Disagio Lavorativo: Una buona storia e qualcuno a cui raccontarla
Disagio Lavorativo: Una buona storia e qualcuno a cui raccontarla
“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”.
Queste solo le parole di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento , un pianista straordinario nato e cresciuto su una nave, senza esservi mai sceso.
“Lui era la sua buona storia”: la musica e il modo di “sentire” di Novecento lo rendevano unico, “qualcosa di diverso”.
L’esperienza condotta per l’espletamento di questo lavoro ha preso in esame tante “buone storie” di persone a loro modo “diverse”: immergersi nella vita altrui è stato per certi versi scomodo ma allo stesso tempo indispensabile, per questo è difficile definire una “buona storia” quella, ad esempio, di Rossana.
È anche vero che da soli i costrutti teorici non bastano mai: avere un punto d’osservazione prossimo al fenomeno è di basilare importanza, ed è quanto operato ai fini di questo elaborato. Ecco perché Rossana è la sua “buona storia”, perché senza l’ausilio di persone come lei questo lavoro sarebbe stato solo un intreccio asettico di teorie e concetti.
Le persone che lavorano per lo sportello antimobbing della CGIL di Venezia Mestre coordinato da De Felice, hanno avuto il potere di ridonare speranza alle persone che sperimentano disagio sul luogo di lavoro: questo avvalora ulteriormente il pensiero di Favretto (2005) che afferma che un modo utile per impedire che le azioni vessatorie indeboliscano il lavoratore, è fare ricorso ad associazioni che si occupano di prevenire e fronteggiare situazioni di mobbing sul lavoro, come, ad esempio, i sindacati e gli sportelli di ascolto e aiuto.
Il dottor De Felice ha accolto le “buone storie” di 300 persone a partire dal 2006 e tutt’ora continua con l’unico scopo di dare voce a quelle persone che temono di non farcela perché prossime al punto di non ritorno.
Questo elaborato giunge al termine con la speranza di lasciare il lettore consapevole del fatto che la sofferenza subita e causata sul luogo di lavoro può essere prevenuta, soprattutto se la collettività sottomessa decide di porre fine alla routine dittatoriale imposta dal capo.
L’alleanza fra vittima e spettatore risulta essere quindi di cruciale importanza: solo allora sarà il carnefice a uscirne perdente.
“Il lavoro che (non) fa per te”. Il disagio nelle relazioni lavorative: un’indagine psicosociale sul territorio di Venezia – © Maurizio Casanova