Personalizzare lo spazio favorisce commitment e identificazione con l’organizzazione?

Personalizzare lo spazio favorisce commitment e identificazione con l’organizzazione?

 

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Se è vero che la qualità dello spazio di lavoro è in grado di influenzare il tempo di permanenza dei lavoratori all’interno di una certa organizzazione (Chandrasekar, 2011) allora ci chiediamo se la possibilità di personalizzare il proprio spazio non abbia dei risvolti positivi anche in termini di desiderio di rimanere all’interno dell’azienda e di organizational commitment.

Dalla ricerca di McGuire e McLaren (2009) risulta infatti un’associazione positiva tra la qualità dell’ ambiente fisico di lavoro e l’organizational commitment, più precisamente la loro relazione sarebbe mediata dalla percezione di  benessere. Nella letteratura esaminata dagli autori viene sottolineato come un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nella progettazione del luogo di lavoro porti ad una maggiore identificazione con esso e, più in generale, con il sistema lavorativo.

Lo studio di Raffaello e Maass (2002) ha mostrato che condizioni ambientali favorevoli hanno un forte effetto positivo sull’attaccamento e l’identificazione con l’organizzazione.

Parallelamente, i lavoratori che mostrano organizational commitment e volontà di rimanere all’interno dell’azienda sono meno sensibili ad altre possibili alternative nel mercato del lavoro (Kalliath, 2012). A tale proposito riportiamo l’interrogativo formulato da Wells, Thelen e Ruark (2007): “se l’espressione di sé è un antecedente del commitment affettivo e la personalizzazione è una forma di auto-espressione, allora la personalizzazione è associata al commitment, più specificamente a quello di tipo affettivo?” (pp.618-619). Per rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto chiarire che cosa si intende per “organizational commitment” e cosa per “commitment affettivo”: secondo la definizione di Meyer e Allen (1988) l’organizational commitment si configura come una forma di dedizione all’organizzazione per cui si lavora, la volontà di impegnarsi duramente e il desiderio di continuare a lavorare per essa (in Wells, Thelen e Ruark, 2007). In generale possiamo dire che si tratta di un costrutto multidimensionale che si riferisce al legame che si instaura tra l’individuo e l’organizzazione, sotto forma di uno stato di identificazione con essa e con i suoi obiettivi (De Carlo, Falco e Capozza, 2013). Per spiegare invece che cosa si intende per commitment affettivo dobbiamo fare riferimento alla distinzione teorizzata qualche anno dopo (1991). Secondo Meyer e Allen (1991) si possono distinguere tre componenti del commitment organizzativo: affective, continuance e normative commitment. L’affective commitment indica una forma di attaccamento emotivo all’organizzazione caratterizzato dal desiderio di continuare a farne parte, il continuance commitment invece fa riferimento ad un’analisi più razionale dei costi e dei benefici associati al lasciare o rimanere nell’organizzazione, infine, il normative commitment indica un senso di obbligazione morale a rimanere nell’organizzazione (in Wells et al., 2007). Le tre componenti si sviluppano indipendentemente l’una dall’altra e sono tutte presenti nella persona, ma in misura diversa (De Carlo et al., 2013). Nella nostra ricerca non faremo riferimento a questa tripartizione, nelle analisi condotte non è infatti presente una distinzione in base alle tre componenti, piuttosto analizzeremo l’organizational commitment considerando principalmente l’aspetto affettivo del costrutto, relativo al legame che si instaura tra individuo ed organizzazione. Tra le conseguenze del commitment organizzativo vi è l’aumento della performance, dei comportamenti prosociali e dei comportamenti di cittadinanza organizzativa (De Carlo et al, 2013). Secondo Wells e colleghi (2007) tra gli antecedenti dell’affective commitment vi sarebbero proprio la percezione di comfort e l’opportunità di self-expression; al contrario, bassi livelli di organizational commitment sarebbero associati a turnover. Nonostante ciò pochi studi sono stati condotti per esaminare la relazione tra personalizzazione dello spazio ed organizational commitment. La ricerca di Wells e colleghi (2007) ha così indagato proprio questa relazione, confermando una correlazione positiva tra le due variabili, non è stata invece supportata l’ipotesi secondo cui la personalizzazione sarebbe maggiormente correlata con l’affective commitment piuttosto che con le componenti di normative e continuance commitment. Inoltre i dati hanno  rivelato che i partecipanti con livelli più elevati di organizational commitment tendevano a personalizzare il proprio spazio con oggetti associati a colleghi di lavoro, amici e familiari, in misura maggiore rispetto ai partecipanti con livelli più bassi di commitment; forse perché i primi sarebbero più propensi a mostrare anche lati più personali di se stessi al lavoro.

Secondo Brown e Zhu (2016) i lavoratori che hanno la possibilità di personalizzare il proprio spazio svilupperebbero sentimenti positivi come il commitment organizzativo e una forma di fedeltà (“loyalty”) all’organizzazione. Anche questi autori sottolineano che vi è una scarsità di ricerche che riguardano la relazione tra territorialità e commitment, vi è tuttavia motivo di pensare che siano in relazione per il fatto che il sentimento di proprietà psicologica soddisfa il bisogno di avere un proprio posto, sensazione che aiuta a stabilire un senso di appartenenza e di comfort all’interno dell’organizzazione, elementi fondamentali del commitment. Il secondo bisogno che viene soddisfatto attraverso il sentimento di possesso ed i comportamenti territoriali è appunto quello di espressione di sé, anch’esso associato al commitment; le persone tenderebbero  infatti a preferire organizzazioni in cui possono distinguersi ed esprimere le proprie migliori caratteristiche. Così, marcando il territorio con una propria foto, l’individuo sarebbe in grado di esprimere chi è e cosa gli piace. Dall’altro lato, secondo Elsbach (2003), setting anonimi sarebbero percepiti come una minaccia alla propria specificità. In linea con questo discorso, sempre dalla ricerca di Brown e Zhu, è emerso che il sentimento di psychological ownership correla positivamente sia con l’affective commitment sia con sentimenti positivi verso l’organizzazione, anche i comportamenti di individual-oriented marking risultano correlare positivamente con sentimenti positivi verso l’organizzazione.

 

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli