Psicologia delle decisioni: Razionalità Olimpica vs. Razionalità Limitata
Un’introduzione alla psicologia delle decisioni: l’incoerenza delle preferenze
Razionalità Olimpica vs. Razionalità Limitata
La psicologia delle decisioni è una branca della psicologia sperimentale ed applicata che studia il comportamento dell’attore decisionale. Grazie alla pretesa, realistica o presuntuosa, di poter prevedere il futuro attraverso una previsione del comportamento decisionale degli attori sociali, non sorprendono le attenzioni destinate a questo campo di conoscenza da parte di quelle discipline per le quali pensare in anticipo è una necessità ineludibile.
Lo studio delle decisioni ha visto, per diverso tempo, il dominio, quasi mai posto in discussione, di teorie e modelli dal carattere normativo, quali la teoria dell’utilità attesa di Von Neumann e Morgenstern (1947). Questa teoria pone al centro della sua analisi l’assunto di un Homo Economicus (come per primo usò definirlo il grande economista britannico John Stuart Mills, 1836), caratterizzato da una razionalità perfetta, dal fatto di essere pienamente informato e dal fatto di essere egoista.
L’homo economicus agisce indipendentemente dagli altri e copia il comportamento altrui solo quando ciò gli permette di raggiungere un effettivo vantaggio. I modelli razionali hanno il vantaggio di descrivere in una maniera semplice ed intuitiva come si dovrebbe comportare un attore razionale davanti ad una scelta. Tuttavia sono caduti in errore quando si sono proposti come modelli prescrittivi, capaci, dunque, di prevedere il comportamento del singolo al fine di generalizzarlo a quello più ampio del mercato. Nonostante il successo che questo modello ha riscosso in economia la fallacia dei suoi assunti logici è stata dimostrata quasi subito dall’ingegno di alcuni studiosi (Allais, 1953; Ellsberg, 1961). Ciònonostante molti hanno continuato a sostenere le teorie normative portando in loro difesa argomentazioni che facevano leva sul fatto che la razionalità fosse positivamente correlata con il livello di competitività e col livello di apprendimento che risulta dall’esperienza sul campo.
In direzione opposta sono andati invece gli studi sul decision making nelle organizzazioni di Hebert Simon (1957) ricordato anche per i fondamentali contributi alla computer science. Simon fu il primo a spostare l’attenzione sulla critica all’assunto di razionalità sul quale ruotavano le teorie decisionali, che, sarcasticamente, definì modelli della razionalità olimpica. Infatti, secondo Simon, la razionalità olimpica, nella sua eleganza e semplicità, poteva appartenere giusto ad un essere astratto, mitologico, magari ad una divinità, appunto, vivente sul Monte Olimpo, ma non all’uomo, per quanto intelligente ed informato potesse essere. Contrapposto a quello di razionalità olimpica Simon propose il concetto di razionalità limitata (1957), come assunto più solido su cui fare riferimento per la costruzione di modelli capaci di descrivere, realmente, il comportamento del decisore. Secondo questa definizione il decisore per far fronte alle limitate capacità del cervello deve operare un’attenta selezione tra gli stimoli da cui sovente viene bombardato. Questo processo di selezione lo porta molto spesso a fare scelte subottimali, che sono caratterizzate dal fatto di permettere il raggiungimento di soluzioni soddisfacenti piuttosto che ottimali. Dunque il decisore, specie in situazioni complesse in cui si devono elaborare molti dati, adopera procedure cognitive, chiamate procedure satisfacing, oppure euristiche di ragionamento. Queste strategie sono compatibili da un lato con il bisogno di accuratezza della decisione, dall’altro con la necessità di contenere lo sforzo cognitivo. Per questo contributo Simon ha ricevuto il premio Nobel per l’economia nel 1978.
Il lavoro di Simon segnerà una svolta decisiva per la scienza delle decisioni, oltre che un esplicito invito a considerare le variabili psicologiche nell’analisi del comportamento economico. Tra i primi psicologi a raccogliere questo invito sono stati i due israeliani Daniel Kahneman ed Amos Tversky, i quali hanno chiarito ulteriormente l’opera simoniana, mostrando anche numerosi nuovi aspetti del modo in cui prendiamo decisioni. Un esempio di tale evoluzione del lavoro di Simon è lo
studio di Kahneman e Tversky (1973; 1974) sulle euristiche. Infatti le loro ricerche, analizzando ancor più a fondo i processi cognitivi del decisore, hanno mostrato come esistano diverse tipologie di euristiche e come ognuna di queste porti a specifici bias, parola che in greco significa errore, ivi inteso come errore cognitivo. Tra quelle principali, nonché passate alla storia come le prime individuate dai due studiosi, nei primi anni 70′, vi sono l’euristica di rappresentatività, l’euristica di ancoraggio e di aggiustamento,e l’euristica di disponibilità (Kahneman e Tversky,1974).