Esempi di Personal Branding Metodologia della ricerca
Esempi di Personal Branding
Metodologia della ricerca: ipotesi e scopo dell’analisi
L’ipotesi generale è che i social network non sono luoghi di simulazione anonima totalmente sganciati dalla realtà quotidiana, ma sono anche spazi in cui l’utente ha l’opportunità concreta di enfatizzare quelle parti della propria identità che non sono facilmente esprimibili negli ambienti faccia a faccia, di mettere in scena un’immagine di sé più socialmente desiderabile, ovvero i sé possibili auspicabili, il sé ideale elaborando così una strategia di Personal Branding. Questa immagine può infatti essere considerata come una mera maschera virtuale che noi mettiamo sulla ribalta dei social network, dal momento che la narrazione identitaria su Facebook, LinkedIn, Youtube, Instagram ecc., produce sempre un impatto importante nell’idea che una persona vuole dare di sé agli altri.
Nello specifico l’ipotesi è affermare se e come le persone che cercano chance lavorative, grazie alla Rete, mettono in atto strategie di self branding. La mia ricerca consiste in tre analisi di contenuto qualitative.
Inizialmente analizzerò 30 profili di utenti di LinkedIn, la piattaforma professionale per eccellenza, concentrandomi in particolare sui contenuti testuali scritti e visivi come foto, cioè sulle homepage, che sono la faccia/facciata dell’utente.
Di seguito porterò due casi di self presentation di successo di due ragazze italiane Clio Zammatteo e Chiara Ferragni, analizzando la loro faccia, cioè tutto ciò che esse comunicano di loro aspetto fisico, hobby, competenze, esperienze, relazioni sociali ecc., compreso il loro stile comunicativo, per capire se hanno utilizzato strategie di Personal branding.
Mi concentrerò quindi sulla self presentation nei vari social network, descritti nel capitolo precedente, analizzando alcuni concetti di Goffman[1].
© Il personal Branding – Marika Fantato
[1] Goffman E., The Presentation of Self in Everyday Life. La vita quotidiana come rappresentazione, Garden City: Doubleday, 1959.