Lavoro flessibile: la definizione che non c’è
Lavoro flessibile: la definizione che non c’è
Attualmente non esiste una definizione univoca del concetto di lavoro flessibile (Gallagher and McLean Parks 2001; Kalleberg 2000) considerato il fatto che ogni Paese definisce il lavoro temporaneo a partire da caratteristiche peculiari facenti capo a contesti socio-culturali e legislativi profondamente differenti.
In Canada e negli Stati Uniti, ad esempio, analizzando la letteratura è possibile constatare come il lavoratore flessibile sia definito con l’accezione di “contingente”.
Per quanto riguarda la situazione degli USA c’è da fare una precisazione poichè il self- employment e i contratti indipendenti non sono considerabili lavori temporanei (Connelly e Gallagher 2006).
Ricercatori europei e australiani hanno escluso il self-employed nella disquisizione sulla flessibilità poiché tale modalità di lavoro è regolata in modo differente dalla legge e mostra differenze significative da Paese a Paese.
Nei lavori di ricerca europei la terminologia di riferimento per i lavoratori flessibili è quella di temporanei o di non permanenti (Connelly e Gallagher 2004; De Cuyper e altri. 2005a); in Australia e Nuova Zelanda basta dire lavoratore per capire che si sta parlando di un temporaneo (Burgess e altri 2005; Burgess e Strachan 1999; Campbell 2004; Campbell e Burgess 2001a,b; Junor 2004).
In termini numerici, a livello internazionale, il lavoro temporaneo si assesta attorno al 15% in Canada, al 4% in USA ed Europa.
Per quanto riguarda la situazione europea i valori sono molto variabili e vanno dal 4% del Lussemburgo a più del 35% della Spagna (Campbell e Burgess 2001b; Wooden 2004).
Per definire il lavoro temporaneo servono misure internazionali e un modello parametrico condiviso altrimenti risulta molto arduo ottenere dati che risultino credibili e generalizzabili a tutte le nazioni prese in esame (De Cuyper e altri 2005a).
Il fenomeno del lavoro flessibile è complesso ed eterogeneo ed è strettamente dipendente dalle norme legislative di ogni singolo Stato e dalla regolamentazione del lavoro dei territori nazionali, da questi dipende spesso l’atteggiamento delle organizzazioni e la strutturazione dei contratti di lavoro (Kluytmans; Ott 1999).
Il lavoro temporaneo in Europa tende molto a privilegiare la posizione del lavoratore, molto poiché pone alla base del rapporto di lavoro dei diritti acquisiti per temporanei (Vosko 1998; Zeytinoglu e Muteshi 2000), tuttavia, nel resto del mondo la situazione non è esattamente la medesima.
In Australia ad esempio, la situazione è profondamente diversa poichè i diritti di base di un lavoratore assunto a tempo determinato escludono il pagamento delle ferie, l’avviso di licenziamento, la possibilità di congedo per ragioni di salute e il pagamento dei giorni festivi (Campbell 1998, 2004).
In Australia mancano leggi ad inquadramento peculiare e specifico a tutela del benessere del lavoratore in genere in termini di benefits, sia che si parli di fissi che di lavoratori flessibili (Burgess e Strachan 1999; Campbell 2004; Campbell and Burgess 2001a; Wooden 2001).
In USA si è optato per la non regolamentazione dei benefits, la presenza di benefici accessori a quelli lavorativi è regolamentata dalla discrezionalità di scelta del datore di lavoro, seguendo uno spirito fortemente liberale (Connelly e Gallagher 2006).
Risulta evidente come ci siano profonde differenze riguardanti il lavoro temporaneo in ambito internazionale.
La complessità del fenomeno vede ad esempio in Italia una moltitudine di contratti di lavoro che trascendono dal tempo indeterminato: si fa riferimento ai contratti a tempo determinato, a progetto o di collaborazione, di quelli formativi/stage, di tirocinio o semplicemente dei contratti a chiamata (Sarchielli 2003), una selva di accezioni dalle quale è spesso difficile vincolarsi o ancor peggio ancorarsi concettualmente, anche alla luce dei continui mutamenti legislativi sul tema.