L’ONDATA DI SUICIDI CHE HA COLPITO ALCUNE GRANDI IMPRESE E
BANCHE HA SPINTO I VERTICI A PREVENIRE IL DISAGIO
Tratto da www.lastampa.it
PARIGI
Lo chiamano "Effetto France Telecom": le imprese francesi si rivolgono sempre più agli psicologi per combattere lo "stress da lavoro" dei loro dipendenti e prevenire eventuali suicidi. A spingere le le aziende è stata l’ondata di suicidi che ha colpito in primis France Telecom (32 suicidi negli ultimi due anni di cui 17 nel 2009) ma anche altre imprese francesi (Renault, Edf, Sncf e Psa) e alcune banche. E se prima erano i medici aziendali o i direttori delle risorse umane ad interessarsi al problema, ora sempre più spesso sono proprio i vertici aziendali.
Èstato il rischio di incorrere in sanzioni a portare le aziende a far ricorso a società esterne specializzate, tra le quali figurano in prima fila Psya, Preventis, Ifas o Stimulus. Sempre più spesso, infatti, in Francia i tribunali tendono a classificare i suicidi sul posto di lavoro come infortunio sul lavoro e a riconoscere quindi la responsabilità dell’azienda. Ma il danno che si vuole evitare è anche quello legato all’immagine: in piena bufera, nel settembre scorso, sono raddoppiate le domande di disdette dei contratti con France Telecom da parte di privati. Non solo. Il benessere all’interno dell’azienda, come quello che sembra respirarsi fra i dipendenti di Google, diventa anche una ’arma in piu« da parte delle aziende per accattivare nuovi talenti e raggiungere risultati economici migliori.
Il fenomeno della richiesta da parte delle imprese di un sostegno psicologico per i propri dipendenti, »ha iniziato a svilupparsi in Francia già 4 o 5 anni fa ma le vicende di France Telecom, Renault e Edf hanno considerevolmente accelerato il processo« spiega all’Adnkronos, Emmanuel Charlot, direttore partnership e sviluppo di Psya, una società di prevenzione e di gestione dei rischi psicosociali che ha tra i suoi clienti circa cento grandi aziende francesi. «Basta pensare che il nostro fatturato nel 2009 ha subito una forte accelerazione (+52%) rispetto al 2008: si tratta della più forte crescita del nostro giro d’affari dalla nascita della società. E questo è molto rivelatore».
Anche Stimulus, società specializzata nella prevenzione dello stress al lavoro, registra una maggiore attenzione delle impresa al fenomeno. Quello che osserviamo, in questi ultimi mesi, sottolinea il direttore generale di Stimulus, Patrick Legeron, «è un forte aumento delle domande» da parte delle aziende francesi. «Molte imprese che non si interessavano a questo fenomeno si sentono ormai obbligate ad affrontare il problema: a spingerle purtroppo è soprattutto la paura di trovarsi confrontati agli stessi fenomeni più che la semplice volontà di creare benessere ai propri dipendenti».
Uno dei grandi cambiamenti che abbiamo osservato, con il ripetersi di vicende tragiche sui luoghi di lavoro, rileva ancora Legeron, «è che ormai il tema dello stress e del rischio psicosociale al lavoro è diventato un tema a cui si dedicano direttamente i presidenti e direttori generali. Quindi c’è stato sia un cambiamento quantitativo -sempre più aziende fanno appello a società specializzate- che qualitativo». A dimostrazione che questo ricorso a specialisti per fronteggiare lo stress al lavoro è in continuo aumento è la crescita del fatturato di Stimulus negli ultimi anni: «nel 2006, nel 2007 e nel 2008 il nostro giro d’affari è cresciuto del 40% l’anno» sottolinea il numero uno della società spiegando che questo ha avuto anche ripercussioni su Stimulus stesso: «in due anni, tra il 2007 e fine 2009, abbiamo raddoppiato il numero dei nostri dipendenti e dei nostri consulenti. Ora non abbiamo solo psicologi ma anche specialisti dell’organizzazione del lavoro, del management, statistici e medici del lavoro».
A spingere le imprese ad una maggiore prevenzione anche il quadro legislativo: dopo il recepimento nel 2008 dell’accordo-quadro europeo del 2004 contro lo stress al lavoro, il Governo ha amplificato la sua azione di prevenzione. Nell’ottobre del 2009 il ministro del Lavoro, Xavier Darcos, ha annunciato, infatti, un piano che prevede che le 2.500 aziende francesi con più di 1.000 dipendenti lancino, entro il primo febbraio 2010, delle negoziazioni con i rappresentanti del personale sulla prevenzione dello stress al lavoro mentre alle Pmi è chiesto l’adozione di misure concrete di prevenzione.
La vicenda dei suicidi a France Telecom e l’ingiunzione del ministro del Lavoro, sottolinea Martine Feltrin, direttrice e fondatrice di Preventis, un centro di intervento per la salute sul Lavoro, «hanno incitato fortemente le aziende francesi a fare ricorso a società specializzate». Per Preventis, «l’aumento di richieste da parte delle aziende francesi è stato di circa il 30% rispetto al 2008».
I problemi che maggiormente sono stati riscontrati nei lavoratori che hanno fatto appello a questo tipo di servizio, che «è anonimo e confidenziale» spiega Charlot, «sono quelli legati ai rapporti interpersonali con un collega o con un superiore gerarchico e quelli legati al mancato riconoscimento del proprio lavoro. I dipendenti, generalmente, -spiega il direttore partnership e sviluppo di Psya- sono pronti ad impegnarsi di più nel loro lavoro ma vorrebbero che il loro impegno venisse maggiormente riconosciuto e non necessariamente al livello pecuniario.
Inizialmente -rileva- siamo stati molto sorpresi dalla sistematicità di questo tipo di problema e ora stiamo lavorando con i canadesi dell’Università di Laval di Quebec per poter dare risposte adeguate».
I rapporti interpersonali e la mancanza di riconoscimento del lavoro sono per Legeron, che è anche psichiatra, tra i problemi che maggiormente si riscontrano nei posti di lavoro. «
Tra i problemi riscontrati c’è quello legato alla grande pressione psicologica alla quale vengono sottoposti i lavoratori: lavorare sempre meglio, sempre di più, sempre più velocemente e sempre con minori mezzi. Poi ci sono i problemi legati ai rapporti tra gli individui -i lavoratori spesso lamentano la mancanza di convivialità, di solidarietà e la solitudine- e il mobbing; i problemi legati alla mobilità e ai trasferimenti – a France Telecom è una delle cause di maggior malessere-; quelli legati alla mancanza di riconoscimento del lavoro svolto e il disinteresse: ’si lavora tanto ma per favorire fondi di pensioni statunitense o gli azionistì, ci spiegano spesso i lavoratori».
Se avessi due bacchette magiche, rileva dal canto suo Feltrin, che è anche psico-sociologa e vittimologa, «ridarei la parola che spesso nelle imprese è stata negata e ricreerei la solidarietà. Nei casi dei suicidi, infatti, quello che è deleterio è l’isolamento in cui si trovano molte persone».
Tuttavia, rileva Charlot, «registriamo una vera volontà di cambiamento da parte delle aziende francesi che sempre di più intendono affrontare i problemi legati alla salute sul posto di lavoro. Sembrano sempre di più prendere coscienza della necessità di gratificare i propri dipendenti e di creare un quadro di lavoro migliore». Dello stesso pare anche Feltrin che evidenzia come «le imprese inizino a poco a poco a capire la parte di responsabilità che possono avere su alcuni malesseri dei propri dipendenti e iniziano a interrogarsi sulla loro organizzazione del lavoro».
In Francia, come in Gran Bretagna e in Germania, si cerca di recuperare il ritardo. Inpole position, nella lotta allo stress sul lavoro, figurano invece il Canada e l’Europa del Nord. «Il benessere dei propri dipendenti -spiega il direttore generale di Stimulus- è importante strategicamente per le aziende. Quando la gente è felice, c’è meno assenteismo, il lavoro è migliore e i risultati economici si vedono. Per Nokia in Finlandia, che ha anche un responsabile per il benessere, il ritorno dell’investimento fatto per rendere più piacevole il lavoro è particolarmente positivo».