Gli effetti dell’e-HR
Gli effetti dell’e-HR
Diverse ricerche empiriche, mostrano come l’introduzione delle nuove tecnologie applicate alla gestione delle Risorse Umane sia ancora in una fase di diffusione, mentre l’adozione e l’effettivo utilizzo nei contesti organizzativi è ancora molto frenato dalla non completa comprensione delle conseguenze che i sistemi di e-HR comportano. Emergono dati interessanti, ad esempio, nel progetto di ricerca CEDAR , teso a ricostruire l’evoluzione nell’utilizzo di queste infrastrutture all’interno delle aziende nel periodo che va dal 1997, in cui solo alcuni “pionieri” cominciavano a servirsene, fino all’anno 2002. l’indagine, realizzata su grandi aziende appartenenti ai principali settori industriali ed estesa a Nord America, Europa. Australia e l’area asiatica del Pacifico, evidenzia come le tecnologie basate sull’e-HR determinano un guadagno medio di efficienza in termini di costo e tempi delle transazioni (evitando ad esempio il sovraffollamento di documenti cartacei) intorno al 55% ed un miglioramento della customer satisfaction dei clienti interni superiore al 50%. Viene inoltre stimato che il periodo di ritorno dell’investimento è mediamente di circa 3 anni. La ricerca conferma una crescente focalizzazione sulle applicazioni strategiche, ossia quelle dedicate ad attrarre, sviluppare e trattenere i talenti, pur sempre al fianco di un ancora diffuso e piuttosto rilevante utilizzo dell’e-HR per la semplice riduzione dei costi. Infine, la ricerca evidenzia anche la necessità di una forte sponsorship da parte del vertice mediante la realizzazione di “progetti pilota” di adozione di determinate soluzioni ICT.
In conseguenza della progressiva dematerializzazione dell’esperienza organizzativa, derivante dall’introduzione dei sistemi di e-HR, risultano poi più evidenti gli impatti sullo spazio, il tempo e la dinamicità del lavoro, comportando modifiche delle prassi e della cultura organizzativa . L’attenzione del management viene spostata sempre più sul risultato e sempre meno sulle modalità con cui viene ottenuto. Sono quindi meno rilevanti nell’ambito del rapporto di lavoro lo spazio in cui si svolge il lavoro inteso come luogo e come dimensione e sistemazione logistica e il tempo in cui viene svolto il lavoro (full time o part time, in orari prestabiliti o non predefiniti, ecc.). L’ICT tende a richiedere sempre più al lavoratore un risultato mutevole con una connotazione tipica del lavoro per progetto. D’altra parte, agisce sul piano motivazionale allargando e arricchendo le mansioni, rendendo il lavoro sempre più dinamico e variato, con la necessità per il lavoratore di uno sforzo di adattamento che impone un continuo bisogno di aggiornamento e di formazione. Ciò impone che il lavoratore sviluppi capacità ad imparare ed a apprendere, attitudini alla relazione e al lavoro di gruppo, capacità di adattamento e di negoziazione. Contestualmente, l’assetto organizzativo deve mutare ed evolversi verso assetti tendenzialmente più sofisticati ad elevata intensità di coordinamento ed integrazione, con adeguamenti e modifiche finalizzati al mantenimento di condizioni che assicurino notevole flessibilità. I sistemi di e-HR comportano però la gestione di livelli crescenti di complessità, evitando un sovraccarico informativo derivante dallo scarso miglioramento delle capacità dell’organizzazione di filtrare, trattenere ed indirizzare le informazioni in modo corretto e tempestivo, capacità che da sole le nuove tecnologie non possono garantire. L’adozione delle ICT richiede infatti agli utenti di acquisire, spesso in poco tempo, le competenze necessarie per impiegare utilmente i nuovi strumenti, ma l’apprendimento ha ritmi e modi differenti da quelli concitati dell’innovazione, e le conseguenze sono ritardi ed inefficienze nell’impiego delle nuove applicazioni. Le ICT aumentano la flessibilità organizzativa despazializzando le attività, eliminando i vincoli temporali, velocizzando i processi di elaborazione delle informazioni e agevolando l’apprendimento, ma, paradossalmente, possono anche rappresentare un fattore di rigidità, laddove accentuino la dipendenza dell’organizzazione dalla tecnologia, oppure comportino un incremento nei costi e negli sforzi di adeguamento dei sistemi e delle strutture.
Come si è detto, l’approccio dominante all’introduzione dell’e-HR, reputa tale fenomeno un ulteriore passo verso la reingegnerizzazione per processi della struttura organizzativa, con una conseguente tendenza più alla condivisione di informazioni che alla ripartizione delle “aree di influenza”, alla valorizzazione delle relazioni orizzontali e laterali più che a quelle gerarchiche, alle esigenze di coordinamento ed integrazione più che a quelle di specializzazione, di tayloristica memoria. Va tuttavia ricordato come assieme a questa visione, sostanzialmente ottimista, si affiancano altri intendimenti che mettono in secondo piano la capacita dei sistemi di e-HR di informatizzare i processi, i quali si risolvono più che altro in un’automatizzazione dei compiti e delle attività gestionali, allocando l’intelligenza decisionale all’interno della macchina e sottraendola alla discrezionalità dei lavoratori e dei loro manager. In altre parole l’e-HR non può spingersi là dove il ruolo del management (inteso nei suoi profili di capacità di gestire relazioni positive e di esercitare leadership) resta insostituibile. Se, da una parte, infatti, le ICT favoriscono la riduzione dei compiti routinari, l’allargamento e l’arricchimento delle mansioni, grazie alla possibilità di aumentare il grado di varietà, di autonomia e di contribuzione del task (attraverso la condivisione delle informazioni, la decisione congiunta e il lavoro di gruppo mediante applicazioni come le intranet, il groupware, l’e-mail, il videoconferencing, ecc.), dall’altra favoriscono contestualmente la possibilità di parcellizzare il lavoro, di limitare le opportunità di espressione della soggettività, di monitorare e coordinare il lavoro in modo costante e continuo, esercitando un controllo funzionale sulla socialità e sulle modalità di interazione. Questo fenomeno, pertanto, aumentando gli aspetti meccanicistici del compito, riduce la motivazione e le attitudini dei lavoratori, con conseguenti influssi sull’impegno e il coinvolgimento. L’effetto è tale che invece che di uscita dal taylorismo si dovrebbe parlare di una sua ulteriore accentuazione ed estensione, portando così alcuni studiosi come la Zuboff a coniare il termine di “new taylorism”. L’autrice, osservando continuativamente 8 aziende in un arco di tempo quinquiennale, analizza l’impatto delle ICT sul lavoro degli operai evidenziando come a quest’ultimi sia richiesto un sforzo enorme, consistente nel sostituire a competenze centrate sull’azione nuove competenze di tipo intellettivo: alle risposte fisiche immediate, tipiche dell’azione situata pratica, è necessario sostituire un processo di riflessioni astratte in cui devono essere esaminate e valutate diverse opzioni e deve essere operata una scelta. Questa ricerca vuole evidenziare l’importanza che riveste la componente simbolica e astratta del lavoro quando è mediato dalle ICT. Dimostra altresì come, perché si realizzi una effettiva integrazione delle nuove tecnologie, debbano cambiare le competenze e le capacità richieste, non più basate sull’esperienza sensoriale ma sull’astrazione, sull’intuizione e sulla riflessione. In altre parole un approccio acritico e propagandistico riguardo l’introduzione dell’ICT in azienda, rischia di diventare ingenuo e utopista se si focalizza sulle sole potenzialità rivoluzionarie, senza però considerare le condizioni e i vincoli posti dal contesto aziendale.
In definitiva l’impatto che la tecnologia esercita sull’assetto organizzativo d’impresa non si può considerare in modo deterministico e univoco, dato che la tecnologia contiene un gran numero di valenze e specificità, consentendo, a seconda dell’approccio, la preclusione o la creazione di nuovi percorsi esperienziali e di nuove forme organizzative. I sistemi di e-HR e più in generale le tecnologie di ICT, infatti possono tradursi semplicemente in una forte tendenza del management ad ampliare il controllo, per rendere visibile chiunque svolga la propria attività in quella determinata organizzazione, oppure possono essere utilizzate per aumentare la motivazione, la collaborazione e la partecipazione dei dipendenti. Gli scenari possibili sono quindi rappresentabili in un continuum compreso tra due situazioni limite: la prima in cui l’intelligenza è allocata dentro la macchina a scapito delle competenze e delle capacità critiche degli operatori e in cui i manager mantengono la loro autorità fondata sul potere gerarchico; la seconda in cui si riconosce l’importanza di sviluppare nuove competenze negli operatori per sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle ICT e in cui i tradizionali rapporti gerarchici si modificano verso forme di collaborazione basate su responsabilità reciproche e diffuse. Il passaggio a un’organizzazione centrata sulla prestazione e sulla competenza più che sulla posizione e sull’autorità, da un’organizzazione dove l’informazione sia una risorsa condivisa da tutti e non una leva strumentale all’esercizio del potere, dipendono tutti dal grado di maturità culturale dell’impresa nel recepire una tale portata innovatrice. Così, non ha tanto valore chiedersi soltanto a quali effetti conduca l’introduzione delle ICT in azienda, ma anche in quali circostanze e a quali condizioni sia possibile ricavarne gli effetti positivi, in termini di motivazione lavorativa e soprattutto di motivazione ad utilizzare strumenti di partecipazione e coinvolgimento basati sulle nuove tecnologie. La tecnologia può quindi essere considerata contemporaneamente come variabile dipendente e indipendente, ossia come vincolo e come risultato, in quanto la relazione tra tecnologia e organizzazione non può essere vista in modo statico, essendo invece un processo dinamico, in cui la tecnologia viene plasmata dalla caratteristiche organizzative e a sua volta diventa premessa e vincolo per le successive decisioni strategiche.
Da un lato infatti la funzione Risorse Umane non può prescindere dal considerare le opportunità offerte dalle ICT, soprattutto nelle forme organizzative più complesse dal punto di vista informativo, dove cioè si richiede una maggiore gestibilità delle interdipendenze reciproche. L’e-HR, in questi casi, propagando le informazioni senza limiti di spazio o di tempo, abbassa i costi di transazione informativa, e riduce i rischi connessi alle difficoltà di misurazione delle prestazioni lavorative, rendendo sicuramente meno ambigue le condizioni e il contesto entro cui le parti si muovono. L’effetto cioè, è una profonda pervasività nel contesto organizzativo, che determina un cambiamento radicale nei principi di divisione del lavoro, portando al superamento della distinzione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, e allo scivolamento da dispendiose forme di controllo gerarchico sull’adeguatezza delle risorse, verso forme di quasi-mercato, in cui lo scambio di competenze avviene apertamente, a costo zero e su basi oggettive . Dall’altro lato, lo sviluppo e la diffusione delle ICT in un contesto aziendale secondo criteri di efficacia e di efficienza, non può prescindere da un’adeguata considerazione delle variabili organizzative, sia dal un punto di vista della coerenza sistemica, che da quello della gestione del processo di cambiamento organizzativo. Tra le variabili organizzative che influenzano il grado di utilizzo effettivo dei sistemi di e-HR vanno sicuramente considerate la coerenza tra la tecnologia da usare e il compito, l’utilità percepita, la facilità d’uso percepita e il grado di pressione normativa all’utilizzo della nuova tecnologia, derivante dalle norme sociali e dalla cultura organizzativa, che possono giocare da rilevanti condizioni facilitanti.
© Analisi dei processi di motivazione nella gestione delle risorse umane – Davide Barbagallo