Quando le persone deumanizzano?
Quando le persone deumanizzano?
Questo aspetto, già trattato in questo capitolo per quanto riguarda l’infraumanizzazione, viene analizzato separatamente per il caso della deumanizzazione da Haslam e Loughnan (2014). Secondo tali autori le condizioni in cui si verifica la deumanizzazione sono molteplici, ma i fattori principali includono stati emozionali, motivazionali, cognitivi, e aspetti situazionali, sociali e strutturali.
Relativamente agli stati emozionali, la propensione al disgusto è associata alla tendenza alla deumanizzazione: gruppi che inducono disgusto sono più soggetti ad essere deumanizzati. Buckels e Trapnell (2013) evidenziano come un disgusto indotto sperimentalmente produca un’associazione implicita maggiore tra l’outgroup e gli animali, più di quanto possa indurre la tristezza o un umore neutro.
Per quanto riguarda gli stati motivazionali, quelli analizzati da Haslam e colleghi (2014) sono principalmente quattro: la connessione sociale, le motivazioni sessuali, il desiderio di equità morale ed i processi di protezione dell’ingroup. Lo studio della connessione sociale mostra che così come un bisogno sociale insoddisfatto porta all’attribuzione di mente ad entità non umane, persone con connessioni sociali numerose e soddisfacenti sono più soggette a deumanizzare outgroup distanti. Il ruolo delle motivazioni sessuali è studiato mediante la percezione che gli uomini hanno delle donne oggettivate, mostrando che le donne sessualizzate vengono più facilmente associate ad animali.
Relativamente al desiderio di equità morale, è stato dimostrato che c’è una tendenza maggiore alla deumanizzazione di outgroup che hanno una storia sofferta nel caso in cui al proprio ingroup siano state assegnate delle responsabilità: in questo caso, il negare umanità o moralità alle proprie vittime storiche evita il senso di colpa collettivo ed una percezione negativa dell’immagine del proprio ingroup. I processi di protezione dell’ingroup, infine, fanno sì che le persone tendano a giudicare anche gli attributi negativi del proprio ingroup come maggiormente umani, indipendentemente dal favoritismo verso l’ingroup; ciò rende il proprio gruppo maggiormente giustificabile (in quanto “umano”), e quest’effetto si intensifica se l’identità di gruppo è minacciata.
Riguardo ai fattori cognitivi, sono stati analizzati in particolare l’egocentrismo e “l’abstract construal” (come gli individui percepiscono, interpretano e comprendono il mondo attorno a loro) come moderatori dell’effetto interpersonale di auto-umanizzazione, nel quale gli altri sono visti meno umani di se stessi (Haslam & Bain, 2007). Gli aspetti situazionali fanno invece riferimento alla percezione di minaccia, che porta ad una tendenza maggiore alla deumanizzazione. Inoltre, la percezione di minaccia può moderare gli effetti della deumanizzazione e la conseguente tendenza all’aggressività. Ad esempio, nello studio di Viki, Osgood e Phillips (2013), i partecipanti che percepivano una maggiore minaccia nei Musulmani, e che quindi li deumanizzavano maggiormente, mostravano anche una maggiore tendenza alla tortura dei prigionieri di guerra. Anche la minaccia esistenziale della morte è coinvolta nell’infraumanizzazione, in quanto l’attribuzione preferenziale di attributi unicamente umani a sé e all’ingroup è un modo, secondo la teoria di gestione del terrore (Greenberg, Solomon & Pyszczynski, 1997), per combatterne la paura.
Infine, l’unico fattore sociale e strutturale che è stato analizzato è quello del potere, che è riscontrabile in vari ambiti tra cui quello medico (Lammers & Stapel, 2011): i medici che sperimentano una situazione di potere hanno infatti maggiore tendenza a deumanizzare pazienti, provando su di loro trattamenti più dolorosi, anche se più efficaci. Un altro esempio è nell’ambito scolastico, dove è stato osservato che studenti a cui sono stati assegnati ruoli di potere valutano i loro compagni come mancanti di tratti unicamente umani. E’ interessante notare come questo effetto non dipenda né dalla presenza di un rapporto gerarchico né dal tipo di attività (cooperativa o competitiva).