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L’analisi del Clima Organizzativo

L’analisi del Clima Organizzativo

L’indagine sul clima organizzativo viene utilizzata come strumento puntuale per misurare lo stato di salute di un’organizzazione in un particolare momento della sua evoluzione. Essa rappresenta un modo per l’organizzazione per venire a conoscenza degli effetti delle pratiche applicate nella gestione del personale nel recente passato.

È quindi un punto di partenza oggettivo per progettare, pianificare ed eseguire le politiche future, offrendo in tal modo la possibilità ai collaboratori di confrontarsi con il management dell’azienda, sentendosi quindi riconosciuti e valorizzati come collaboratori attivi.

Un successivo monitoraggio ciclico, non necessariamente troppo frequente, consente di individuare preventivamente eventuali segnali di malessere e fattori potenzialmente critici, prima che essi si trasformino in comportamenti inadeguati o, peggio ancora, in situazioni particolarmente negative che arrecano danni sia alle persone che all’organizzazione e sono di norma estremamente difficili e costose da curare.

 

Fig. 1 – Componenti dell’analisi del clima organizzativo -http://www.asmn.re.it/immagini/Notizie/2016/n38_indagineclima_internaIntBig.jpg

 

© Chiedimi se sono felice:Analisi del Clima Organizzativo e del suo effetto sulle risorse umane – Dott.ssa Sonia Barbieri

 

Management del benessere organizzativo

Management del benessere organizzativo: ciò che può fare la differenza

Il benessere psicologico è un costrutto multidimensionale in cui si integrano l’aspetto fisico e l’aspetto mentale, in relazione a ciò che avviene nell’ambiente circostante; in ambito lavorativo, parlando di management del benessere organizzativo si intende il benessere come sinonimo della piena espressione del potenziale di ciascun individuo (1,7), sia a livello emotivo sia cognitivo, che rappresenta un aspetto preponderante del clima organizzativo.

Il clima diventa quindi un tema centrale nell’analisi della salute di un’organizzazione, è condiviso dai suo membri, si compone di percezioni e rappresentazioni cognitive, è relativamente stabile nel tempo, è capace di influenzare i comportamenti e può essere usato dai lavoratori stessi come base per interpretare le situazioni e i cambiamenti che sopraggiungono.

Sommariamente, il raggiungimento dei livelli attesi di crescita e benessere può avvenire tramite il soddisfacimento dei fondamentali bisogni di competenza personale, autonomia e relazionalitá, in tutte le loro sottodimensioni (4).

Parlando di management del benessere organizzativo, si può fare riferimento ai diversi studi nell’ambito del benessere lavorativo, tra i quali emerge il modello JD-R (Job Demands-Resources model) per cui ogni occupazione è caratterizzata da richieste e risorse, intendendo come richieste quegli aspetti fisici, psicologici, sociali e organizzativi del lavoro che, richiedendo sforzi o abilitá, intensi comportano costi fisiologici e psicologici, mentre le risorse sono tutti gli aspetti che sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi, riducono le richieste lavorative e i costi ad esse associati, stimolano l’apprendimento e la crescita personale (2).

Un importante indicatore di benessere psicologico è rappresentato dalla soddisfazione lavorativa, in relazione alle diverse caratteristiche dell’organizzazione e delle attività svolte, tra cui il carico di lavoro, la chiarezza dei ruoli e le relazioni con superiori e colleghi (8,9).

Da questa breve analisi si può comunque dedurre che sono numerosi gli aspetti in grado di danneggiare il benessere dell’organizzazione, tra i quali si possono riscontrare frequentemente la scarsa chiarezza e i conflitti riguardanti i ruoli e le procedure di lavoro, la non equa giustizia relazionale dei supervisori, il supporto scarso o addirittura assente dei colleghi: tali aspetti devono essere attentamente e costantemente valutati ed riaggiustati poiché possono portare a problematiche profondamente incidenti sul lavoratore, fino alla comparsa di reazioni fisiologiche e comportamentali allo stress quali ad esempio disturbi del sonno e aumento dell’assenteismo, che si riflettono poi sulla salute organizzativa dell’intera azienda, innescando un circolo dal quale diviene complesso uscire (3).

Un ulteriore indicatore di assenza di benessere emotivo a lavoro è l’esaurimento emotivo, conseguenza a lungo termine di stress e richieste/pressioni lavorative, in grado di influenzare le prestazioni dell’individuo: una distribuzione non equa dei compiti o un eccessivo carico di lavoro dovuto a richieste elevate non accompagnate da un’adeguata preparazione o sostegno, una gestione incoerente delle priorità, possono contribuire a incrementare il vissuto di malessere del lavoratore fino ad arrivare a veri e propri fenomeni come ad esempio il burnout, in cui i soggetti sviluppano un lento processo di logoramento o decadenza psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato, con conseguente esaurimento e depersonalizzazione (5).

La rilevazione del clima e del benessere organizzativo è perciò un intervento molto importante che dota l’azienda di un proprio barometro sociale interno, fornendo al management un quadro aggiornato sulle percezioni del personale, utile per poter comprendere eventuali problematiche emergenti e per poter intervenire repentinamente laddove ve ne sia necessità.

Non bisogna sottovalutare quindi il vissuto dei lavoratori sia come singoli sia come gruppo e occorre focalizzarsi sul potenziamento delle risorse personali e aziendali (6), come l’auto efficacia e il supporto esterno, oltre che attuare progetti di prevenzione a partire dalla predisposizione di tavoli di lavoro durante i quali rivedere periodicamente le procedure, al fine di semplificarle il più possibile, nonché pianificare interventi formativi con particolare attenzione al management, per incrementarne la capacità di gestione dei collaboratori, di valutazione delle prestazioni e di gestione dei feedback.

In questo articolo abbiamo quindi parlato di management del benessere organizzativo e del ruolo fondamentale che ricopre nell’analisi della salute aziendale, aspetto spesso sottovalutato nelle valutazioni e nei controlli periodici; se avete commenti, dubbi, domande o volete esprimere il vostro parere, non esitate a contattarci.

 

© Il management del benessere Organizzativo – Dott.ssa Alice Franceschini

 

Bibliografia

1.Adams T, Bezner J, Steinhardt M: The conceptualization and measurement 1. of perceived wellness: Integrating balance across and within dimensions. Am J Health Promot 1997; 11: 208-218.
2. Bakker AB, Demerouti E: Job demands-resources theory. In Chen PY, Cooper CL (eds.): Work and Wellbeing: A complete reference guide. Chichester, UK: Wiley-Blackwell, 2014: 37-64.
3. Caplan, R. D., Cobb, S., & French, J. R. (1975). Job demands and worker health; main effects and occupational differences. In Hew Publication (NIOSH) (Vol. 75). DHEW.
4. Dal Miglio, G., P. R., Salomone, A., & Zamaro, N. (2012) Clima e benessere organizzativo nel quadro dei sistemi di valutazione delle performance.
5. Demerouti, E., Mostert, K., & Bakker, A. B. (2010). Burnout and work engagement: a thorough investigation of the independency of both constructs. Journal of occupational health psychology, 15(3), 209.
6. Hantula, D. A. (2015). Job satisfaction: The management tool and leadership responsibility. Journal of Organizational Behavior Management, 35(1-2), 81-94
7. Harari MJ, Waehler CA, Rogers JR: An Empirical Investigation of a Theoretically Based Measure of Perceived Wellness. J Counsel Psychol 2005; 52: 93-103.
8. Kooij, D. T., Jansen, P. G., Dikkers, J. S., & De Lange, A. H. (2010). The influence of age on the associations between HR practices and both affective commitment and job satisfaction: A metaanalysis. Journal of Organizational Behavior, 31(8), 1111-1136.
9. Yaacob, M., & Long, C. S. (2015). Role of occupational stress on job satisfaction. Mediterranean Journal of Social Sciences, 6(2 S1), 81.

 

 

 

Riorganizzazione interna

Riorganizzazione interna

 

“…. un’azienda di servizi (trasporti pubblici) stava operando una riorganizzazione interna, con l’obiettivo di sostituire alcuni manager con un team di gestione e coordinamento di tutte le attività aziendali.

In tal modo si evitava di accentrare tutte le funzioni, operatività e responsabilità su alcune persone riducendo il rischio di accentrare il potere e snellendo le decisionie le attività (leadership diffusa).

Le persone del team furono scelte in funzione del ruolo, delle capacità e delle competenze possedute anche se non avevano l’esperienza di gestione e coordinamento richiesta.

Esigenza: creare squadra (coesione, condivisione e collaborazione), fornire formazione, supporto e sostegno sia individualmente sia come team.

Soluzioni e azioni attuate:

1. Assessment

somministrazione di un test ai componenti del team allo scopo di individuare le aree di miglioramento individuali in relazione alla posizione ricoperta e ai compiti del ruolo e restituzione individuale.

2. Team building

semiresidenziale durante un week end allo scopo di creare squadra, stabilire obiettivi aziendali (budget aziendali, di team e individuali) e condividere il percorso stabilito.

3. Incontri con il team – con cadenza quindicinale allo scopo di:

a. Creare squadra.
b. Fornire supporto e sostegno al cambiamento.
c. Individuare, affrontare e risolvere le criticità interne.
d. Definire azioni di miglioramento.
e. Definire e condividere obiettivi.
f.  Definire e condividere l’operatività.
g. Stimolare la collaborazione.
h. Fornire strumenti e chiavi di lettura per gestire le relazioni sia interne che esterne al team.

4. Incontri individuali – con cadenza quindicinale allo scopo di:

a. Individuare criticità e difficoltà soggettive.
b. Fornire supporto e sostegno al cambiamento.
c. Definire azioni di miglioramento.

Risultati ottenuti:

1.    Senso di squadra, condivisione e collaborazione.
2.    Miglioramento delle performance lavorative.
3.    Miglioramento clima interno al team.

Selezione e inserimento di nuove figure

Selezione e inserimento di nuove figure

 

“…. un’azienda commerciale dopo attente valutazioni aveva inserito nuove figure commerciali e figure di coordinamento dall’esterno (Capi area),

Dopo poco tempo iniziarono incomprensioni, tensioni e conflitti proprio nelle aree dove erano avvenuti gli inserimenti.

L’omeostasi socio/organizzativa si era rotta e il conflitto tra gruppi di persone di diversa attitudine, formazione, esperienza e ruolo si è aggravato in conflitto d’interessi, come se il risultato positivo per l’Azienda, non fosse un obbiettivo comune e utile a tutti.

In pochi mesi, le incomprensioni fra i diversi reparti è degenerato fino a atteggiamenti generalizzati di chiusura, diffidenza, maldicenze e boicottaggio.

Le vendite dell’Azienda registrarono un calo consistente già nel primo anno, ci fu un peggioramento del clima aziendale  e l’aumento del turn over. Questi  furono solo alcuni dei sintomi di un aumento del disagio lavorativo.

Il nostro intervento ha messo in atto le seguenti azioni:

1. Assessment

Somministrazione di un test ai componenti del team allo scopo di individuare le aree di miglioramento individuali in relazione alla posizione ricoperta e ai compiti del ruolo e restituzione individuale.

2. Incontri individuali allo scopo di:

a. Gestire e superare le criticità soggettive emerse dall’assessment.
b. Definire azioni di miglioramento.
c. Fornire strumenti, supporto e sostegno.

3. Incontri con il gruppo di commerciale ed il relativo area manager allo scopo di:

a. Creare squadra.
b. Definire azioni di miglioramento.
c. Definire e condividere obiettivi di vendita.
d. Stimolare motivazione e collaborazione.
e. Fornire strumenti e chiavi di lettura per gestire le relazioni interne.

4. Supporto alla Direzione allo scopo di:

a. Stabilire se vi fossero i presupposti per mantenere le persone inserite.

E ha permesso di ottenere i seguenti risultati:

1.    Aumento della motivazione.
2.    Senso di squadra, condivisione e collaborazione.
3.    Miglioramento clima interno al team.
4.    Incremento delle vendite.

 

© Relazione tra reparti – Psicologiadellavoro.org

Relazione tra reparti

Relazione tra reparti

 

“  …la divisione Italiana di un’Azienda Multinazionale, che progetta e vende macchine per l’industria, lamentava difficoltà nel coordinare il lavoro tra alcuni reparti dell’organizzazione. Gli Agenti venditori, pur efficaci nella loro azione commerciale, trascuravano spesso le procedure burocratiche, compilavano male i documenti…  mettendo così in difficoltà i colleghi Amministrativo-Gestionali, che se ne lamentavano continuamente.  Il reparto tecnico – gli Ingegneri progettisti – si vedevano trascurati dalla Direzione Aziendale a favore dei Commerciali, i quali procurando grossi contratti venivano dai Manager portati ad esempio come artefici del successo aziendale. Quando poi il migliore dei venditori fu promosso A.D. della divisione, si trovò a coordinare tutti gli altri, compresi gli Ingegneri che già percepivano il proprio lavoro come sottovalutato, in un clima pesante e con una leadership non riconosciuta.

Si erano creati gli stereotipi del Tecnico, preparato ma noioso e intrattabile, del Commerciale, bravo nelle relazioni ma inaffidabile e approssimativo, e dell’addetto di Amministrazione-Gestione, preoccupato solo di controllare l’esattezza dei documenti e far quadrare i conti, incapace di cogliere altrui bisogni di maggior flessibilità.

Il conflitto tra persone di diversa attitudine, formazione, esperienza e ruolo era diventato conflitto d’interessi. Come se il risultato positivo per l’Azienda, non fosse un obbiettivo comune e utile a tutti.

In pochi mesi, le incomprensioni fra i diversi reparti divennero chiusura, diffidenza, invidia, maldicenze, boicottaggio. Si moltiplicarono gli errori, procedure che richiedevano collaborazione e fiducia reciproca divennero impossibili da portare a termine, e i tempi di realizzazione dei progetti si allungarono. Il risultato economico dell’Azienda registrò un calo del 30% in un anno e mezzo. Alcuni contrasti personali degenerarono, due persone chiesero il trasferimento in altra unità operativa. Per alcuni mesi persino le assenze per malattia aumentarono sensibilmente” .

Un colloquio tra due nostri Consulenti e i Responsabili di Reparti e H.R., seguito da un Assessment sul personale, ha evidenziato diverse criticità e consentito di concordare due interventi Formativi, appositamente costruiti su precisi obbiettivi, e poi erogati al Personale Dipendente e ai Managers di Reparti e Risorse Umane.

Abbiamo riscontrato molta curiosità, e disponibilità da parte di quasi tutti. Chiedendo loro di mettersi in gioco (a volte letteralmente) abbiamo “mescolato le carte” e portato i partecipanti a considerare anche il punto di vista dell’altro.  Attraverso l’utilizzo di  esercitazioni pratiche abbiamo portato in aula tecniche efficaci di comportamento, e suggerito come prevenire e risolvere i conflitti fornendo sia strumenti di riflessione  che  di applicazione.  Il nostro operato si è focalizzato sul miglioramento del benessere psicologico quale presupposto di una maggiore produttività del personale con conseguente implementazione del fatturato aziendale. In ultimo migliorando la comunicazione, a tutti i livelli, abbiamo ottenuto un clima aziendale sereno ed una nuova capacità di collaborare – facendo squadra – agli obbiettivi comuni a tutti: il benessere psicologico e il risultato economico dell’Azienda.

Grazie al Follow-Up, tornati in Azienda a distanza di tempo, abbiamo verificato che il nuovo approccio relazionale si è stabilizzato nei comportamenti delle persone, ed è da queste percepito come utile anche nella vita privata.

 

© Relazione tra reparti – Psicologiadellavoro.org

Le attività e le competenze del selezionatore

Le attività e le competenze del selezionatore

Definizione

Il selezionatore è una figura professionale che svolge una serie di attività che hanno per obiettivo l’acquisizione di risorse umane contribuendo a costituire lo stock di professionalità di cui ha bisogno un’organizzazione.

Premesso che il Selezionatore può essere un lavoratore autonomo o dipendente, di seguito elenco alcune attività, competenze e attitudini di questa professione.

 

Le attività

    • Individua i fabbisogni dell’impresa o del cliente
    • Analizza le posizioni vacanti e il fabbisogno di risorse umane
    • Definisce le caratteristiche del profilo richiesto tracciando in tal modo un Profilo Ideale che comprenda competenze tecniche, soft skills e caratteristiche personali richieste dalla funzione)
    • Ricerca il personale potenziale utilizzando diverse fonti informative (agenzie, internet, consulenti, ecc.)
    • Analizza le candidature interne ed esterne e le classifica per caratteristiche
    • Effettua una scrematura dei candidati sulla base dei curricula ricevuti e dei criteri di selezione stabiliti
    • Contatta i candidati da sottoporre a colloquio
    • Intervista i candidati
    • Utilizza strumenti di assessment (test, assessment center, ecc)
    • Stabilisce la corrispondenza tra le caratteristiche dei candidati e quelle del profilo ideale
    • Individua tra i candidati valutati quelli idonei a ricoprire le posizioni lavorative.

 

Quali sono le Competenze e attitudini che deve avere?

Competenze tecniche

    • Competenze in psicologia del lavoro
    • Capacità di effettuare analisi dei fabbisogni professionali
    • Capacità di costruire Job Description e Job Analisys
    • Capacità di applicare le tecniche di ricerca del personale
    • Capacità di utilizzare i sistemi di reclutamento del personale
    • Capacità di svolgere colloqui di selezione
    • Conoscenza e capacità di utilizzare strumenti come Test psicologici (attitudine, personalità, ecc.), Assessment center
    • Capacità di effettuare un bilancio di competenze
    • Capacità di individuare candidati idonei a ricoprire le posizioni lavorative scoperte.

Competenze trasversali

    • Capacità organizzative
    • Capacità di ascolto
    • Capacità di analisi
    • Capacità relazionali (empatia)
    • Capacità di gestione e sviluppo delle risorse umane
    • Raccolta e gestione delle informazioni
    • Autonomia
    • Capacità decisionali

 

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© Le attività e le competenze del Selezionatore – Andrea Castello

 

 

Leadership, Creativity & Innovation: RESULTS

Leadership, Creativity & Innovation: RESULTS

Table 1 displays means, standard deviations, and inter correlations among all study variables.

Table  1.

** Correlation is significant at the 0.01 level (2-tailed).

CONSTRUCT VALIDITY.

According to Bartlett’s test, the matrix is not an identity matrix. The null hypothesis is rejected. The variables under analysis are correlated, thus factor analysis is justified. The Cumulative percentage is 61. 139. Four factors explain 61.139% of common variance.


Besides the reversed item of supervisor developmental feedback, all of the variables had values higher than 0.4. It had no loading on any factor that made weaker the correspondence between the structure of a set of indicators and the construct it measures.

RELIABILITY

Alpha Cronbachs for almost all of the measures were higher than .70. Removal of any item or set of items in any measure did not appreciably improve estimates of internal consistency. So, all the variables used in the research were internally consistent.  Separately measured they registered high alpha coefficients.

In the table below the alpha coefficients are presented for all of the variables.

A reversed item, supervisor developmental feedback, turned out to have slightly higher value than Alpha coefficient.  Nevertheless, a review of all of the scales together reveals that a high reliability was registered (.913).

GUIDE FOR TESTING THE METIATION EFFECTS IN MULTIPLE REGRESSION

To test the mediating effect, multiple regression analysis was run to analyze the relationship among all of the variables by first regressing the dependent variable on the independent variable, then regressing the mediator on the independent   variable, and finally regressing the dependent on both the independent variable and the mediator variable ( Baron & Kenny, 1986).

According to the authors (Baron & Kenny, 1986; Judd & Kenny, 1981) there are four steps  in establishing that a variable (intrinsic motivation) mediates the relation between a predictor variable and the outcome variable :  by first step is shown that there is a significant relation between the predictor and outcome. The second step is to show that the predictor is related to the mediator. Third step is to show that the mediator (intrinsic motivation) is related to the outcome variable (innovative behavior). The final step is to show that the strengths of the relation between the predictor and the outcome is significantly reduced when the mediator is added to the model.

Hypothesis 1: Supervisor developmental feedback is positively related to innovative behavior through the mediating role of intrinsic motivation.

Table 1

Table 1 provides the results of analysis to test the meditational hypothesis. The unstandardized regression coefficient (.40) related to the effect of supervisor developmental feedback was significant. (p<.0001). Thus, the supervisor developmental feedback and the requirement for the mediation in step 1 was met.

As mentioned above mediator variable (intrinsic motivation) on predictor variable (supervisor developmental feedback) was regressed in step 2.

The unstandardized regression coefficient (B=.23) related with this relation also was significant at the p<.0001 level. Thus the condition for step 2was supported, supervisor developmental feedback was again significant.

Further, to test whether mediator variable (intrinsic motivation) was related to outcome variable (innovative behavior) we regressed the latter simultaneously on both (mediator) intrinsic motivation and predictor (supervisor developmental feedback).  The coefficient concerning the relation between intrinsic motivation and supervisor developmental feedback also was significant. (B= .28, p<.0001).  Thus, the condition for step 3 was again supported. (supervisor developmental feedback was significant).

This third regression equation also provided an estimate of the relation between predictor and outcome variable. If B equals zero in that relation, there is complete mediation. However, that path was .48 and still significant (p<.0001).

It means that the relationship between the predictor (supervisor developmental feedback) and the outcome variable (innovative behavior) is partially mediated by intrinsic motivation (B is greater than zero). Consequently, the relationship between predictor and outcome variables is significantly smaller.

To summarize, the analysis showed that intrinsic motivation has a mediating role between the independent (supervisor developmental feedback) and dependent variable (innovative behavior).

It has weak correlation with supervisor developmental feedback (.28), thus could maintain its mediating role in that relation. At the same time, supervisor developmental feedback and intrinsic motivation both registered good correlation coefficients with innovative behavior: .43 and .52 respectively.

Hypothesis 2:  Creative self-efficacy will be positively related to innovative behavior through the mediating role of intrinsic motivation

Table 2

Table 2 provides the results of analysis:

The unstandardized regression coefficient (B=.41) associated with the effect of creative self-efficacy was significant (p<.0001). Thus, creative self efficacy was significant and the requirement for the mediation in step 1 was met.

In the regression of the mediator (intrinsic motivation) on predictor (creative self-efficacy) in step 2 the unstandardized regression coefficient (B = .68) was also significant at the p<.0001 level, thus, the condition for step 2was met, creative self-efficacy was significant.

By regressing innovative behavior simultaneously on both mediator (intrinsic motivation) and the predictor (creative self-efficacy) we tasted whether intrinsic motivation was related to innovative behavior.  The regression coefficient associated with relation between intrinsic motivation and innovative behavior was significant (B=.57, p<.000 ) Thus, the condition for the step 3 was significant. However in the third step creative self-efficacy was insignificant (B=.02; p = .827 >.05).

Due to high correlation with intrinsic motivation (.711), creative self-efficacy got excluded from the model, since regression allows the variables that are in weak correlation with each other and have strong predictive power on the outcome variable.

In this case regression made insignificant the variable that had less (.37) predictive power on innovative behavior than the other variable, intrinsic motivation (.52).   The strong power of self-efficacy is expressed by the high correlation with intrinsic motivation that, in its turn, shows high predictive value on outcome variable: innovative behavior.

© Leadership, Creativity & Innovation in Enterprises – Dott.ssa Nune Margaryan

Leadership, Creativity & Innovation: MEASURES

Leadership, Creativity & Innovation: MEASURES

Supervisor developmental feedback:  Consistent with prior research (see Zhou, 2002), we used a 3-item scale to measure the supervisor developmental feedback (e.g., when my supervisor gives me feedback, it helps me to learn and improve my job performance; Cronbach a – .64).

For measuring self-efficacy, along the lines of Tierney and Farmer (2002), we have proposed four types of questions (e.g., I consider that I’m good at developing and presenting new ideas)  regarding employees’ self-efficacy beliefs about their activities (Cronbach a = .85).  For measuring intrinsic motivation, a 5-item scale as posited by Tierney, Farmer, and Graen, (1999) was used (e.g., I like to find solutions for complex problems; Cronbach a – .86).

On innovative behavior, we have proposed seven self-reported questions (e.g., we try to find new technologies, products, services and new methods for conducting the work; see Tierney, Farmer, & Graen, 1999) about employees’ innovative behavior (Cronbach a – .92).   A Likert-type scale ranging from 1, strongly disagree, to 7, strongly agree, was used to define the answers.

RESULTS

Table 1 displays means, standard deviations, and inter correlations among all study variables.

Table  1.  Means, Standard Deviations, and Correlations among Variables

CONSTRUCT VALIDITY

According to Bartlett’s test, the matrix is not an identity matrix. The null hypothesis is rejected. The variables under analysis are correlated, thus factor analysis is justified. The Cumulative percentage is 61. 139. Four factors explain 61.139% of common variance.

Total Variance Explained

Besides the reversed item of supervisor developmental feedback, all of the variables had values higher than 0.4. It had no loading on any factor that made weaker the correspondence between the structure of a set of indicators and the construct it measures.

RELIABILITY

Alpha Cronbachs for almost all of the measures were higher than .70. Removal of any item or set of items in any measure did not appreciably improve estimates of internal consistency. So, all the variables used in the research were internally consistent.  Separately measured they registered high alpha coefficients.

In the table below the alpha coefficients are presented for all of the variables.

A reversed item, supervisor developmental feedback, turned out to have slightly higher value than Alpha coefficient.  Nevertheless, a review of all of the scales together reveals that a high reliability was registered (.913).

GUIDE FOR TESTING THE METIATION EFFECTS  IN MULTIPLE REGRESSION

To test the mediating effect, multiple regression analysis was run to analyze the relationship among all of the variables by first regressing the dependent variable on the independent variable, then regressing the mediator on the independent   variable, and finally regressing the dependent on both the independent variable and the mediator variable ( Baron & Kenny, 1986).

According to the authors (Baron & Kenny, 1986; Judd & Kenny, 1981) there are four steps  in establishing that a variable (intrinsic motivation) mediates the relation between a predictor variable and the outcome variable :  by first step is shown that there is a significant relation between the predictor and outcome. The second step is to show that the predictor is related to the mediator. Third step is to show that the mediator (intrinsic motivation) is related to the outcome variable (innovative behavior). The final step is to show that the strengths of the relation between the predictor and the outcome is significantly reduced when the mediator is added to the model.

Hypothesis 1: Supervisor developmental feedback is positively related to innovative behavior through the mediating role of intrinsic motivation.

Table 1 provides the results of analysis to test the meditational hypothesis. The unstandardized regression coefficient (.40) related to the effect of supervisor developmental feedback was significant. (p<.0001). Thus, the supervisor developmental feedback and the requirement for the mediation in step 1 was met.

As mentioned above mediator variable (intrinsic motivation) on predictor variable (supervisor developmental feedback) was regressed in step 2.

The unstandardized regression coefficient (B=.23) related with this relation also was significant at the p<.0001 level. Thus the condition for step 2was supported, supervisor developmental feedback was again significant.

Further, to test whether mediator variable (intrinsic motivation) was related to outcome variable (innovative behavior) we regressed the latter simultaneously on both (mediator) intrinsic motivation and predictor (supervisor developmental feedback).  The coefficient concerning the relation between intrinsic motivation and supervisor developmental feedback also was significant. (B= .28, p<.0001).  Thus, the condition for step 3 was again supported. (supervisor developmental feedback was significant).

This third regression equation also provided an estimate of the relation between predictor and outcome variable. If B equals zero in that relation, there is complete mediation. However, that path was .48 and still significant (p<.0001).

It means that the relationship between the predictor (supervisor developmental feedback) and the outcome variable (innovative behavior) is partially mediated by intrinsic motivation (B is greater than zero). Consequently, the relationship between predictor and outcome variables is significantly smaller.

To summarize, the analysis showed that intrinsic motivation has a mediating role between the independent (supervisor developmental feedback) and dependent variable (innovative behavior).

It has weak correlation with supervisor developmental feedback (.28), thus could maintain its mediating role in that relation. At the same time, supervisor developmental feedback and intrinsic motivation both registered good correlation coefficients with innovative behavior: .43 and .52 respectively.

Hypothesis 2:  Creative self-efficacy will be positively related to innovative behavior through the mediating role of intrinsic motivation

Table 2

Table 2 provides the results of analysis:

The unstandardized regression coefficient (B=.41) associated with the effect of creative self-efficacy was significant (p<.0001). Thus, creative self efficacy was significant and the requirement for the mediation in step 1 was met.

In the regression of the mediator (intrinsic motivation) on predictor (creative self-efficacy) in step 2 the unstandardized regression coefficient (B = .68) was also significant at the p<.0001 level, thus, the condition for step 2was met, creative self-efficacy was significant.

By regressing innovative behavior simultaneously on both mediator (intrinsic motivation) and the predictor (creative self-efficacy) we tasted whether intrinsic motivation was related to innovative behavior.  The regression coefficient associated with relation between intrinsic motivation and innovative behavior was significant (B=.57, p<.000 ) Thus, the condition for the step 3 was significant. However in the third step creative self-efficacy was insignificant (B=.02; p = .827 >.05).

Due to high correlation with intrinsic motivation (.711), creative self-efficacy got excluded from the model, since regression allows the variables that are in weak correlation with each other and have strong predictive power on the outcome variable.

In this case regression made insignificant the variable that had less (.37) predictive power on innovative behavior than the other variable, intrinsic motivation (.52).   The strong power of self-efficacy is expressed by the high correlation with intrinsic motivation that, in its turn, shows high predictive value on outcome variable: innovative behavior.

 

© Leadership, Creativity & Innovation in Enterprises – Dott.ssa Nune Margaryan

Conclusioni

Conclusioni

 

Ad ulteriore convalida delle tesi sopra esposte, si ritiene opportuno procedere ad un’analisi di maggior dettaglio, utilizzando i risultati parziali dei questionari per singola agenzia. In altre parole, ci si focalizzerà sui gap delle varie agenzie, ricavando da ciò delle conclusioni maggiormente ponderate. A tal fine si utilizzeranno delle “variabili empiriche di controllo”, che serviranno a dimostrare se effettivamente le considerazioni fatte sulla base del report medio di gruppo, trovano conferma nei risultati parzali delle singole agenzie. Si è così richiesto alle agenzie sottoposte ad indagine alcune informazioni di natura oggettiva, ossia quantificabili, da leggere alternativamente come gli effetti e le con-cause del non corretto o appropriato utilizzo delle leve motivazionali, qualora si evidenzi una loro corelazione con le leve stesse. Per maggiore chiarezza è opportuno procedere con ordine, analizzando i singoli aspetti. Perchè, poi, l’analisi parziale evidenzi dei pesi più determinanti, rispetto al particolare fenomeno osservabile in una singola agenzia, si è scelto di riaggregare le 12 agenzie in 4 gruppi caratterizzati dalla presenza, al loro interno, di agenzia con variabili di controllo analoghe. Per facilitare i confronti e riottenere report riferiti alle nuove unità di analisi (i gruppi omogenei e non la singola agenzia), si è ristrutturato in Matrix l’organigramma originario dell’azienda, introducendo le nuove modifiche.

Ritornando alla trattazione delle variabili di controllo, vengono adesso approfondite in dettaglio. Per quanto riguarda la selezione, si è scelto di richiedere il numero di ore di assenteismo mensile, ipotizzando che un eventuale elevato valore sia imputabile ad un’errata selezione di persone non motivate. Come da ipotesi di partenza, i gap attitudinali non sono correlabili a questa leva, essendosi riscontrati in tutti i gruppi bassi tassi di assenteismo. Riguardo alla disponibilità di percorsi di carriera, si è richiesta la permanenza media (in termini di mesi) dell’agente all’interno dell’affiliato, constatando come i gap attitudinali non siano nei gruppi di agenzie con permanenza media elevata. Evidentemente non sono importanti, nella fattispecie, gli incentivi a lungo termine, non venendo questo percepito come un lavoro che consente un elevato sviluppo di carriera. Non si può dire la stessa cosa riguardo una leva che sta sullo stesso orizzonte temporale: la formazione, essendo stata richiesta, in questo caso l’anzianità media (in termini di anni) dell’affiliato di provenienza. I gap attitudinali si sono concentrati maggiormente nei gruppi di agenzie più longeve, le quali, quindi, oltre a non aver investito in passato in formazione, sono probabilmente portatori di metodi gestionali più arretrati, non percependo l’importanza e la forza motivazionale dell’apprendimento continuo. Per quanto riguarda la comunicazione interna e il team working, i risultati parziali sobbalzano quelli sintetici. In questo caso infatti la variabile richiesta è stata il numero di riunioni e focus group mensili, laddove i maggiori gap si sono concentrati sui gruppi di agenzie che meno utilizzano questi strumenti di partecipazione e ascolto. Ciò conferma l’appropriatezza del loro utilizzo, che come si è detto era stata già prevista in ipotesi. Lo stesso dicasi per il clima interno, la cui appropriatezza è stata misurata da attività collaterali come newsletter, cene, tornei aziendali e quant’altro. Un elevato turnover annuale, è stato poi il parametro che ha spiegato il fallimento di politiche di incentivazione a breve termine, tra cui si fa rientrare la trasformazione di parte della retribuzione da variabile in fissa. Essendo i gap attitudinali correlati con le agenzie affette da più alto turnover, ciò non ha fatto altro che confermare le già previste caratteristiche “strutturali” del settore. Infine i gap attitudinali si sono maggiormente concentrati nelle agenzie in cui più carente è stata la predisposizione di indici di performance e la predisposizione di blueprint e manuali operativi, confermando come siano da ritenersi strategici, come previsto soprattutto nel contesto in esame, le politiche di goal setting e job desciption.

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© Analisi dei processi di motivazione nella gestione delle risorse umane – Davide Barbagallo

I risultati della sperimentazione on the job

I risultati della sperimentazione on the job

 

Come si vede dal profilo di gruppo (vedasi sotto) elaborato da Matrix, ossia dalla media fra tutti profili degli agenti appartenenti ai 12 affiliati, si ha un buon accostamento complessivo al profilo dell’agente ideale, valorizzabile intorno all’87%, validando l’ipotesi secondo cui viene fatta un’attenta politica di selezione.  Ciò che coglie immediatamente l’attenzione è invece il minor accostamento rilevato nelle modalità di comunicazione e di integrazione, rispettivamente del 71 e del 74%, a dispetto delle ipotesi iniziali che ritenevano fortemente sviluppate le politiche di comunicazione e di miglioramento del clima interno, mediante la predisposizione della potente piattaforma informativa e delle riunioni di area in cui si fanno partecipare anche gli agenti e le coordinatrici.

È evidente, pertanto, che il coinvolgimento e la partecipazione vanno ricercati in altre sfere.

Gli elementi importanti affinché le risorse si integrino e rimangono fedeli vanno ricercati negli alti valori riscontrati nella modalità di relazione, organizzativa (misurata dalla possibilità di pianificare il proprio lavoro) e realizzativa.

Ciò indica, come previsto, che gli strumenti di cui dispongono gli agenti e il generale clima positivo e di fiducia che si respira in azienda, rendono il lavoro autonomo e sviluppano la capacità di lavorare attivamente, con impegno e determinazione.

Il valore oltre la norma (120%) della modalità assertiva, che indica la predisposizione al pensiero positivo e propositivo, avvalora l’ipotesi di base precedentemente ricordata.

Testimonia altresì, la presenza di forti motivazioni intrinseche, alle quali la tensione verso l’autonomia e l’empowerment hanno sicuramente dato ascolto.

Questa circostanza rappresenta tuttavia un rovescio oltre che un risvolto della medaglia.

I valori intermedi relativi alla modalità decisionale (nell’assumersi la responsabilità delle conseguenze delle proprie scelte), di gestione del consenso, di leadership e di gestione dello stress, delineano un gruppo senza un chiaro ruolo di guida, in cui la politica del demandare ha sviluppato più che una facoltà di azione cosciente, una gestione tendenzialmente emotiva della complessità.

Ma ciò appare coerente con l’ipotesi di fondo, secondo cui sono da ritenersi carenti le azioni prima definite di “motivazione programmabile” o centrate sulla motivazione estrinseca, quali i percorsi di carriera, gli obiettivi, e la progettazione della mansione.

Anche la modalità di apprendimento, come pure la modalità di adattabilità al cambiamento, infatti, risultano avere un accostamento medio, essendo il risultato di intuizioni personali e di una formazione carente.

Non si riscontrano, infine,particolari valori segnaletici nell’accostamento dell’85% della modalità di motivazione e automotivazione, al fine di indagare la presenza e l’eventuale appropriatezza di  incentivi a breve termine. Ciò sarà possibile attraverso alcuni accorgimenti di cui si darà conto nel prossimo paragrafo.

 

 

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