Comportamento di acquisto: Cos’è l’agricoltura biologica
Comportamento di acquisto: Cos’è l’agricoltura biologica
Il termine “agricoltura biologica”, come descrive l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB, 2008), indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi); significa quindi sviluppare un metodo di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo. E’ un metodo di produzione definito dal punto di vista legislativo a livello comunitario inizialmente con il Regolamento CEE 2092/91, e successivamente sostituito dai Reg. CE 834/07 e 889/08 ed a livello nazionale con il D. M. 18354/09.
Nelle coltivazioni, si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate come per esempio: la rotazione delle colture, non coltivando consecutivamente nello stesso terreno la stessa pianta in modo da sfruttare meno intensivamente il terreno; la piantumazione di siepi e alberi che danno ospitalità a predatori naturali di parassiti e fungono da barriera fisica a possibili inquinamenti esterni; la consociazione, coltivando in parallelo piante sgradite l’una ai parassiti dell’altra. I fertilizzanti impiegati sono naturali come il letame opportunamente compostato e altre sostanze organiche compostate e sovesci, cioè incorporazioni nel terreno di piante appositamente seminate, come trifoglio o senape. Per la difesa delle colture in caso di necessità si interviene con sostanze naturali vegetali, animali o minerali: estratti di piante, insetti che predano parassiti, farina di roccia o minerali naturali. Qualora si ritenesse necessario intervenire per la difesa delle coltivazioni da parassiti e altre avversità, l’agricoltore può fare ricorso esclusivamente alle sostanze di origine naturale espressamente autorizzate e dettagliate dal Regolamento europeo.
Per quanto riguarda la zootecnia, il metodo di produzione biologico segue i criteri normativi definiti dall’Unione Europea (Regolamento CE 1804/99) ed a livello nazionale (D. M. 91436 del 4 Agosto 2000). Gli animali devono essere alimentati secondo i loro fabbisogni con prodotti vegetali ottenuti con metodo di produzione biologico; il numero di capi allevabili è strettamente legato alla superficie disponibile; i sistemi di allevamento adottati devono soddisfare i bisogni etologici e fisiologici degli animali e cioè consentire loro di esprimere il loro comportamento naturale con sistemi di vita adeguati; il trapianto degli embrioni e l’uso degli ormoni per regolare l’ovulazione sono vietati eccetto in caso di trattamento veterinario, ed è inoltre vietato l’impiego di razze ottenute mediante manipolazione genetica; il trasporto degli animali deve essere il meno lungo possibile ed è vietato l’uso di tranquillanti durante il tragitto; al momento della macellazione o dell’abbattimento deve esserci un trattamento in modo da limitare la tensione degli animali e offrire garanzie sulla separazione di quelli biologici da quelli convenzionali.
Nella scelta delle razze, è preferibile allevare razze autoctone ben adattate alle condizioni ambientali locali, resistenti alle malattie e adatte alla stabulazione all’aperto.
Le strutture per l’allevamento devono essere salubri e dimensionate al carico di bestiame; inoltre devono consentire l’isolamento dei capi che necessitano di cure mediche. Lo spazio libero minimo a disposizione degli animali per ogni specie e categoria viene definito nel Regolamento CE 1804/99, sia al coperto che all’esterno. La dieta del bestiame dovrebbe essere composta totalmente da cibi biologici, e bilanciata in accordo con i fabbisogni nutrizionali degli animali; non possono mai essere somministrati agli animali allevati con metodo biologico: stimolatori di crescita o stimolatori dell’appetito sintetici, conservanti e coloranti, urea, sottoprodotti animali (es. residui di macello o farine di pesce) ai ruminanti ed agli erbivori monogastrici fatta eccezione per il latte ed i prodotti lattiero-caseari, escrementi o altri rifiuti animali, alimenti sottoposti a trattamenti con solventi (es. panelli di soia o altri semi oleosi) o addizionati di agenti chimici in genere, organismi geneticamente modificati, vitamine sintetiche.