Le conseguenze per il percipiente

Le conseguenze per il percipiente

 

Il percepire degli stati mentali (percezione della mente) in un’altra entità intensifica l’esperienza psicologica degli eventi, anche casuali, da parte del percipiente, in quanto gli eventi intenzionali (che possono essere ricorrenti e richiedere una reazione) vengono vissuti in maniera più intensa rispetto a quelli accidentali, e possono indurre a una maggiore elaborazione cognitiva e razionalizzazione. Per esempio, è stato dimostrato che uno shock elettrico risulta più doloroso se somministrato intenzionalmente, e che le persone giudicano le aggressioni intenzionali come più crudeli di quelle accidentali (Cushman, 2008). Inoltre, visto che chi percepisce vuole essere valutato positivamente dagli altri, se si percepisce che le altre entità abbiano una mente si possono intensificare i comportamenti pro sociali. Il credere che esistano delle menti che ci sorveglino è adattivo e solitamente incrementa i comportamenti pro sociali di cui beneficia il proprio ingroup (Graham & Haidt, 2010) e riduce quelli antisociali che possono portare a delle punizioni. Ad esempio, la convinzione che dei e spiriti possano osservare il nostro comportamento porta ad essere meno disonesti o a fare donazioni economiche più generose; anche il semplice evocare le caratteristiche esteriori di una mente (come due occhi che ci osservano) ci spinge a seguire un codice morale punendo chi agisce in maniera sbagliata. In alcuni casi, questo fenomeno può portare a conseguenze personali negative: è il caso degli schizofrenici paranoici, la cui percezione della mente iperattiva gli fa credere di essere costantemente sorvegliati (Crespi & Badcock, 2008). Inoltre, il percepire una mente in un contesto morale può portare a credere che ce ne sia anche una seconda poiché lo schema psicologico per gli eventi morali coinvolge almeno due menti: un agente morale compie l’atto ed un paziente morale che lo subisce. Quindi, se delle persone sono danneggiate o vittimizzate esse cercano un responsabile che può essere un’altra persona, un animale o Dio; viceversa, quando vedono un comportamento moralmente sbagliato immaginano la presenza di una vittima che lo subisca.

I percipienti tendono anche a caratterizzare agenti e pazienti morali secondo il loro aspetto mentale prevalente mediante il fenomeno definito “moral type-casting”, ignorando l’experience degli agenti e l’agency dei pazienti: ciò spiega la riluttanza a criticare le vittime o come compiere atti morali incrementi l’agency della persona. L’attribuzione di minori capacità mentali ad un’entità riduce anche il suo stato morale, portando a giustificare le proprie responsabilità dopo aver aggredito qualcuno, percependo quest’ultimo come mancante di capacità mentali. In definitiva, la percezione della mente è legata in modo inscindibile alla moralità anche perché gli eventi morali (punizioni o ricompense) sono principalmente eventi sociali.

 

 

 

© La relazione tra amicizie dirette ed estese e attribuzioni di mente: Uno studio sul rapporto tra Meridionali e Settentrionali in Italia – Elisa Ragusa