Intelligenza emotiva e successo accademico
L’intelligenza emotiva (IE) è una peculiarità che può aiutare a predire il successo accademico, si ipotizza, infatti, che elevate abilità di percezione, uso, comprensione e regolazione delle emozioni siano associate ad un buon esito, inteso in termini di anni impiegati per conseguire la Laurea, di voto di Laurea e di media dei voti degli esami (Schuler, Funke, Baron-Boldt, 1990; Minnaert, Janssen, 1992; Guicciardi e Lostia; Briante e Romano; Giossi e Bertani; Depolo e Rinaldi 1997; Barchard, 2003; Parker, Creque, Barnhart, Harris Irons, Majeski, Wood, Bond, Hogan, 2004; Pinelli, Pelosi, Michelini e Tonarelli, 2009; Staffolani, 2012).
Sul piano emotivo, il sistema universitario impegna molto lo studente appena immatricolato e possedere elevate capacità cognitive ed emozionali potrebbe essere la chiave d’accesso ad una brillante carriera universitaria.
Il passaggio dalle scuole superiori all’Università è infatti una fase complessa e delicata, vissuta da molti ragazzi come una situazione emotivamente stressante (Gall, Evans, Bellerose, 2000; Perry, Hladkyj, Pekrun, Pelletier, 2001; Pratt, 2000).
All’avvio di un percorso di studi, ogni studente si chiede se riuscirà a conseguire la Laurea (o il Diploma Universitario) nei tempi stabiliti dai singoli percorsi di formazione.
Le capacità di gestire le difficoltà e le ansie legate ai diversi cambiamenti sono fondamentali in questo periodo di transizione, caratterizzato dalla necessità di instaurare nuove relazioni con compagni e docenti, dal modificare relazioni precedenti, se costretti a frequentare l’Università lontano dal luogo di residenza, dallo sviluppare nuovi metodi di studio, dall’apprendere a gestire ansia e frustrazione da esame, dal diventare responsabili nella gestione del tempo e delle risorse economiche, dall’affinare le capacità di problem solving e di flessibilità nella pianificazione degli obiettivi e delle scadenze (Lanciano T., 2008; Parker, Summerfeldt, Hogan, Majeski, 2004).
Uno studio di Lanciano e Curci (Lanciano e Curci, 2012) ha cercato di dare una risposta empirica all’ipotesi di una relazione tra IE e successo accademico. La ricerca è stata effettuata su un campione italiano, in un intervallo temporale di 7 anni, iniziato a partire dall’anno di immatricolazione, periodo considerato sufficiente al conseguimento della Laurea Specialistica (Barchard, 2003). Gli autori hanno misurato il numero di anni impiegati a conseguire la Laurea, la media dei voti degli esami ed il voto di Laurea (Barchard, 2003; Parker, Creque, Barnhart, Harris Irons, Majeski, Wood, Bond, Hogan, 2004).
L’ipotesi di partenza era che ad elevate abilità di percepire, comprendere e analizzare le emozioni, fosse associato un maggior successo accademico.
Lo studio conferma le evidenze raccolte in letteratura internazionale. Ha mostrato che gli studenti con elevata abilità di IE hanno gestito in maniera ottimale i tempi universitari.
Sono riusciti a laurearsi nei 5 anni previsti dall’ordinamento ed hanno ottenuto voti di esami e di Laurea più alti. Il successo accademico è risultato essere associato all’abilità di riconoscere, etichettare, gestire ed esprimere gli stati emotivi propri (ansia da esame, di valutazione, timore di dovere ripetere l’esame) e gli stati emotivi altrui (la relazione emotiva con il docente), alla capacità di usare le emozioni per promuovere sia il pensiero creativo che quello divergente, al fine di risolvere problemi e pianificare in maniera flessibile obiettivi e decisioni (ad esempio pianificare gli esami da sostenere nel semestre, organizzare il lavoro, far coincidere impegni universitari e personali). Gli ambiti applicativi dell’IE hanno messo in luce come persone emotivamente intelligenti, siano a più basso rischio di sviluppare comportamenti devianti o antisociali (Brackett, Mayer, Warner, 2004), ricevano maggiore stima da parte dei loro coetanei, siano più presenti e supportivi di fronte alle difficoltà di un loro intimo (Lopes, Brackett, Nezlek, Schultz, Sellin, Salovey, 2004), abbiano relazioni soddisfacenti con il partner o persone dell’altro sesso (Brackett, Cox, Gaines, Salovey, 2005), gestiscano meglio le situazioni emotivamente intense, riducendo lo stress e le intrusioni ad esse associate (Ciarrochi, Chan, Caputi, Roberts, 2001; Curci, Lanciano, 2010; Lanciano, Curci, Zatton, 2010; Taylor, 2001), siano più responsabili e creativi, raggiungano agevolmente ruoli dirigenziali o di leadership, ricevano promozioni e stipendi più remunerativi (Lopes, Grewal, Kadis, Gall, Salovey P. 2006; Wong, Day, Maxwell, Mera, 1995) e ottengano un maggiore successo in ambito accademico (Sternberg,Wagner, Okagaki, 1993).
L’IE è risultata essere strettamente correlata al successo accademico ma non vincolata alle sole competenze didattiche e/o cognitive (ad esempio un elevato QI), come dimostra lo studio condotto dal Prof. James Parker della Trent University (Ontario, Canada) su un campione di 1.500 studenti. Al fine di una carriera scolastica brillante è necessario possedere anche abilità e competenze di natura sociale ed emozionale (Bar-On, 1997; Newsome, Day, Catalano, 2000; Parker, Summerfeldt, Hogan, Majeski, 2004; Sternberg et al. 1993; Swart, 1996; Wong, Day, Maxwell, Meara, 1995). I primi studi di ricerca sulla relazione IE e successo accademico si sono focalizzati sul ruolo dei fattori di personalità (Lievens, Ones, Dilchert, 2009; O’Connor, Paunonen, 2007). Le ricerche successive hanno invece raccolto evidenze empiriche a supporto del potere predittivo dell’IE. Marquez, Martin e Brackett (2006) hanno testato la validità predittiva in alcuni studenti universitari spagnoli in cui sono state riscontrate: una differenza significativa nei punteggi di IE self-report (misurata attraverso l’Emotional Quotient Inventory (EQ-i; Bar-On, 1997)) in studenti di successo e in studenti con prestazioni accademiche non di successo (Bar-On, 1997; Swart, 1996) ed una associazione positiva tra l’IE intesa come abilità e successo accademico. Wong e collaboratori (Wong et al., 1995) hanno messo in luce come la capacità di comprendere gli stati emotivi altrui, predica la performance accademica tra i giovani universitari. Newsome, Day e Catano (2000) hanno riscontrato una associazione tra successo accademico e competenze emotive e sociali. In diverse ricerche (Parker et al., 2004) è emerso come il successo accademico sia fortemente correlato con pertinenze di ordine emotivo, quali l’adattabilità, la resistenza allo stress e le competenze interpersonali. Fattori come il cambiamento del metodo di studio, i problemi personali, i disagi economici e di salute, sono stati identificati come elementi di rilievo nell’abbandono scolastico. La ricerca effettuata da Low, Lomax, Jackson e Nelson (2004) sulla valutazione di un modello di apprendimento di competenze emotive ritenute essenziali per un successo universitario, ha dimostrato come la promozione di una formazione centrata sulle abilità emotive, faciliti il percorso di studio e di apprendimento degli studenti. In altri termini, lo sviluppo delle pertinenze emotive è ritenuto un valore chiave sia per la riuscita degli studi in ambito accademico che per la positiva transizione nel mondo del lavoro (Low et al., 2004).
I risultati confermano quindi l’ipotesi che studenti emotivamente intelligenti risultino essere, nel tempo, studenti universitari di successo ed offrono un interessante spunto di riflessione: se consideriamo l’IE una abilità che pu essere appresa e potenziata e se le abilità emotive predicono una carriera brillante, si potrebbe, allora, ipotizzare di mettere a punto training atti a promuovere, motivare e potenziare le abilità di IE degli studenti, considerando come variabili dipendenti non solo il successo in termini di performance accademica ma anche la soddisfazione personale del percorso universitario, il benessere psico-fisico degli anni universitari e la motivazione allo studio (Lanciano, Curci, 2012).
© I predittori della performance accademica – Laura Foschi