News: Strumenti di management il job design

Strumenti di management: il job design

 

Tratto da http://www.manageronline.it/

Scritto da Fabrizio Scatena (17 Marzo 2010)

 

Il job design o progettazione delle mansioni, è uno strumento di management per definire, in modo preciso ed efficace, i profili lavorativi delle persone che operano in aziende o altre organizzazioni

Spendere tempo e denaro nella progettazione di un profilo lavorativo, come si fa in economia per i prodotti, favorirà la produttività dei lavoratori e la qualità delle mansioni svolte.

Inoltre, la motivazione dei singoli lavoratori crescerà, se questi si troveranno a proprio agio con il profilo professionale definito.

Esistono sei condizioni fondamentali da soddisfare o evitare per creare un job design efficace e mirato. Vediamole.

L’ampiezza del profilo lavorativo:

le mansioni devono essere ampie ed impegnare la persona completamente. In questo modo è possibile estrarre il meglio da ogni lavoratore, e portarlo al superamento di limiti frutto di cattive abitudini. Al contrario, un profilo troppo stretto, induce alla noia e alla demotivazione causata dalla ripetitività di poche mansioni, che limitano il potenziale del lavoratore.

La mansione troppo gravosa:

una mansione troppo ampia produrrà un sovraccarico di lavoro ed un elevato livello di stress. È importante capire qual’è il limite oltre il quale il singolo lavoratore non può andare, altrimenti potrebbe ritrovarsi in una condizione negativa demotivante.

Il non-lavoro:

si tratta di quei lavori privi di responsabilità e molto generici (coordinatore o assistente) che inducono spesso chi li ricopre, ad attuare sterili esercizi di potere sulle persone in virtù della posizione ricoperta, che spesso non è collegata chiaramente a obiettivi o responsabilità. (Si pensi al fenomeno del nepotismo presente in tante pubbliche amministrazioni per farsi un idea di questa condizione).

Il multiperson-job:

sono lavori che richiedono una collaborazione molto estesa fra più persone, e che spesso generano situazioni altamente caotiche e di difficile gestione. A volte troppa cooperazione, quando non è strettamente necessaria, può portare a grandi perdite di tempo e sprechi di energie, anche per prendere una semplice decisione. Una condizione ideale, sarebbe quella di assegnare un compito ad una sola persona e alla sua unità organizzativa, ma questo non sempre si verifica.

Compiti ampi e focalizzati su una sola attività:

lavoratori e i professionisti hanno bisogno di concentrazione per raggiungere risultati significativi nel proprio campo. Le mansioni molto generiche, e con dentro un po’ di tutto, risultano inefficaci e costringono chi le esercita a sprecare tempo ed energia con risultati a volte modesti.

Killer Job:

sono i lavori impossibili da realizzare perché devono soddisfare una quantità esagerata di richieste. Questi profili lavorativi sono spesso presenti nelle piccole e medie imprese, dove la carenza di risorse e personale, spinge gli imprenditori a concentrare troppe mansioni in un’unicapersona. Si pensi ad esempio all’unificazione fra marketing e vendita, che di per se sono due attività molto complesse; è infatti difficile svolgere bene entrambe se si praticano contemporaneamente.

Un job design efficace dovrà quindi essere definito partendo da obiettivi chiari, misurabili e raggiungibili con mansioni ampie, coerenti e calibrate sulle persone che se ne assumeranno la responsabilità. Se queste condizioni verranno rispettate sarà possibile raggiungere delle ottime performance.

 

News: La sindrome del precario affligge milioni di italiani e in Lombardia si comincia a correre ai ripari

La sindrome del precario affligge milioni di italiani e in Lombardia si comincia a correre ai ripari

 

Pubblicato da Emanuela Zerbinatti alle 16:40 in Medicina, scienza e comunicazione, Te lo racconto io il lavoro

 

Giusto per ribadire il concetto che se i politici a rischio esclusione elettorale sono sull’orlo di una crisi di nervi, i disoccupati e i precari italiani ci sono dentro fino al collo , è arrivato anche l’allarme lanciato dagli psicologi lombardi secondo cui ben 40 mila loro concittadini soffrirebbero di una nuova sindrome da crisi economica.

 

Stress, ansia, frustrazione, notti in bianco e depressione sono infatti le dirette conseguenze del vivere costantemente in uno stato di incertezza tra contratti di lavoro in scadenza, dubbi sul rinnovo e spettro della disoccupazione all’orizzonte. Una costellazione di sintomi che ha già un nome, "sindrome del precario" e un’estensione epidemica da far invidia al virus dell’influenza suina.

Gli esperti citano dati diffusi nelle scorse settimane dall’assessorato alla Salute del Comune di Milano in cui spiccano 47 mila lavoratori in difficoltà, l’80% dei quali (oltre 37 mila) con già problemi psicologici riconducibili a una sindrome da lavoro precario.

Si tratta di numeri che riportati su scala nazionale diventerebbero a sei cifre. Difficile infatti pensare che fuori dalla Lombardia le cose siano poi tanto diverse. Milioni di connazionali affetti da questa nuova sindrome che rischiano di rimanere anonimi e senza aiuto per la natura stessa del problema che impone di nascondere a se stessi e agli altri la sua esistenza.

A tracciare il loro identikit è Paola Vincinguerra, presidente dell’Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico) e direttrice dell’Uiap (Unità italiana attacchi di panico), parlando di persone che passano le notti in bianco e la mattina arrivano al lavoro con l’ansia e il cuore in fibrillazione perché ogni giorno potrebbe essere l’ultimo e la cattiva notizia può arrivare all’improvviso e da chiunque.

La sospettosità che ne deriva è infatti un altro elemento chiave della sindrome del precario: datori e superiori diventano nemici pronti a colpire e ogni collega è un potenziale traditore. Uffici e fabbriche vengono vissuti come fossero alternativamente campi di battaglia o palcoscenici in cui mettersi in mostra cercando di evitare il peggio. Il capo va accontentato sempre e comunque, ma una volta tornati a casa la rabbia repressa si sfoga. E a farne le spese sono le persone più care, amici e familiari.

E il fisico. Tachicardia, insonnia, tensione, dolori articolari, mal di testa sono infatti i primi sintomi.

Questo il ritratto del tipico precario del 2010, preoccupante soprattutto per il numero di persone a cui fa riferimento e la probabilità che più persone ne soffrano nello stesso luogo di lavoro. Dall’ultimo sondaggio online condotto dall’Eurodap sull’emergenza precarietà – sottolinea la psicologa e psicoterapeuta – è emerso che, "su 300 persone tra 25 e 55 anni, il 70% ha dichiarato di trovare proprio sul posto di lavoro la maggiore fonte di stress. Di questi, il 60% teme i colleghi mentreil 40% si dice completamente assoggettato al capo per paura di essere licenziato".

 

Oggi, insomma, "l’aria che si respira in ogni luogo di lavoro è totalmente artefatta e altamente conflittuale. La paura di perdere il posto dà luogo a dinamiche fortemente competitive, con richieste di prestazioni dei dipendenti da parte dei datori di lavoro che difficilmente possono essere disattese dai lavoratori terrorizzati di perdere la loro fonte di sopravvivenza", riflette Vinciguerra.

 

"La sindrome del precario sta mietendo decine di migliaia vittime – conferma la psicologa – Tra l’altro, dopo l’approvazione del Ddl sul lavoro che contiene norme sull’arbitrato per risolvere le controversie del lavoro stesso, i dipendenti si sentono ancora meno protetti", avverte.

 

"Secondo i dati forniti dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl) – ricorda – il mal d’ufficio ha colpito 10 milioni di persone nel nostro Paese, con costi sociali importanti". L’esperta concorda con l’allarme lanciato nei giorni scorsi anche dall’assessorato alla Salute del Comune di Milano: "Si può purtroppo affermare che ormai esiste una vera patologia da lavoro precario a cui è fondamentale dare una risposta, organizzando un programma di prevenzione".

Con questo obiettivo si muove l’Eurodap, che "ha messo a punto un protocollo di ‘Instant Therapy’ di cui le prime tre sedute sono gratuite – precisa la specialista – per aiutare a prevenire i disagi psicologici che si stanno diffondendo troppo velocemente nel nostro Paese".

Anche le Aziende si stanno però attivando, consapevoli, forse, che essere simili a polveriere pronte ad esplodere non aiuta in un momento in cui sarebbe quanto mai utile mantenere la calma per salvaguardare qualità e produzione e sperare di resistere così alla crisi.

 

Da una ricerca Gfk/Eurisko commissionata dall’Ordine lombardo degli psicologi, risulta che nel 2007-2008 il 14% delle aziende lombarde (circa 4 mila) è ricorsa allo psicologo, e che oltre il 20% (6 mila aziende) sarebbe interessato a usufruire delle competenze di questo esperto.

Da qui l’intenzione degli psicologi lombardi di entrare nelle aziende per curare i sintomi del mal di recessione: "Siamo in contatto con l’Associazione lombardia dirigenti aziende industriali (Aldai) – ha spiegato nei giorni scorsi il neo presidente dell’Ordine regionale psicologi, Mauro Grimoldi – e contiamo di arrivare presto a una convenzione".

L’assessore milanese alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna, ha già annunciato un tavolo con Assolombarda e Unione del commercio per portare davvero lo psicologo in azienda.

Le iniziative restano però fondamentalmente a tutto campo. "A fine marzo – sottolinea Grimoldi – si concluderà l’esperimento dello psicologo di quartiere in farmacia", promosso da Landi insieme all’ex direttivo degli psicologi lombardi. "Entro l’estate avremo i risultati. E’ un progetto che vogliamo riprendere", ma per intercettare il disagio metropolitano "riteniamo necessario intervenire anche nei luoghi più ‘caldi’ come appunto le aziende, le scuole e le discoteche", annuncia il presidente.

Fonte: Adnkronos Salute

 

News: Mal di lavoro- quando in ufficio si vive male

Mal di lavoro: quando in ufficio si vive male

La precarietà sul lavoro aumenta la probabilità di soffrire di malanni psicologici

 

Articolo tratto da: www.borsaitaliana.it

FTAOnline News, Milano, 26 Feb – 12:08

Lo confermano osservazioni italiane e studi provenienti dalla Francia, il diffondersi della flessibilità nel mercato dell’occupazione, quando rende precario il posto di lavoro, porta a una maggiore incidenza di disturbi psicologici.

 

Lo studio transalpino

A testimonianza di quanto detto, una ricerca francese pubblicata sull’organo settimanale dell’Istituto di sorveglianza epidemiologica francese (InVs) dimostra che la depressione ha un’incidenza del 5% superiore tra le lavoratrici assunte “ a termine” rispetto a quanto avviene tra quelle che hanno contratti “sicuri”.

Ricerche in Italia

Sul tema, in Italia, si è esercitato l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl). Alcune ricerche condotte dall’ente hanno rilevato che nel nostro Paese sono circa 10 milioni le persone colpite dal cosiddetto “mal d’ufficio”. Inoltre, i dati rilasciati dall’Ispesl attestano che quasi la metà degli italiani (43%) è insoddisfatta del proprio lavoro, una condizione, quella dell’insoddisfazione professionale, che facilita l’insorgere di malessere psicofisico, quali insonnia, stress e depressione.

 

Un fenomeno nuovo

Si tratta di un fenomeno tutto nuovo: il mondo del lavoro non era abituato a fare i conti con problemi tali e, invece, adesso si trova a dover fronteggiare quello che in gergo si chiama "IV rischio". Spiega Giovanni Pozzi, psichiatra del Policlinico universitario Gemelli di Roma Giovanni Pozzi ed esperto di Psichiatria occupazionale: "Il primo fattore di rischio sul lavoro è quello fisico, seguono quello chimico e biologico, ma oggi il fattore di rischio cui la popolazione lavorativa è maggiormente esposta è proprio quello psico-sociale, ovvero il IV rischio.

Si paga il prezzo della flessibilità, che è ormai un codice del mercato del lavoro, con un aumento delle incertezze e uno sforzo di adattamento sempre maggiore. È facile che i soggetti più vulnerabili possano ‘scompensarsi’ andando oltre la soglia di resistenza allo stress e presentando, così, primi sintomi di disturbi psichici".

 

Allarme europeo

L’Italia, però, non è l’unico Paese dove si registrano dati allarmanti. Intervenuto ai lavori della giornata dedicata alla promozione della salute sui luoghi di lavoro, l’assessore del Lavoro del Comune di Milano, Giampaolo Landi di Chiavenna, ha sottolineato come il problema sia diffuso anche in Europa: "Le vittime di questa tipologia di stress in Europa sarebbero circa 40 milioni, con un costo per la collettività davvero impressionante. I giorni di lavoro perduti ogni anno sono il 50%, pari a circa 20 miliardi di euro. Come se tutto ciò non bastasse sappiamo che a Milano è ormai diagnosticata anche una vera e propria sindrome da lavoro precario: rimuginare continuamente sul posto che non c’è, o che finirà insieme al contratto a scadenza".

 

 

News: Stress da lavoro, più psicologi nelle aziende

Stress da lavoro, più psicologi nelle aziende

di Marta Bravi


venerdì 19 febbraio 2010, 07:58

Tratto da il www.ilgiornale.it


L’assessore alla Salute del Comune istiturà un tavolo con Assolombarda, Unione del Commercio, Ordine degli psicologi e Manger Italia per potenziare il servizio.

Il 43% dei lavoratori italiani infatti dichiara di non trovarsi bene in ufficio

Si è celebrata ieri la giornata dedicata alla promozione della salute sui luoghi di lavoro. Ma secondo l’Ispesl (Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro) il 43% dei lavoratori italiani non sta affatto bene sul posto di lavoro.

Disturbi fisici e psicologici sono in stretta correlazione con la propria attività lavorativa. Il «mal d’ufficio» colpisce oltre 10 milioni di persone per le quali il carico di lavoro (14%) e fenomeni di prepotenza e discriminazione (quasi il 5%) innescano un malessere più profondo. Tra questi, 2 milioni esprimono chiaramente una sfiducia verso il lavoro, diventato una minaccia alla propria salute.

Lo stress si trasforma in malattia: disturbi gastrointestinali, depressione, insonnia.

«Questo è il lato nascosto del lavoro, sempre più competitivo e sempre meno a dimensione d’uomo» il commento dell’assessore alla Salute del comune di Milano Giampaolo Landi di Chiavenna. «I dati dell’istituto superiore non fanno che confermare, purtroppo, i numeri e le percentuali, su scala europea, fornite dall’Inail e che noi denunciamo da tempo: le vittime di questa tipologia di stress in Europa sarebbero circa 40 milioni, con un costo per la collettività davvero impressionante. I giorni di lavoro perduti ogni anno sono il 50%, pari a circa 20 miliardi di euro. Come se tutto ciò non bastasse – aggiunge l’assessore – sappiamo che a Milano è ormai diagnosticata anche una vera e propria sindrome da lavoro precario: rimuginare continuamente sul posto che non c’è, o che finirà insieme al contratto a scadenza; pensare notte e giorno alle incombenze da svolgere in ufficio, per apparire all’altezza del compito e scongiurare così il licenziamento. I sintomi sono sempre gli stessi: insonnia, mal di stomaco, depressione, disistima per se stessi».

Ecco allora che l’assessorato alla salute, sulla scia dello psicologo di quartiere, ha deciso di aprire un tavolo con Assolombarda, Unione del Commercio, Ordine degli Psicologi e Manager Italia per potenziare la presenza degli psicologi all’interno delle aziende. «Nel periodo 2007-2008 solo il 14% delle aziende lombarde si è avvalso di consulenze psicologiche – ha sottolineato Landi di Chiavenna -. Credo che la crisi dovrebbe incoraggiare, e non penalizzare, la tutela della qualità dell’occupazione, compreso il benessere psico-fisico dei dipendenti, fattore determinante nel conseguimento degli obiettivi di risultato e della produttività. Il nostro progetto dello psicologo di quartiere ci ha del resto confermato l’urgenza di ampliare e rendere a volte più accessibili i servizi di assistenza psicologica.

 

 

News: Ansia e depressione per colpa del lavoro

Ansia e depressione per colpa del lavoro

 

Italiani sempre più vittime dello stress professionale

Tratto da Milanoweb.com

 

16/02/2010 – 10milioni di "salariati" non lavorano tranquillamente.

Oltre  8 milioni di persone temono per la propria salute fisica e poco più di 4milioni sentono precario il proprio status psicologico.

Più di 2,8milioni di italiani riconoscono nella professione che esercitano la causa del proprio precario stato di salute.

Soffrono soprattutto le donne, maggiormente esposte a discriminazione e atteggiamenti prepotenti e, in generale, le persone di età compresa fra i 35 e i 44 anni.

Il fenomeno è acuito dalla grave crisi economica che sta coinvolgendo il mondo. Gli esperti rivelano che con la crisi "si lavora con meno personale a causa dei tagli, aumentano le responsabilità, lo stress e i sintomi psichici".

Altri studi mettono in relazione il lavoro con le cattive condizioni psicofisiche.

Una ricerca finlandese, per esempio, ha recentemente evidenziato che nei lavoratori stressati il rischio di soffrire di una malattia cardiovascolare è doppio rispetto a chi lavora in condizioni tranquille.

L’argomento stress-lavoro verrà trattato oggi nel corso della "XI Giornata Nazionale di informazione sulla promozione della salute nei posti di lavoro" organizzata da Ispesl (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro).

 

 

News: Stress da lavoro aziende francesi ingaggiano psicologi

 

L’ONDATA DI SUICIDI CHE HA COLPITO ALCUNE GRANDI IMPRESE E

BANCHE HA SPINTO I VERTICI A PREVENIRE IL DISAGIO

 

Tratto da www.lastampa.it

PARIGI

Lo chiamano "Effetto France Telecom": le imprese francesi si rivolgono sempre più agli psicologi per combattere lo "stress da lavoro" dei loro dipendenti e prevenire eventuali suicidi. A spingere le le aziende è stata l’ondata di suicidi che ha colpito in primis France Telecom (32 suicidi negli ultimi due anni di cui 17 nel 2009) ma anche altre imprese francesi (Renault, Edf, Sncf e Psa) e alcune banche. E se prima erano i medici aziendali o i direttori delle risorse umane ad interessarsi al problema, ora sempre più spesso sono proprio i vertici aziendali.

Èstato il rischio di incorrere in sanzioni a portare le aziende a far ricorso a società esterne specializzate, tra le quali figurano in prima fila Psya, Preventis, Ifas o Stimulus. Sempre più spesso, infatti, in Francia i tribunali tendono a classificare i suicidi sul posto di lavoro come infortunio sul lavoro e a riconoscere quindi la responsabilità dell’azienda. Ma il danno che si vuole evitare è anche quello legato all’immagine: in piena bufera, nel settembre scorso, sono raddoppiate le domande di disdette dei contratti con France Telecom da parte di privati. Non solo. Il benessere all’interno dell’azienda, come quello che sembra respirarsi fra i dipendenti di Google, diventa anche una ’arma in piu« da parte delle aziende per accattivare nuovi talenti e raggiungere risultati economici migliori.

Il fenomeno della richiesta da parte delle imprese di un sostegno psicologico per i propri dipendenti, »ha iniziato a svilupparsi in Francia già 4 o 5 anni fa ma le vicende di France Telecom, Renault e Edf hanno considerevolmente accelerato il processo« spiega all’Adnkronos, Emmanuel Charlot, direttore partnership e sviluppo di Psya, una società di prevenzione e di gestione dei rischi psicosociali che ha tra i suoi clienti circa cento grandi aziende francesi. «Basta pensare che il nostro fatturato nel 2009 ha subito una forte accelerazione (+52%) rispetto al 2008: si tratta della più forte crescita del nostro giro d’affari dalla nascita della società. E questo è molto rivelatore».

Anche Stimulus, società specializzata nella prevenzione dello stress al lavoro, registra una maggiore attenzione delle impresa al fenomeno. Quello che osserviamo, in questi ultimi mesi, sottolinea il direttore generale di Stimulus, Patrick Legeron, «è un forte aumento delle domande» da parte delle aziende francesi. «Molte imprese che non si interessavano a questo fenomeno si sentono ormai obbligate ad affrontare il problema: a spingerle purtroppo è soprattutto la paura di trovarsi confrontati agli stessi fenomeni più che la semplice volontà di creare benessere ai propri dipendenti».

Uno dei grandi cambiamenti che abbiamo osservato, con il ripetersi di vicende tragiche sui luoghi di lavoro, rileva ancora Legeron, «è che ormai il tema dello stress e del rischio psicosociale al lavoro è diventato un tema a cui si dedicano direttamente i presidenti e direttori generali. Quindi c’è stato sia un cambiamento quantitativo -sempre più aziende fanno appello a società specializzate- che qualitativo». A dimostrazione che questo ricorso a specialisti per fronteggiare lo stress al lavoro è in continuo aumento è la crescita del fatturato di Stimulus negli ultimi anni: «nel 2006, nel 2007 e nel 2008 il nostro giro d’affari è cresciuto del 40% l’anno» sottolinea il numero uno della società spiegando che questo ha avuto anche ripercussioni su Stimulus stesso: «in due anni, tra il 2007 e fine 2009, abbiamo raddoppiato il numero dei nostri dipendenti e dei nostri consulenti. Ora non abbiamo solo psicologi ma anche specialisti dell’organizzazione del lavoro, del management, statistici e medici del lavoro».

A spingere le imprese ad una maggiore prevenzione anche il quadro legislativo: dopo il recepimento nel 2008 dell’accordo-quadro europeo del 2004 contro lo stress al lavoro, il Governo ha amplificato la sua azione di prevenzione. Nell’ottobre del 2009 il ministro del Lavoro, Xavier Darcos, ha annunciato, infatti, un piano che prevede che le 2.500 aziende francesi con più di 1.000 dipendenti lancino, entro il primo febbraio 2010, delle negoziazioni con i rappresentanti del personale sulla prevenzione dello stress al lavoro mentre alle Pmi è chiesto l’adozione di misure concrete di prevenzione.

La vicenda dei suicidi a France Telecom e l’ingiunzione del ministro del Lavoro, sottolinea Martine Feltrin, direttrice e fondatrice di Preventis, un centro di intervento per la salute sul Lavoro, «hanno incitato fortemente le aziende francesi a fare ricorso a società specializzate». Per Preventis, «l’aumento di richieste da parte delle aziende francesi è stato di circa il 30% rispetto al 2008».

I problemi che maggiormente sono stati riscontrati nei lavoratori che hanno fatto appello a questo tipo di servizio, che «è anonimo e confidenziale» spiega Charlot, «sono quelli legati ai rapporti interpersonali con un collega o con un superiore gerarchico e quelli legati al mancato riconoscimento del proprio lavoro.  I dipendenti, generalmente, -spiega il direttore partnership e sviluppo di Psya- sono pronti ad impegnarsi di più nel loro lavoro ma vorrebbero che il loro impegno venisse maggiormente riconosciuto e non necessariamente al livello pecuniario.

Inizialmente -rileva- siamo stati molto sorpresi dalla sistematicità di questo tipo di problema e ora stiamo lavorando con i canadesi dell’Università di Laval di Quebec per poter dare risposte adeguate».

I rapporti interpersonali e la mancanza di riconoscimento del lavoro sono per Legeron, che è anche psichiatra, tra i problemi che maggiormente si riscontrano nei posti di lavoro. «

Tra i problemi riscontrati c’è quello legato alla grande pressione psicologica alla quale vengono sottoposti i lavoratori: lavorare sempre meglio, sempre di più, sempre più velocemente e sempre con minori mezzi. Poi ci sono i problemi legati ai rapporti tra gli individui -i lavoratori spesso lamentano la mancanza di convivialità, di solidarietà e la solitudine- e il mobbing; i problemi legati alla mobilità e ai trasferimenti – a France Telecom è una delle cause di maggior malessere-; quelli legati alla mancanza di riconoscimento del lavoro svolto e il disinteresse: ’si lavora tanto ma per favorire fondi di pensioni statunitense o gli azionistì, ci spiegano spesso i lavoratori».

Se avessi due bacchette magiche, rileva dal canto suo Feltrin, che è anche psico-sociologa e vittimologa, «ridarei la parola che spesso nelle imprese è stata negata e ricreerei la solidarietà. Nei casi dei suicidi, infatti, quello che è deleterio è l’isolamento in cui si trovano molte persone».

Tuttavia, rileva Charlot, «registriamo una vera volontà di cambiamento da parte delle aziende francesi che sempre di più intendono affrontare i problemi legati alla salute sul posto di lavoro. Sembrano sempre di più prendere coscienza della necessità di gratificare i propri dipendenti e di creare un quadro di lavoro migliore». Dello stesso pare anche Feltrin che evidenzia come «le imprese inizino a poco a poco a capire la parte di responsabilità che possono avere su alcuni malesseri dei propri dipendenti e iniziano a interrogarsi sulla loro organizzazione del lavoro».

In Francia, come in Gran Bretagna e in Germania, si cerca di recuperare il ritardo. Inpole position, nella lotta allo stress sul lavoro, figurano invece il Canada e l’Europa del Nord. «Il benessere dei propri dipendenti -spiega il direttore generale di Stimulus- è importante strategicamente per le aziende. Quando la gente è felice, c’è meno assenteismo, il lavoro è migliore e i risultati economici si vedono. Per Nokia in Finlandia, che ha anche un responsabile per il benessere, il ritorno dell’investimento fatto per rendere più piacevole il lavoro è particolarmente positivo».

 

 

News: Ricerca e benessere

 

 

RICERCA E BENESSERE

Il benessere al servizio delle persone

 

È partito in questi giorni un progetto denominato “Ricerca e benessere: il benessere al servizio delle persone” dedicato al mondo delle Spa e Centri Benessere.

Stando ai più grandi economisti (Pilzer, 2007) il trend del benessere è in continua crescita, fattore che sta spingendo molte aziende ed imprenditori ad investire risorse, energie e denaro in un settore spesso non supportato da conferme e validità scientifiche.

Allo scopo di tutelare sia i consumatori, sia i Centri che erogano i servizi, nasce il progetto “Ricerca e Benessere” che si propone di indagare quanto i trattamenti eseguiti presso un Centro, contribuiscano all’accrescimento del  benessere personale declinato in dimensioni tra cui, ad esempio, Autoimmagine, Autostima, Rilassamento e Riduzione dello Stress.

Il progetto è diviso in due fasi: una fase di ricerca e una fase di comunicazione.

La parte di comunicazione è affidata ad Accademia del Benessere.

La parte di ricerca è gestita dal Dr. Andrea Castello, Dr.ssa Anna Rosso, Dr.ssa Tania Braga, Dr. Francesco De Paola che fanno parte dell’Istituto per la Ricerca Forma Mentis che si occupa di ricerca in campo psicologico, con particolare attenzione all’ambito sociale, educativo, aziendale, sportivo, del benessere e salute lavorativa, avvalendosi di Psicologi professionisti.

Promuove una cultura condivisa del benessere della persona, nelle varie sfere, per una consapevolezza sempre maggiore circa le condizioni che ne permettono il corretto  sviluppo psicofisico.

Il protocollo utilizzato nella ricerca ha inizio con l‘analisi della letteratura presente sull’argomento, e la successiva formulazione di ipotesi espresse secondo un modello teorico attinente il più possibile alla realtà (verificato secondo Modelli ad Equazioni strutturali o SEM) e prevede la definizione di un campione significativo di soggetti disponibili a rispondere ad una serie di domande contenute in un questionario strutturato ad hoc, sulla base dei valori psicometrici migliori per le dimensioni da indagare.

Dopo aver somministrato il questionario ai soggetti scelti, il protocollo prosegue con la raccolta e l’analisi delle risposte, testandone successivamente le qualità psicometriche quali l’attendibilità (alpha di Cronbach), la correlazione inter-item, la significatività ed altre.

Sulla base dei risultati ottenuti, confermata l’ipotesi di partenza, verrà redatto un articolo scientifico da pubblicare su una delle principali riviste di settore, online sul sito dedicato e su www.psicologiadellavoro.org.

Al termine della ricerca verrà redatto, e messo online, un elenco dei Centri validati consultabile dai consumatori, che potranno così orientarsi nell’individuare le strutture nelle quali si è riscontrato l’effettivo miglioramento del benessere oggetto della ricerca stessa.

 

News: Ridurre lo stress per ridurre i costi

 

RIDURRE LO STRESS PER RIDURRE I COSTI

 

 

SECONDO IL NATIONAL INSTITUTE FOR HEALTH AND CLINICAL EXCELLENCE BRITANNICO

 

Articolo di Alessandra Carboni

Tratto dal Corriere della Sera.it

 

I titolari delle imprese accantonare atteggiamenti rigidi e autoritari e imparare a gratificare i propri dipendenti per ridurre frustrazione, demotivazione e anche costi

MILANO – Un consiglio ai datori di lavoro: abbiate cura dei vostri dipendenti e fate sì che possano lavorare senza stress e liberi dall’ansia. Così facendo l’azienda potrebbe risparmiare migliaia di euro.

IL COSTO DELLO STRESS – Il suggerimento arriva dal National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) britannico, che mette in luce come ogni anno nel Regno Unito vadano persi più o meno 13 milioni di giorni lavorativi proprio a causa dello stress accumulato negli uffici dai dipendenti. Il tutto, ovviamente, con relative ripercussioni sui conti aziendali. Il NICE ha infatti stimato che, tra perdita di produttività e spese per la sostituzioni degli stressati assenti in malattia, ogni anno il costo complessivo dello stress gravi sulle aziende del Regno d’oltremanica per un totale di circa 31 miliardi di euro.

SOLUZIONI E RISPARMIO – La principale responsabilità di tale situazione sarebbe – sempre secondo gli esperti del National Institute – dei manager, che dovrebbero accantonare atteggiamenti rigidi e autoritari e imparare invece a gratificare i quadri inferiori, dando loro feedback positivi, consentendo maggiore flessibilità sul lavoro e concedendo giorni liberi come premio. Inoltre, i dirigenti potrebbero investire in corsi di formazione per i manager e in assistenza allo staff dei dipendenti al fine di agevolarne l’avanzamento di carriera: in questo modo il fardello che appesantisce i loro conti sarebbe decurtato di un terzo. Secondo i conteggi del NICE, adottando tutte queste accortezze un’azienda media con mille dipendenti arriverebbe a risparmiare circa 278 mila euro in un anno. Come sottolineato dal Professor Cary Cooper, esperto in psicologia del lavoro presso la Lancaster University, «non bisogna sottovalutare l’importanza di dire "bravo" a un dipendente», ma a quanto pare è più facile che un lavoratore sia rimproverato per un errore commesso piuttosto che gratificato per un risultato raggiunto.

 

 

Seminario sulle applicazioni terapeutiche della PNL

STAGE CLINICO IN PNL

 

Lo stage, partendo dallo studio della “mappa” del paziente, intende formare competenze specifiche di ideazione, progettazione e gestione di un intervento terapeutico breve. A tale proposito vengono richieste conoscenze ed esperienze specifiche, precisate in seguito.

Una novità è rappresentata dal lavoro su casi concreti, persone invitate e disponibili a sottoporsi a sedute, durante i quali i partecipanti allo stage potranno, confrontandosi, mettere in pratica le tecniche apprese.

Il programma parte riprendendo concetti di Programmazione Neuro Linguistica contenuti nel Practitioner e nel Master, prosegue approfondendo ed ampliando l’utilizzo di alcune tecniche e finendo per presentare e sviluppare nuovi approcci terapeutici di estrema efficacia e rapidità.

Lo stage è rivolto a persone, operatori e professionisti che operano già in ambito clinico (helper) e mira a fornire ulteriori competenze professionali, specialistiche e distintive nel campo clinico in un’ottica di cambiamento rapido.

 

 

 

 

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