Personal branding: conclusioni

Conclusioni

Con la diffusione dei social network si è assistito a un progressivo spostamento delle nostre relazioni sociali dalla dimensione reale a quella virtuale della nostra esperienza, che sono andate legandosi in maniera sempre più stretta. Le tassonomie introdotte per organizzare queste nostre relazioni hanno contribuito a disegnare complessi grafi sociali e determinato cambiamenti nel modo di concepire la nostra identità in rapporto agli altri.

Si è molto dibattuto sul carattere pubblico o privato della nostra presenza nelle piattaforme social e non è facile arrivare a una definizione netta perché ogni servizio a cui accettiamo di aderire presenta differenti ribalte.

Una caratteristica distintiva di questo genere di relazioni è che i servizi social ci permettono di controllare con una certa precisione la visibilità di ogni nostra azione sociale. Siamo noi utenti a controllare e decidere quanto può divenire pubblico e quanto può restare privato. 

Anche se nel web tutti possono dire qualunque cosa di tutti (E-reputation), muoversi efficientemente in un social network può richiedere competenze anche più complesse rispetto quelle di un blog. Chi possiede queste competenze è avvantaggiato tanto nella vita personale quanto in quella lavorativa.

Posso ipotizzare dalle analisi fatte, che la competitività lavorativa è diventata ancora maggiore con il web, dove qualsiasi informazione viaggia in tempo reale e dal momento che tutto è cambiato è mutata anche la comunicazione e la condivisione.

I profili Facebook incentrati sull’utente stesso oggi sono diventati basilari per la self expression ovvero per esprimersi e comunicare con i propri contatti.

LinkedIn come gli altri social è uno degli strumenti per rendersi riconoscibili e distinguibili in una certa situazione o in questo caso posizione lavorativa.

Oggi con il web che incalza sempre di più nelle nostre vite abbiamo solo un’idea: alla base di tutto c’è quello che si vuole comunicare di sé stessi puntando sui propri punti di forza per apparire al meglio e migliori degli altri.

Come ho detto nel primo capitolo, il personal marketing è il processo con il quale una persona si può posizionare in modo distintivo sul mercato nell’ambito della sua professione e carriera lavorativa quindi deve basarsi su dei valori (idealismo, forza interiore, coraggio, perseveranza, fiducia e determinazione) e deve avere determinate caratteristiche personali (autostima, self efficacy, intelligenza emotiva, innovazion collaboratività, apertura mentale e pensiero sistemico).

Il Personal Branding rappresenta un cambio di prospettiva da quello che tu percepisci di te stesso a quello che percepiscono gli altri di te: una sorta di umanizzazione di noi sul web.

Ognuno di noi è possessore di un proprio nome e cognome: alcuni, tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie, riescono a trasformare il proprio in un Brand da esporre sul mercato. Quando entriamo in contatto con amici, parenti o clienti e questi chiamano il nostro nome, automaticamente accostano il nome ad un insieme di caratteristiche ed emozioni che influenzano il modo di rapportarsi di questi soggetti nei nostri confronti; questo meccanismo è parte del fenomeno di Personal Branding, molto spesso in uno stadio inconsapevole cioè di primo livello.

Il Personal Branding è per tutti, dai liberi professionisti, soggetti con la voglia di sviluppare una loro attività professionale, soggetti desiderosi di cambiare professione o in cerca di impiego, a soggetti soddisfatti della loro attività professionale, ma desiderosi di migliorarla.

Il miglior Personal Brand nasce nel momento in cui il soggetto decide di mettersi in discussione svolgendo su sé stesso un analisi di tipo SWOT identificando in questo modo i propri punti di forza e debolezza (fondamentali da conoscere per definire la propria identità) e le opportunità di crescita e le minacce del settore nel quale si ha piacere di affermare il proprio marchio: ne sono l’esempio i due casi riportati di Clio e la Ferragni.

È naturalmente indispensabile essere competenti nel campo in cui si vuole affermare il Brand ma non solo, anche la reputazione condiziona il business, per questo è importante che il Personal Brander cerchi di agire sulla consapevolezza personale, sull’espressione di sé e sulla creazione di relazioni.

Le fasi più complesse del Personal Branding non sono tanto quelle di identificazione e sviluppo quanto il mantenimento nel tempo, a questo proposito è fondamentale essere sempre aggiornati e cercare di accrescere continuamente le proprie competenze investendo sulla propria formazione.

Alla luce di tutto ciò credo quindi, sia necessario riflettere con più attenzione sul tipo di relazioni sociali che costruiamo sui social network, per capire come questi strumenti influenzino il modo in cui i soggetti che li utilizzano costruiscono la propria immagine. Questo non soltanto perché i social network stanno diventando sempre di più il palcoscenico in cui presentiamo noi stessi e il nostro saper fare agli altri, ma soprattutto perché siamo noi, con le nostre azioni, a costruire, plasmare e determinare l’aspetto di questo palcoscenico.

Se pensiamo che ognuno di noi tramite il personale nome e cognome è in possesso di un potenziale marchio, ovvero il proprio marchio, possiamo già immaginare la mole di concorrenza che dobbiamo fronteggiare per affermare il nostro, ma è proprio in questo caso che la devianza è la chiave del successo perché se si è in grado di distinguersi e quindi diversificarsi dalla massa specializzandosi su di un argomento ed offrendo contenuti originali, il successo del proprio brand personale è assicurato.

È indispensabile, come già detto, rivolgersi a nicchie di mercato perché in questo modo ci sono maggiori possibilità che il Brand venga conosciuto dal pubblico, ma non solo, in questo modo il Brander ha maggior tempo a disposizione per imparare a gestire la propria attività e prepararsi al mercato di massa affermando gradualmente la propria presenza. Un elemento altrettanto importante per stimolare la conoscenza altrui del marchio è tramite il networking ossia parlare e ancora parlare con le persone sia nel contesto offline, sfruttando il luogo di lavoro per conversare, sia nell’online chattando con i membri della Rete.

Come sostiene Centenaro[1]:

Non ha più importanza dove la conversazione stia avvenendo, ma che la conversazione stia effettivamente avvenendo.”

In questo modo sarà molto più semplice generare una piccola community attorno al marchio e divenire per questa una micro celebrità.

Con il presente elaborato ho cercato di mettere in luce come il fenomeno del Personal Branding, pur essendo ancora poco conosciuto dagli estranei al settore, sia portatore di ottimi vantaggi ed occasioni se sviluppato e comunicato correttamente nel contesto online ed offline. Ho cercato di rendere questi aspetti ancora più visibili testimoniando casi reali di successo di Brand personali online.

Se ci si dedica alla propria passione con costanza, diviene inevitabile la realizzazione personale.

I risultati emersi dalle analisi sono stati davvero interessanti e positivi: indipendentemente dal settore di appartenenza è emerso l’importanza dei contenuti da pubblicare, del costante utilizzo dei social media per entrare in contatto con la propria community, ma soprattutto l’importanza dell’autenticità come elemento chiave per rapportarsi nella Rete.

L’obiettivo di questa tesi è di essere un utile spunto per coloro che, anche se non sicuri di entrare attivamente nel mondo della Rete, desiderano essere soddisfatti della loro vita poiché della loro passione vogliono farne fonte di serenità e guadagno.

Vorrei concludere con un’ultima riflessione: con i social network ci siamo abituati a condividere informazioni con amici e parenti, allontanando l’idea iniziale dell’internet come “non luogo”. Ci siamo rappresentati nella Rete con le stesse credenziali possedute offline e immettendo molti aspetti della nostra vita privata, sebbene rappresentassimo molteplici ribalte della nostra identità sociale o faccia.

Facebook recentemente ha lanciato una nuova app chiamata Rooms, dei forum di discussione dove le relazioni, i contatti, il nome non sono più importanti: le persone esistono perché esistono i loro interessi e non i loro connotati fisici. Lo scopo  di queste stanze è far tornare a condividere i propri pensieri con persone che hanno gli stessi interessi.

Un ritorno all’anonimato dunque, che rappresenta un deciso passo indietro verso il passato. Sono tornate le chat alle quali si accede tramite nickname, senza che questo possa essere ristretto o controllato in nessun modo. Un sistema che, nell’epoca dei profili Facebook ancorati a nomi e persone fisiche, sembrava ormai andato in disuso. Invece sembra che il social più utilizzato al mondo abbia preferito stringere i controlli da una parte proprio perché sapeva di starli per allentare dall’altra.

Sembra quasi di voler eliminare uno stereotipo molto fastidioso, quello di Facebook come violazione della privacy: non a quella delle foto che volontariamente mettiamo online, ma del controllo che viene fatto dei nostri dati e del nostro materiale cancellato, non sempre al di sopra di ogni sospetto come invece sarebbe dovuto essere.

Sui social che hanno delle regole implicite da seguire i soggetti cercano di mettere in scena la parte migliore di sé stessi, per aumentare la credibilità e avere una buona reputazione; ora con il ritorno di nickname/pseudonimi e dell’anonimato in queste chat le persone si sentiranno più libere anche di non indossare più delle maschere.


© Il personal Branding – Marika Fantato


[1] Centenaro L., Personal Branding con i Social media, 2010.