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Strategie di riduzione degli effetti negativi delle meta-attribuzioni intergruppi

Strategie di riduzione degli effetti negativi delle meta-attribuzioni intergruppi

 

Come si è visto nel Capitolo 2, l’ansia intergruppi è un mediatore nella relazione tra contatto intergruppi e atteggiamento verso l’outgroup (Brown & Hewstone, 2005): il contatto risulta avere effetti positivi nella misura in cui esso riduce l’ansia, che è strettamente legata non solo alla familiarità con l’outgroup ma anche alle meta-attribuzioni su di esso. Frey e Tropp (2004) si concentrano sul ruolo delle meta-attribuzioni nel capire quali strategie possono essere efficaci nel rendere il contatto intergruppi un’esperienza che influisce positivamente sugli atteggiamenti verso l’outgroup, soffermandosi in particolare su come queste strategie influenzano le meta-attribuzioni piuttosto che su come possano essere usate per migliorare gli atteggiamenti intergruppi. Essi individuano tre strategie principali per migliorare le meta-attribuzioni: minimizzare la salienza dell’appartenenza al gruppo, modificare l’attribuzione di prototipicità e ristrutturare la relazione intergruppi.

La prima strategia consiste nel minimizzare la salienza dell’appartenenza di gruppo durante l’interazione, basandosi sull’ipotesi che la dissimilarità percepita con l’outgroup cresce con tale salienza, e che ciò porta ad una meta-attribuzione negativa. Ciò permette alla persona di aspettarsi di esser visto come individuo anziché come membro del gruppo, incoraggiando la presunzione di similarità con l’outgroup e quindi l’utilizzo della proiezione di se stessi nella formazione della meta-attribuzione e non degli stereotipi (Kenny & DePaulo, 1993).

Inoltre, minimizzare la salienza riduce l’ansia intergruppi facendo percepire alla persona di essere più vicino ad un contesto intragruppo piuttosto che intergruppi. Questa strategia ha però alcune limitazioni: innanzitutto, se i gruppi sono visivamente distinguibili (es. gruppi razziali), anche tendando di ridurre la salienza dell’appartenenza, i membri continueranno ad essere consapevoli delle differenze reciproche, credendo di essere comunque percepiti in termini di appartenenza al proprio gruppo. Inoltre, anche se si riuscisse a ridurre questa salienza, si avrebbe un potenziale miglioramento nelle meta-attribuzioni dei membri individuali dei due gruppi, ma gli effetti generali sulla meta-attribuzione futura dell’intero outgroup sarebbero limitati.

La seconda strategia mira invece ad alterare il grado in cui le persone sono percepite come prototipiche del proprio gruppo. La ricerca sulla tipicità suggerisce che un contatto positivo con un membro prototipico dell’outgroup può portare ad atteggiamenti positivi verso l’intero outgroup (Ensari & Miller, 2002). Però, in particolare durante le fasi iniziali del contatto, l’aspettarsi di essere visti come membri tipici dell’outgroup può aumentare il sentimento di ansia intergruppi. Di conseguenza, se si riuscisse a motivare le persone in modo che esse non sentano di essere percepite dall’outgroup in maniera prototipica (ad esempio facendole allontanare dagli stereotipi negativi del proprio gruppo, o facendo sì che convincano l’outgroup che questi stereotipi non appartengono anche a loro) si avrebbe una notevole riduzione dell’ansia intergruppi, ed un corrispondente miglioramento delle meta-attribuzioni.

Anche questa strategia mostra delle limitazioni: il contesto sociale spesso impedisce questo cambiamento della rappresentazione di se stessi agli altri. Ciò, quindi, fa convincere le persone che la percezione da parte dell’outgroup non può essere modificata, li credere incapaci di modificare l’impressione che danno di loro e, addirittura, aumenta in alcuni casi l’ansia intergruppi (Shelton, 2003).
Relativamente alla terza strategia, cioè la ristrutturazione delle relazione intergruppi , assumendo che le persone si aspettano, in generale, di essere accettate e viste in modo favorevole dai membri del proprio gruppo (Krueger, 1996) e, di contro, di essere respinte o valutate negativamente da quelle dell’outgroup, Frey e Tropp (2004) evidenziano che il modo più efficace per migliorare le meta-attribuzioni intragruppo e convertirle in effetti positivi generalizzati verso l’intero outgroup è quello di far sì che le persone credano di essere percepite dai membri dell’outgroup in maniera analoga a quanto farebbero i membri dell’ingroup. Questa strategia, oltre ad indurre un cambiamento positivo nelle meta-attribuzioni, sarebbe persistente anche con elevata salienza dell’appartenenza di gruppo ed in presenza di membri prototipici, perché porterebbe ad una minor percezione di contrapposizione tra i gruppi.
Nel dettaglio Frey e Tropp (2004) suggeriscono alcune strategie di ristrutturazione della relazione intergruppi che sono già state trattate nei primi due capitoli, evidenziandone però gli effetti sulle metapercezoni piuttosto che sull’atteggiamento generale verso l’outgroup. La prima di queste, coerente con il modello dell’identità comune dell’ingroup (Gaertner & Dovidio, 2000) consiste nel creare una categoria sovraordinata che contenga entrambi i gruppi, facendo sì che le persone non si percepiscano più come membri di gruppi diversi ma abbiano un’appartenenza condivisa al gruppo sovraordinato: in questo modo, le persone si aspetterebbero di essere viste dai membri dell’outgroup in maniera analoga a quanto farebbero i membri del proprio ingroup, portando quindi a meta-attribuzioni più positive e ad una minore ansia intergruppi.

La seconda strategia descritta si basa sul contatto, in particolare le amicizie intergruppi, cioè sulla connessione psicologica che emerge quando si creano delle relazioni strette che superano i confini di gruppo (Paolini, Hewstone, Cairns & Voci, 2004), e attivano meccanismi come l’IOS: in questo caso, ai membri dell’outgroup vengono garantiti gli stessi benefici tipicamente garantiti a sé ed ai membri dell’ingroup, i confini di gruppi diventano permeabili ed emerge un senso di interconnessione tra ingroup e outgroup. Oltre a migliorare gli atteggiamenti intergruppi in modo diretto, questo senso di connessione induce una meta-attribuzione positiva, che a sua volta incoraggia ulteriormente questo cambiamento negli atteggiamenti. In particolare, relazioni strette come le amicizie cross-group dirette, ma anche quelle estese, sono un fattore critico nel minimizzare l’ansia delle future interazioni cross-group, che a sua volta funge da mediatore nella relazione tra amicizia cross-group e atteggiamenti positivi verso l’outgroup.

Per concludere, gli autori prospettano studi futuri sul legame tra la riduzione dell’ansia nelle amicizie cross-group e le meta-attribuzioni conseguenti, e tra il miglioramento di quest’ultime e lo sviluppo di atteggiamenti intergruppi positivi.

 

 

© La relazione tra amicizie dirette ed estese e attribuzioni di mente: Uno studio sul rapporto tra Meridionali e Settentrionali in Italia – Elisa Ragusa

 

 

Formazione delle meta attribuzioni in contesti intragruppo e intergruppi

Formazione delle meta-attribuzioni in contesti intragruppo e intergruppi

 

La salienza o meno dell’appartenenza di gruppo fa sì che le persone pensino di essere percepite in termini di gruppo o in termini di individuo, e ciò influenza fortemente le strategie che vengono utilizzate per la formazione della meta-attribuzioni.

Diverse teorie della psicologia sociale hanno dimostrato che le persone tendono a vedere in maniera maggiormente positiva il proprio ingroup, e a credere che anche l’ingroup lo veda positivamente, mentre tendono a non fidarsi dei membri dell’outgroup, aspettandosi di essere valutati negativamente o che questi abbiano intenzioni negative nei suoi confronti.

Inoltre, è stato dimostrato, sia per gruppi creati artificialmente sia per gruppi minimali, che si tende a credere che i membri del proprio gruppo siano più simili a sé e abbiano opinioni e convinzioni simili alle proprie; viceversa, i membri dell’outgroup sono visti come maggiormente diversi e si crede che lo siano anche le loro opinioni. Ciò può portare anche ad aspettarsi che le proprie caratteristiche reali siano meno trasparenti per i membri dell’outgroup rispetto a quanto lo sono per quelli dell’ingroup. Secondo Ames (2004) ciò coinvolge la formazione delle meta-attribuzioni, che sono maggiormente basate sulla proiezione quando ci si sente simili all’osservatore, mentre sono maggiormente basate sugli stereotipi quando ci si sente diversi. Frey e Tropp (2004) descrivono strategie di formazione delle meta-attribuzioni differenti per i contesti intragruppo e per quelli intergruppi.

Nei contesti intragruppo le persone si sentono solitamente più a proprio agio, assumendo che gli altri membri dell’ingroup abbiano dei punti di vista simili ai propri: in queste situazioni la proiezione degli stati mentali sui membri dell’ingroup è più robusta. È da evidenziare come in questi casi l’immagine di sé che proiettano sia quella di un membro di un gruppo, in particolare se l’appartenenza di gruppo è saliente (per cui ci si aspetta di essere percepiti come tali). Questo processo è coerente con gli studi sull’auto-stereotipizzazione, per cui se l’appartenenza è saliente le persone tendono a vedersi mediante le caratteristiche positive che distinguono il proprio gruppo; inoltre, si accentua la similarità percepita e l’attrazione verso altri membri che mostrano le stesse caratteristiche prototipiche. In questo caso, le persone proiettano una visione positiva di se stesse in quanto membri dell’ingroup con le caratteristiche positive prototipiche. In base al grado in cui le persone si ritengono rappresentative delle caratteristiche del proprio ingroup, può variare l’immagine che hanno di se stesse e che può essere proiettata sugli altri: in sostanza, anche se membri con bassa prototipicità possono aspettarsi di essere percepiti come membri del gruppo, essi possono anche provare un senso di emarginazione se si aspettano di essere percepiti in modo diverso dalle caratteristiche che definiscono l’ingroup.

Relativamente ai contesti intergruppi, le ricerche sull’identità sociale suggeriscono che quando l’appartenenza di gruppo è saliente si tende anche ad accentuare le differenze tra il proprio gruppo e gli altri (Hogg, 2003). In questi casi le persone, nella loro meta-attribuzione (ovvero nella lettura delle menti altrui), si appoggiano maggiormente alla stereotipizzazione. Ames (2004) dimostra che proiezione e stereotipizzazione sono correlate negativamente, ed in caso di alta dissimilarità percepita, le persone utilizzano principalmente quest’ultima per determinare cosa i membri dell’outgroup pensino di loro. Gli stereotipi possono agire in due modi nella meta-attribuzione. Nei contesti intergruppi, i membri di gruppi differenti hanno una comprensione consensuale delle caratteristiche comunemente associate al proprio gruppo e agli altri: quindi, se da una parte ci si basa sugli stereotipi sull’outgroup per tentare di capire cosa essi pensino di noi (come se questi pensassero a degli oggetti), dall’altro gli stereotipi sul proprio ingroup diventano rilevanti per prevedere qual è l’immagine che si mostra ad essi. Inoltre, visto che generalmente le relazioni intergruppi sono costruite in termini di sfiducia, le persone si aspettano di essere valutate negativamente dall’outgroup, che l’outgroup le percepisca secondo gli stereotipi negativi che caratterizzano l’ingroup (Vorauer & Kumhyr, 2001) e che i membri dell’outgroup le considerino maggiormente stereotipiche del proprio ingroup di quanto le persone ritengano (Frey & Tropp, 2004).

Quindi, mentre nelle meta-attribuzioni intragruppo ci si focalizza sugli stereotipi positivi sull’ingroup, in quella intergruppi si dà più rilevanza agli stereotipi negativi dell’ingroup: ciò dipende anche dalla misura in cui questi stereotipi negativi si ritenga caratterizzino anche il sé. Frey e Tropp (2004) suppongono che, quando non ci si percepisce in base agli stereotipi negativi del proprio gruppo, ci si aspetti in maniera minore di essere percepiti in questo modo e ci si senta in qualche modo maggiormente simili all’outgroup, particolarmente nel caso in cui questi stereotipi sono legati al pregiudizio (Vorauer & Kumhyr, 2001). In sintesi, sebbene le strategie di formazione della meta-attribuzione siano sempre le stesse, i processi di formazione cambiano in diversi modi prevalentemente in base al tipo di contesto: in base alla similarità percepita, se questa è alta (contesto intragruppo) si tende a usare la proiezione anziché la stereotipizzazione; varia anche la valenza della meta-attribuzione, che si basa sulle caratteristiche positive che definiscono l’ingroup nei contesti intragruppo, mentre è basata sulle sue caratteristiche negative nei contesti intergruppi; infine, in base a quanto le persone si sentono membri prototipici del proprio gruppo, varia la percezione che queste caratteristiche (positive o negative) influiscano sull’opinione che gli altri membri dell’ingroup o dell’outgroup si formano di loro.

 

 

© La relazione tra amicizie dirette ed estese e attribuzioni di mente: Uno studio sul rapporto tra Meridionali e Settentrionali in Italia – Elisa Ragusa