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La Metafora Aspetti teorici

ASPETTI TEORICI

LA METAFORA

A partire da Aristotele la metafora viene considerata dalla tradizione classica uno strumento linguistico, a scopo decorativo (Davidson, 1978; Rorty, 1989; Searle, 1979), utilizzato per comunicare. Il filosofo greco, infatti, sottolinea la capacità di questo artefatto di mettere a confronto elementi distinti che, nella retorica parlata, vengono percepiti dall’ascoltatore come simili.

I termini paragonati condividono, secondo la teoria tradizionale, somiglianze obiettive preesistenti per cui è possibile prevedere l’esito della metafora.

“..Le metafore mettono la cosa sotto gli occhi (tõ poieîn tò prãgma pròommátôn). Questo mettere sotto gli occhi torna varie altre volte nel testo e Aristotele sembra insistervi con convinzione: la metafora non è solo un trasferimento, ma è un trasferimento che è una evidenza immediata – ma evidentemente non consueta, inattesa – grazie alla quale si vedono le cose mentre agiscono (1410b 34), le cose in atto, energoûnta.”
Umberto Eco(2004), Aspetti conoscitivi della metafora in Aristotele.

Riconosciuto quindi, in quest’ultima, uno strumento di comunicazione che oggettivizza concetti astratti, che rende elementi dissimili più simili tra loro e che toglie oggettività all’informazione contenuta (Hobbes, 1651 & 1962; Locke, 1689 & 1997), se ne evidenzia l’implicita possibilità di influenzare atteggiamenti e comportamenti e un conseguente ruolo nella comunicazione persuasiva.

I filosofi del simbolismo umano sono tra i primi a individuare nella metafora un valido strumento per rendere concetti astratti agevoli e fruibili (Arendt, 1977; Cassirer, 1946; Jaynes, 1976; Langer 1979), fornendoli di un fondamento concreto. Ribattezzata dai cognitivisti “metafora concettuale” (Gobbs, 2006; Kövecses, 2002; Lakoff e Johnson, 1980), essa designa una corrispondenza tra elementi semanticamente coerenti all’interno delle strutture dei domini di fonte e di obiettivo. In linea con il principio di invarianza (Lakoff e Turner, 1989; Lakoff, 1993), tale corrispondenza include solo gli elementi del dominio di fonte semanticamente inerenti al dominio di obiettivo. In altri termini, si tratta di una proiezione di parte del contenuto semantico di un concetto astratto (source domain) in uno più concreto (target), ossia un mapping ontologico unidirezionale.

Il valore epistemologico di tale operazione modera l’incertezza interpretativa (Williams e Bargh, 2008), favorendo la comprensione ed organizzazione del mondo circostante (Keefer, Landau, Sullivan & Rothschild, 2011). A seguito di un meccanismo conoscitivo che plasma il pensiero sociale e gli atteggiamenti delle persone, risulta quindi che la metafora facilita l’attribuzione di senso a idee, eventi e comportamenti. A questo proposito, i risultati di alcuni studi di Lakoff e Johnson (1980) rappresentano un valido esempio, per quanto riguarda le metafore di percorso. Le persone tendono a disporre gli eventi della propria vita passata lungo una linea immaginaria, al cui capo finale si colloca il concetto di sé attuale. Questa operazione di organizzazione mnestica è tanto più probabile quando la coerenza tra passato e presente è scarsa. Infatti, la struttura metaforica del passato riduce l’incertezza circa l’identità personale.

Kövecses (2002) classifica la metafora secondo quattro criteri: la convenzionalità si riferisce all’uso quotidiano mentre la funzionalità allo scopo concettuale, la natura definisce il fondamento empirico o esperienziale, la generalità si contrappone alla specificità. Nello specifico, il livello di convenzionalità è determinato dal grado di saturazione della metafora nel linguaggio corrente.  Quanto più l’uso di una determinata metafora è reiterato nel tempo, tanto più diviene patrimonio dell’idioma di riferimento, tanto meno è riconoscibile nel linguaggio corrente.

In relazione alla maggiore o minore complessità del mapping, la funzionalità definisce tre tipi di metafora: strutturale, ontologica, di orientamento. La prima implica una corrispondenza la cui complessità strutturale è maggiore rispetto al dominio di obiettivo. Sono metafore ricche di contenuto informativo, che forniscono indicazioni circa qualità, dimensioni, rapporti (e altro ancora) del target. La metafora ontologica viene usata per dare una base più concreta ad un concetto astratto, senza comunque specificarlo. Infine la metafora di orientamento, detta anche “di coerenza”, assegna appunto coerenza spaziale alla corrispondenza. In riferimento a ciò, le associazioni metaforiche tra valenza e verticalità di Meier e Robinson (2004) supportano le analisi linguistiche di Lakoff & Johnson (1980). Le metafore di verticalità si combinino con la valenza positiva-negativa attribuita dalle persone ai concetti, localizzando ciò che è positivo in alto e il negativo in basso.  Vedi figura1.

Le metafore possono avere una natura logica (o proposizionale) oppure visiva. Nel primo caso la complessità strutturale della corrispondenza, ricca di informazione, si basa su una conoscenza specifica ed è conoscitiva. La metafora di natura visiva invece è determinata da una struttura ricorrente nei processi cognitivi, detta “schema immagine” (Johnson, 1987). Si tratta di strutture semplici da cui non derivano corrispondenze ricche di informazione, a differenza delle one-shot image metaphors, il cui uso in situazioni specifiche contrasta con quello quotidiano delle prime.

Infine la generalità è funzionale a operazioni particolari: interiorizzare un proverbio e applicarlo nella vita concreta o creare personificazioni (Vito, 2008).

In ultima analisi, le metafore sono ulteriormente promosse da quelli che la psicologia cognitiva chiama schemi, mentre restano distinte dalle metonimie. Gli schemi cui le persone si affidano per interpretare e valutare l’ambiente circostante, gli eventi e il proprio pensiero, sono accessibili alla coscienza (Banaji, Hardin & Rothman, 1993; Devine, 1989; Dunning & Sherman, 1997; Fazio, Jackson, Dunton & Williams, 1995; Dio, Ross & Lepper 1979). Tuttavia quando i concetti sono troppo astratti e difficili da organizzare, l’uso congiunto di metafore facilita ulteriormente l’organizzazione del pensiero (Vitto, 2008).

La differenza principale tra metafora e metonimia sta nella relazione tra gli elementi della struttura concettuale creata: mentre per la prima si tratta di corrispondenza, per la seconda è una questione di contiguità(Radden & Kövecses, 1999). La metonimia, infatti, consiste in un processo cognitivo in cui un concetto detto “veicolo” favorisce l’accesso mentale ad un altro concetto, il target. Ne consegue, la metonimia agisce all’interno di uno stesso dominio, detto Modello Cognitivo Idealizzato, ICM (Kövecses, 2002), mentre la metafora realizza una corrispondenza tra due domini semantici distinti.

Nelle metafore quotidiane più utilizzate sono presenti termini dell’astronautica, dell’aeronautica e della navigazione marittima come abbordare, imbarcarsi, sbarcare.  Tra le metafore quotidiane più ricorrenti troviamo associazioni tra contesti come l’amore, il viaggio e la guerra (Lakoff, Johnson, 1980):  “L’amore è un viaggio”.

Nella metonimia invece si utilizza spesso un nome al posto di un altro come, per esempio, quando si fa riferimento all’abito per definire la persona: “Le camicie rosse”; o al contenente per esprimere il contenuto: “Beviamo un bicchiere”

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon