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Le diverse forme di deumanizzazione e infraumanizzazione

Le diverse forme di deumanizzazione e infraumanizzazione

Esistono due diverse forme di deumanizzazione: la prima è esplicita, manifesta e percepibile dal soggetto deumanizzato, mentre la seconda è una forma subdola, implicita e inconscia (Haslam & Loughnan, 2014). La prima forma presenta delle metafore esplicite che associano il gruppo alla mancanza di umanità, per cui vengono espressi giudizi assoluti sul gruppo deumanizzato.

Essa perciò è una forma radicale di svalutazione dell’altro che viene completamente escluso dall’umanità e ridotto, secondo i processi descritti, ad animale o oggetto. Queste forme più esplicite e violente di deumanizzazione sono direttamente offensive verso il target e vengono espresse tramite il linguaggio.

Ad esempio, Tileag? (2007) ha osservato come i cittadini Rumeniinsultano mediante il linguaggio gli zingari che abitano in Romania. Haslam, Loughnan & Sun (2011) dimostrano che le metafore animaliste sono chiara espressione di degradazione e disgusto. La seconda forma di deumanizzazione (implicita, inconscia e latente) si manifesta mediante l’attribuzione di tratti meno umani, ed implica giudizi relativi verso i gruppi. Queste sottili negazioni di totale umanità non hanno bisogno, per manifestarsi, di situazioni di ostilità sociale, ma accompagnano la vita quotidiana senza che il target ne abbia consapevolezza.

Tale forma di deumanizzazione è paragonabile all’infraumanizzazione descritta da Leyens e colleghi (2007), che però ne considerano solamente gli aspetti legati alle caratteristiche unicamente umane delle emozioni secondarie.

Un metodo utile per identificare la forma implicita di deumanizzazione è l’utilizzo delle scale self-report, che valutano le percezioni relative a devianti (“sono come gli animali”, Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996), nemici (“i terroristi sono come vermi da sterminare”, Jackson & Gaertner, 2010) e gruppi etnici (“gli indiani erano come dei selvaggi prima dell’arrivo dell’uomo bianco”, Castano & Giner-Sorolla, 2006). Ma dove si trova il confine tra esplicito ed implicito? La forma più rilevante di deumanizzazione “sottile” è appunto l’infraumanizzazione che viene inclusa da Haslam e colleghi (2014) tra i processi di deumanizzazione animalistica: nella sua concezione di deumanizzazione tutte le varie forme, siano esse manifeste o latenti, fanno parte dello stesso fenomeno.

Per Leyens e colleghi (2007), come detto, deumanizzazione e infraumanizzazione sono, invece, processi distinti; anche l’infraumanizzazione però può essere deliberata o inconsapevole. Usando misure implicite si è trovato che si associano più rapidamente le emozioni secondarie all’ingroup rispetto all’outgroup. Questo risultato mette in luce quanto questo fenomeno sia radicato e quanto, dunque, possa risultare minaccioso a livello sociale (a causa delle sue conseguenze comportamentali negative nei confronti dell’outgroup), nonostante essa rappresenti una forma di bias più sottile e meno estremo delle deumanizzazione.

Per dimostrare il modello dell’infraumanizzazione, Leyens et al. (2007) effettuano uno studio della relazione tra ingroup/outgroup, emozioni secondarie ed umanità basato sulle seguenti ipotesi (Figura 1):

•    Esistono caratteristiche riconosciute come unicamente umane;

•    La relazione con questi attributi è più forte per l’ingroup rispetto all’outgroup.

Figura 1 – Le ipotesi alla base del modello di infraumanizzazione di Leyens  et al. (2007)

Nella loro rassegna di studi vengono analizzati diversi esperimenti che hanno testato separatamente queste relazioni e che verranno ora discussi nel dettaglio.

Caratteristiche unicamente umane (Collegamenti B-C e B’-C’). Per valutare l’umanità dei gruppi, è stato chiesto a studenti Spagnoli, Belgi di lingua francese (Leyens et al., 2000) e Portoghesi (Miranda & Gouveia-Pereira, 2006) di descrivere, mettendo in ordine decrescente, le caratteristiche unicamente umane che caratterizzano la propria razza. Al primo posto gli studenti hanno indicato l’intelligenza e le parole associate al ragionamento, mentre al secondo posto troviamo termini associati al linguaggio (come ad esempio la comunicazione) o la parola “sentimenti”. Si nota come gli studenti non abbiano mai utilizzato la parola “emozione”, poiché essa viene ritenuta non unicamente umana a differenza dei sentimenti, che al contrario sono considerati unicamente umani. Ma qual è la differenza tra le parole sentimenti ed emozioni? La risposta ci viene fornita da uno studio condotto in diverse culture (Demoulin, Leyens, Paladino, Rodriguez, Rodriguez & Dovidio, 2004), con ragazzi di quattro lingue diverse: Inglese, Fiammingo, Francese e Spagnolo. È stato loro chiesto di ordinare una lista di parole emozionali, sia positive che negative, in una serie di quesiti sulle caratteristiche umane ed animali. Una delle domande centrali era: “pensi che la capacità di vivere questa emozione sia solo per gli umani o anche per gli animali?”. Dai risultati dello studio è emerso che le emozioni unicamente umane sono valutate come meno intense, meno visibili, più interiori, più lunghe e soggette ad apparire più avanti negli anni. Ciò mostra un legame positivo tra emozioni secondarie e umanità e, dato che nel modello dell’infraumanizzazione vi è un legame positivo tra umanità e ingroup (A-C), deve necessariamente esserci un’associazione positiva anche tra ingroup ed emozioni secondarie (AB). Quest’associazione inoltre è più forte di quella tra gli outgroup e le emozioni secondarie (A’-B’) visto che per ipotesi si suppone che l’umanità dell’outgroup sia considerata minore di quella dell’ingroup (A’-C’). Per quanto riguarda le emozioni primarie, invece, non è stata riscontrata una differenza sostanziale tra la loro associazione con l’ingroup o con l’outgroup, suggerendo che queste emozioni non vengano percepite come esclusivamente umane. E’ interessante notare come nello studio citato si parli di emozioni secondarie in generale, il che vuol dire che all’ingroup vengono associate maggiori emozioni secondarie, sia positive che negative, rispetto all’outgroup. Questo ci permette di distinguere il fenomeno dell’infraumanizzazione dal favoritismo per l’ingroup, in cui le persone attribuiscono solo caratteristiche positive al proprio gruppo. In conclusione, l’infraumanizzazione consiste nell’attribuzione di più emozioni secondarie (sia positive che negative) ai membri dell’ingroup, mentre ciò non succede per le emozioni primarie. Bisogna quindi valutare, visto che la definizione comparativa di umanità mette in contrasto l’essere umano con gli altri animali, se in caso di infraumanizzazione si estenda anche agli outgroup infraumanizzati l’associazione con gli animali (Viki, Winchester, Titshall, Chisango, Pina & Russell, 2006).

Collegamento preferenziale delle emozioni secondarie agli Ingroup (links A-B e

A’-B’). Le ipotesi dell’infraumanizzazione sono state testate tramite differenti paradigmi sperimentali. I più interessanti sono i seguenti.

    1. Associazioni implicite dell’ingroup con le emozioni unicamente umane. L’ipotesi che vi sia un collegamento privilegiato tra ingroup ed emozioni secondarie è stata confermata grazie all’utilizzo dello IAT (Paladino et al., 2002), un test composto da due fasi, in cui i partecipanti devono associare emozioni primarie o secondarie rispettivamente all’ingroup (fase compatibile) ed all’outgroup (fase incompatibile). Misurando la latenza delle risposte nei due tipi di blocchi di prove, si è trovato che le persone rispondono più rapidamente quando l’ingroup è associato alle emozioni secondarie, e l’outgroup viene associato alle emozioni primarie. Altri esperimenti confermano queste ipotesi.
    2. Attribuzioni esplicite di emozioni unicamente umane all’ingroup. Diversi esperimenti hanno testato se queste specifiche emozioni si adattino meglio all’ingroup rispetto all’outgroup. Il metodo più diretto (Castano & Giner-Sorolla, 2006; Delgado, 2007) consiste nell’elencare 26 parole relative a: emozioni secondarie, emozioni primarie, competenza e socialità (tre con significato negativo, tre positive), intelligenza e talento. Viene chiesto ai partecipanti di elencare, tra queste, 10/12 caratteristiche ritenute prototipiche dell’ingroup e altrettante dell’outgroup. Si è notato come vengano attribuite più emozioni secondarie all’ingroup (sia positive sia negative) mentre ciò non accade per le emozioni primarie; inoltre, i gruppi di alto status sono giudicati superiori sia sull’intelligenza che sul talento, mentre i gruppi di basso status sono valutati equivalenti all’outgroup su questi due tratti, ma inferiori riguardo alla competenza. 3) Riluttanza ad attribuire le emozioni unicamente umane all’outgroup.

Visto che i membri dell’ingroup considerano l’umanità una loro proprietà, essi potrebbero reagire negativamente se i membri dell’outgroup esprimessero emozioni tipicamente umane, poiché tutto ciò potrebbe essere percepito come una minaccia (Branscombe et al., 2005). Queste conseguenze sono state studiate da Vaes, Paladino e Leyens (2002) che hanno utilizzato la tecnica della lettera perduta di Milgram. I risultati mostrano che solidarietà e gentilezza, a parità di altre condizioni, variano nella relazione con un membro dell’outgroup o dell’ingroup; inoltre, anche quando un membro dell’outgroup si mostra amichevole, se questi dimostra delle emozioni secondarie, vi è la tendenza a reintrodurre i confini invisibili che lo separano dal proprio ingroup.

Ingroup totalmente umano (links A-C e A’-C’). Nello studio di Boccato, Capozza, Falvo e Durante (2008), realizzato nello stesso contesto intergruppi che verrà analizzato nella sperimentazione oggetto della tesi (la relazione tra Italiani Settentrionali e Meridionali), a studenti del Nord Italia venivano mostrate, per ogni prova, figure umane oppure di scimmia (a livello subliminale), e veniva successivamente chiesto loro di rispondere ad un compito di decisione lessicale. Le parole critiche erano rappresentate da nomi propri tipici del Nord oppure del Sud Italia. I risultati mostrano che i partecipanti erano più veloci nel rispondere a nomi del Nord Italia se essi erano stati preceduti dall’immagine di una faccia umana, mentre non vi era differenza tra nomi settentrionali e meridionali se erano preceduti dal volto di una scimmia; si dimostra, quindi, la maggiore associazione dell’ingroup, rispetto all’outgroup, con l’umanità.

 

© La relazione tra amicizie dirette ed estese e attribuzioni di mente: Uno studio sul rapporto tra Meridionali e Settentrionali in Italia – Elisa Ragusa