della variabile indipendente (Supporto sociale Online) sulla variabile dipendente (Uso problematico di Internet) abbiamo effettuato un’analisi di regressione lineare. Abbiamo inserito alcune variabili di controllo quali genere, età, titolo di studio e professione. Solo le variabili genere e professione hanno riportato valori significativi ( p < .01). I risultati riportano un valore significativo tra il supporto sociale online e il PIU (F(5, 695)= 10.351, p < .01) con un rquadrato di .063, come si può vedere in tabella 2.

Tabella 2. Regressione lineare tra supporto sociale online e PIU.

 

Riepilogo del modello

Modello R R-quadrato R-quadrato adattato Errore standard della stima
1 ,263a ,069 ,063 1,24981
  1. Predittori: (costante), ONSocialSupport, Titolo di Studio, Professione,

Genere, Età

 

ANOVAa  

Modello Somma

quadrati

dei Gl Media quadratica F Sign.
1       Regressione 80,843 5 16,169 10,351 ,000b
Residuo 1085,612 695 1,562
Totale 1166,455 700
  1. Variabile dipendente: Problematic Internet Use
  2. Predittori: (costante), ONSocialSupport, Titolo di Studio, Professione, Genere, Età

 

Coefficientia

Modello Coefficienti non standardizzati Coefficienti standardizzati t Sign.
T Errore std Beta
1            (Costante) 1,209 ,538 2,247 ,025
Genere ,428 ,100 ,162 4,288 ,000
Età

Titolo di Studio

-,016 ,022

,056

-,037

,019

-,720 ,472

,705

,021 ,379
Professione ,062 ,023 ,108 2,770 ,006
ONSocialSupport ,216 ,047 ,171 4,632 ,000

 

H2. L’uso di Facebook predice lo sviluppo del capitale sociale

Anche per verificare H2 abbiamo effettuato un’analisi di regressione lineare tra le variabili. Nel caso specifico abbiamo analizzato l’effetto dell’utilizzo di Facebook sulla variabile dipendente “supporto sociale online”. Come si può vedere in tabella 3, è stata trovata una relazione fortemente significativa (F(1, 712)= 9,891, p < .01) con un R-quadrato di .012.

Tabella 3. Regressione lineare tra uso di Facebook e capitale sociale.

 

Riepilogo del modello

Modello R R-quadrato R-quadrato adattato Errore standard della stima
1 ,117a ,014 ,012 1,02017
  1. Predittori: (costante), per quanto tempo utilizzi Facebook nel TEMPO LIBERO

 

ANOVAa

Modello Somma

quadrati

dei Gl Media quadratica F Sign.
1            Regressione 10,294 1 10,294 9,891 ,002b
Residuo 741,009 712 1,041
Totale 751,303 713
  1. Variabile dipendente: ONSocialSupport
  2. Predittori: (costante), per quanto tempo utilizzi Facebook nel TEMPO LIBERO

 

Coefficientia

Modello Coefficienti non standardizzati Coefficienti standardizzati t Sign.
T Errore std Beta
1            (Costante)

per quanto tempo utilizzi

Facebook      nel       TEMPO

LIBERO

2,971 ,072 41,287

3,145

,000
,052 ,016 ,117 ,002
  1. Variabile dipendente: ONSocialSupport

 

H3. Un frequente utilizzo dei SNS è correlato ad una bassa autostima

Per verificare H3 abbiamo effettuato un’analisi di correlazione bivariata per valutare se vi era correlazione positiva tra le due variabili dove al crescere del valore della variabile indipendente (frequente utilizzo dei SNS)) cresce proporzionalmente anche il valore della variabile dipendente (Problematic Internet Use). Tra i Social Network Sites sono stati scelti Facebook, Instagram e LinkedIn. I risultati della tabella 4 hanno mostrato una correlazione positiva tra l’utilizzo di Facebook e la bassa autostima (r = .165, p < .01). Al contrario Instagram (r = .024, p > .05) e LinkedIn (r = .262, p > .05) non sono risultati correlati con la variabile dipendente.

H4: Preferire l’interazione online a quella faccia a faccia è correlato positivamente a PIU

Come per H3 abbiamo effettuato un’analisi di correlazione bivariata per valutare la relazione tra le variabili. Preferire l’interazione online a quella faccia a faccia è risultato essere fortemente correlato all’uso problematico di internet (r = .731, p < .01) come si può vedere in tabella 4.

H5. La mindfulness è positivamente correlata ad un PIU

Anche in questo caso per verificare l’ipotesi di ricerca è stata svolta un’analisi di correlazione bivariata. I risultati della tabella 4 dimostrano la presenza di una forte correlazione negativa tra mindfulness e PIU ( r = -.301, p < .01) in cui al crescere del valore dell’una diminuisce quello dell’altra.

 

Tabella 4. Media, deviazione standard e correlazioni tra variabili.

 

Variabili

 

M (DS)               1

 

2

 

3

 

4

5  

6

 

7

1. PIU     2,8 (1,3) .77**    -.30**  .25**  .29**   .12 .10
2. Preferenza     2,5 (1,6)  -.17**   .19** .16**   .12   .29
3. Mindfulness 2,5 (1,2)    -.11** -.08    -.03    .05
4. BassaAStima 1,2 (0,4) .16**     .02    -.26
5. OreUsoFB 3,7 (2,3)       .43**      .08
6.  OreUsoInsta

7.  OreUsoLink

2,5 (1,7)

1,4 (0,7)

     .?

* p < .05.

** p < .01.

M= media

DS= Deviazione Standard

?. Calcolo impossibile da eseguire perché almeno una delle variabili è costante.

  


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Utilizzo di Internet: La ricerca

La Ricerca: Strumento

I dati della ricerca sono stati raccolti attraverso un questionario online (“Online- OFFline survey”) in lingua italiana distribuito, dopo l’approvazione del Comitato Etico dell’Università degli Studi di Bologna, su diversi Social Network Sites (Facebook, Google+, YouTube, LinkedIn, Twitter, Blogger). Il questionario è composto da 161 affermazioni (item) a cui gli intervistati potevano rispondere scegliendo il loro grado di accordo/disaccordo su una scala di misura. Tra i vantaggi del questionario c’è sicuramente la non intrusività e la modalità di compilazione che non richiede più di quindici-venti minuti. Lo strumento di misura si divide in due parti principali: la prima rileva informazioni generali sulla vita della persona, la seconda ricava informazioni sulla vita online dell’individuo. Inizialmente l’intervistato è tenuto a fornire alcune informazioni personali quali il genere, l’età, la nazione, la regione e la provincia di residenza, il titolo di studio, l’attività professionale e la situazione sentimentale.

 

Scale di misura dello strumento

Lo strumento si avvale di scale di misura per valutare costrutti differenti quali l’autostima, la soddisfazione di vita, l’autocontrollo, l’autoconsapevolezza, l’autodirezionalità, il supporto sociale, l’assorbimento cognitivo, il capitale sociale e l’uso problematico di Internet. Il seguente lavoro ha utilizzato:

1 La scala dell’autostima di Rosenberg (1989)

Gli studi sull’autostima generale si basano sul lavoro pionieristico di Rosenberg (1989). La scala di Rosenberg è stata tradotta e convalidata in molte lingue (anche in italiano). La modalità di risposta è su scala likert a 4 punti e presenta in tutto 10 items con item come “sono portato a pensare di essere un vero fallimento” o “complessivamente sono soddisfatta/o di me stessa/o”.

  1. La scala del coinvolgimento cognitivo

Il coinvolgimento cognitivo è stato misurato utilizzando la scala dell’assorbimento cognitivo (Agarwal e Karahanna 2000), che consente l’analisi separata delle due sottoscale dissociazione temporale (TD) e immersione focalizzata (FI). Essa è progettata esplicitamente per il web, ha una modalità di risposta Likert a 7 punti e presenta in tutto 20 items. Al fine di evitare l’ambiguità, la sottoscala TD è stata ridotta a quattro elementi e quella FI a tre elementi. Tra gli item presenti nel questionario ci sono ad esempio “mentre sono connessa/o, resto concentrata/o su ciò che faccio” e “quando sono connessa/o, finisco per perdere più tempo di quanto programmato”.

  1. Scala Problematic Internet Use (PIU)

Il PIU è stato misurato utilizzando la “scala PIU generalizzata” creata da Caplan (2010) e recentemente convalidata in italiano (Fioravanti, Primi e Casale 2013). La scala è composta da 15 items con modalità di risposta Likert a 5 punti e distingue quattro sottodimensioni, ma in questo studio era considerato solo il punteggio globale, in quanto l’obiettivo era quello di ottenere un punteggio generale relativo ai problemi con Internet. Tra gli Item ricordiamo ad esempio “ho mancato appuntamenti o attività sociali a causa del mio uso di Internet” e “quando non mi sono connessa/o per un po’ di tempo, sono stato assorbito/preso dal pensiero di andare online”.

  1. Scala del supporto sociale

Lo strumento di misura in questione è stato costruito da Wang & Wang (2013), il quale presenta 38 items con modalità di risposta su scala Likert a sette punti, a partire dal punteggio 1 (fortemente in disaccordo) al punteggio 7 (fortemente d’accordo). Sia il supporto sociale online che quello offline vengono misurati attraverso 4 scale, le prima 2 da 4 items ciascuna, prodotte da Chiu et al. (2006) e le altre, da 11 item ciascuna prodotte da Leung & Lee (2005). Tra gli item di riferimento vi sono “ho usato Internet per sentirmi meglio quando ero giù di morale” e “ho usato Internet per parlare con gli altri quando mi sono sentita/o isolato”, per valutare il supporto sociale online. Viceversa per il supporto sociale offline alcuni item sono “quanto spesso hai a disposizione nella tua vita offline qualcuno il cui parere per te è importante” o “qualcuno che ti dimostra amore e affetto”.

 

Items e dati dei rispondenti

Al soggetto viene chiesto quali sono i dispositivi (smartphone, computer, tablet, console, smartTV) e le piattaforme (Youtube, Facebook, Twitter, giochi online, Whatsapp, Skype ecc.) che utilizza maggiormente riferendo in media quante ore al giorno dedica al loro uso. Infine viene richiesto al partecipante di quantificare le proprie amicizie e conoscenze online e offline. La procedura si conclude chiedendo all’intervistato se gradisce lasciare il suo indirizzo mail per ricevere più avanti i risultati della ricerca, sempre nel rispetto della privacy. Non è stato proposto alcun incentivo ai partecipanti per la compilazione. 807 persone hanno compilato il questionario, di cui 500 femmine (62 %) e 307 maschi (38 %). L’età dei partecipanti andava dal valore minimo di 18 anni al valore massimo di 29 con un età media complessiva di 21,39 anni (SD= 3,05). Tra di essi 666 (82,5%) erano studenti, 116 lavoratori/tirocinanti (14,4 %) e i restanti 25 (3,1 %) disoccupati. La popolazione su cui si basa la ricerca è la fascia d’età degli emerging adults, divisi in due categorie:

-Earlier? 18-24 anni

-Older? 25-30 anni

Gli earlier emerging adults che hanno partecipato alla ricerca sono stati 671, con una media d’età di 20,33 e una deviazione standard di 2,02. Nel caso degli older emerging adults i partecipanti sono stati 136 con una media d’età di 26,64 e una deviazione standard di 1,42. Lo studio ha raggruppato in totale 807 emerging adults con una media d’età di 21,39 e una deviazione standard di 3,05.


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Utilizzo di Internet: ipotesi di ricerca

Ipotesi di ricerca

 

Sulla base di quanto espresso fino ad ora, l’intento di questo studio è rispondere al quesito secondo cui determinati fattori personali generano specifiche situazioni in grado di mediare l’utilizzo di Internet dell’utente. In base a ciò la Rete può essere utilizzata come organo funzionale ai propri scopi o essere soggetta ad un processo di strumentalità inversa. In questo secondo caso l’individuo diviene metaforicamente lo strumento di Internet. L’utente passa da un ruolo attivo e consapevole ad un approccio passivo e incontrollato. Per rispondere alla domanda di ricerca verranno testate le seguenti ipotesi.

Si è visto come il supporto sociale abbia la capacità di tamponare gli eventi stressanti offrendo un supporto emotivo fondamentale in periodi critici come l’emerging adulthood. E’ stato dimostrato che il supporto sociale può essere veicolato attraverso i mezzi digitali. Dunque la prima ipotesi che verificheremo è che un basso supporto sociale offline influisca sulla ricerca di supporto sociale online.

H1. Basso supporto sociale offline influisce sul supporto sociale online

L’analisi della letteratura ci ha permesso di vedere come la ricerca di supporto sociale online, dovuta ad un carente supporto sociale offline, conduce l’individuo a fare un uso sempre più intensivo della Rete. Questo rappresenta un forte rischio per l’utente di sviluppare un uso problematico di Internet (PIU). In ragione di ciò vogliamo dimostrare la seguente ipotesi:

H1a. Il supporto sociale online predice l’uso problematico di Internet (PIU)

L’uso dei Social Network Sites può avere un importante ruolo funzionale. Abbiamo visto come attraverso l’uso dei SNS l’individuo entra in possesso di un insieme di risorse reali o potenziali utili ai propri scopi (capitale sociale). Nel caso del capitale sociale bridging abbiamo visto come l’individuo riesce a raccogliere un insieme di informazioni utili attraverso l’attivazione di contatti virtuali con persone che non rientrano nella sua cerchia di affetti. Al contrario il capitale sociale bonding si riferisce ai contatti familiari in grado di fornire supporto emotivo. Ci proponiamo di dimostrare che:

H2. L’uso di Facebook è correlato allo sviluppo di capitale sociale

Numerosi studi sostengono che le persone con alta autostima utilizzino i Social Network Sites per la valorizzazione sociale e al contrario quelli con bassa autostima per realizzare una compensazione sociale. Questo tipo di persone presenta una debole rete di contatti offline e un’immagine sociale negativa che cercano di colmare attraverso i SNS. Ci poniamo, quindi, l’obbiettivo di dimostrare che:

H3. Un frequente utilizzo dei Social network Sites (SNS) è correlato ad una bassa autostima

Un frequente utilizzo di Internet può appagare le persone permettendogli di costruire legami mai avuti nella vita offline. Questo li può portare a preferire le interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia, invertendo quella che è la normalità delle dinamiche nei rapporti interpersonali. L’ipotesi di riferimento è la seguente:

H4. Preferire l’interazione online a quella faccia a faccia è correlato ad un PIU

Per ultimo ci colleghiamo al concetto di mindfulness e autodirezionalità le quali regolano l’utilizzo di Internet. Persone in possesso di una scarsa mindfulness sono altamente a rischio di sviluppare un uso problematico di Internet non riuscendo ad avere pieno controllo sul loro comportamento. L’ipotesi che si vuole dimostrare è la seguente:

H5. La mindfulness è correlata ad un PIU

 


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ECM su COVID-19

ECM SU COVID-19, FORMAZIONE A DISTANZA PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEL PERSONALE SANITARIO E DEGLI UTENTI

 

Foto di Tumisu da Pixabay

 

Oggi più che mai il sistema sanitario è chiamato a rispondere a numerose e rapide richieste d’assistenza di svariato ordine e grado. E’ inevitabile mantenere adeguati standard nella pratica clinica ed assistenziale mediante la formazione, intesa dal Ministero della salute come fattore strategico necessario.

Su INAIL infatti è stato posto in evidenza l’art. 20 del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.  per il quale:  “ […] ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti su luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni […]”, perché, applicato al settore sanitario, evoca la riflessione sulla stretta relazione tra la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e la gestione del rischio clinico, ancora più pregnante e critica in situazioni di gestione di epidemie. (Gagliardi et al., 2020).

A questo proposito, se in merito all’Educazione Continua in Medicina (ECM) gli eventi formativi residenziali (RES) e di formazione sul campo (FSC) in programma per il corrente anno sono stati momentaneamente sospesi, la FAD (formazione a distanza) rimane la modalità formativa di cui ci si può avvalere in un momento come questo.

Difatti sono molti i providers che hanno usufruito di tale modalità: è il caso della Federazione nazionale dei medici (Fnomceo) che dal 22 febbraio fino a fine anno ha reso disponibile sulla piattaforma Fadinmed un ciclo di lezioni su Covid-19 con il riconoscimento di crediti Ecm, i cui contenuti sono aggiornati ogni quindici giorni e sono raccolti in un e-book scaricabile gratuitamente dal portale Fnomceo.

Tra i temi affrontati: i numeri dell’epidemia, la valutazione del rischio, le modalità di contagio, i sintomi più comuni, la prevenzione con  misure di sicurezza e tutela della salute rivolte alla popolazione e per finire è stata inserita una sezione dedicata alla corretta comunicazione ai cittadini.

Ma anche  il Servizio Formazione della Presidenza dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha ideato un corso online accreditato ECM rivolto a medici, infermieri e a tutti gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) mediante la divulgazione delle attuali evidenze scientifiche, accessibile dalla piattaforma FAD 24 ore su 24 nel periodo compreso tra il 28 febbraio e il 10 luglio 2020.

L’obiettivo di questo breve framework consta nel fornire e mantenere aggiornato il core competence dei professionisti così da poter  vagliare le prestazioni di assistenza sanitaria collettiva e individuale, i bisogni della popolazione, i gap con la pratica corrente e utilizzare perfezionate pratiche cliniche atte a migliorare l’assistenza sanitaria.

 


© © Ecm su covid-19, formazione a distanza per la tutela della salute e della sicurezza del personale sanitario e degli utenti – Dott.ssa Federica Sapienza


 

BIBLIOGRAFIA

Diana Gagliardi, Benedetta Persechino, Marta Petyx, Paola Tomao, Nicoletta Vonesch, Sergio Iavicoli COVID-19 E PROTEZIONE DEGLI OPERATORI SANITARI – 2020 INAIL.

La paura del dopo

La paura del dopo

La paura

Dopo il Coronavirus

La paura del dopo, “coronavirus”, una parola che leggiamo sulle notizie dei mass media mondiali e che ci fa sempre paura.

“Presto passerà tutto” è la frase che più sentiamo dirci, per cercare di tenere a bada la paura, la rabbia e lo sconforto. E anche nel momento in cui avremo la possibilità di tornare alla vita di tutti i giorni, ci saranno delle ripercussioni psicologiche.
Il Covid-19 ci ha costretto alla pazienza, umiltà, rispetto per gli altri, e alla solitudine. Ha messo allo scoperto il nostro lato più fragile e vulnerabile, facendo crollare le certezze che avevamo.

Questo può comportare un vero e proprio shock psicologico, le cui conseguenze si riverseranno anche quando questa emergenza finirà. La paura del contagio ed essere spinti all’isolamento sociale sarà sicuramente una delle prime conseguenze a prolungarsi dopo la quarantena. Tutto ciò potrebbe scaturire in fobia sociale, evitando tutte le situazioni in cui si entra a contatto con altre persone.

La depressione che consegue al lutto e alla solitudine provata durante la quarantena può essere un altro mostro da dover sconfiggere con l’aiuto di un professionista.

Il disturbo post traumatico da stress, derivato dalle diverse situazioni e condizioni stressanti che si sono protratte per mesi a causa del Virus. Tutto ciò influisce sulla qualità della vita post-quarantena e di certo non sarà facile ripristinare le vecchie abitudini.

La rabbia per aver perso il proprio lavoro, la stanchezza nel dover mandare avanti la famiglia e doversi ricostruire da solo sono emozioni che dovremmo affrontare per mesi, per cercare di sopravvivere in questo mondo che corre e che ora si è improvvisamente fermato.

Questi effetti possono essere rilevati ancora dopo mesi o anni e ciò desta preoccupazione per gli psicologi e indica che durante la quarantena dovrebbero essere messe in atto misure per minimizzare questi impatti psicologici.

Sicuramente la resilienza è l’elemento principale per superare questo momento, oltre che attivare subito la rete sociale per far ritrovare le certezze grazie al supporto e all’affiancamento di figure professionali che permettano di rendere immune anche la mente da questo virus.

 


© La paura del dopo – Dott.ssa Chiara Cosanzi


 

Uso problematico di internet o internet addiction?

Uso problematico di internet o internet addiction? ?

Foto di fancycrave1 da Pixabay

 

Come sottolineato in precedenza, l’utente nell’utilizzo di Internet può sviluppare un uso problematico. A lungo andare, però, la situazione può tramutarsi in una vera e propria dipendenza, un insieme di comportamenti inusuali che presenta le seguenti caratteristiche:

  • Fallimento ricorrente di resistere agli impulsi di impegnarsi in un comportamento specifico
  • Crescente senso di tensione immediatamente prima di iniziare il comportamento
  • Piacere o sollievo nel momento in cui ci si impegna nel comportamento
  • Sensazione di mancanza di controllo mentre si realizza il comportamento (Goodman A., 1990).

Risulta importante definire la differenza tra uso problematico di Internet e dipendenza, specificando che con il termine Internet si fa riferimento a tutti i tipi di attività on-line (Young, 1998). Il primo a parlare di dipendenza da Internet fu lo psichiatra americano Goldberg nel 1996 presentando l’esistenza di un disturbo da lui chiamato IAD, Internet Addiction Disorder indicando i criteri diagnostici utili al riconoscimento di tale disturbo sulla base di quelli riportati dal DSM per la dipendenza da sostanze. Nel concreto ciò che differenzia l’uso problematico dalla dipendenza da Internet sono i sintomi; quest’ultima presenta sei sintomi tradizionalmente associati con la dipendenza da sostanze quali la salienza, vista come la preoccupazione intensa per il comportamento, la modificazione dell’umore, la tolleranza, intesa come l’impegno crescente nel raggiungere lo stato iniziale del comportamento, il ritiro, ovvero provare disagio psicofisico quando il comportamento è ridotto o proibito, il conflitto, che può essere ricreativo, al lavoro, di istruzione, in casa e infine, la ricaduta (Andreassen, 2014). I sintomi devono essere presenti per almeno un anno e tra di essi vi sono anche quelli di natura psicosomatica come agitazione psicomotoria e ansia. Gli utenti continuano a navigare online nonostante l’evidente compromissione di aspetti psicologici individuali e relazionali della loro vita (Ferraro et al., 2006). Un altro importantissimo contributo sulla dipendenza da Internet è stato fornito dalla psicologa americana Kimberly Young (1998), secondo la quale le persone diventano dipendenti da Internet nello stesso modo in cui gli alcolisti diventano dipendenti dall’alcool e i tossicodipendenti dalla droga creando problemi nella vita di tutti i giorni. Essi sono classificati in cinque categorie: problemi accademici, relazionali, economici, lavorativi e fisici. Young (1998) analizzando un campione di studenti esprimeva come per loro diventasse complicato portare a termini i vari compiti a causa di una grande mole di tempo spesa su siti irrilevanti, chat room e giochi online. La loro dipendenza li portava a passare sempre meno tempo con amici e familiari preferendo rimanere in casa “trascinati” passivamente in attività online. Questo aspetto li portava ad arrabbiarsi con chi cercava di fare chiarezza sulla loro situazione rispondendo loro di non aver alcun problema, in ragione di una mancanza di consapevolezza dello stato di dipendenza. Riguardo alla sfera sentimentale, le relazioni si impoverivano anche a causa della costruzione di nuove amicizie online degli utenti, viste da loro come eccitanti e che, in casi estremi, sfociavano nella consumazione di Cyber Sex. Si tratta del sesso virtuale il quale comprende tutte quelle attività che si possono svolgere in Rete e che provocano un’eccitazione sessuale (Zanardi, 2013).  Le ripercussioni si esprimevano anche dal punto di vista finanziario con gli utenti che arrivavano a spendere ingenti somme di denaro per l’acquisizione di servizi online. La Young (1998), inoltre, nei risultati del suo esperimento metteva in luce la differenza del tempo passato online tra dipendenti e non dipendenti da Internet. I primi spendevano 38,5 ore a settimana su Internet contro le 4,9 ore dei “non dipendenti”, un dato piuttosto significativo. Il suo contributo è stato così importante anche grazie alla realizzazione dell’Internet Addiction Test (IAT), un questionario strutturato costruito seguendo i criteri del gioco d’azzardo patologico presente nella versione 4 del DSM. Lo strumento, nella versione originaria, presentava 8 items e se il soggetto rispondeva “si” a 3 o più di essi era considerato dipendente. La Young, in seguito ha adattato il questionario a 20 items, con modalità di risposta su scala Likert da 1 “per niente” a 5 “sempre” somministrandolo ad un campione variegato di individui dai 14 ai 40 anni di età.  I risultati mostravano che gli individui quando erano offline mostravano comportamenti di dipendenza che sfociavano in sintomi di carattere psicologico quali insonnia, ansia e depressione. Secondo Ferraro e collaboratori (2006) la dipendenza da internet sembra essere una sindrome cross culturale caratteristica dei nostri tempi caratterizzati dall’insediamento degli strumenti digitali nella attività di tutti i giorni. I risultati del loro studio dimostrano che i giovani utenti sono più a rischio degli adulti di sviluppare una dipendenza da Internet. Essi percepiscono un’insoddisfacente qualità della vita e questo li porta a compensarla con l’utilizzo di Internet. Questo si verifica principalmente negli adolescenti e nei giovani adulti coerentemente con il delicato periodo di sviluppo che stanno attraversando. Essi ricercando informazioni e collegandosi frequentemente a chat room sperimentano varie identità possibili in quello che diventa uno “scenario virtuale”. I giovani provano un grande piacere in questa variegata sperimentazione, la quale, però, porta con sé dei rischi, ignorati dai molti, producendo tutti quegli effetti di dipendenza precedentemente discussi. Tornando agli strumenti di misura, in assoluto lo strumento utilizzano più frequentemente negli studi con oggetto la dipendenza da Internet è stata la Chen’s Internet Addiction Scale (CIAS) sviluppata nel 2003, grazie alla sua ottima consistenza interna. La CIAS è una scala a 26 items con punteggio valutato su scala Likert a quattro punti che valuta i sintomi principali della dipendenza da Internet, quali uso compulsivo, tolleranza e ritiro. Essa, inoltre, indaga misure quantitative come il numero di ore spese settimanalmente su Internet e misure qualitative valutando l’esperienza su Internet nella sua totalità (Kuss et al., 2014).

Procedendo in ordine cronologico crescente, singolare è stato anche il contributo di Cantelmi e Talli (2007), i quali hanno proposto dei criteri articolati in sintomi overt (manifesti) e covert (occulti). Secondo tali autori per diagnosticare il disturbo era necessaria la presenza di almeno due sintomi overt e almeno due sintomi covert, per un periodo di tempo non inferiore ai 6 mesi. I vari ricercatori che si sono occupati dell’argomento hanno impiegato vari termini per descrivere questo fenomeno: uso patologico di Internet (Young, 1995 1998a, 1998b), uso problematico di Internet (Shapira, Goldsmith, Keck, Khosla, & McElroy, 2000), disturbo di dipendenza da Internet, o comportamenti di dipendenza da Internet (Widyanto & Griffiths, 2006). Ad oggi, tuttavia, non vi è alcun consenso sulla definizione precisa di dipendenza da Internet o anche sulla sua posizione come un disturbo a sé stante. Attualmente, infatti, l’Internet Addiction non è presente all’interno del DSM 5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), nonostante il crescente numero di ricerche degli ultimi 20 anni, anche se il suo ingresso è prossimo alla formalizzazione. L’unica dipendenza comportamentale presente nella versione 5 del DSM è il gioco d’azzardo patologico (gambling). Secondo Stephenson (1988), nella sua teoria “Play Theory of Mass Communication”, il motivo per cui gli individui diventano dipendenti da Internet è che il suo utilizzo genera una sorta di esperienza di comunicazione piacevole che stimola gli utenti ad utilizzarlo ancora e ancora, e che l’uso eccessivo li porta a sviluppare, col tempo, comportamenti di dipendenza. Secondo Suler (1999), invece, il punto focale sta nel fatto che molti utenti godono nel padroneggiare le varie caratteristiche tecniche di applicazioni e software, e computer e reti offrono un ciclo motivante e gratificante di sfida, sperimentazione, padronanza, e successo. Suler (1999), inoltre, sostiene che le persone hanno un bisogno innato di alterare la loro coscienza, per sperimentare la realtà da diversi punti di vista, e che il cyberspazio può essere una nuova ed importante arena in cui soddisfare tale esigenza. Più precisamente egli sostiene che gli individui sentono il bisogno di soddisfare sei esigenze particolari: (1) il sesso, (2) l’alterazione dello stato di coscienza, (3) la realizzazione e la padronanza, (4) il senso di appartenenza, (5) le relazioni, e (6) l’auto-realizzazione e la trascendenza di sé. Questo esigenze irrefrenabili spingono le persone a fare un uso sempre più frequente del Web fino a sviluppare forme di dipendenza.

Anche se alcuni sostengono che il termine “dipendenza” debba essere applicato solo ai casi connessi con determinate sostanze chimiche (ad esempio, Bratter & Forrest, 1985), criteri diagnostici simili sono stati applicati ad una serie di problematiche comportamentali come, ad esempio, il gioco d’azzardo patologico (Young, 1996a). La dipendenza da Internet rappresenta una caso tipico di dipendenza “comportamentale”, intesa come “l’essere eccessivamente preoccupati per le attività online, guidati da una motivazione incontrollabile ad eseguire il comportamento, dedicandovi tanto tempo e sforzi arrivando ad alterare altre importanti aree di vita “(Andreassen & Pallesen, 2014). Chi soffre di dipendenza da Internet, quindi, non frequenterebbe la Rete per necessità o per svago, ma risponderebbe ad un impulso incontrollabile e incontenibile di usare Internet per il maggior tempo possibile. L’impossibilità di collegarsi provocherebbe un grande disagio, un senso di privazione e di angoscia che può culminare in vere e proprie crisi d’astinenza (Zardini, 2014).

Fattori di rischio ben precisi conducono verso lo sviluppo di dipendenza da Internet, tra questi è importante ricordare il deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD) e il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). Con l’ADHD intendiamo la difficoltà del soggetto a mantenere la concentrazione sul compito, esso si dimentica facilmente cose abituali, è facilmente distraibile da stimoli esterni, ha difficoltà ad organizzarsi e pianificare il lavoro, non segue le istruzioni, non porta a termine le attività, perde gli oggetti e i materiali, ecc. (Macchia V. 2013). Il DOC, invece, è caratterizzato dalla frequenza, la ripetitività e la persistenza dell’attività ossessiva e la sensazione che tale attività sia imposta e compulsiva. Le ossessioni consistono in idee, immagini o impulsi persistenti che vengono esperiti come intrusivi e senza senso, causando ansia e disagio marcati. Le compulsioni, invece, sono definite come comportamenti ripetitivi (come lavarsi le mani, ordinare, controllare) o atti mentali (come pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che l’individuo sente di dover eseguire in risposta ad un’ossessione (Berra, L. 2002). Entrambi i disturbi sono caratterizzati da alta impulsività e scarso controllo inibitorio (ad esempio, Littel et al. 2012; Zermatten & Van der Linden, 2008). Un altro fattore di rischio significativo è il tempo, Young (1998) in un suo importante studio, ha registrato una media impressionante di 39 ore a settimana trascorsa online dai dipendenti da Internet, rispetto alle 5 ore dei non-dipendenti. Anche la ricerca del piacere online rappresenta un potenziale pericolo, pertanto, è possibile che coloro che sono depressi potrebbero servirsi dell’utilizzo di Internet per il “trattamento” della loro depressione (Chou, Condron, & Belland, 2005). Quindi, un aumento dei livelli di depressione comporta un aumento dell’utilizzo di Internet e dell’eventuale sua dipendenza. Young e Rogers (1998), inoltre, hanno proposto che troppo tempo passato online potrebbe aumentare i livelli di isolamento sociale, con conseguente aumento della depressione. In questa condizione di malessere, Internet diventa un sostituto per l’interazione sociale della vita reale e gli utenti possono finire catturati in un circolo vizioso (Chou, Condron, & Belland, 2005). Altri fattori di rischio sono rappresentati da alcuni tratti di personalità quali: ricerca di novità, bassa autostima, intolleranza della frustrazione, introversione, bassa stabilità emotiva, bassa coscienziosità e intraprendenza, impulsività e bisogno di evasione dalla realtà. Con intolleranza della frustrazione si intende la pretesa che la realtà dovrebbe essere come la vogliamo, tratto che è stato riportato essere associati a problemi di autocontrollo (Ko et al., 2008). In aggiunta, alcune variabili di carattere sociale possono avere un contributo importante nell’insorgenza del disturbo come ad esempio un basso adattamento sociale, stress, bassa soddisfazione universitaria, relazioni universitarie povere e profonda noia nel tempo libero (Kuss et al., 2014).

Young (2009) distingue tre tipologie di dipendenza da Internet: il gioco eccessivo, le occupazioni sessuali online (Cyber sex) e le occupazioni relative ad e-mail/sms. I social network sono un tipo di attività online in cui e-mail/sms sono predominanti. In questo caso, quindi, si può parlare di dipendenza da Social Network, tra i quali il più popolare è Facebook. Essendo una sorta di piattaforma per lo scambio di informazioni e un mezzo che permette di stabilire nuovi rapporti o mantenere quelli esistenti, Facebook ha un impatto enorme sulla vita sociale (Ellison, Steinfield, & Lampe, 2007). Negli ultimi anni la dipendenza da Facebook ha ricevuto grande attenzione. Essa è definita come l’eccessivo coinvolgimento in attività riguardanti la piattaforma e causa frequente di problemi nel funzionamento sociale (Elphinston & Noller, 2011).

Smahel, Blinka e Bradford Brown (2012) sostengono che gli adulti emergenti siano più suscettibili alla dipendenza da Internet rispetto agli adolescenti, perché, con l’aumentare dell’età, la supervisione degli adulti sul loro utilizzo di Internet diminuisce (come le restrizioni immesse sulla loro attività in Internet). Con il passaggio dall’adolescenza all’età l’età adulta (in genere alla fine delle scuole superiori o dell’università), diminuiscono le interazioni faccia a faccia dei giovani con i pari e il tempo passato da soli aumenta, lasciandoli vulnerabili all’uso di Internet per compensare i rapporti perduti o indeboliti con i pari. Senza controllo, un giovane può diventare eccessivamente coinvolto in attività online (Douglas et al, 2008; Yen, Yen, Chen, Chen, e Ko, 2007).

La dipendenza da Internet porta con sé numerosi esiti negativi che influiscono direttamente sulla vita del soggetto. Nello studio di Scherer (1997), il 13% degli intervistati riferiva che l’uso di Internet aveva interferito con le loro attività universitarie, le prestazioni professionali e la vita sociale. Tra questi, circa il 2% percepiva Internet come avente un effetto complessivo negativo sulla loro vita quotidiana. Tra i problemi riscontrabili innanzitutto vi era la distorsione del tempo, oltre alla perturbazione del matrimonio, i problemi finanziari, e i problemi relazionali (problemi sessuali, genitore-figlio, e di amicizia). Infine, tra gli esiti negativi, non va dimenticato il sonno breve e disturbato collegato anche a ridotto rendimento scolastico (Dewald, Meijer, Oort, Kerkhof, & Bögels, 2010).


© Emerging adults ed utilizzo di Internet: organo funzionale o strumentalità inversa? – Andrea Pivetti


 

I bambini al tempo del Coronavirus

I bambini al tempo del Coronavirus

 

Una delle principali ripercussioni della diffusione della pandemia di Coronavirus si ha sulle relazioni e sulla vita sociale. Coloro che rischiano conseguenze anche gravi nel lungo periodo, sono in particolare i bambini e gli adolescenti i quali, per la fase di sviluppo che si trovano ad attraversare, hanno una forte necessità di relazionarsi con adulti e coetanei (di cui ho parlato in tema di aiuti alle famiglie, anche qui: https://sinapticamente.it/articolo/aiuti-alle-famiglie-al-tempo-del-coronavirus/ ), cosi da poter apprendere e mettersi alla prova nel tortuoso percorso di strutturazione della propria identità tipico di quegli anni.

Oltre all’impoverimento relazionale, altre conseguenze negative per loro possono essere un aumento del tempo trascorso davanti allo schermo, sia per seguire la didattica sia come intrattenimento alternativo alla scarsa attività fisica che riescono a fare e che, a sua volta, può portare ad un aumento di peso. A quest’ultimo può contribuire anche la tendenza a compensare le carenze, la noia e lo stress con il cibo. Altre conseguenze pervasive del prolungato isolamento sociale possono poi riguardare ad esempio lo sviluppo di ansia, disturbi del sonno o disregolazione emotiva.

Ma come parlare ai bambini ed aiutarli ad elaborare ciò che sta accadendo intorno a loro?

Ciò che i genitori possono fare è innanzitutto cercare di essere tolleranti e mantenere in casa un’atmosfera il meno stressante possibile, non facendo trapelare eccessivamente le proprie ansie e preoccupazioni (che vengono inevitabilmente assorbite dai piccoli) ma condividendo con loro, con parole semplici, come si sentono e perché, favorendo quindi il dialogo emotivo. È importante dunque tenere un atteggiamento rassicurante e positivo e cercare di mantenere regolarmente la rete sociale, tramite chiamate o videochiamate, per non alimentare il senso di abbandono dovuto all’isolamento o il senso di smarrimento che possono sperimentare vedendo stravolta la propria routine quotidiana.

Un ulteriore contenimento da attuare riguarda la noia, che a lungo diviene fonte di stress, per cui occorre cercare di impegnare i bambini con attività diversificate, ad esempio assegnando loro alcuni compiti casalinghi come riordinare o aiutare a cucinare o a sparecchiare, oppure prendendo spunto dai numerosi tutorial pubblicati sui siti delle scuole, divisi per classe e tipologia. Su di essi è possibile trovare infatti attività musicali, compiti manuali, video letture e molte altre idee originali utilizzabili per combattere la noia permettendo loro, allo stesso tempo, di non perdere completamente il contatto con la scuola e il programma didattico per loro previsto, mantenendo una certa regolarità e scansione del tempo durante il giorno. Un altro aspetto importante consiste nell’alimentare la progettualità, proponendo ad esempio ai bambini di creare delle liste di cose da fare sia giornalmente, sia quando finirà la quarantena.

Quindi cosa possono dire i genitori e gli insegnanti per cercare di spiegare ai bambini ciò che vedono?

Per evitare che sviluppino successivamente vere e proprie paure rispetto all’avvicinamento o al contatto sociale, che possono portare a comportamenti di evitamento delle situazioni ritenute minacciose, bisognerebbe insegnare loro a vedere ciò che accade da una prospettiva altruistica, per la quale non sono gli altri ad essere un pericolo ma dove, vista la facile trasmissibilità di questo virus, manteniamo temporanee misure di sicurezza per proteggere gli altri e di conseguenza anche noi stessi, tutti insieme. Anche riferirsi ad esperienze passate, come influenze o malattie di amici o parenti già vissute e superate, può essere un aiuto per far si che si riescano a rappresentare meglio ciò che avviene intorno a loro.

Non bisogna dimenticare poi anche l’importanza dell’attività fisica, che gioca un ruolo importante nel mantenimento dell’equilibrio cognitivo e quindi occorre cercare di alternare momenti di attività motoria a momenti di attività pratiche più sedentarie, così da favorirne il benessere psicofisico.

Se avete dubbi o domande sull’argomento, non esitate a contattarci per richiedere maggiori chiarimenti o suggerimenti.

 


© I bambini ai tempi del Coronavirus – Dott.ssa Alice Franceschini