Cos’è lo stress

Lo stress

“L’eliminazione dello stress sarebbe equivalente alla morte.”(Selye,1936)

Cos’è lo stress 

Il termine “stress” deriva dal latino “stringere” (legare strettamente, spremere con forza), dalla stessa radice viene anche la parola “strain” più usata nel senso di sforzo doloroso, peso, affanno, lotta. In ingegneria, i due termini hanno conservato il loro rapporto semantico di causa, noto anche come stress, ed effetto, noto come strain. In psicofisiologia invece, si distinguono anzitutto due diverse forme dello stress biopsicosociale: lo stress positivo o eustress, nonché una reazione fisiologica di adattamento a condizioni o eventi ambientali, e lo stress negativo o distress, cioè quella condizione di squilibrio (reale o percepito) tra pressioni o richieste ambientali e le capacità e risorse individuali a farvi fronte. In entrambi i casi, lo stress comprende una risposta ad esigenze poste all’organismo: tali esigenze possono superare i limiti di ciò che l’individuo può affrontare oppure restare in tali limiti. Nel secondo caso, la mobilizzazione e l’uso di risorse personali può aumentare le capacità adattative dell’individuo (Sibilia, 2010).

Da un punto di vista teorico il meccanismo alla base dello stress e le relative conseguenze sull’organismo risalgono a Darwin (1872) che descrisse le manifestazioni somatiche degli stati di attivazione emozionale e comportamentale tra cui: la tachicardia, la sudorazione, la dilatazione pupillare etc. (Prunetti, 2010).

I successivi pionieri degli studi sullo stress furono Cannon (1915) e successivamente Selye (1936). Cannon (1915) iniziò le sue ricerche servendosi dei raggi X per osservare il processo di digestione negli animali. Durante gli esperimenti in un animale sottoposto a stress il processo digestivo si interruppe; ciò gli suggerì alcune ipotesi sulle risposte con cui l’organismo reagisce a situazioni come il pericolo, la paura ed il dolore. Da qui introdusse la teoria del “fight or flight response” per la quale l’uomo risponde alla percezione di una minaccia con una attivazione rapida del sistema nervoso autonomo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Il sistema nervoso autonomo è costituito da una componente detta simpatica, che entra in azione quando c’è necessità di mobilitare le risorse dell’organismo, e da una componente chiamata parasimpatica che invece ha il compito di ripristinare le risorse spese durante l’azione. Ipotalamo, ipofisi e surrene sono parte del sistema endocrino che hanno la funzione di rilasciare ormoni che alterano il metabolismo durante l’attivazione simpatica. Il risultato finale di entrambe le vie è il rilascio di ulteriori ormoni che inducono, nella maggior parte dei casi, un’azione motoria che può essere la fuga (flight) o l’attacco (fight) (Cannon, 1915).

Selye (1936) riprese gli studi di Cannon, introducendo per la prima volta in ambito psicofisiologico il termine “stress”, tanto da essere noto in America come “Dottor Stress”. Dai suoi esperimenti con i topolini emerse che, indipendentemente dal tipo di sostanza somministrata (batterio o tossina) o di procedura nociva (eccesso di caldo o di freddo) applicata al topolino, era possibile identificare tre fasi della risposta (allarme, resistenza, esaurimento): ciò diede origine alla “sindrome generale di adattamento” (General Adaptation Syndrome, GAS), caratterizzata da precise modificazioni a carico degli organi dell’animale. Il dato più interessante fu che anche uno stress psicologico (la visione di un predatore o l’immobilizzazione in una gabbia stretta) poteva causare la medesima sindrome (Selye, 1936). 

La successiva ricerca di Selye (1946) si concentrò sullo studio dell’adattamento dell’organismo animale e umano ai diversi tipi di agenti stressanti (tossici, fisici e psichici). Lo stress poteva così essere prodotto da un’ampia ampia di stimoli denominati “stressor”, i quali producevano essenzialmente la medesima risposta biologica. La sindrome generale di adattamento prevedeva così tre fasi: 

  • Fase di allarme: in cu si hanno reazione di allarme sostenute da attivazioni neurovegetative con il rilascio di adrenalina e noradrenalina, permettendo così una rapida reazione del sistema nervoso autonomo che innesca un insieme di cambiamenti fisiologici che hanno come scopo l’autoconservazione. Negli animali questo è il momento del pericolo e dell’attacco.
  • Fase di resistenza: l’iperproduzione di cortisolo continua, mentre l’organismo è impegnato nel fronteggiare lo stressor. In questa fase si assiste ad un progressivo adattamento dell’organismo ed un progressivo recupero dell’omeostasi.
  • Fase di esaurimento: questa fase prende piede quando l’esposizione all’agente stressante si protrae eccessivamente. La corteccia surrenale entra in uno stato di esaurimento funzionale. I cambiamenti psicofisici che si producono nell’organismo durante questa fase, danno origine a modificazioni patologiche.

È opportuno aggiungere che in relazione a come gli stressor vengono percepiti, può subentrare la mobilitazione globale delle risorse energetiche dell’organismo, in cui gli eventi che minacciano la sopravvivenza stessa dell’individuo richiedono una risposta immediata e potente; oppure può sopraggiungere l’ansia, quando la minaccia non è immediata e oggettiva, ma è una aspettativa di minaccia. Lo stress del primo tipo di per sé non è dannoso, anzi: di fronte a un reale pericolo immediato può salvare la vita, innescando risposte altrettanto immediate ed energiche: risposte di attacco o di fuga (in inglese: fight or flight). Ma nel caso in cui la minaccia sia di tale entità da provocare uno shock emotivo (come quando l’individuo si trova coinvolto in una situazione disastrosa o catastrofica), il risultato può essere quello del Disturbo Post-Traumatico da Stress.Lo stress disadattivo più frequentemente si verifica quando la situazione stressogena diventa abitudine, subentrando così una tendenza alla preoccupazione, uno stato d’ansia perdurante. Viene definito sindrome di attivazione perché una costante attivazione delle risorse dell’organismo è logorante e, alla lunga, produce danni: i cosiddetti disturbi da stress (Anchisi e Dessy, 2008).

Per Selye (1976) lo stress è “l’essenza della vita”, non è un fenomeno legato all’emergenza: ci può essere una buona o una cattiva gestione dello stress (rispettivamente, eustress e distress). Nel caso del distress, ciò che è negativo non è la risposta allo stimolo, ma i sentimenti negativi che l’accompagnano. Sono i sentimenti negativi che di per sé procurano danno (Anchisi e Dessy, 2008). Il concetto strettamente connesso a questa visione è quello di “adattamento”, il quale presuppone modificazioni fisiologiche o patologiche (malattie da disadattamento). Per designare questo processo dinamico, Selye coniò il termine eterostasi (Bottaccioli,2006). 


© Il Burnout negli insegnanti – Federica Sapienza


 

Il burnout negli insegnanti

Introduzione

Quando le richieste provenienti dall’ambiente esterno spingono costantemente l’individuo a fornire prestazioni superiori al normale, è possibile che si venga a creareuno squilibrio che può essere definito “stress”. Selye (1936), uno dei più grandi studiosi dello stress, lo definì come “una condizione aspecifica in cui si trova l’organismo quando deve adattarsi alle esigenze imposte dall’ambiente”, ossia una reazione che ognuno di noi ha di fronte a diverse richieste, difficoltà o prove.

Esso è parte del nostro vivere; ha valenza positiva (eustress) quando è caratterizzatoda una durata breve, mentre diventa nocivo (distress) nel momento in cui si protrae per lunghi periodi di tempo.

A tal proposito,una o più condizioni stressogene, se particolarmente intense o protratte nel tempo, possono indurre l’ormai nota sindrome del burnout (Maslach, 1982). Questo fenomeno avviene quando si creano due forti discrepanze tra alte richieste del lavoro e la persona che lo svolge, creando così alti livelli di stress cognitivo, emotivo e sociale, vissuti come ingestibili (Rossati & Magro, 1999).

Secondo un primo modello del burnout di Maslach (1982), la sindrome è caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.

I sintomi dell’esaurimento psicofisico riconducibili al burnout sono dati da: insonnia e disturbi da somatizzazione (ad es. cefalea, disturbi gastrointestinali); un rilevante senso di affaticamento dopo il lavoro ed alta incapacità di concentrazione. La depersonalizzazione si manifesta invece con: atteggiamenti colpevolizzanti nei confronti degli utenti; cinismo; perdita di sentimenti positivi verso gli utenti (ad es: respingere le telefonate); assenteismo e resistenza a recarsi a lavoro. La ridotta realizzazione professionale si associa al disinvestimento, al senso di fallimento personale e professionale.  

Secondo alcuni autori sembrano essere più esposti al burnout coloro che possiedono una ridotta resistenza individuale agli stimoli (nota come hardiness), la quale permette di reagire alle sollecitazioni con tenacia (Marck, 1990). La personalità hardy possiede tre caratteristiche:  •è consapevole del proprio ruolo nella società e del significato attribuito alla propria esistenza

  • percepisce le novità come stimolo anziché come insidia
  • sente di poter controllare gli eventi senza esserne sopraffatto.

Il burnout degli insegnanti è stato ampiamente discusso a livello internazionale. Fino ad oggi sono stati ottenuti dei risultati sovrapponibili riguardo al burnout degli insegnanti appartenenti a Paesi diversi (Chan, 1995; Manthei, 1988); dai essi è possibile dedurre che il burnout si classifica come un fenomeno psicosociale molto complesso, in cui entrano in gioco fattori di rischio personali, relazionali e ambientali.


© Il Burnout negli insegnanti – Federica Sapienza


Clima organizzativo: analisi dei dati raccolti

Clima organizzativo

Clima organizzativo, lavorare insieme e farlo bene! Foto di rawpixel da Pixabay

ANALISI DEI DATI RACCOLTI DEL CLIMA ORGANIZZATIVO

  1. RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI

Le informazioni relative alle caratteristiche personali e lavorative del campione preso in considerazione in relazione al clima organizzativo nella ricerca sono state raccolte in un file Excel; da ciò si desume che il campione è eterogeneo.

 

ETA’

35 – 45 ANNI = 4

46 – 55 ANNI = 4

56 – 65 ANNI = 2

SESSO

M = 4

F = 6

 

TITOLO DI STUDIO

LICENZA MEDIA = 2

DIPLOMA = 5

LAUREA = 3

ANZIANITA’ DI SERVIZIO

DA 1 A 5 ANNI = 2

DA 6 A 10 ANNI = 2

OLTRE 10 ANNI = 6

AMBITO DI LAVORO

COMMERCIALE = 5

BACK OFFICE = 2

FUNZIONARIO = 3

  1. CREAZIONE DI UNA TABELLA

È stata creata una tabella con tante righe quanti sono gli item, e tante colonne quanti sono i valori del MBI; in essa sono riportati i risultati di ogni questionario che è stato sottoposto al campione di riferimento. Questionario che valuta il clima organizzativo in generale.

 

 

0

1

2

3

4

5

6

ITEM 1

x

xxxx

X

xx

x

x

 

ITEM 2

 

X

xxx

xx

xx

xx

 

ITEM 3

 

xxx

X

xxx

x

xx

 

ITEM 4

     

x

 

xxxxx

xxxx

ITEM 5

xxx

Xx

X

xxx

x

   

ITEM 6

x

   

xxxxxx

xxx

   

ITEM 7

     

x

 

xxxxx

xxxx

ITEM 8

 

xxxxx

Xx

x

 

x

x

ITEM 9

 

X

X

xx

xx

xxxx

 

ITEM 10

xx

xxx

X

 

xxx

x

 

ITEM 11

xxx

X

xxx

x

x

x

 

ITEM 12

   

X

xxxx

xx

xxx

 

ITEM 13

 

xxx

Xx

xx

x

x

x

ITEM 14

xx

xxxx

X

 

x

x

x

ITEM 15

xxx

Xx

X

xxx

x

   

ITEM 16

 

xxxxx

Xx

x

x

x

 

ITEM 17

     

x

x

xxxxxxx

x

ITEM 18

     

xxxx

xx

xxx

x

ITEM 19

 

xxx

Xx

xx

xx

x

 

ITEM 20

xxx

xxxx

X

   

x

x

ITEM 21

x

 

X

xxxxx

xx

 

x

ITEM 22

x

xxx

Xx

xx

x

x

 

In questa valutazione non si vuole scendere nei dettagli dei risvolti tecnici; si consiglia comunque, in linea generale, di ripetere il questionario in tempi diversi e di procedere a fare la media dei valori delle righe, per ottenere il peso che, nell’insieme, viene attribuito all’argomento della domanda.

 

  1. CORRELAZIONI

L’aspetto principale e di maggior successo è stato quello di rendere i partecipanti protagonisti attivi, perché una cosa sentita e vissuta è sicuramente più efficace di qualcosa di imposto.

Dai dati ottenuti risulta principalmente una forte correlazione positiva fra item e punteggio assegnato. In particolare:

  • item: 5 = “Mi pare di trattare alcuni clienti come se fossero degli oggetti”, 11 = “Ho paura che questo lavoro mi possa indurire emotivamente”, 15 = “Non mi importa veramente di ciò che succede ad alcuni clienti”, 20 = “Sento di non farcela più” hanno una prevalenza di risposte “Mai”;
  • item: 1 = “Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro”, 8 = “Mi sento esaurito dal mio lavoro, 14 = “Credo di lavorare troppo duramente”, 16 = “Lavorare direttamente a contatto con la gente mi crea troppa tensione” e 20 = “Ho l’impressione che i clienti diano la colpa a me per i loro problemi” hanno una risposta prevalente di “Qualche volta all’anno”;
  • item: 6 = “Mi pare che lavorare tutto il giorno con la gente mi pesi”, 12 = “Mi sento pieno di energie”, 18 = “Mi sento rallegrato dopo aver lavorato con i clienti”, 21 = “Nel mio lavoro affronto i problemi emotivi con calma” si verificano “Qualche volta al mese”;
  • item: 4 = “Posso capire facilmente come la pensano i miei clienti”, 7 = “Affronto efficacemente i problemi dei clienti”, 9 = “Credo di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il mio lavoro”, 17 = “Riesco facilmente a rendere i clienti rilassati e a proprio agio” hanno come risposta principale “Qualche volta alla settimana”, e anche, relativamente agli item 4 e 7, la risposta “Ogni giorno”.

I valori del MBI meno utilizzati sono lo 0 e il 6, cioè i valori estremi, a spiegazione del fatto che i campioni rappresentativi dell’organizzazione hanno scelto poche volte risposte totalmente positive o totalmente negative.

 

  1. CONCLUSIONI

Il campione manifesta una positività nei confronti degli argomenti che riguardano il rapporto con la clientela, ed una moderata energia ed emotività. L’empatia viene vissuta come una caratteristica del quotidiano, mentre i sintomi di stress lavoro correlato, tensione ed esaurimento sono pressoché irrilevanti (prevalenza di risposte “mai” o “qualche volta all’anno”).

Complessivamente, da un punto di vista della soddisfazione lavorativa, emerge un forte senso di appartenenza all’azienda, che senza dubbio deriva dal lavorare per un’azienda importante che trasmette un’immagine positiva di sé sul territorio. Le punte di insoddisfazione, invece, emergono per la presenza di un ambiente di lavoro interno percepito come positivo ma stressante, in particolare per il fatto che il tipo di occupazione è prevalentemente a contatto con clienti esterni ed interni.

Concludendo, si può dire che il livello di burnout di questa organizzazione non è rilevante ai fini del condizionamento del clima organizzativo, in quanto gli item con connotazione negativa hanno una valenza minore rispetto a quelli con criteri positivi.

 

© Chiedimi se sono felice:Analisi del Clima Organizzativo e del suo effetto sulle risorse umane – Dott.ssa Sonia Barbieri

 

Assenteismo

ASSENTEISMO

Secondo “Il sole 24 ore” per assenteismo si intende un “uso sostenuto o eccessivo di permessi retribuiti; ricorso sistematico a permessi per malattia; ricorso ai periodi di aspettativa per motivi personali; assenze ingiustificate o coperte da altri colleghi; mancanza sistematica di puntualità o di rispetto dell’orario minimo di lavoro”.

Secondo quanto riportato dal “Rapporto Ermes” del 2017 in media nei comuni italiani, i dipendenti pubblici sono assenti dal lavoro circa 50 giorni l’anno (rapporto completo PDF https://ermespa.it/phocadownload/1711_ErmesRapporto.pdf ).

Un altro studio, condotto dall’ufficio studi della CGIA Mestre e pubblicato il 18 febbraio 2018 (scaricabile al link file://Users/nina/Desktop/ASSENZEPUBBLICOPRIVATO.pdf ), ha registrato un tasso di assenza per malattia nel 2015 pari al 57% nel settore pubblico ( 1 dipendente su 2) contro il 38% ( 1 dipendente su 3) nel settore privato. Questi valori sono da leggere in relazione al numero dei dipendenti dei due settori essendo che i dipendenti pubblici sono 4 volte maggiori rispetto a quelli privati.” E’ evidente- dichiara il coordinatore dell’ufficio studi CGIA Mestre- che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più velate di assenteismo Tuttavia qualche sospetto c’è. […]” (Ufficio Studi CGIA Mestre, news febbraio 2018).

L’assenteismo ha un costo elevato sia per la Pubblica Amministrazione che per gli enti privati.

Secondo quanto pubblicato dalla rivista “ Society for Human Resource Management” nell’articolo “Total Financial Impact of Employee Absences”, le aziende a causa delle assenze dei propri dipendenti:

  • utilizzano gli straordinari che aumentano circa del 2% il costo della busta paga ( questo succede nell’80% delle aziende)
  • perdita della produttività che hanno stimato si aggiri intorno al 31,1%
  • I dirigenti per controllare e gestire le assenze occupano il 10% della loro settimana lavorativa (circa 4,2 ore a settimana, per un totale di 210 ore l’anno)
  • L’assenteismo si correla anche alla perdita motivazionale nei dipendenti non assenteisti in quanto percepiscono tale comportamento scorretto, ledendo così anche il clima aziendale

Secondo anche un altro studio condotto dal Ayming, Barometro sull’assenteismo, si stima che l’impatto dell’assenteismo ha un costo che varia dal 0,3% al 1,8% della retribuzione totale. (metti bibliografia)

Bisogna sottolineare che per misurare il tasso di assenteismo non vi è uno strumento univoco in quanto, ogni azienda, può utilizzare dei parametri differenti e approcci differenti al fenomeno ( Cadoni, 2016). Questo è dovuto al “bagaglio culturale” del territorio in cui sono inserite. Ad esempio in Italia molte aziende “comparano le assenze per malattia, incidenti sul lavoro e congedo per maternità/paternità alle assenze ingiustificate” (ibidem), cosa che invece non accade in altri paesi dell’Unione Europea. Questa catalogazione ampia di assenteismo conduce ad una visione negativa dell’assenza del dipendente indipendentemente dalla motivazione alla base, che porta i dipendenti ad un’altra forma preoccupante di relazione con il lavoro chiamata “presentismo” che induce i dipendenti ad essere sempre presenti sul posto di lavoro anche in condizioni (quali malattia) che li rendono poco produttivi e facendoli rinunciare a passi importanti nella loro vita extra lavorativa ( come diventare padri e madri) per non essere visti male dalla propria azienda.

Anche per questo, prima di cercare delle misure per contrastare l’assenteismo bisognerebbe riuscire a comprendere meglio il fenomeno nei suoi molteplici aspetti in quanto spesso le assenze dei dipendenti possono essere un importante segnale della “salute” di un’azienda.

Come prima cosa bisogna distinguere due tipologie di assenteismo: fisiologico e sistematico.

Per quanto riguarda le assenze fisiologiche, non si può intervenire se non migliorandone la gestione, tentando di non appesantire i dipendenti che dovranno sostituire il collega.

La seconda invece, quella sistematica, può essere vista come un sintomo relativo a problemi  tra i dipendenti e l’azienda; pertanto bisogna analizzarla e interpretarla correttamente, in quanto l’azienda stessa potrebbe aver contribuito attraverso un clima interno “stressante” e poco motivante .

Il clima aziendale e il contesto lavorativo rappresentano il 55% delle cause di assenza dei dipendenti a livello Europeo ( il restante 45% è dovuto allo stato di salute personale e dei familiari).

I contesti lavorativi in cui si collabora, vi è fiducia e vi è un buon uso dei riconoscimenti verso il lavoro dei dipendenti,  i tassi di assenza sono inferiori.

Sembra dunque che un cattivo clima lavorativo e un’organizzazione disfunzionale e non motivante possano considerarsi delle possibili cause di assenza dei dipendenti.

In Italia, secondo Ayming, Barometro sull’assenteismo, i tre motivi principali che portano ad una maggiore soddisfazione ed interesse per il proprio lavoro solo:

  • Contenuto della mansione lavorativa
  • Il riconoscimento da parte dell’azienda
  • Relazioni umane create sul posto di lavoro

Ma nella stessa indagine quando si è chiesto se l’assenteismo può essere ricondotto ad una carenza di motivazione sul lavoro nei dipendenti, tale causa, non è stata valutata come principale ma è stata messa al settimo posto.

Lasciando da parte quelle assenze dovute a comportamenti scorretti dei dipendenti,  che dovranno essere gestiti dall’azienda, attraverso controlli, e provvedimenti forti anche sul versante legale, di nostro interesse invece sono quelle assenze alla cui base ci sono delle problematiche diverse e dovute non solo al singolo individuo, ma al contesto lavorativo in cui si inserisce.

Una cultura organizzativa basata su coinvolgimento e ascolto del dipendente, migliorano la sua motivazione e la fiducia verso la propria azienda, abbassando così le assenze sistematiche, e più che combatterlo tale soluzione potrebbe rivelarsi come un’azione preventiva per un efficace gestione del clima organizzativo interno (Alessandri & Monte, 2014).

Uno concetto importante che possiamo ricollegare alle attività preventive per abbassare e monitorare l’assenteismo, introdotto da Fred Luthans, è lo “PsyCap” o Capitale Psicologico.

Tale costrutto, secondo Luthans ,è composto da quattro elementi ( determinazione, autoefficacia, resilienza, ottimismo) i quali incidono sulla performance lavorativa dell’individuo e di conseguenza anche dell’organizzazione di appartenenza. ( capit psi. Unaassert chiave terzo millenio di a.a. v.v.).

Alcune ricerche hanno evidenziato che lo PsyCap ha un’influenza su entrambi le tipologie di assenze esposte precedentemente. Questo avviene perché le persone con un elevato PsyCap, hanno un miglior stato di salute e un’integrità psicofisica più forte, riducendo così il rischio di ammalarsi. (ibidem)  In caso di malattia, tali soggetti con elevato PsyCap, vivono tale condizione come un evento temporaneo e si pongono come obiettivo quello di guarire in tempi brevi. Inoltre avendo un’ integrità psico-fisica più forte, sono soggetti che tendenzialmente sopportano meglio gli eventi stressanti e frustranti. ( avey patera e west 2006)

Per quanto riguarda le assenze sistematiche o volontarie, i soggetti con elevato PsyCap, risultano più motivate, maggiormente organizzate, reagiscono meglio ai fallimenti , riuscendo inoltre a mantenere integre le relazioni con colleghi e superiori e  sono più determinate. Tutte qualità utili a rendere tali soggetti meno predisposti ad assentarsi dal lavoro.

Le dimensioni che compongono lo PsyCap (determinazione, autoefficacia, resilienza, ottimismo), possono essere rafforzate e incrementate grazie ad appropriati corsi di formazione e rendendole  parte integrante della cultura aziendale.

Approcciarsi all’assenteismo non è facile; è molto diverso da paese a paese ed è molto complesso in quanto ci si deve confrontare anche con la psiche umana. “In fin dei conti” si parla di “persone con tutte le loro sfaccettature”, ma trovando un approccio che implementi alcuni dimensioni psicologiche importanti, come quelle che costituiscono lo PsyCap, si possono trovare soluzioni utili a prevenire e contrastare tale fenomeno.

“Come sempre però quando si parla di Aziende la lotta tra Gestione della Persona e Gestione della Moneta è ardua e vince il Responsabile che riesce a stare in equilibrio tra questi due estremi, tenendo sempre d’occhio l’orizzonte temporale delle proprie decisioni” ( aggiungi biblio è di un sito). (abbrevia)

«Il “triangolo” lavoro/riconoscimento/relazioni umane dovrebbe essere alla base delle policy delle aziende a livello Europeo. Siamo infatti convinti che il successo economico delle imprese sia guidato dal capitale umano. Integrando queste tematiche all’interno delle policy aziendali, è possibile migliorare le proprie performance e la propria crescita». 

Yannick Jarlaud, Direttore dello studio all’interno della Business Line HR performance del gruppo Ayming

 

© Assenteismo – Dott.ssa Anna Buzzi

 

Bibiliografia:

https://argomenti.ilsole24ore.com/parolechiave/assenteismo.html

https://www.abbrevia.it/it/News–Focus/Assenteismo-quanto-costa-alle-aziende-e-come-contrastarlo-t150044946396877

Assenteismo quanto costa alle aziende e come constrastrlo  https://www.abbrevia.it/it/News–Focus/Assenteismo-quanto-costa-alle-aziende-e-come-contrastarlo-t150044946396877

https://www.insidemarketing.it/assenteismo-europa-italia-tasso-basso/

“Assenteismo in Europa: in Italia il tasso più basso nelle aziende private”, Cadoni Marianna, settembre 2016, Inside Marketing (https://www.insidemarketing.it/assenteismo-europa-italia-tasso-basso/)

“Fenomeno dell’assenteismo aziendale. Come gestirlo” Alessandri Giulia & Monte Roberta, @bolletinoADAPT, 19 Maggio 2014

Ricerca bibliografia e questionario

Ricerca: bibliografia e questionario

 

Bibliografia

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Allegato A: Materiale sperimentale

“Cognizione Sociale e Benessere”

Consenso Informato

 

DPSS – Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione

Gentile partecipante, chiediamo la sua collaborazione a una ricerca promossa dall’Università degli Studi di Padova e volta a indagare la percezione di alcuni comportamenti legati al benessere. Il questionario che le verrà somministrato è suddiviso in due parti. La prima parte è costituita da delle frasi di cui le verrà chiesto di identificare il grado di correlazione tra gli argomenti proposti, contrassegnando il campo che maggiormente rispecchia la sua percezione. La seconda parte contiene, invece, alcune domande anagrafiche e relative al suo stile di vita. Si ricordi che non esistono risposte giuste o sbagliate e che siamo interessati alla sua opinione personale.

La partecipazione allo studio è volontaria: se lo desidera potrà interromperla in qualunque momento senza fornire motivazioni, senza incorrere in penalità alcuna e ottenendo il non utilizzo dei suoi dati. La partecipazione tipicamente richiede al massimo 10 minuti e non comporta alcun rischio. Le ricordiamo che i dati raccolti saranno trattati in accordo con le leggi sulla privacy e in conformità al Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”. I dati raccolti saranno registrati, elaborati, gestiti e archiviati in forma automatizzata e informatizzata per le esclusive finalità connesse con la ricerca, in forma assolutamente anonima.  I dati, collettivamente raccolti, saranno soggetti ad elaborazione statistica e in questa forma, sempre assolutamente anonima, inseriti in pubblicazioni e/o congressi, convegni e seminari scientifici.  I risultati complessivi della ricerca, assolutamente anonimi.

 Prima di procedere le chiediamo di acconsentire alla partecipazione allo studio dichiarando che:

  1. E’ consapevole che la partecipazione è volontaria e può interromperla in ogni momento semplicemente abbandonando la pagina web.
  2. Le sue risposte rimarranno anonime e nessuno potrà risalire alla sua identità. Inoltre tali risposte saranno utilizzate esclusivamente a fini di ricerca e consultati solo dai ricercatori implicati nel progetto.
  3. E’ maggiorenne.

           

La correlazione è la misura della relazione fra due o più variabili. Ad esempio, si può supporre che vi sia una relazione tra l’insoddisfazione della madre e l’aggressività del bambino, nel senso che all’aumentare dell’una aumenta anche l’altra. La correlazione si dice positiva quando, variando una variabile in un senso, anche l’altra varia nello stesso senso (al crescere dell’età di un bambino corrisponde un aumento della sua altezza); si dice negativa quando variando una variabile in un senso l’altra varia in senso inverso (a un maggiore peso corrisponde una minore agilità).

Per esprimere la relazione esistente tra due variabili, in termini di entità e direzione, si utilizza il coefficiente di correlazione. Tale coefficiente può assumere valori che vanno da –1.00 (correlazione perfetta negativa) a +1.00 (correlazione perfetta positiva). Una correlazione uguale a 0 indica che tra le due variabili non vi è alcuna relazione.

  • Una correlazione positiva vuole dire che se una variabile aumenta anche l’altra aumenta. Oppure al diminuire di una diminuisce anche l’altra.
  • Una correlazione negativa funziona all’opposto: se una aumenta l’altra diminuisce.

Nota. La correlazione non include il concetto di causa-effetto, ma solo quello di rapporto tra variabili. La correlazione ci permette di affermare che tra due variabili c’è una relazione sistematica, ma non che una causa l’altra.

ISTRUZIONI PER IL COMPITO – per esempio:

Applicando queste nozioni, il suo compito sarà quello di stimare il tipo e grado di correlazione che esiste tra due variabili, elencate di seguito. Provi, ad esempio, ad immaginare di dover stimare la correlazione tra il numero di ore di sole e temperatura media in un paese. Se pensa che all’aumentare del numero di ore di sole,  aumenti (entro certi limiti) anche la temperatura media, potrebbe indicare una correlazione di .60.  O se pensa che all’aumentare della ricchezza di un paese diminuisca leggermente il numero di crimini, potrebbe indicare una correlazione di -.20.

Per ciascuna coppia di variabili qui di seguito ti chiediamo quindi di indicare una correlazione tra -1 e +1.

  1. La ricchezza di un paese ha un legame con una leggera diminuzione della percentuale dei crimini annui
-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

VERSIONE 1

Gentile partecipante, legga le seguenti frasi e ci fornisca la sua percezione di correlazione tra gli argomenti presentati. Nel segnare la risposta, consideri che -1 corrisponde a “all’aumentare dell’una diminuisce l’altra”, a 0 corrisponde “nessuna relazione” e +1 corrisponde a  “all’aumentare dell’una aumenta l’altra”/ “al diminuire di una diminuisce l’altra”.

 

L’efficacia della memoria a breve termine ha un legame con l’alcol.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Il fumo passivo ha un legame con l’asma.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Cibi ricchi di zuccheri hanno un legame con la glicemia alta.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’innalzamento del colesterolo ha un legame con cibi poveri di calcio.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’Inquinamento ha un legame con l’ipertensione.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

 

Il rendimento al lavoro o a scuola ha un legame con l’alcol.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

I cibi ricchi di potassio hanno un legame con l’ipertensione.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Il buono stato della pelle ha un legame con cibi ricchi di sodio.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Il fumo ha un legame con la disfunzionalità erettile.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Uno stile di vita sedentario ha un legame con la velocità del metabolismo.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’insorgenza di tumori ai polmoni  ha un legame con il fumo.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

La velocità dei riflessi ha un legame con l’alcol.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00
  1. Età: ___________

 

  1. Genere:
    ? Uomo
    ? Donna

 

  1. Pratica attività fisica? Se sì, con quale frequenza?

? Tutti i giorni
? Almeno due volte a settimana
? Almeno una volta a settimana
? Almeno una volta al mese
? Ogni tanto
? Non pratico attività fisica

 

  1. Con che frequenza fa uso di superalcolici?

?  Tutti i giorni      ?  4 volte a settimana     ?  3 volte a settimana      ?  2 volte a settimana      ?  1 volta a settimana      ?  Raramente       ?  Mai

 

  1. Con che frequenza fa uso di alcolici (quali vino o birra) durante o fuori pasto?

? Tutti i giorni       ? 4 volte a settimana       ?  3 volte a settimana      ?   2 volte a settimana     ?  1 volta a settimana      ?  Raramente      ? Mai

 

  1. Quante sigarette fuma al giorno? ________ sigarette

?    non fumo

 

  1. Quanto giudica sana la sua alimentazione?

? Per nulla                  ?     Poco            ?       Non so        ? Abbastanza             ?Molto

 

  1. Quanto sarebbe disposto/a a modificare le sue abitudini alimentari o il suo stile di vita?

? Per nulla        ?Poco          ?Non so       ? Abbastanza        ?Molto

 

 

 

 

 

Allegato B: Seconda versione del questionario, inversione delle variabili

 

                                                        VERSIONE 2

 

Gentile partecipante, legga le seguenti frasi e ci fornisca la sua percezione di correlazione tra gli argomenti presentati. Nel segnare la risposta, consideri che -1 corrisponde a “all’aumentare dell’una diminuisce l’altra”, a 0 corrisponde “nessuna relazione” e +1 corrisponde a  “all’aumentare dell’una aumenta l’altra”/ “al diminuire di una diminuisce l’altra”.

 

L’alcol ha un legame con l’efficacia della memoria a breve termine.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’asma ha un legame con il fumo passivo.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

La glicemia alta ha un legame con i cibi ricchi di zuccheri.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

I cibi poveri di calcio hanno un legame con l’innalzamento del colesterolo.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’ipertensione ha un legame con l’inquinamento.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

L’alcol ha un legame con il rendimento al lavoro o a scuola.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

L’ipertensione ha un legame con i cibi ricchi di potassio.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

I cibi ricchi di sodio hanno un legame con il buono stato della pelle.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

La disfunzionalità erettile ha un legame con il fumo.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

La velocità dl metabolismo ha un legame con uno stile di vita sedentario.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

Il fumo ha un legame con l’insorgenza di tumori ai polmoni.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

L’alcol ha un legame con la velocità dei riflessi.

-1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00

 

 

Gentile partecipante, la ringraziamo per la preziosa collaborazione. La ricerca cui ha preso parte è finalizzata a comprendere il modo in cui le persone interpretano messaggi legati alla salute, e come questi influenzano eventuali scelte comportamentali. L’interpretazione di tali messaggi potrebbe inoltre essere influenzata dalla percezione circa il proprio stile di vita e il proprio corpo.

Le ricordiamo che la ricerca non è in alcun modo finalizzata a creare discriminazioni di alcun tipo, e che i dati raccolti saranno trattati con la massima confidenzialità solo ed esclusivamente dai ricercatori scientifici che si occupano del progetto.

Per qualsiasi dubbio attinente la ricerca, può contattare Alice Spollon (alice.spollon@studenti.unipd.it) o Dott.ssa Maria Laura Bettinsoli (mlaurabettinsoli@studenti.unipd.it).

 

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon

 

 

Ricerca Conclusioni

Ricerca: Conclusioni

Al termine della presente tesi si può concludere come, tendenzialmente, le persone presentino una maggiore percezione del rischio, qualora nel costrutto sintattico sia posta per prima la causa e successivamente l’effetto. Questo risultato risulta in antitesi con quelli trovati per quanto riguarda la rilevanza personale, esaminata nelle ricerche precedenti effettuate da Battilani e colleghe (2015).

Si è tuttavia rilevato come tali risultati siano, in ogni caso, influenzati in percentuale rilevante dal contenuto delle domande poste. Ovvero si è notato che i partecipanti, se da un lato sono spontaneamente portati a subire l’effetto del Word Order, dall’altro sono inevitabilmente sollecitati dal contenuto del messaggio. Infatti, qualora esso abbia in se delle conseguenze più gravose , gli stessi individui focalizzano la loro attenzione su questo, in modo indipendente dall’ordine delle variabili Causa – Effetto.
Si fa in questo caso riferimento a uno dei limiti principali dello studio condotto, evidenziato da un T-test che ha messo a confronto le medie tra le due condizioni (CE ed EC) nelle diverse versioni.
I risultati si sono mostrati in linea con le ipotesi, evidenziando un effetto maggiore dovuto alla presentazione della causa prima dell’effetto. Tuttavia, in V=1 si verifica un effetto principale di EC(M=56.83, SD=19.87) rispetto a CE(M=50.77, SD=18.1) con t(59)=3.57, p<.05 , mentre in V=2 CE(M=65.55, SD=19.42) risulta maggiore di EC(M=51.44, SD=18.98) con t(59)=-6.69, p<.001.
Da ulteriori verifiche si è visto che questo effetto era dovuto al contenuto delle frasi che, in studi sul linguaggio, non può essere sottovalutato.
La presenza di alcune costruzioni, evidentemente più forti per il loro significato, ha provocato un aumento della media nella condizione EC nella prima versione e di CE nella seconda. Ciò risulta evidente dal fatto che tutte le altre variabili sono state controbilanciate e dal fatto che la differenza tra le medie in V1 risulta meno forte rispetto a quella in V2.

La ricerca condotta sostiene, in ogni caso, gli studi di Fernbach, Darlow, & Sloman (2010) e Fernbach, Darlow,& Sloman (2011) i quali sottolineano la naturale predisposizione degli individui per ragionamenti predittivi, ossia che partono dalla causa per giungere all’effetto.

La progettazione di interventi di comunicazione, da parte di esperti che aspirano ad influenzare atteggiamenti e comportamenti, dovrebbe dunque tener conto dell’ordine in cui le cause e gli effetti sono disposti all’interno del messaggio. In effetti, ordini diversi potrebbero suscitare risposte diverse sia sul piano cognitivo che comportamentale.
Mentre una struttura che segue ordine EC influenza il lettore sulla dimensione di rilevanza, una struttura CE ottiene maggiori effetti lungo la dimensione di rischiosità, accentuando il legame effettivo tra la causa e l’effetto presentati.

In entrambi gli studi, tuttavia, viene confermata la relazione tra l’ordine Causa- Effetto e la maggiore predisposizione da parte delle persone, con una vita meno salutare, ad effettuare scelte che maggiormente tutelano la loro salute o che la potrebbero migliorare.
Non solo forma, ma anche contenuto. Circa quest’ultimo è da tenere conto, in ogni caso, che la soglia della percezione di ciò che è un comportamento rischioso presenta in aggiunta degli aspetti soggettivi, inconsci e di storiografia individuale, che sfuggono al rilievo dell’esperimento. Questo spiega i risultati ottenuti dalla differenza tra le medie CE-EC calcolata considerando entrambe le versioni.
Per la creazione delle correlazioni sono state utilizzate, infatti, sia variabili connesse all’alimentazione, sia temi come fumo e alcol che rientrano tra gli argomenti socialmente delicati da affrontare e che portano il partecipante a fornire dei risultati in cui la presenza di bias non è certamente da escludere. Sarebbe dunque stato necessario un pre-test per analizzare l’influenza del contenuto in modo da controbilanciare le domande evitando distorsioni nei risultati.
Soltanto avendo a mente tutto ciò si può quindi costruire un messaggio veramente efficace, ovvero capace di indurre nel ricevente gli effetti voluti dall’agente.
Gli elementi andranno quindi modulati a seconda dei molteplici aspetti sussistenti nello spazio/tempo in cui il messaggio viene reso.
Si possono qui accennare delle ipotesi di combinazione. Relativamente allo spazio, si può introdurre una riflessione circa la nostra società guidata, ancora molto, dalle apparenze. Come già anticipato infatti dai risultati di studi precedenti, emerge che le persone rimangono maggiormente influenzate se gli effetti dei loro comportamenti rischiosi riguardano aspetti socialmente visibili. Pensare, ad esempio, che il fumo invecchia la pelle ha un effetto maggiore sulla percezione del rischio, rispetto al pensiero che provochi problemi respiratori. Si tratta di indicazioni che possono essere sfruttate nella costruzione di un’efficace campagna persuasiva, tenendo conto dunque della cultura occidentale di riferimento. Ipoteticamente, in oriente, all’interno di culture che pongono maggiore attenzione alla sfera interiore e spirituale, i risultati potrebbero essere diversi.
Relativamente al tempo invece, i cambiamenti dei modelli di vita e del modo di vivere il lavoro hanno avuto un importante impatto sulla concezione del tempo libero. Si passa infatti da una situazione in cui la vita lavorativa rappresentava l’unica e massima realizzazione dell’individuo, ad un periodo in cui il tempo al di fuori dall’ambiente di lavoro viene rivalutato e valorizzato sempre di più. Mentre prima le persone si dedicavano al “dolce far nulla”, ora il tentativo risulta essere quello di dimostrare una dimensione extra-lavorativa impegnata di attività socialmente condivise, all’insegna del divertimento e, molto speso, dello sballo. Questo porta inevitabilmente le persone verso abitudini considerabili poco salutari.
All’interno di queste disamine vi è da considerare dunque, in tutte le sue sfumature, la definizione di influenza sociale, ossia il verificarsi di cambiamenti nei giudizi, nelle opinioni, e negli atteggiamenti di un individuo in seguito all’esposizione ai giudizi, alle opinioni e agli atteggiamenti di altri individui.
Alla stregua di tale affermazione è perciò possibile la creazione di un circolo virtuoso che partendo da un intervento a macrosistema raggiunge la dimensione di microsistema generando modifiche comportamentali nei singoli individui.
Posto ciò, si nota come sia valevole anche la possibilità contraria, ossia la creazione di un circolo vizioso, ed è proprio in tale contesto che si possono muovere delle future riflessioni di tutela della salute.
Si consideri infine che, studiando l’influenza del Word Order su atteggiamenti individuali, sarebbe possibile utilizzare questo strumento per dirigere l’attenzione delle persone di fronte a questioni legate alla salute.

L’esposizione continua ad informazioni presentate con ordine Causa – Effetto potrebbe rafforzare la percezione di rischiosità da una parte, ma celare la possibilità di cause alternative dall’altra. È necessario, per cui, tenere a mente tale influenza nella progettazione di interventi, che non possono prescindere dall’aver coscienza degli effetti suscitati nel pubblico. Non bisogna sottovalutare il significato delle inferenze causali indotte, così da evitare distorsioni interpretative.

Le persone potrebbero facilmente trovarsi a pensare che la riduzione o eliminazione di una specifica causa possa portare all’annullamento conseguente dell’effetto. Vi sono contesti in cui un pensiero più globale, guidato da ragionamenti diagnostici e che dunque sfrutta gli effetti quali basi di costruzione delle proprie mappe cognitive, potrebbe avere risultati più produttivi nella modifica degli atteggiamenti, e di conseguenza dei comportamenti.
Si propongono dunque ulteriori analisi che considerano una duplice via di intervento mirato alla tutela della salute.

Se consideriamo che l’ordine di presentazione delle variabili Causa – Effetto influenza in modo differente le persone con stili di vita più o meno salutari e che, mentre lo schema EC attiva una percezione di maggiore rilevanza del problema, lo schema CE agisce invece sulla rischiosità, si potrebbero definire due percorsi differenti.

Nello specifico si suggerisce di validare l’efficacia di messaggi costruiti mettendo in rilievo gli effetti di determinati comportamenti rischiosi, in riferimento a destinatari che già conducono una vita salutare, con l’obiettivo di preservare tale condizione.
Dall’altro lato invece, sarebbe altrettanto interessante verificare l’efficacia di messaggi che pongono in rilievo un ragionamento di tipo predittivo e che, ponendo in luce tutte le cause ritenute maggiormente degne di nota, agiscono influenzando la percezione di rischiosità di individui che invece presentano stili di vita meno salutari.

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon

 

 

Ricerca Discussione

Ricerca: Discussione

Questo studio sulla relazione tra Word Order e percezione del rischio offre alcuni interessanti spunti di riflessione.

I nostri risultati dimostrano che l’ordine in cui le cause e gli effetti sono disposti, all’interno delle frasi, può svolgere un ruolo determinante nel pensiero causale.

Siamo partiti dall’ipotesi che l’effetto principale dell’ordine CE avrebbe indotto i partecipanti a confermare la loro naturale predisposizione per l’inferenza predittiva.

In particolare, abbiamo ipotizzato che tali inferenze avrebbero portato gli individui a sovrastimare la relazione tra la causa e l’effetto, all’interno delle frasi proposte, aumentando così la percezione del rischio associata al comportamento dato.

Questa ipotesi è stata confermata dal nostro studio. Secondo i risultati ottenuti, infatti, l’ordine in cui le variabili Causa – Effetto sono disposte in una frase, incide sulla forza dell’inferenza causale e sull’influenza che il Word Order esercita sulla percezione di rischiosità.

Dai primi feedback, si riscontra una predominanza dell’effetto dell’ordine delle parole, il quale risulta maggiormente accentuato nella condizione CE, indipendentemente dal genere dei partecipanti.
Tuttavia, questa differenza si è verificata soprattutto quando i partecipanti dichiaravano comportamenti considerati a rischio. In un’analisi successiva è stata evidenziata, infatti, una distinzione tra i partecipanti che riportano una percezione più o meno sana delle proprie abitudini alimentari e del proprio stile di vita.

Si è visto che, a differenza delle persone più salutari, coloro che indicano comportamenti a rischio sono soggetti a maggiore influenza da parte del Word Order.

Nello specifico, mentre nel primo caso la correlazione percepita tra Causa – Effetto si mantiene sopra la media, indipendentemente dall’ordine di presentazione delle variabili, nel secondo caso si riscontra un aumento dei punteggi in corrispondenza della condizione CE, piuttosto che EC. Il risultato potrebbe essere dovuto al fatto che si trattava di persone maggiormente coinvolte nelle problematiche presentate.
Infine, coloro che presentano maggiore influenza dell’ordine delle parole, risultano anche essere maggiormente disposti ad accettare un cambiamento comportamentale. Ciò si dimostra in linea con la letteratura, la quale prende in considerazione la modifica degli atteggiamenti come presupposto necessario per agire sul comportamento.
Secondo il modello classico comportamentale citato in precedenza, infatti, gli atteggiamenti sono indicati come una delle variabili responsabili per il determinarsi di comportamenti a lungo termine.

Si può ipotizzare dunque che, modificando la percezione di rischiosità, correlata al rapporto tra cause e ed effetti, si può generare un cambiamento comportamentale. (Petty e Cacioppo, 1986)

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon

 

 

Ricerca Risultati

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Avendo considerato l’intensità della correlazione tra variabili di causa ed effetto, come indicativo della percezione di rischiosità in relazione al Word Order, è stata condotta un’ ANOVA su valori assoluti, con misure ripetute sulla prima variabile a 2 (ordine : causa-effetto vs. effetto-causa) x 2 ( genere del partecipante ).
Tale analisi ha rivelato un solo risultato: un effetto principale per l’ordine , F (1118) = 6.03 , p = .016 , ?2 = .05 . Come previsto, la correlazione tra causa ed effetto è stata percepita più forte quando è la causa a precedere l’ effetto (M = 58.17 , sd = 19.54) rispetto a quando l’effetto precede la causa (M = 54.14 , sd = 20.12).

Attraverso una seconda analisi si è visto inoltre che, i partecipanti che giudicano le proprie abitudini alimentari come più sane, sono quelli che percepiscono più forte la correlazione causa ed effetto, indipendentemente dal fatto che venga menzionata per prima la causa, r (120) = 0,23, p = 0,011, piuttosto che l’effetto, r (120) =. 19, p = 0,038. Nessuna correlazione è stata riscontrata per le altre abitudini collegate allo di stile di vita.
Teoricamente più interessante è la questione che riguarda i partecipanti con diversi stili di vita, considerati meno salutari, sui quali si è voluta verificare l’influenza del Word Order. Abbiamo quindi calcolato, per ogni partecipante, la differenza del legame percepito (in punteggi assoluti) tra problemi di salute presentati in CE e quelli presentati in forma EC (CE meno EC).
Punteggi alti hanno indicato che i partecipanti percepiscono una correlazione più forte nella condizione CE rispetto a EC.
Abbiamo poi correlato questi punteggi di differenza tra le due condizioni con i comportamenti legati alla salute auto-riportati dei partecipanti. È interessante notare che i partecipanti che riportano comportamenti maggiormente a rischio (fumatori e consumatori di alcol) sono più sensibili al Word Order. La maggioranza dei partecipanti che indicano di essere fumatori, r(120) =. 19, p = 0,034, che bevono frequentemente superalcolici, r(120) =. 32, p <.001, vino e birra, r(120) = 27. , p = 0,003, riportano una maggiore percezione di correlazione tra le variabili nella condizione CE piuttosto che EC.
Ancora più importante, infine, è che i partecipanti più sensibili al Word Order sono coloro che hanno riportato di essere più disposti a modificare le proprie abitudini alimentari e il loro stile di vita, r (120) =. 24, p = 0,009.

 

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Studio e Ricerca: Disegno e procedura

Studio e Ricerca: Disegno e procedura

È stato utilizzato un disegno between-subjects per studiare l’effetto del Word Order sulla percezione di rischiosità in relazione al tipo di ragionamento (diagnostico vs. predittivo). Si tratta di un disegno “tra soggetti”, che corrisponde ad un esperimento in il materiale viene somministrato a soggetti differenti.

Abbiamo costruito due condizioni in cui abbiamo manipolato l’ordine di presentazione di potenziali cause ed effetti, all’interno delle frasi.

Le due versioni del questionario sono state pubblicate o n-line attraverso il software Surveymonkey®.

Le persone che decidevano di partecipare, dovevano rispondere a ciascuna domanda obbligatoriamente per poter proseguire la compilazione dell’intero questionario.

Per il corretto svolgimento del compito, inoltre, è stata introdotta una breve premessa che consentisse di chiarire il concetto di correlazione ai partecipanti (vedi allegato A).

Le domande che seguivano venivano presentate una ad una, in schermate indipendenti, sotto forma di affermazioni di cui il partecipante doveva esplicitare il grado di correlazione percepito, per un totale di 16 schermate complessive.
Le risposte venivano registrate attraverso la scelta del valore che meglio poteva rispecchiare la percezione di ogni soggetto, su una scala da -1 a +1.

Alla fine i partecipanti sono stati congedati tramite un messaggio di ringraziamenti aver partecipato allo studio.

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon

 

Studio e ricerca Partecipanti

Studio e ricerca: Partecipanti

120 persone di lingua italiana sono state invitate a partecipare al presente studio.

Non sono state previste limitazioni di alcun genere (età, genere, lavoro, provenienza), era richiesta unicamente una buona comprensione dell’Italiano.

È stato pubblicato un annuncio web-based su piattaforme di social network insieme al link del questionario.

Al fine di garantire una partecipazione libera , è stato chiesto ai partecipanti di leggere un modulo di consenso prima di iniziare l’esperimento.

230 persone hanno risposto al bando.

Tuttavia, in un momento successivo, il campione è stato ridotto tenendo conto della completezza delle risposte, fino ad un totale di 120 partecipanti.

Essendo lo strumento composto da due versioni, somministrate a persone differenti, si può precisare una suddivisione in 60 partecipanti, per versione, 30 maschi e 30 femmine.

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon