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Matrix® – Dove si usa

Matrix® – Dove si usa

Il sistema di “Valutazione delle Risorse Umane” – Matrix® – si fonda su principi di Psicologia, Neuroscienze e sulla “Individuazione delle Competenze“, e consente di gestire in modo uniforme il collegamento tra i comportamenti delle persone (Profili reali) e gli obiettivi aziendali (Profili attesi), fornendo reports sul profilo delle risorse, su come gestirle, su come comunicare con esse, sulle esigenze formative, sulle affinità, omogeneità ed aree critiche.

Tale sistema coinvolge (influenza) più sottosistemi:

VALUTAZIONE DEL CAPITALE INTELLETTUALE (Asset Intangibili)

    • La vera ricchezza delle aziende non è più rappresentata dalle risorse naturali, nè dai macchinari e nemmeno dal capitale finanziario, ma dall’imprenditorialità, dal sapere, e dalla materia prima più preziosa: il capitale intellettuale. Un’impresa oggi può dirsi ricca, vitale, competitiva non solo quando possiede importanti risorse economiche e finanziarie, ma, soprattutto, quando dispone di un elevato patrimonio intellettuale.
    • Il profitto e la maggior parte degli indicatori di natura economica e finanziaria evidenziano un buon risultato nella gestione passata ma nulla, o molto poco, dicono sulla sostenibilità di tale risultato nel futuro e sulla capacità competitiva in prospettiva dell’impresa. Diventa indispensabile effettuare un Bilancio del Capitale Umano per valutare le potenzialità dell’azienda.

VALUTAZIONE E MONITORAGGIO DEL PERSONALE

    • Attuare un processo in linea con la certificazione UNI EN ISO e la nuova normativa VISION 2000, come specificato  al punto 6.1.1  della norma: Competenza, consapevolezza e addestramento
    • L’organizzazione deve:
    1. definire la competenza necessaria per il personale che svolge attività che influenzano la qualità del prodotto,
    1. fornire addestramento o intraprendere altre azioni per soddisfare queste esigenze,
    1. valutare l’efficacia delle azioni intraprese,
    1. assicurarsi che il suo personale sia consapevole della rilevanza e dell’importanza delle proprie attività e di come esse contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi per la qualità,
    1. conservare appropriate registrazioni sul grado di istruzione, sull’addestramento, sull’abilità e sull’esperienza.

SELEZIONE E INSERIMENTO

Obiettivo della selezione: “La persona giusta al posto giusto”.

Il raggiungimento di tale obiettivo dipende quindi da:

a)    la definizione dei profili ideali di ogni ruolo

b)    la valutazione esatta delle risorse

FORMAZIONE E SVILUPPO

Obiettivo della formazione: Sviluppare le core competences individuate dall’azienda;

Tale obiettivo si raggiunge attraverso il seguente processo:

1°    Messa a fuoco delle competenze/attitudini da sviluppare

2°    Rilevazione del gap esistente tra competenze/attitudini attese e reali

3°    Formalizzazione del piano formativo

4°    Intervento formativo vero e proprio

GESTIONE – PROFILO ATTITUDINALE RICHIESTO ED ESPRESSO

Obiettivo di ogni azienda è di intervenire in modo mirato al fine di diffondere tra gli individui un alto livello di professionalità, condizione primaria e fondamentale per la competitività in mercati che si evolvono sempre più rapidamente.

La PROFESSIONALITA’ RICHIESTA dalla posizione è l’insieme di attitudini, conoscenze, abilità, comportamenti e capacità necessario per ricoprire un ruolo lavorativo. E’ il capitale (patrimonio) di un ruolo organizzativo che l’organizzazione richiede in relazione alle proprie caratteristiche.

La misurazione della professionalità richiesta avviene attraverso la definizione del Profilo Ideale.

La PROFESSIONALITA’ ESPRESSA dalla prestazione è l’insieme di attitudini, conoscenze, abilità, e comportamenti che un individuo effettivamente esprime nello svolgere un ruolo lavorativo. Rappresenta il grado di copertura del ruolo.

La determinazione di questi valori consente all’azienda interventi gestionali mirati. Pone l’azienda nella possibilità di sapere su quali aree intervenire, quali comportamenti e quali conoscenze è necessario stimolare per aumentare il livello di professionalità.

PERCORSI DI CARRIERA E PIANI DI SOSTITUZIONE

Il percorso di carriera è “il processo formalizzato che lega le aspirazioni, gli interessi e le potenzialità individuali con le opportunità e le necessità dell’organizzazione aziendale”.

I percorsi di carriera si fondano sulla gestione delle competenze. La rilevazione e la valutazione del gap tra le competenze espresse e quelle richieste per una posizione, consentono anche l’individuazione delle aree di crescita necessarie. In questo modo si ha la possibilità di progettare un piano di sviluppo finalizzato al rafforzamento delle skills richieste.

In questo senso, sono due le attività importanti:

1.    La pianificazione della carriera;

2.    Il monitoraggio periodico delle attitudini della risorsa ed il relativo storico.

© – Andrea Castello – Irene Borgia

Matrix® – Presupposti Teorici

PRESUPPOSTI TEORICI

I concetti fondamentali

1 – Le attitudini mentali

Secondo le più recenti teorie della psicologia e delle neuroscienze, il nostro cervello processa ed elabora le informazioni utilizzando sequenze, schemi e procedure che definiscono la struttura del pensiero, il nostro modo di pensare. L’individuazione di tali procedure (attitudini) ci permette di capire come una persona affronterà mentalmente una determinata situazione e quali saranno i percorsi mentali e comportamentali che utilizzerà nel vivere la situazione stessa. L’insieme delle procedure ci permette, quindi, di delineare un profilo mentale, una mappa che ci consente di definire come una persona approccia, sia a livello mentale che comportamentale, un lavoro.

Valutare le attitudini mentali, a differenza degli stati emotivi o di altri parametri psicologici (meccanismi di difesa, nuclei profondi), significa misurare aspetti che sono difficilmente influenzabili dalle situazioni contingenti, dagli umori o da altri fattori ambientali ed ottenere quindi, dati attendibili e con buona capacità previsionale.

2 – Le competenze

L’individuazione delle competenze é il processo attraverso il quale un’azienda rileva, gestisce e sviluppa il suo patrimonio di competenze in coerenza con i valori, gli obiettivi, e le strategie di business.

Tale approccio sposta il focus dei sistemi di gestione non più solo ed esclusivamente sull’organizzazione (tempi, compiti, procedure), ma sulle persone (relazioni e sistemi), in definitiva l’approccio per competenze, se inserito in un processo valutativo, può rappresentare lo strumento ideale per gestire l’aspetto qualitativo delle persone.

Le competenze sono “qualcosa che fa parte del repertorio di ciascun individuo”, sono cioé skills, capacità o abilità o, ancor meglio, attitudini che le persone utilizzano in una varietà di situazioni e di contesti lavorativi.

Possiamo quindi affermare che la combinazione di determinate attitudini concorre a generare specifiche competenze.

3 – Il processo logico

Il processo per definire le competenze si attua attraverso alcune fasi:

1)    Individuazione delle competenze;

2)    Traduzione delle competenze in comportamenti osservabili;

3)    Traduzione dei comportamenti osservabili in attitudini;

4)    Mappatura delle attitudini;

5)    Utilizzo e gestione delle attitudini.

FASE 1: INDIVIDUAZIONE DELLE COMPETENZE

L’inputdi questa fase é costituito dall’analisi ed eventuale definizione dell’organigramma aziendale, dei ruoli aziendali, delle competenze e relative mansioni

In termini operativi si tratta di identificare, per ogni funzione aziendale, le competenze che devono possedere le persone per realizzare la performance attesa e gli obiettivi di business.

L’output di questa fase è la definizione delle competenze distintive di ogni ruolo aziendale, in altre parole il “Manuale delle Competenze Aziendali”.

FASE 2: TRADUZIONE DELLE COMPETENZE IN COMPORTAMENTI OSSERVABILI

Il risultato della prima fase é la definizione delle competenze distintive di ogni ruolo aziendale. Le competenze, in termini generici, sono però delle definizioni astratte.

Obiettivo di questa fase é quello di tradurre ogni competenza, in comportamenti osservabili.

Attraverso la determinazione delle competenze risulta possibile distinguere i ruoli aziendali in termini di “comportamenti attesi”.

FASE 3: TRADUZIONE DEI COMPORTAMENTI OSSERVABILI IN ATTITUDINI

Obiettivo di questa fase é quello di tradurre ogni comportamento osservabile in attitudini mentali.

Nel concreto questa fase si può realizzare in due modi:

a)    scegliere quali sono le competenze richieste e i comportamenti attesi e le relative attitudini associate per realizzare una prestazione eccellente in quel determinato ruolo. Questa operazione va ripetuta per ogni ruolo.

b)    Modellare le persone che realizzano prestazioni eccellenti, individuando, attraverso l’effettuazione del test ed estrapolando i dati grezzi, quali sono le attitudini coinvolte.

FASE 4: LA MAPPATURA DELLE COMPETENZE / ATTITUDINI

Una volta definiti i livelli di competenza, i comportamenti osservabili e le attitudini associate, si rende essenziale una nuova fase: quella dell’attribuzione delle “attese attitudinali” ai diversi ruoli aziendali.

Come per la fase precedente, questa fase si può realizzare in due modi:

a)    scegliere quali sono i pesi (valori) delle attitudini individuate, per realizzare una prestazione eccellente in quel determinato ruolo. Questa operazione va ripetuta per ogni ruolo.

b)    Modellare le persone che realizzano prestazioni eccellenti, individuando, attraverso l’effettuazione del test ed estrapolando i dati grezzi, quali sono le attitudini coinvolte ed i relativi pesi (valori).

L’output che si ottiene é il Profilo Ideale, o Profilo atteso, una mappa delle attitudini associate alle competenze, che identifica un ruolo aziendale.

L’ulteriore sviluppo di questa operazione é quello di costruire il Profilo Ideale di una o più funzioni aziendali, di un’area di business o di tutte le funzioni aziendali.

In questo ultimo caso si parla di core competences  che sono l’elemento peculiare di ogni azienda, il patrimonio di conoscenze, abilità, capacità, comportamenti e attitudini individuali e collettive che rappresentano gli asset intangibili: il capitale umano, la vera potenzialità di un’azienda.

Nell’area gestione risorse, gli obiettivi aziendali sono rappresentati dai Profili Ideali, l’impegno punterà a supportare le risorse nel percorso di crescita utile per raggiungere od avvicinarsi a tale profilo.

FASE 5: GESTIONE DELLE COMPETENZE

La mappatura delle competenze aziendali quindi diventa uno strumento importante per la gestione delle risorse umane che comprende la pianificazione, la selezione, la valutazione, la formazione, la diffusione delle competenze, il percorso di carriera, la mobilità interna, la riconversione professionale e la valutazione del capitale intellettuale.

In sintesi:

    1. Le Attitudini rappresentano il substrato costituzionale delle capacità.
    1. Le Capacità sono considerate come possibilità di riuscita nell’esecuzione di un compito o, in termini più vasti, di una prestazione lavorativa, il loro insieme costituisce la competenza.
    1. Le Competenze sono gli elementi essenziali di ogni Ruolo.

© – Andrea Castello – Irene Borgia

Matrix® – Introduzione

INTRODUZIONE

 

 

L’analisi e la valutazione dal punto di vista teorico: i concetti fondamentali

L’azienda costituisce per sua natura un sistema dinamico, caratterizzato da continui processi di cambiamento.

Essi possono essere di varia entità ed avvenire a diversi livelli, ma in ogni caso investono e coinvolgono le risorse umane su: contenuti professionali, carichi di lavoro e responsabilità, mentalità, cultura, ruoli organizzativi e professionali.

Per far fronte ai cambiamenti, diventa indispensabile per ogni organizzazione avere un quadro chiaro ed analitico delle risorse umane disponibili e da inserire, in modo da attuare una pianificazione attenta ed efficace in sintonia sia con i cambiamenti organizzativi previsti, sia con le strategie attuali che future.

Pertanto capire se esiste una coerenza tra risorse umane e strategie ed esigenze aziendali, diventa la condizione indispensabile per raggiungere l’obiettivo desiderato. D’altronde costruire strategie che non tengono conto della conoscenza delle risorse umane significa scrivere un “libro dei sogni irrealizzabili” che non ha nessuna rispondenza nel reale.

Le aziende sono, solitamente, molto attente a verificare che i propri piani di sviluppo siano in sintonia con le realtà tecnologiche e finanziarie, ma tendono, spesso, a sottostimare l’importanza di conoscere le risorse umane, lasciando al caso l’adeguamento di queste ultime alle strategie future.  I costi economici di questo modo di operare, per l’azienda e psicologici per l’individuo, possono risultare talmente elevati da rendere palese che questoprocesso (la valutazione) deve essere pianificato.

L’analisi e la valutazione costituiscono un intervento che permette di conoscere le risorse umane al fine di poter intervenire con investimenti a livello di formazione per armonizzare lo sviluppo delle persone con le strategie di sviluppo ed i cambiamenti organizzativi.

Il concetto di potenziale

La definizione attuale di potenziale va integrata secondo criteri di lettura che tengano conto dei diversi livelli che, all’interno del sistema aziendale, interagiscono in modo continuo influenzandosi reciprocamente e determinando cambiamenti. Essi sono il livello psicologico, organizzativo e culturale.

Dal punto di vista psicologico, il potenziale può essere considerato come l’insieme delle energie, capacità, attitudini presenti in un determinato individuo.

Dal punto di vista organizzativo, il potenziale si può configurare come il confronto fra le caratteristiche di un individuo e le caratteristiche richieste per ricoprire al meglio una determinata posizione.

Dal punto di vista culturale il potenziale può essere considerato come il confronto tra la cultura individuale e quella dell’organizzazione.

La rilevazione

La richiesta di analisi e valutazione delle risorse umane ha assunto nel tempo vari contenuti articolati e complessi. Senza addentrarci in una descrizione storica possiamo affermare che, oggi, l’approccio “qualitativo” della valutazione, e non quello quantitativo (vedi i test d’intelligenza etc.) è sicuramente più vantaggioso e trova la sua giustificazione nel fatto che, a differenza delle analisi quantitative, pone l’accento non solo sul momento in cui si accerta la presenza di determinate caratteristiche, ma anche sulla previsione della positività dell’impatto fra le caratteristiche rilevate ed una determinata prestazione vista all’interno di uno specifico ruolo lavorativo. Il suo obiettivo finale è dunque il confronto tra due configurazioni (individuale ed ideale) di cui è importante conoscere l’articolazione della struttura.

Il concetto di stabilità di caratteristiche, capacità ed attitudine

Le caratteristiche personali sono dotate di una stabilità dinamica, nozione che permette di intendere i vari tipi di capacità individuali come tratti di per sé mobili e dinamici nel tempo, aventi una suscettibilità agli stimoli esterni, ma che si presentano comunque in configurazioni e con modalità stabili e coerenti, ben definite, che il momento diagnostico ha la possibilità di accertare.

Le capacità sono considerate come possibilità di riuscita nell’esecuzione di un compito o, in termini più vasti, di una prestazione lavorativa.

Queste capacità sono a loro volta condizionate dalle attitudini che rappresentano il substrato costituzionale delle capacità.

Le attitudini preesistono alle capacità e ne rappresentano il fondamento ed è proprio la “consistenza” delle attitudini che permette ad un soggetto di riuscire in un insieme di compiti, in un lavoro, in un ruolo professionale definito.

Ilconcetto cardine cui facciamo riferimento per l’analisi e la valutazione attraverso MATRIX® è in ogni caso quello di attitudine mentale, nella sua nozione di un insieme di capacità suscettibili di un incremento di efficienza in base a sollecitazioni ambientali, ovvero di insieme di caratteristiche che appartengono ad un patrimonio stabile dell’individuo che emergono in determinate condizioni ambientali, che possono essere oggetto di indagine e di rilevazione.

© – Andrea Castello – Irene Borgia

Matrix®

PREMESSA

Oggi, numerosi processi nei settori del management, dello sviluppo organizzativo e della leadership stanno subendo e subiranno cambiamenti profondi.

Negli ultimi anni le organizzazioni hanno dovuto assumere complessità sempre maggiori in funzione sia dei cambiamenti strutturali interni (riorganizzazioni, fusioni, nuove linee di prodotto o servizio, turn over), che dei mutamenti nel contesto esterno (nuova concorrenza, ampliamento o cambiamento di mercato, globalizzazione, nuovi bisogni e nuovi valori del mercato).

Sono cambiate le tecniche ed i metodi di produzione, i servizi e le relative modalità di erogazione, le relazioni interne ed esterne, le modalità di approccio al mercato ed alla clientela. Sono comparsi strumenti tecnologicamente più avanzati che aprono nuovi orizzonti in ogni settore sia interno (produzione, personale, organizzazione, marketing, commerciale) che esterno (manifatturiero, alimentare, bancario, finanziario, assicurativo, farmaceutico, immobiliare, terziario e servizi in genere).

Questi cambiamenti e queste innovazioni pongono una moltitudine di problemi nuovi e, per affrontarli, richiedono nuove competenze e capacità.

Il personale richiesto, per esempio, nei settori tecnologicamente più avanzati, è composto di esperti molto più qualificati rispetto al passato, il cui compito è anche quello di prendere autonomamente decisioni tecniche che i manager non sono sempre qualificati a prendere.

I “dipendenti” e i “collaboratori” non possono più essere considerati come “lavoratori” che possono, o meglio, devono essere supervisionati e controllati, quindi anche i requisiti e le abilità richieste per un esercizio efficace del management e della leadership sono, divenute più elaborate e complesse.

Per manager e leader, non è più sufficiente, per essere efficaci, prendere decisioni e dare ordini solo sulla base della posizione che rivestono e dal potere che gli è dato dal ruolo, ma devono invece ottenere la cooperazione e la partecipazione volontaria dei collaboratori.

Per evitare il sorgere di conflitti e per assicurarsi una prestazione ottimale, i manager devono confidare sempre più sulla conoscenza delle risorse umane di cui dispongono, sulla persuasione e sulla negoziazione e sempre meno sul comando e sulla comunicazione di direttive.

In altri termini, quando la competenza e l’autonomia (decisionale) dei dipendenti e collaboratori aumenta, l’attenzione del manager si sposta dalla gestione del tempo, dei compiti e delle situazioni a quella delle relazioni e dei sistemi.

Diventa quindi di fondamentale importanza, per il manager, avere strumenti che gli permettano di analizzare e conoscere a fondo il proprio gruppo di lavoro fornendogli indicazioni utili ai fini della gestione delle relazioni e dei sistemi.

© – Andrea Castello – Irene Borgia

Strumenti di Assessment

Gli strumenti di assessment che proponiamo al momento sono:

 

    • Matrix® – sistema di “Valutazione delle Risorse Umane“, si fonda su principi di Psicologia, Neuroscienze e sulla “Individuazione delle Competenze“, e consente di gestire in modo uniforme il collegamento tra i comportamenti delle persone (Profili reali) e gli obiettivi aziendali (Profili attesi), fornendo reports sul profilo delle risorse, su come gestirle, su come comunicare con esse, sulle esigenze formative, sulle affinità, omogeneità ed aree critiche. Questo strumentopuò essere utilizzato per:

 

  1. La Valutazione ed il monitoraggio del personale (valutare le competenze trasversali)
  2. La selezione (individuazione del profilo ideale)
  3. La formazione (analisi dei gap formativi)

 

Per utilizzare Matrix® si deve andare nella sezione “Strumenti e Servizi On Line” e seguire le relative istruzioni

Per approfondire Matrix® cliccare QUI

 

 

Articolo 9 – Lo stress lavoro correlato: Prospettive di intervento – Valutare l’organizzazione – Questionari

Questionari rivolti all’identificazione delle sorgenti di stress da lavoro e alla valutazione dell’organizzazione del lavoro:

 

Rispetto a questa prima classificazione l’autore identifica:

    • L’Occupational Stress Indicator (OSI) il questionario sviluppato da Cooper (1988) che, come dalla tabella riportata, è disponibile anche in italiano. Si tratta di uno strumento voluminoso, la cui auto-somministrazione richiede circa un paio d’ore. Le sue dimensioni fanno sì che esso sia frequentemente applicato in modo parziale. Il questionario indaga oltre ai fattori intrinseci al lavoro (fonti dello stress: relazione con altre persone, carriera e riuscita, interfaccia casa lavoro,…), le caratteristiche dell’individuo (stato di salute, locus of control,…) le strategie di capitolo quarto coping (supporto sociale, orientamento al compito, relazione casa lavoro,…) e gli effetti dello stress (soddisfazione per il lavoro, soddisfazione per l’impostazione e la struttura organizzativa,…). Gli elementi di disagio vissuto sono considerati possibili indicatori di criticità organizzativa.
    • Il questionario sui fattori di stress da lavoro (QFSL). Si tratta di uno strumento composto da 40 domande, a ciascuna delle quali la risposta è fornita mediante una scala Likert in 5 punti; fornisce un  punteggio complessivo, espressione del complessivo “strain” occupazionale, e sei sub-scale, corrispondenti a ciascuna delle classi di fattori di stress a cui fa riferimento. Tale strumento si basa sulla classificazione dei fattori di stress proposta da Raja Kalimo (1980) e riferita ai precedenti studi di Cooper et al. (1976), in sei categorie: fattori legati al ruolo nell’organizzazione, fattori intrinseci al lavoro, rapporti con gli altri, clima e struttura organizzativa, carriera, interfaccia con l’esterno. Il questionario fornisce una rappresentazione esaustiva dei fattori di stress professionale e si è rivelato efficace per identificare ed elencare tutti i fattori di stress potenzialmente presenti in una determinata situazione lavorativa.

Magnavita (2007) ha condotto uno studio allo scopo di verificare i risultati dell’applicazione del questionario. Il questionario è stato somministrato a 371 lavoratori della sanità. I risultati mostrano che la consistenza interna del questionario, che esprime la capacità di spiegare correttamente la varianza dei fattori di stress occupazionali rispetto all’ipotetica varianza reale di tutti i fattori di stress presenti nel luogo di lavoro, misurata mediante il coefficiente alfa di Cronbach, è risultata molto buona, cioè largamente superiore al livello convenzionale dell’80%, alfa=0,9284.

Tuttavia, l’autore sostiene che le categorie di fattori di rischio presentano evidenti sovrapposizioni e la lunghezza del questionario ne limita l’applicazione congiunta con altri strumenti di misura.

L’autore propone inoltre, sempre all’interno di questa categoria, alcuni questionari utili alla valutazione dell’organizzazione del lavoro, quali:

    • Il Questionario per la Valutazione dell’Organizzazione del Lavoro (WOAQ – Work Organisation Assessment Questionnaire) è uno strumento che è stato sviluppato dai ricercatori dell’Università di Nottingham nel quadro di un progetto per la valutazione e la riduzione dei rischi da lavoro nel settore dell’industria. Il WOAQ è costituito da 28 domande relative ai possibili rischi inerenti al design e al management del lavoro, ciascuna associata a cinque possibili risposte. Agli addetti viene richiesto di indicare, sulla base della propria esperienza e conoscenza, quanto sia problematico (o soddisfacente) ciascun aspetto del proprio lavoro, mediante una scala a cinque punti tipo Likert. La formulazione delle domande è di tipo situazionale più che psicologico. Ad esempio, si chiede “quanto pensa che questo aspetto del suo lavoro sia buono (o cattivo)?” piuttosto che “quanto è stressato da questo aspetto del suo lavoro?”. La direzionalità delle scale è stata variata al fine di ridurre la probabilità di risposte perseveranti. Nella versione originale inglese, l’esame della struttura fattoriale non ruotata ha indicato che una percentuale significativa della varianza del questionario è spiegata da un singolo fattore; viceversa, mediante rotazione Varimax sono stati identificati cinque fattori, relativi rispettivamente: alla qualità delle relazioni con il management; a ricompense e riconoscimenti; al carico di lavoro; alla qualità delle relazioni con i colleghi; alla qualità dell’ambiente fisico. La versione italiana del WOAQ conserva le caratteristiche dell’originale e manifesta relazioni coerenti con variabili correlate all’organizzazione del lavoro, come il sostegno sociale (col quale si correla positivamente), lo stress da lavoro e il malessere psico-fisico dei lavoratori (con i quali si correla in senso negativo). Il WOAQ si conferma quindi, per l’autore, uno strumento utile per la valutazione dell’organizzazione del lavoro.
    • Il questionario M_DOQ10 (Majer_D’Amato Organizational Questionnaire_10), è composto da 70 item su scala Likert a 5 punti e misura 10 dimensioni centrali dei fenomeni organizzativi: comunicazione, autonomia, coerenza, chiarezza dei ruoli, coinvolgimento nel lavoro, equità, relazioni e comunicazioni con i superiori, innovatività, dinamismo. Il questionario viene elaborato per via informatica mediante un programma dedicato. Il questionario indaga le caratteristiche dell’organizzazione aziendale e si è rivelato, più propriamente, un valido strumento di misura del clima organizzativo.

Tangredi et al., (2007) hanno condotto uno studio, allo scopo di sperimentare e validare un criterio per l’identificazione delle cause dello stress lavoro correlato, mettendo a punto un modello di valutazione del rischio, basato sul raffronto della rilevazione delle caratteristiche dell’organizzazione del lavoro, effettuata attraverso un questionario somministrato al responsabile e, la rilevazione della percezione soggettiva attraverso un questionario specifico somministrato al gruppo degli esposti. Il modello di valutazione del rischio, oggetto del presente studio, è stato sperimentato in un campione composto 268 lavoratori di 13 Amministrazioni Comunali appartenenti a categorie note per il rischio stress appartenenti a 23 strutture organizzative omogenee (agenti di polizia locale ed educatrici di asilo nido).

Il modello di valutazione del rischio sperimentato è basato sulla identificazione di “aree chiave” (possibili fonti di pericolo) nella organizzazione del lavoro, rilevate attraverso la somministrazione di un’intervista semistrutturata per la rilevazione degli elementi caratterizzanti l ’organizzazione del lavoro, al responsabile dell’organizzazione dell’attività lavorativa, accompagnata dalla verifica della relativa documentazione (procedure, mansionario, schede di autovalutazione,…) presente presso il luogo di lavoro. Le criticità rilevate nell’organizzazione del lavoro (es. poca chiarezza nelle mansioni, assenza di procedure operative e dell’autocontrollo sull’attività svolta, scarsa possibilità di chiarimenti da parte dell’organizzazione, …) sono, secondo il modello proposto, riconducibili alle cosiddette “aree chiave” (possibili fonti di pericolo per stress) per la determinazione dei gradi di probabilità di rischio.

La valutazione del rischio è stata completata con la rilevazione della percezione soggettiva del clima organizzativo nel gruppo degli esposti, attraverso la somministrazione del questionario MDOQ_10 (Majer_D’Amato Organizational Questionnaire_10). I fattori dell’organizzazione indagati con i due strumenti di rilevazione (fase 1: intervista e MDOQ_10) sono gli stessi: team, comunicazione, coerenza, valutazione della soddisfazione del lavoratore, valutazione della soddisfazione dell’azienda, carichi di lavoro, orari di lavoro, retribuzione e carriera, mansioni e procedure, autonomia, responsabilità, innovatività, formazione. Pertanto,il questionario MDOQ_10, complessivamente analizzato nel gruppo, è stato integrato nel modello di valutazione, con le rispettive variabili appaiate per analogia ai fattori caratterizzanti l’organizzazione del lavoro e riconducibili alle quattro aree chiave individuate (relazioni con il lavoro, vita lavorativa, processi di gestione, cambiamento).

Così come per gli aspetti dell’organizzazione del lavoro rilevati con l’intervista al responsabile, anche per gli aspetti della percezione del clima organizzativo da parte del gruppo degli esposti, le criticità emerse sono state considerate come campi di interventi correttivi specifici della realtà lavorativa presa in esame.

La valutazione del rischio (fase 2) è stata parallelamente integrata da un’indagine epidemiologica (fase 3) sugli effetti che il clima organizzativo può avere determinato sui lavoratori (intesi come vissuto personale di condizioni stressogene), attraverso la somministrazione di:

    • un questionario per la valutazione dello stress occupazionale (OSI) che, come abbiamo osservatosopra, indaga i fattori intrinseci al lavoro. Gli elementi di disagio vissuto sono considerati possibili indicatori di criticità organizzativa.
    • un questionario per la raccolta dei disturbi somatiformi (stress correlabili. L’indagine epidemiologica dei disturbi somatiformi costituisce un’utile integrazione al monitoraggio dello stato di benessere psico-fisico nel gruppo degli esposti.

In questa fase di indagine la Valutazione del rischio stress è stata caratterizzata dall’attività integrata del medico competente, della psicologa e del tecnico della prevenzione.

Per entrambe le categorie l’analisi delle aree chiave ha portato a risultati complessivamente concordanti, anche a conferma della corrispondenza dei fattori organizzativi presi in esame dai due strumenti di rilevazione utilizzati (intervista e questionario MDOQ_10).

Lo studio ha evidenziato come, sia pur a fronte di organizzazioni lavorative strutturate e di una percezione generalmente positiva del clima organizzativo, nei due gruppi emerga un vissuto di tensione relativamente ad alcuni aspetti dell’attività lavorativa (“relazioni con altre persone” e “ruolo manageriale” per le educatrici e “carriera e riuscita e “clima e struttura organizzativa” per gli agenti di polizia locale).

Gli autori con presente studio hanno inteso promuovere l’utilità di un modello integrato nella valutazione dei rischi che prevede la valutazione dell’organizzazione e valutazione della percezione del singolo.

Inoltre, i risultati hanno evidenziato che una valutazione integrata permette di rilevare più facilmente “aree di criticità”, anche quando apparentemente l’organizzazione è ben strutturata; o viceversa rilevare una buona percezione del clima organizzativo da parte dei lavoratori anche quando dall’analisi dell’organizzazione (intervista al responsabile) emergono invece criticità.

Gli autori ritengono che il metodo utilizzato abbia raggiunto gli obiettivi prefissati rivelandosi un buon modello da proporre ai soggetti coinvolti nella prevenzione e tutela del benessere psicofisico dei lavoratori, soddisfacendo esigenze di rilevazione sia oggettiva ché soggettiva.

Sottolineano, inoltre, l’utilità dell’approccio multidisciplinare (tecnico, medico, psicologo) sia nella fase di impostazione degli strumenti di studio, sia nelle fasi di valutazione e adozione dei provvedimenti, oltre che per un migliore controllo dello stato di salute dei lavoratori.

Concludendo gli autori auspicano per la valutazione dei fattori di rischio spico-sociali e dello stress lavoro correlato, nella pratica, l’uso di metodi integrati ed un approccio multidisciplinare.

Nella rassegna proposta da Magnavita (2008) non viene incluso un questionario che merita di essere citato:

    • Il questionario multidimensionale della salute organizzativa MOHQ inserito invece nella tabella proposta da Tabanelli et al. (2008). Il questionario consente di definire “lo stato di salute” dell’organizzazione e di individuare le aree sulle quali intervenire per promuovere migliori condizioni di lavoro. Si basa sul costrutto di “salute organizzativa” definita come “l’insieme dei nuclei culturali e delle pratiche organizzative che animano la convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando il benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative”  (Avallone e Paplomatas, 2005). Come si può desumere dalla definizione l’oggetto di misurazione diventa la salute dell’organizzazione e dell’intera comunità lavorativa. L’obiettivo, infatti, nell’impiego di questo strumento è quello di desumere, attraverso l’analisi della relazione indivio-contesto, elementi di salute organizzativa piuttosto ché individuale.

Rispetto a molti altri strumenti presi in esame l’MOHQ dedica poca attenzione a variabili di tipo individuale, riservando un’unica scala, quella dei disturbi psicosomatici, tesa a cogliere le conseguenze sulla salute dell’individuo. Il questionario si costituisce di nove parti, ognuna della quali indaga diverse dimensioni:

    1. dati socio anagrafici
    1. costituita da otto item per valutare il “confort dell’ambiente di lavoro” (es. temperatura, silenziosità) percepito dai lavoratori
    1. costituita da quaranta item volti ad indagare dieci differenti dimensioni della salute organizzativa (es. chiarezza degli obiettivi, valorizzazione delle competenze, relazione interpersonali collaborative, fattori di stress, equità organizzativa ecc..)
    1. costituita da una scala composta da nove item valuta la “sicurezza del lavoro”
    1. costituita da scala composta da dieci item valuta le caratteristiche del lavoro e la “tollerabilità dei compiti assegnati”
    1. composta da dieci item relativi agli “indicatori positivi” (es. fiducia nel management) e quattordici item relativi ad “indicatori negativi” (es. insofferenza nell’andare al lavoro) per la valutazione delle sensazioni vissute nell’ambiente di lavoro
    1. composta da nove item relativi ad una sola scala quella dei disturbi psicosomatici
    1. costituita da una scala di nove item per indagare “l’apertura all’innovazione”
    1. costituita da un elenco di suggerimenti migliorativi.

Gli item sono formulati sotto forma di affermazioni sulle quali i soggetti esprimono il loro parere circa la frequenza, da mai a spesso, su scala Likert, con cui la situazione descritta nella frase si verifica all’interno della propria organizzazione.

Questo questionario è stato utilizzato all’interno di un ampia ricerca condotta, fra il 2002 ed il 2003, nella pubblica amministrazione (otto comuni e due ministeri e l’Inpdap) ed è stato somministrato ad oltre tremila soggetti. I risultati hanno mostrato, in sintesi, delle differenze nelle percezioni del campione indagato fra addetti comunali e ministeriali. L’organizzazione “comunale” si è configurata come un ambiente tendenzialmente positivo dal punto di vista della salute organizzativa indicando come dimensioni di criticità e possibile miglioramento l’area dell’equità organizzativa e la percezione di “sovraccarico lavorativo” che conduce spesso alla percezione da parte degli addetti di stress lavorativo. L’organizzazione “ministeriale” invece ha presentato una percezione globale di salute organizzativa critica anche se, rispetto all’organizzazione comunale, le percezioni degli intervistati rispetto alle dimensioni di tollerabilità dei compiti e di percezione di stress si sono rivelate tendenzialmente positive. Il basso livello di stress percepito dagli addetti ministeriali potrebbe essere messo in relazione e spiegato dal profilo dei compiti descritto dagli stessi come eccessivamente monotoni e noiosi a causa della rigidità di norme e procedure, questo però non sembra compensare lo scarso senso di coinvolgimento emotivo e cognitivo nel proprio lavoro ed il basso livello di salute organizzativa che tali caratteristiche dei compiti contribuiscono a determinare. Rispetto all’intero campione la soddisfazione per le relazioni personali costruite sul lavoro e vissute come fonte di supporto sembrano costituire il maggior collante organizzativo (Avallone e Paplomatas, 2005).

Come si può evincere da questi dati il questionario consente l’esame dell’insieme dei processi e delle pratiche organizzative che incidono sul benessere della comunità lavorativa. Nel modello di valutazione proposto dal MOHQ, infatti, l’attenzione è principalmente all’organizzazione, ai processi ed alle relazioni che contribuiscono alla sua definizione ed il rischio è connesso al tipo di convivenza che si realizza all’interno dell’organizzazione stessa.

LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO CORRELATO: PROSPETTIVE DI INTERVENTO A PARTIRE DAL DECRETO LEGISLATIVO DEL 9 APRILE 2008, N°81 – © Serena Molari

 

Assessment Center

Assessment center

È una metodologia utile ad individuare il possesso delle capacità necessarie a svolgere ogni tipo d’attività professionale. Una capacità è fondata su comportamenti che consentono di raggiungere risultati in collaborazione con altre persone, di affrontare temi complessi, di presidiare specifiche situazioni complesse, di tenere sotto controllo tensioni interpersonali, di innovare.

La verifica del possesso di tali capacità avviene attraverso i comportamenti che si manifestano sia nella realtà sia nella simulazione.

L’Assessment Center impiega simulazioni di situazioni organizzative che consentono la rilevazione, da parte degli osservatori opportunamente addestrati, dei comportamenti fondamentali che dovranno essere messi in atto dalle persone valutate.

Tali esercitazioni, richiamando il più possibile la realtà aziendale, agiscono da stimolo per attivare i comportamenti che si vogliono osservare e vagliare.

Le esercitazioni dell’assessment center, vengono molto spesso create ad hoc, per simulare la realtà operativa, in modo da consentire la raccolta di indicazioni affidabili sul possesso di una vasta gamma di capacità. Le esercitazioni possono dividersi in individuali o di gruppo (quest’ultime possono essere competitive o cooperative, a ruoli liberi o assegnati); possono inoltre, simulare situazioni e finalità diverse quali ad esempio: analizzare e risolvere uno o più problemi; valutare alternative; prendere delle decisioni; organizzare delle attività; impostare un progetto; impostare e svolgere un negoziato; presentare dati e proposte.

I campi d’applicazione dell’Assessment Center sono:

    • verifica del grado di copertura del ruolo nell’organigramma aziendale;
    • verifica e possibilità di un adeguamento rispetto ad un ruolo, o diversi ruoli, di medesima o maggiore complessità;
    • valutazione del potenziale;
    • analisi estemporanea delle risorse disponibili per la verifica del possesso di determinate capacità in momenti di forte e improvvisa necessità di copertura di nuovi ruoli o di ruoli critici;
    • individuazione dei bisogni formativi in modo mirato;
    • verifica del possesso delle capacità necessarie per ricoprire posizioni diverse (orientamento,sviluppo, piani di carriera, rotazioni);
    • processi di selezione interni/esterni;
    • processo di verifica dell’architettura organizzativa dell’impresa;
    • audit a seguito d’esigenze derivanti da ristrutturazioni, fusioni, acquisizioni, collocazione di personale ed esuberi.

Nello specifico cos’è un assessment center?

È una metodologia di valutazione del potenziale, si tratta di un insieme di diversi test cosiddetti situazionali che richiedono alla persona di eseguire uno o più compiti che si propongono di misurare gli aspetti emotivi del comportamento.

L’Assessment center è oggi uno degli strumenti più utilizzati in azienda per la valutazione del potenziale e la valutazione delle attitudini dei dipendenti, cioè le sue possibilità di crescita e di sviluppo.

Si tratta di uno strumento predittivo utile per individuare quell’insieme di caratteristiche attitudinali e comportamentali che rappresentano il substrato personale di un individuo rispetto alla copertura ottimale di un ruolo organizzativo e quindi che possono permettere di valutare la possibilità di una persona di ricoprire una posizione organizzativa più complessa.

Il focus di osservazione non è il comportamento in sé, ma quello che sottintende in termini di caratteristiche personali e potenzialità.

Obiettivo è infatti quello di scoprire e valutare le caratteristiche a disposizione di un individuo, aldilà di quelle richieste per soddisfare gli obiettivi del ruolo già ricoperto.

Le aree osservate sono quattro:

  1. area dei rapporti con la variabilità: come si impara e la motivazione e come ci si adatta al cambiamento;
  2. area intellettuale: soluzione dei problemi complessi; soluzione dei problemi operativi; flessibilità di pensiero; innovatività;
  3. area manageriale: rapidità e frequenza di decisione; decisionalità ad elevato rischio; capacità realizzativa; capacità organizzativa;
  4. area relazionale: gestione e sviluppo dei collaboratori; gestione di situazioni di influenza; capacità di integrazione e gestione del rapporto interfunzionale.

 

Gli strumenti dell’assessment center

Gli strumenti (cioè le prove e i test) devono simulare la realtà (quindi richiamare contenuti aziendali) e devono avere un obiettivo esplicito. E’ importante che chi guida l’assessment (il valutatore) non pre-assegni la leadership (cioè non decida a priori e quindi non comunichi al gruppo – che deve guidare il gruppo nella prova: è una cosa che deve emergere dal gruppo e di cui poi il valutatore deve tenere nota!).

Vi sono prove di gruppo e prove individuali.

Di gruppo:

Dinamica di gruppo: è una Discussione in gruppo di un caso (generalmente aziendale, ma parimenti utilizzati sono i famosi Allunaggio, Sopravvivenza nel deserto, Naufragio, ), ed ha una durata fra i 45 e i 90′.

Se ci sono più esercizi di gruppo i valutatori devono ruotare fra i vari esercizi in modo da non osservare mai gli stessi candidati. A conclusione della dinamica è utile far compilare al partecipante una scheda in cui egli esprima le sue percezioni della performance propria e del gruppo

Individuali:

In-basket: caso aziendale che richiede di affrontare problemi e prendere decisioni in merito a problemi trovati sulla scrivania sotto forma di posta in arrivo, memo e messaggi telefonici

Case Presentation: caso di strategia aziendale da elaborare individualmente e successivamente esporre in pubblico. Può essereseguito da un Change Announcement (cambiare le carte in tavola) per verificare capacità di flessibilità e gestione del cambiamento

Targeted Interview: intervista mirata a rilevare alcune specifiche competenze (comportamenti) – si basa su casi concreti (non su impressioni)

Questionari comportamentali/test di personalità utili per avere più informazioni sulla persona (a usare in termini di counseling nel feed-back del profilo)

Checklist (auto)valutativa: presenta una serie di quesiti comportamentali basati sulle competenze da indagare.

 

© Andrea Castello – Irene Borgia

 

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Assessment

 

Assessment

Per assessment si intende la valutazione globale della persona (paziente, candidato o dipendente), considerando anche le sue risorse e i suoi limiti.

La parola assessment deriva dal latino assidere, “sedere come giudice” e anche da assise, “sessione di giudici nei municipi”, tradotta dall’inglese significa appunto “valutare, stimare, giudicare”; si può anche tradurre come: “accertare il valore (di qualcosa), fare il bilancio (di qualcosa)” per enfatizzare l’aspetto processuale (in termini psicologici) e non immediato della valutazione.

Obiettivi di un assessment possono essere di valutare il potenziale, le attitudini, le competenze, la coerenza e adeguatezza ad un profilo lavorativo.

Tipologie di assessment

In psicologia esistono diversi campi applicativi dove il termine assessment assume connotazioni che spaziano dal rapporto individuale (aspetti clinici, patologie) al sociale (aspetti occupazionali, selezione del personale).

Assessment in psicologia clinica

In psicologia clinica l’accento dato all’assessmet è più spostato sul rapporto individuale clinico-paziente, indicando principalmente un «percorso informale di acquisizione di informazioni, conoscenza, comprensione e descrizione delle persone» ma anche «un tipo particolare di attività scientifica e professionale, caratterizzata dall’utilizzo di metodi di analisi e misurazione della personalità». In altre parole, nella valutazione individuale, l’assessment costituisce un processo di valutazione, documentazione delle competenze e del potenziale, retto dalle particolari capacità dello psicologo di comprendere lo stato emotivo, il vissuto interiore della persona e di delineare così un profilo che comprenda aspetti profondi, caratteriali (di personalità), relazionali e sociali.

La prassi dell’assessment in psicologia clinica comporta due fasi:

    1. Misurazione: si effettuano una serie di test psicodiagnostici standardizzati per raccogliere informazioni necessarie alla seconda fase e per avere un riferimento di partenza con cui confrontare i dati successivamente ottenuti somministrando gli stessi test durante ed alla fine del percorso di cura (studi longitudinali).
    2. Ipotesi: i dati raccolti nella prima fase, assieme ad una impressione globale che lo psicoterapeuta si fa del paziente, consentono di formulare ipotesi riguardo:

 

    • la presenza di evidenti relazioni tra i disturbi;
    • le situazioni nelle quali cresce la probabilità che il disturbo si manifesti;
    • l’origine del disturbo, i processi implicati e i meccanismi che lo governano, tecnicamente: l’eziopatogenesi;
    • le probabilità di successo delle diverse strategie terapeutiche che si hanno a disposizione;
    • le tecniche e gli strumenti più adeguati a sostenere il trattamento.

Risultano molto utili i test situazionali o di role-playing, che simulano una situazione (direttamente o indirettamente collegata all’ipotesi circa l’eziopatogenesi del disturbo) nella quale viene richiesto al cliente di elaborare una strategia, trovare una soluzione, oppure si misura la sua risposta emotiva per capire meglio il suo vissuto interiore, esistenziale, se sussiste un rapporto a livello profondo con il problema e il suo grado di fissazione.

 

Assessment in psicologia del lavoro

L’assessment in campo sociale e delle risorse umane è a tutt’oggi molto utilizzato da reclutatori e selezionatori del personale per valutare candidati e all’interno di un’azienda per valutare i dipendenti e creare piani di sviluppo e formazione o selezionare personale ricollocabile.

In psicologia del lavoro spesso si utilizza la denominazione di assessment center (termine venne utilizzato per la selezione degli agenti segreti, nella Seconda Guerra Mondiale) per identificare una metodologia di valutazione del potenziale, all’interno di una prospettiva volta al reclutamento, all’orientamento e alla valutazione delle competenze.

In Psicologia del lavoro l’assessement può essere utilizzato come:

    1. verifica del grado di adeguatezza del ruolo nell’organigramma aziendale
    2. rilevazione e valutazione delle attitudini
    3. valutazione del potenziale
    4. analisi delle risorse disponibili per la verifica del possesso di determinate capacità
    5. individuazione dei bisogni formativi in modo mirato
    6. verifica del possesso delle capacità necessarie per ricoprire posizioni diverse (orientamento,sviluppo, piani di carriera, rotazioni)
    7. processi di selezione interni/esterni
    8. processo di verifica dell’architettura organizzativa dell’impresa
    9. audit a seguito d’esigenze derivanti da ristrutturazioni, fusioni, acquisizioni, collocazione di personale ed esuberi

 

 

 

 

© Andrea Castello – Irene Borgia

 

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