Compiti di prestazione e compiti di apprendimento: Effetti di Mediazione
EFFETTI DI MEDIAZIONE
Per testare gli effetti di mediazione, è stata usata la metodologia raccomandata da Baron e Kenny (1986).
Per gli scopi di approccio alla prestazione,
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- gli scopi di approccio alla prestazione preconiz-zano positivamente la variabile dipendente (prestazione all’esame), come mostrato nella precedente sessione;
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- gli scopi di approccio alla prestazione preconizzano negativamente il mediatore (com-plessità percepita per sé);
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- la complessità percepita preconizza la prestazione all’esame anche nei controlli dell’effetto degli scopi di approccio alla prestazione. È interessante notare che l’effetto degli scopi di approccio alla prestazione per la prestazione all’esame non è significativa quando si controlla l’effetto del mediatore.
Per gli scopi di evitamento della prestazione
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- gli scopi per evitare la prestazione preconizza-no negativamente la prestazione all’esame, come indicato nella sezione precedente;
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- gli scopi per evitare la prestazione preconizzano positivamente la complessità per sé;
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- la complessità percepita preconizza la prestazione all’esame anche quando si controlla l’effetto degli scopi per evitare la prestazione. È interessante notare che il legame tra scopi per evitare la prestazione e prestazione all’esame non è significativo quando si controlla l’effetto del mediatore.
Allo scopo di verificare che i suddetti effetti di mediazione non fossero dovuti alla complessità percepita della lezione in generale, le suddette analisi sono state ripetute con la misurazione della percepita “complessità del contenuto della lezione per il nostro livello accademico”. Il ruolo di mediazione della complessità generale percepita non è stato verificato. Questa variabile non preconizza la prestazione all’esame, né modifica l’effetto degli scopi di approccio alla prestazione, o di quelli per evitare la prestazione.
In sintesi, queste analisi dimostrano che la percezione del contenuto della lezione come troppo complicato per se stesso, e non la percezione della lezione come troppo complicata per qualsiasi studente a quel livello accademico, media gli effetti sulla prestazione all’esame sia degli scopi di approccio alla prestazione sia di quelli per evitarla.
UN ESEMPIO DI STUDIO
In molti studi, gli scopi di approccio alla prestazione preconizzano la prestazione all’esame, mentre gli scopi per evitare la prestazione la preconizzano negativamente (per es. Church et al. 2001; Elliot & Church, 1997; Elliot & McGregor, 1999). Il primo scopo di questo studio è di riprodurre queste scoperte con un esame orale, cioè una forma di esame che richiede agli studenti di va-lutare e sintetizzare il materiale a un livello più approfondito che i test a scelta multipla. Inoltre, questo studio testerà l’ipotesi che i legami tra scopi di prestazione (approccio e per evitarla) e prestazione all’esame sono mediati dalla difficoltà percepita. Poiché si pensa che il possibile meccanismo di mediazione sia specifico della persona piuttosto che una difficoltà percepita dalla classe in generale, ci si aspetta che il mediatore sarà la complessità percepita e non qualche generale complessità percepita della difficoltà del contenuto della classe per il suo livello accademico.
Vale la pena di notare che in questo studio la maggioranza dei partecipanti erano studentesse, il che riflette la distribuzione di studenti nei dipartimenti di psicologia. Tuttavia, tutti gli effetti presentati rimanevano significativi con il controllo per il sesso dei partecipanti. Ai questionari si è ri-sposto a metà del semestre. L’esame ha avuto luogo alla fine del semestre.
Questo studio replica i legami tra scopi di prestazione all’esame e prestazione all’esame riscontrati nella precedente ricerca (Church et al., 2001; Elliot e Church, 1997; Elliot e McGregor, 1999, 2001; Elliot et al., 1999; Harackiewicz et al., 1997, 2000, 2002; Pintrich, 2000; Wolters et al., 1996). Come già detto, nella maggior parte di questi studi questo legame veniva osservato in un test a scelta multipla, una misura della prestazione che può essere considerata come una superficie di riflessione, anziché come maggiore apprendimento. È interessante che Barron e Harackiewicz (2003) abbiano osservato lo stesso legame nelle classi avanzate che richiedevano un livello più profondo di comprensione. La presente ricerca supporta quest’ultima scoperta. Infatti questi risultati indicano che il legame positivo tra scopi di approccio alla prestazione e prestazione all’esame – così come il legame negativo tra scopi per evitare la prestazione e prestazione all’esame – veniva riscontrato quando la prestazione era misurata tramite esame orale (un compito basato su ricordo e integrazione) anziché tramite un esame a scelta multipla (un compito basato sulla ricognizione principalmente). Così i risultati indicano che il legame positivo tra scopi di approccio alla prestazione e prestazione all’esame viene osservato anche quando l’esame richiede un livello più profondo di apprendimento.
L’analisi di mediazione dimostra che gli studenti che hanno adottato più alti livelli di scopi di approccio alla prestazione hanno migliori prestazioni all’esame perché percepiscono il contenuto della lezione come “non troppo complicato” per loro. Al contrario, gli studenti che hanno adottato livelli più alti di scopi per evitare la prestazione hanno prestazioni più scarse perché percepiscono il contenuto della lezione come “troppo complesso” per loro. È importante che venga percepita la complessità per se stessa, piuttosto che una complessità generale percepita, mediando così gli effetti dello scopo di prestazione sulla prestazione all’esame orale.
I risultati di mediazione sono coerenti con la ricerca recente che dimostra l’importanza dell’incertezza nel comprendere gli effetti degli scopi di prestazione (Darnon, Harackiewicz, Bute-ra, Mugny & Quiamzade, 2007). Essi sostengono l’idea che la propria percezione di capacità di realizzare un compito è un contributo chiave. Come già discusso, le differenze iniziali nelle aspettative di competenza portano o all’adozione di scopi di approccio o per evitare il risultato (Elliot & Church, 1997). Questo studio aggiunge che, a sua volta, l’adozione di uno scopo porta a percepire il compito come “raggiungibile”, in caso di scopi di approccio, o come troppo difficile, in caso di scopi per evitarlo. Queste percezioni di difficoltà hanno un impatto diretto sulla prestazione e, in caso di scopi di approccio alla prestazione, forniscono uncuscinetto contro gli effetti deprimenti della paura del fallimento.
Come suggerito da Dweck e Legett (1988), in un contesto in cui gli scopi di prestazione sono prevalenti, il fallimento è significativo poiché è percepito come un’indicazione che le capacità sono scarse. Di conseguenza sia gli scopi di approccio alla prestazione sia quelli per evitarla vengono associati alla possibilità di fallimento. Tuttavia, gli scopi di approccio alla prestazione e gli scopi di approccio per evitare la prestazione non sono associati allo stesso modo di affrontare le situazioni significative per il fallimento. In linea con il modello di Elliot (1997), gli studenti che adottano scopi di approccio alla prestazione in questa situazione possono essere protetti contro la paura del fallimento perché essi percepiscono il compito come rientrante nella loro gamma di capacità (per es. non “troppo difficile per loro”) e così possono fare una buona prestazione. Al contrario, gli studenti che adottano scopi per evitare la prestazione non sono protetti contro la loro paura del fallimento. Al contrario, il loro focalizzarsi sull’evitare il fallimento può portarli a percepire il compito come al di là della loro gamma di capacità (per es. “troppo complicato per loro”). A causa di queste focalizzazioni non hanno buone prestazioni sul compito.
Per quanto riguarda questo studio si possono notare alcuni limiti. In particolare, il mediatore è una singola misurazione di una variabile e ha bisogno di essere convalidata. Inoltre sarebbe interessante esaminare le similitudini tra questa misurazione e altre misurazioni come l’auto-efficacia (Bandura, 1997), aspettative di competenza (Elliot & Church, 1997) e paura del fallimento (Elliot & Church, 1997). La futura ricerca dovrà esaminare le inter-relazioni tra questa misurazione di difficoltà percepita e questi altri potenziali mediatori.
Nonostante queste limitazioni, questa ricerca permette una migliore comprensione del legame tra scopi di prestazione e risultato accademico. Si è già ricordato quanto spesso questi effetti sono stati osservati e come fosse importante spiegarli. Una spiegazione che viene data per queste scoperte è che la misurazione della prestazione all’esame è stata limitata a domande di livello superficiale, e che il legame tra scopi di prestazione e anno di corso non sarebbe stato riscontrato se l’esame avesse richiesto una procedura più approfondita. Inoltre, i risultati sottolineano l’importanza della difficoltà percepita in sé nello spiegare questi risultati. In generale questi risultati aiutano a chiarire il rapporto tra scopi di prestazione e prestazione all’esame – una questione che è centrale nella letteratura sugli scopi di riuscita (Senko et al., in stampa).
© Compiti di prestazione e compiti di apprendimento: sviluppi recenti – Fabrizio Manini
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