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Appunti di Psicoterapia Transgenerazionale

Appunti di Psicoterapia Transgenerazionale

Il santuario della psicoterapia

Appunti di Psicoterapia Transgenerazionale

Psicoterapia Transgenerazionale è un termine in cui mi sono immersa soprattutto negli ultimi anni.

Nella pratica di psicoterapia mi sono più volte trovata a dover investigare sulle possibili cause responsabili delle sofferenze dei clienti. Ogni persona che si presenta in studio rappresenta l’ incontro con un universo sconosciuto che occorre ascoltare, osservare, comprendere e svelare…..

Ho sempre dato molta importanza, nella pratica di psicoterapia, al passato delle persone. Siamo oggi il risultato delle nostre esperienze, dei nostri vissuti, dei nostri trascorsi. Eppure, quella volta, seppure avessi indagato a 360 gradi, proprio non riuscivo a trovare un evento, un accadimento, un trauma. Non trovavo una motivazione che potesse sostenere la depressione, la profonda melanconia, che Mario ( nome di fantasia) provava da tutta la sua vita.

All’epoca non conoscevo ancora la Psicoterapia Transgenerazionale. L’avrei incontrata però qualche anno più tardi, e mi avrebbe svelato in maniera esauriente qualcosa che stavo scoprendo quasi “accidentalmente”.

Tutto accadde durante una seduta durante la quale, per caso, scherzando sul suo nome, mi rivelò che era lo stesso di suo fratello morto, che i genitori gli avevano dato in onore del figlio maggiore scomparso in tenerissima età.

In quel momento compresi appieno il peso che da una vita Mario si portava sulle spalle. Del resto camminava con una postura che ricordava una persona piegata in avanti, come se portasse un carico sulla schiena. Camminava come se si portasse il cadavere del fratello in spalla!

Avevo acquisito e approfondito conoscenze nuove.

Avevo scoperto quello che la A.A.Schutzenberger* definisce i “figli sostitutivi”. Quei bambini che “vengono al mondo con un pesante compito da assolvere: sostituire un morto.
Il morto può essere un fratello maggiore, un genitore oppure un nonno, il ruolo di “figlio sostitutivo” non cambia. Il peso non si alleggerisce cambiando il grado di parentela.

Del resto in psicoterapia ci si imbatte sovente in casi di lutti non elaborati, ovvero quei casi in cui il cliente ci racconta che la madre aveva perso il primogenito poco prima della loro nascita. La madre era, perciò, molto spaventata ed angosciata dalla nuova maternità. Questi elementi ben ci fanno comprendere l’atmosfera che questi bambini hanno “annusato” fin da subito, costretti a rinunciare al calore di una madre, ancora impegnata nell’elaborazione del lutto e, dunque, non presente affettivamente per loro.

A questo proposito mi viene in mente la storia di una giovane ragazza che aveva avuto, un anno prima di iniziare un percorso di psicoterapia nel mio studio, una diagnosi di cancro al seno. Durante i nostri colloqui mi raccontò quanto la madre fosse distaccata rispetto alla malattia e di quanto questo atteggiamento la facesse soffrire.

Rileggendo insieme tutta la storia la aiutai a comprendere che il continuo terrore di “perderla” avesse innescato nella madre un atteggiamento di “diniego” rispetto la realtà vissuta della figlia (è un atteggiamento frequente delle madri angosciate dalla paura della perdita quello di non voler vedere!) e dunque il tenace mantenimento di un meccanismo di evitamento che lei, la mia cliente, ora si trovava a “rappresentare”, “sbattendole in faccia” una dura e feroce realtà nel tentativo di sentirsi finalmente “vista”!

Articolo estratto dal sito: http://www.studiocastello.it/2018/05/22/appunti-di-indagine-clinica/

© Dr.ssa Irene Borgia (https://www.psicologiadellavoro.org/autori-d1/)

*A.A.Schutzenberger. (2004),La sindrome degli antenati,Di Renzo Editore,pag.77

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