Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva. Introduzione

Metaforicamente parlando.

Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva.

Introduzione

Le metafore, la loro natura, le loro caratteristiche e il loro ruolo nella comunicazione sono stati per secoli oggetto di riflessione, e lo sono ancora oggi. A partire dall’antica Grecia, discipline quali retorica e filosofia, seguite da studi di linguistica, psicologia, sociologia, antropologia e altro hanno analizzato ed elaborato distinti modelli teorici. Alla metafora come evento linguistico descritta dalla tradizione classica, la prospettiva cognitiva e strumentalista oppone la metafora concettuale, capace di rendere i concetti più astratti agevoli e fruibili.

Di seguito è presentata l’evoluzione storica delle diverse concezioni elaborate intorno alle metafore e al loro ruolo nella comunicazione persuasiva. Il presente studio si concentra prevalentemente sull’ipotetico potere persuasivo della metafora nella comunicazione quotidiana e sul conseguente atteggiamento mostrato dal destinatario. In concreto, si analizzano le scelte e le modalità attuate dai partecipanti a seconda dello scopo della comunicazione. Alcun riferimento viene sviluppato in merito alla sfera applicativa di propaganda, pubblicitaria o quant’altro.  Si procederà invece ad introdurre uno studio di ricerca mirato per lo più alla comunicazione quotidiana e all’atteggiamento mosso dalla dimensione persuasiva che la metafora sottende. Si andrà poi ad analizzare i comportamenti di scelta e di utilizzo che i partecipanti dello studio mettono in atto per soddisfare lo scopo della comunicazione attivato sperimentalmente.

L’intenzione è quindi quella di trasferire l’interesse sull’argomento da un piano pubblico e volto all’esplicita intenzione di influenzare il pubblico in vista di un’azione utilitaristica, ad un piano più privato, se così si può dire, legato maggiormente agli scambi di informazione propria del dialogo interpersonale tra interlocutori potenzialmente paritetici.

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva: Sommario

Metaforicamente parlando.

Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva.

Sommario

L’argomento attorno al quale si sviluppa questo studio di ricerca è il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva quotidiana. Lo scopo principale è quello di analizzare il potere persuasivo di tale strumento linguistico e l’influenza da esso  esercitata sul ricevente.

Facendo riferimento ad argomenti e a situazioni che riguardano la sfera quotidiana della comunicazione tra interlocutori paritetici, si vuole andare ad indagare quale sia la scelta e l’utilizzo della metafora, da parte dell’attore, in relazione all’obiettivo  della comunicazione.

Sulla base di un excursus storico e teorico che evidenzia le diverse concezioni sull’argomento, è stata posta maggiore attenzione al pensiero di   Lakoff e Johnson (1980) sulle quali è stato costruito il materiale utilizzato per lo sviluppo della ricerca.

Lo strumento utilizzato è stato un questionario, costruito ad hoc, da utilizzare in un disegno di tipo between subject.

Attraverso tale metodo è stato proposto lo stesso contenuto ad un campione di 140 partecipanti, selezionato in aree geografiche di convenienza, facendo però  variare il contesto comunicativo di riferimento.

Dalle analisi dei dati raccolti è emerso ciò che viene presentato nelle ipotesi.

È stata  infatti dimostrata con evidenza la coerenza tra la scelta del linguaggio e il tipo di comunicazione a cui si fa riferimento.

Le caratteristiche della comunicazione persuasiva, contrapposte a quelle della comunicazione informativa, rendono salienti schemi cognitivi che sono finalizzati all’attivazione di atteggiamenti specifici nell’interlocutore.

La scelta della metafora risulta così  necessaria in vista del suddetto obiettivo relazionale.

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

Il Linguaggio del corpo nella vendita – 1

Il Linguaggio del corpo nella vendita

Fonte: Studio Castello Borgia

Obiettivo di questo articolo è di introdurre il concetto di “linguaggio del corpo” e la sua importanza nei contesti di vendita e, più in generale, in tutti i contesti relazionali.

Nei prossimi articoli approfondiremo alcuni altri aspetti del linguaggio del corpo scoprendo il significato degli sguardi, delle espressioni facciali, la gestualità relativa ai capelli, alla testa, orecchie e naso.

Quando parliamo di linguaggio del corpo, ovviamente, parliamo di comunicazione non verbale ovvero della forma più “potente” di comunicazione tra le persone,

In Psicologia la comunicazione riveste un ruolo importante ed è stata oggetto di molti studi e ricerche.

I fenomeni comunicativi sono classificati usualmente dagli studiosi (semiologi, filosofi del linguaggio, psicologi ecc.) secondo tre livelli o modi di organizzazione cui corrispondono altrettanti campi disciplinari:

    1. La Sintassi: che studia l’ordinamento degli elementi della comunicazione quali i segni, i simboli, i codici e la lingua, le loro correlazioni interne e relativi modi di combinazione
    2. La Semantica: che studia il significato delle parole e si occupa, in pratica, del rapporto fra Sintassi e i suoi oggetti concettuali (il significato e le relative nozioni di riferimento)
    3. La Pragmatica che si occupa del rapporto fra comunicazione (intendendo come tale sintattica, semantica, vocalità e linguaggio corporeo), interlocutori e ambiente nella quale la comunicazione avviene.

Forniremo di seguito una spiegazione di alcuni dei principi della Comunicazione (in particolare due presi prevalentemente dal campo disciplinare della Pragmatica) riconosciuti da tutte le SCIENZE DEL COMPORTAMENTO e adottati da tutti gli operatori sul campo (psicologi, pedagogisti, sociologi pubblicitari, negoziatori, venditori di alto livello, ecc.).

Rimandiamo alla relativa bibliografia gli eventuali approfondimenti sulla dimostrata validità scientifica dei Principi di cui tratteremo.

1º  Principio

La prima distinzione della Pragmatica della Comunicazione viene fatta fra Comunicazione digitale e Comunicazione analogica, la prima afferisce al significato letterale delle parole o della frase, mentre la seconda trasmette un contenuto attraverso un gesto od una frase (analogia).

Esistono quindi due modi di comunicare: quello mediante la parola dove il significato è  letterale (digitale) – ad esempio”.. .ti va di bere insieme un aperitivo? ..” – e quello mediante l’immagine esplicativa, il gesto o l’analogia verbale – ad esempio mimare l’atto di bere un bicchiere di vino o liquore (immagine esplicativa/gesto) o dire “…Ti va un goccio? (analogia verbale), altro esempio è chiedere il costo di un determinato prodotto (digitale) oppure il classico gesto (analogico) del pollice che sfrega il dito indice (vedi figura).

È bene ricordare che la Comunicazione analogica trova le sue radici in periodi molto arcaici dell’evoluzione umana, la sua efficacia origina dal linguaggio dei segni e dai cosiddetti SEGNI DI INTENZIONE, manifestazioni straordinariamente comuni ed utilizzate da popoli di lingue e culture diametralmente diverse.

Che cosa sono i SEGNI DI INTENZIONE ?

Sono i gesti che, per esempio, mimano la funzione di bere, fumare, mangiare, andare a piedi o in moto, ecc.

I segni di intenzione possono rientrare negli emblemi gestuali (che vedremo in articolo futuro).

Per concludere occorre ricordare che la Comunicazione digitale, in termini storici, è relativamente molto più recente dell’analogica, quindi molto più astratta e meno sedimentata nella “coscienza neuronale” della società.

2º Principio

La Comunicazione può essere verbale e non verbale .

Per verbale s’intende il significato delle parole e per non verbale s’intendono la voce (tono, volume, velocità, ritmo, pause) ed il linguaggio del corpo.

Che tipo di Comunicazione viene utilizzata prevalentemente e con quale efficacia?

Proviamo a spiegarlo con un esempio: Se chiediamo ad un collega, che non ci appare particolarmente sereno, cosa c’è che non va e lui, scrollando la testa e aggrottando la fronte, si gira dall’altra parte e leggermente ricurvo mormora: “Oh niente…niente ..Va tutto bene !…” siamo disposti a credere alle sue parole ?

Probabilmente no. È chiaro che siamo inclini a dare maggior importanza al suo linguaggio del corpo (che lascia trapelare un evidente disagio) piuttosto che alle sue parole.

Il motivo del nostro scetticismo sulla veridicità dei messaggi verbali, in presenza di segnali incongruenti del linguaggio del corpo, è molto chiaro agli esperti della comunicazione.

La Psicologia della comunicazione assegna maggiore importanza alla Comunicazione non verbale perché si ritiene che abbia la parte preponderante in un messaggio.

Infatti, in seguito a ricerche (Meherabian) le componenti costitutive di un messaggio efficae vengono così suddivise:

– 7 % verbale
– 38 % vocale /paraverbale (tono, volume, velocità, ritmo, pause)
– 55 %  linguaggio del corpo (posture, gestualità, espressioni facciali)

Come si può constatare il linguaggio del corpo è di fondamentale importanza perché rappresenta più del 55%  delle componenti del messaggio mentre il messaggio verbale influisce in misura ridotta.0

Una chiave importante per una comunicazione efficace, quindi, è la coerenza o CONGRUENZA fra il significato trasmesso dalla Comunicazione verbale e da quella non verbale, in altre parole un messaggio è congruente quando la comunicazione verbale è confermata dalla comunicazione non verbale. Laddove invece il linguaggio del corpo non è coerente con il verbale si parla di incongruenza, per esempio se una persona ci dice di credere a quello che abbiamo detto e contemporaneamente scuote la testa lateralmente (facendo il segno no con i movimenti del capo), possiamo dire che è incongruente e, in questo caso, che probabilmente sta mentendo.

L’incongruenza è una delle chiavi di lettura per riconoscere le persone quando mentono.

Esempi di utilizzo del linguaggio del corpo nei contesti di vendita

1 – NON C’È MAI UNA SECONDA VOLTA PER UNA PRIMA IMPRESSIONE

    • L’impatto iniziale con il Cliente è un momento molto importante perché è qui che si gettano le basi per la relazione futura. In ogni relazione, infatti, esiste un periodo iniziale di tempo, molto breve, che in psicologia è chiamato “imprinting“, durante il quale le sensazioni che proviamo rimangono bene impresse influenzando l’opinione che ci facciamo dell’interlocutore e determinando in tal modo l’andamento futuro della relazione.

Per esempio, se ci rivolgiamo ad un professionista (medico, avvocato, commercialista, ecc.) sulla base di quali elementi decidiamo di affidarci a lui?. Non necessariamente sulla sua professionalità perché si può valutare solo nel tempo.

La decisione che prendiamo non si basa su dati oggettivi bensì soggettivi; ovvero il giudizio, la valutazione e l’idea che ci facciamo si basano su sensazioni emotive, non razionali, la fiducia che ci ispira nasce da stati d’animo, dal “clima” che si è creato.

E queste sensazioni sono la conseguenza non solo di quello che il nostro interlocutore dice ma soprattutto da come lo dice, da come si muove, in sintesi dal suo linguaggio non verbale.

L’Imprinting quindi, in una relazione determina la chiusura o apertura, la disponibilità o la non disponibilità del Cliente. Quando s’incontra un Cliente nuovo o con cui non si ha ancora sufficiente familiarità, è importante saper gestire nel modo migliore l’impatto iniziale.

In molti casi ciò che viene suggerito nella fasi iniziali di una vendita (la rottura del ghiaccio) è di adeguare il nostro linguaggio del corpo a quello del nostro interlocutore, adottare quindi una comunicazione non verbale appropriata, consente di entrare in sintonia, catturare l’attenzione, condurre l’interazione con l’interlocutore, e migliorare quindi le probabilità di raggiungimento di quanto desideriamo o dell’obiettivo che ci siamo preposti.

Esempi (alcuni) di segnali positivi e/o negativi del linguaggio del corpo e loro significato

Segnali di gradimento

1.    Bacio dato a se stessi.

Il soggetto esprime inconsapevolmente un bacio, arricciando le labbra anche lievemente, indirizzandolo verso nessuno in particolare.

L’atto esprime gradimento verso la tematica tratta o il soggetto con cui dialoga.

2.    Accarezzamento delle labbra con le dita o il dorso della mano.

Indica un grosso gradimento emotivo nei confronti della tematica tratta o del suo interlocutore.


3.    Linguino.

È costituito dalla rotazione della lingua sulle labbra o la sua semplice esposizione. Rappresenta il massimo segnale di gradimento nei confronti dell’argomento o del soggetto coni cui interagisce. Generalmente, dopo questo segnale, è possibile avanzare la richiesta per ottenere il consenso.

4.    Moridicchiarsi le labbra.

Il soggetto riconosce nell’interlocutore un grosso potenziale di coinvolgimento emotivo e inconsciamente lo invita ad approfondire l’argomento trattato.

5.    Accarezzarsi i capelli.

Indica una estrema gratificazione nei confronti dell’interlocutore o dell’argomento espresso con connotazione affettiva.


6.    Spostare il busto o il corpo in avanti.

Indica un interesse rispetto all’argomento trattato dal soggetto con cui interagisce.

Per capire se chi abbiamo di fronte esprime gradimento rispetto alla nostra persona o all’argomento che è oggetto di discussione, basta notare se gli atti che compie vengono espressi frequentemente durante l’interazione o solo su determinate frasi. Infatti, se il soggetto ci segnala inconsciamente gesti di gradimento è evidente che sono rivolti verso di noi. Se invece vengono espressi solo su determinate frasi, i segnali positivi sono limitati all’argomento trattato.

Se il vostro interlocutore esprime segnali positivi vuol dire che avete svolto un buon lavoro in precedenza e avete raggiunto un grosso potenziale di persuasione per avanzare le vostre richieste ottenendo il consenso o comunque farà tutto quello che possibile fare per venire incontro alle vostre esigenze.

Segnali di rifiuto

1.    Sfregare con le dita il naso.

Il soggetto rifiuta l’argomento o frase espressa (è anche un indizio di falso nella menzogna).


2.    Spostare il corpo indietro.

Simbolicamente indica un allontanamento dell’argomento o dall’interlocutore.


3.    Spostare occasionalmente oggetti lontano dalla propria persona.

Indica un allontanare gli argomenti trattati.

4.    Spolverare o spazzare via dagli abiti o dal tavolo polvere o briciole.

Rappresenta il volersi liberare dai problemi attinenti all’argomento espresso.

5.    Gambe accavallate e braccia conserte.

Rappresentano una chiusura nei confronti dell’argomento trattato o dell’interlocutore. Generalmente segnalano che l’individuo desidera inconsciamente che l’argomento non deve essere toccato (oppure non è ancora pronto ad affrontarlo), possono anche segnalare una chiusura nei confronti dell’interlocutore (per esempio non si fida dell’interlocutore).

Se il soggetto assume alcuni dei segnali sopra indicati, rappresenta una verifica negativa del lavoro svolto in precedenza.  Quindi dovrete fermarvi e capire dove avete sbagliato.

Nei prossimi articoli approfondiremo alcuni altri aspetti del linguaggio del corpo scoprendo il significato degli sguardi, delle espressioni facciali, la gestualità relativa ai capelli, alla testa, orecchie e naso.

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© Il Linguaggio del corpo nella vendita – Dott. Andrea Castello – Dott.ssa Borgia Irene

La comunicazione non violenta: un nuovo approccio per i coach

LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA UN NUOVO APPROCCIO PER I COACH

Nel mio percorso professionale di coach ho avuto modo di apprendere diversi approcci, metodologie e teorie, riguardanti la comunicazione e la relazione con gli altri: pnl, analisi transazionale, assertività, ma nessuno di questi mi ha cambiato la vita come l’aver conosciuto e applicato l’approccio della comunicazione non violenta di Marshall B. Rosenberg.

Quando si parla di comunicazione automaticamente ci vengono in mente le nostre relazioni personali e i rapporti che agiamo quotidianamente con gli altri; il punto è che per la maggior parte dei casi non siamo consapevoli di come arriva la nostra comunicazione e di quali siano i sentimenti e gli stati d’animo che possono stimolare le nostre dichiarazioni.

Il coaching aiuta le persone a sviluppare una nuova prospettiva orientata all’utilizzo di comportamenti specifici più adeguati al contesto e al risultato che vogliamo ottenere.

L’applicazione della comunicazione non violenta nel coaching aiuta il coachee a migliorare la qualità delle sue relazioni personali e professionali.

Uno dei più importanti presupposti nella comunicazione è: “impossibile non comunicare”, lo facciamo sempre, anche senza parlare, ci attiviamo con lo sguardo, con le nostre espressioni, con il nostro atteggiamento non verbale, ma anche con la voce, i toni,la velocità, il volume. Tutti i nostri comportamenti comunicano e la sensibilità di ognuno di noi è maggiormente colpita da questi elementi (gesti, toni, voce) rispetto alle stesse parole e al loro significato. (studi di Mehrabian)

I linguaggi che adottiamo spesso sono inconsapevolmente pieni di valutazioni, giudizi, critiche nei confronti degli altri e ciò provoca risposte distorte da parte dei nostri interlocutori, anche se la nostra intenzione non è quella di creare conflitto. Non riusciamo a guardare dentro noi stessi e a dichiarare apertamente e comunicare cosa gli altri dovrebbero fare di diverso per cambiare la situazione.

Spesso, attiviamo delle lamentele nei confronti degli altri, ci poniamo come  vittime degli eventi, attribuiamo agli altri la causa dei nostri mali interni e siamo pronti a dirci impotenti ed innocenti, come se ciò che ci avviene intorno fosse agito in maniera forzata ed involontaria. Ci riempiamo  in questo caso di frasi come “devo,” “non posso”, “non ho scelta”.  Iniziamo a cercare “capri espiatori”,  siamo pronti a dare la colpa agli altri di come ci sentiamo.

Questo tipo di linguaggio è “cieco”, poiché non abbiamo consapevolezza né dei nostri sentimenti, né di ciò che provocano verso gli altri i nostri comportamenti giudicanti e valutativi; puntiamo il dito verso chi non la pensa come noi  e pensiamo di essere nel giusto, poiché il nostro punto di vista è l’unico che consideriamo e non esistono altre opzioni. Questo approccio aumenta i conflitti e allontana le buone relazioni.

Il passaggio dal linguaggio “cieco” al linguaggio che io definisco “generoso”, avviene quando prendiamo atto del fatto che i nostri sentimenti dipendono esclusivamente da come noi reagiamo e interpretiamo i comportamenti altrui. Siamo artefici della costruzione del nostro mondo interiore ed esteriore e utilizziamo il nostro linguaggio come fonte per generare la nostra realtà.

Le nostre credenze, che sono l’insieme delle convinzioni che abbiamo maturato  con le esperienze nel corso della nostra vita, rappresentano il filtro attraverso il quale percepiamo la realtà. La nostra percezione della realtà è sempre soggettiva, così come le nostre reazioni. Queste sono il  risultato di un processo di rielaborazione della nostra mente ma  possono essere pienamente sotto il nostro controllo, se ci alleniamo ad utilizzarle meglio.

L’approccio della comunicazione non violenta  è un buon metodo per sviluppare l’empatia e allontanare i giudizi e può essere applicato tenendo presente 4 fasi.

1-    Sviluppare l’osservazione dell’altro senza valutare,

Il filosofo indiano J. Krishnamurti una volta affermò che osservare senza giudicare è la forma più elevata di intelligenza umana. Ma per la maggior parte di noi è difficile osservare le persone ed i loro comportamenti senza mescolarvi giudizi, critiche o altre forme di analisi. Separare le osservazioni dalle valutazioni, significa osservare e cercare quei  comportamenti specifici e contestualizzati che ci provocano reazioni piacevoli o spiacevoli.

Ogni volta che si attiva una comunicazione è utile chiedersi: che cosa ha fatto l’altra persona che mi ha colpito?

2-    Riconoscere i propri sentimenti, emozioni e dichiararle

Il secondo atto da compiere per applicare un linguaggio diverso e più generoso è riconoscerci vulnerabili, cioè oltre a capire cosa ci fa reagire emotivamente ancheindividuare il nostro sentimento tra dicotomie semplici come piacere o dolore.

Essere vulnerabili significa esprimere apertamente come ci sentiamo quando gli altri fanno qualcosa che ci piace o non ci piace. Impariamo a riconoscere e ad esprimere l’emozione e lo stato emotivo che ci rimane dai comportamenti altrui. Significa osservare e ascoltare prima noi stessi e non giudicare gli altri per quello che hanno fatto o non fatto, detto o non detto. Partiamo dal presupposto che ogni azione è agita da una buona intenzione, è la nostra interpretazione che ci provoca sentimenti particolari.

Il linguaggio diventa l’espressione dell’interpretazione che diamo agli eventi della realtà, significa rispondere alle domande:  cosa mi provoca il comportamento osservato o le parole dette dagli altri? Tristezza, gioia, divertimento, ira.

 

3-    Dichiariamo di che cosa abbiamo bisogno.

I nostri sentimenti sono strettamente legati ai nostri bisogni, per cui adottando questo  nuovo tipo di linguaggio, impariamo a focalizzarci su ciò di cui avremmo bisogno che gli altri facessero di diverso per migliorare la relazione o semplicemente per farci sentire meglio.

Ogni volta che comunichiamo con l’altro dobbiamo chiederci: qual è il bisogno che vorrei che l’altro soddisfacesse?

 

4-    Esprimere richieste chiare e specifiche che vadano a soddisfare i nostri bisogni e a modellare i nostri sentimenti.

E’ necessario focalizzarsi ed esprimere chiaramente ciò che si vuole ottenere dal nostro interlocutore, cosa ci si aspetta che faccia l’altro per soddisfare questo bisogno emerso ed evitare di esprimerlo in senso negativo.

Per fare richieste chiare occorre chiedersi ed esprimere: cosa vorrei che facesse l’altro di diverso? cosa vorremmo chiedere all’altro in relazione a questi  bisogni?

Tanto più abbiamo chiaro cosa vogliamo in cambio, tanto più facilmente potremmo ottenerlo, allontanando così i conflitti relazionali, generati dalla formulazione frettolosa di giudizi e critiche.

Esprimere richieste ci porta dei grandi vantaggi ci rende più assertivi e ci apre possibilità, in quel momento non considerate. Fare richieste è un atto di coraggio poiché esprimiamo linguisticamente che ci manca qualcosa.

Ma evitare di farle ci porta a nasconderci dietro speculazioni e supposizioni che ci portano a grandi fraintendimenti e frustrazioni; stati di risentimento nei confronti di chi non sa rispondere adeguatamente ai nostri bisogni inespressi.

Esprimere chiaramente il nostro bisogno ci sintonizza in maniera aperta ed empatica verso l’altro interlocutore.

Richiedere qualcosa ci fa ottenere ad ogni modo una risposta di cui abbiamo necessità.

Questo approccio ci permette di essere autentici e genuini e di evitare i conflitti, di metterci in relazione con noi stessi e con gli altri e permette alla nostra naturale empatia di sbocciare.

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© MASSIMO PERCIAVALLE

Psicologo e coach accreditato international coach federation presidente di www.makeitso.it formazione e consulenza.

L’Immagine dello Psicologo: Conclusione

L’IMMAGINE DELLO PSICOLOGO: CONCLUSIONE

Dalla ricerca condotta emerge un’ immagine positiva dello/a psicologo/a, visto/a come figura professionale competente ed esperta, anche se meno prestigiosa del medico, dello psichiatra e dell’avvocato, questi risultati sono coerenti con le osservazioni fatte nelle altre ricerche della letteratura sia Italiana sia straniera.

Emerge un’immagine stereotipata dello/a psicologo/a, come uno/a psicologo/a vestito/a bene, con gli occhiali, che è seduto/a ad ascoltare il cliente intento/a  a scrivere appunti, alcuni lo/a descrivono anche con il camice. Questi dati corrispondono con le ricerche fatte da Barrow e Hartwing, l’unica differenza è che per il campione bolognese il genere dello/a psicologo/a è indifferente, ed è più importante la competenza.

Sembra non esserci un’adeguata conoscenza dell’intervento psicologico in quanto la maggioranza ha risposto che l’intervento psicologico si rivolgerebbe in prevalenza alle persone con disturbi, invece l’intervento dello psicologo è volto a promuovere il benessere dell’individuo, del gruppo e della comunità.

L’intervento psicologico è visto prevalentemente a livello clinico e individuale, a scapito del gruppo e della comunità.

Emerge una certa confusione sulla formazione dello/a psicologo/a che per molti può fare anche psicoterapia e solo per pochi può prescrivere psicofarmaci, lo/a psicologo/a sembra essere identificato con lo psicoterapeuta.

La conoscenza riguardo allo/a psicologo/a derivano per lo più da discorsi con amici, trasmissioni tv e libri, le donne sembrano averne una maggior conoscenza.

Probabilmente come anche affermato da Blandino nel 2000, i mass media contribuiscono a trasmettere un’immagine unitaria e riduttiva della psicologia, come se l’unica fosse quella clinica psicoterapeutica, come se non esistessero altre teorie e metodi, mescolandoli inoltre ad un senso comune, a pregiudizi, credenze e miti.

Nonostante l’immagine positiva della figura professionale dello psicologo/a si riscontrano conoscenze basse relative al fine dell’attività e alla formazione dello/a psicologo/a, sarebbe perciò necessaria un’educazione e un’informazione maggiore sul ruolo professionale dello psicologo/a cosicché più persone possano usufruire e trarre vantaggio dagli interventi psicologi.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Allport G. Personality: a Psychologycal Interpretation. Henry Holl: New York 1954
  • Ashton Kathleen R. (2001) The public image of psychologists: development and validation of an attitudes toward psychologists scale. http://etd.ohiolink.edu/send-pdf.cgi/Ashton%20Kathleen%20R.pdf?osu1230734475 consultato il 06/11/12
  • Barrow Rosemary (2000) Determining stereotypical images of psychologists: the draw a psychologist check list. College student Journal Publisher: Project Innovation Vol. 34, 1, gennaio 2000, 123-133 http://www.freepatentsonline.com/article/College-Student-Journal/62839409.html consultato il 06/11/12
  • Blandino Giorgio Il parere dello psicologo. La psicologia e i mass media Milano: Raffaello Cortina 2000 1° ed.
  • Brown Rupert Psicologia sociale dei gruppi  Bologna: il Mulino 1990 tr. It. Elvira Cicognani ( titolo originale Group process. Dynamics within and between Groups Oxford Basil Blackwell Ltd 1989 )
  • Carli Renzo, Paniccia Rosa Maria e Salvatore Sergio (2004), “L’immagine dello psicologo in Toscana: lo psicologo nella cultura della regione Toscana”, Ordine Psicologi Toscana, Firenze. http://www.psicologia.toscana.it/fileadmin/user_upload/Rivista/ricercacarli.pdf consultato il 06/11/12
  • Crocetti Guido, Cucino Antonio, Maiorano Nicola, Stampa Pietro Manuale etico-giuridico della professione di Psicologo. Raccolta delle norme fondamentali annotate e commentate. Bologna: Pendragon 2008
  • Gattino Silvia, Miglietta Anna, Converso Daniela Introduzione alla psicologia sociale. Teorie e strumenti per gli operatori dell’educazione e della cura Roma: Carocci 2008 1° ed.
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  • Myers David G. Psicologia Sociale ed.it a cura di Marta Elena e Lanz Margherita, Milano: The McGraw Hill Companies 2009
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  • Ordine Nazionale degli Psicologi http://www.psy.it/allegati/legge_56_1989_02_18.pdf   consultato il 06/11/12
  • Ordine Nazionale degli Psicologi http://www.psy.it/allegati/doc_04_07_03.pdf documento di sintesi e linee di sviluppo. consultato in data 21/11/12
  • Perussia Felice Psicologo storia e attualità di una professione scientifica Torino: Bollati Boringhieri 1994 1° ed.
  • Sarchielli Guido, Fraccaroli Franco, le professioni dello psicologo. Percorsi formativi in Italia e in Europa. Competenze e attività di una professione emergente. Sbocchi occupazionali. Milano: Raffaello Cortina 2002  1° ed.
  • Tajfel Henri Gruppi Umani e Categorie Sociali Bologna: Il Mulino 1985 Nuova ed. 1995  tr. It. Di Caprioli Carla (titolo originale Human Groups and Social Categories. Studies in Social Psychology Cambridge: Cambridge University Press 1981)
  • Voci Alberto Processi psicosociali nei gruppi Roma-Bari: Gius.Laterza & Figli Spa 2003 1° ed.
  • Webb Anita Rosario, Speer James Ramsey (1985) The Public Image of Psychologists.  American Psychologist, 40, 9, September 1985, 1063-1064.
  • Wood Wendy, Jones Melinda, Benjamin Ludy T. Jr. (1986) Surveying Psychology’s Public Image. American Psychologist 41, 9, September 1986, 947- 953.
  •  

 

 

 

Ffonte sul sito del Dott. Igor Vitale

 

© L’immagine dello psicologo: una ricerca nella provincia di Bologna – Elisa Spisni


 

L’immagine dello psicologo: Conclusione

L’immagine dello psicologo: CONCLUSIONE

Dalla ricerca condotta emerge un’ immagine positiva dello/a psicologo/a, visto/a come figura professionale competente ed esperta, anche se meno prestigiosa del medico, dello psichiatra e dell’avvocato, questi risultati sono coerenti con le osservazioni fatte nelle altre ricerche della letteratura sia Italiana sia straniera.

Emerge un’immagine stereotipata dello/a psicologo/a, come uno/a psicologo/a vestito/a bene, con gli occhiali, che è seduto/a ad ascoltare il cliente intento/a  a scrivere appunti, alcuni lo/a descrivono anche con il camice. Questi dati corrispondono con le ricerche fatte da Barrow e Hartwing, l’unica differenza è che per il campione bolognese il genere dello/a psicologo/a è indifferente, ed è più importante la competenza.

Sembra non esserci un’adeguata conoscenza dell’intervento psicologico in quanto la maggioranza ha risposto che l’intervento psicologico si rivolgerebbe in prevalenza alle persone con disturbi, invece l’intervento dello psicologo è volto a promuovere il benessere dell’individuo, del gruppo e della comunità.

L’intervento psicologico è visto prevalentemente a livello clinico e individuale, a scapito del gruppo e della comunità.

Emerge una certa confusione sulla formazione dello/a psicologo/a che per molti può fare anche psicoterapia e solo per pochi può prescrivere psicofarmaci, lo/a psicologo/a sembra essere identificato con lo psicoterapeuta.

La conoscenza riguardo allo/a psicologo/a derivano per lo più da discorsi con amici, trasmissioni tv e libri, le donne sembrano averne una maggior conoscenza.

Probabilmente come anche affermato da Blandino nel 2000, i mass media contribuiscono a trasmettere un’immagine unitaria e riduttiva della psicologia, come se l’unica fosse quella clinica psicoterapeutica, come se non esistessero altre teorie e metodi, mescolandoli inoltre ad un senso comune, a pregiudizi, credenze e miti.

Nonostante l’immagine positiva della figura professionale dello psicologo/a si riscontrano conoscenze basse relative al fine dell’attività e alla formazione dello/a psicologo/a, sarebbe perciò necessaria un’educazione e un’informazione maggiore sul ruolo professionale dello psicologo/a cosicché più persone possano usufruire e trarre vantaggio dagli interventi psicologi.

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    • Brown Rupert Psicologia sociale dei gruppi  Bologna: il Mulino 1990 tr. It. Elvira Cicognani ( titolo originale Group process. Dynamics within and between Groups Oxford Basil Blackwell Ltd 1989 )
    • Carli Renzo, Paniccia Rosa Maria e Salvatore Sergio (2004), “L’immagine dello psicologo in Toscana: lo psicologo nella cultura della regione Toscana”, Ordine Psicologi Toscana, Firenze. http://www.psicologia.toscana.it/fileadmin/user_upload/Rivista/ricercacarli.pdf consultato il 06/11/12
    • Crocetti Guido, Cucino Antonio, Maiorano Nicola, Stampa Pietro Manuale etico-giuridico della professione di Psicologo. Raccolta delle norme fondamentali annotate e commentate. Bologna: Pendragon 2008
    • Gattino Silvia, Miglietta Anna, Converso Daniela Introduzione alla psicologia sociale. Teorie e strumenti per gli operatori dell’educazione e della cura Roma: Carocci 2008 1° ed.
    • Hartwing Steve G. (2002/2003)  Surveying Psychologys’ Public Image With Drawings Of a “Typical” Psychologist. South Pacific Journal of Psychology, 14, 2002/2003, 69-75. http://spjp.massey.ac.nz/issues/2002-v14/v14-hartwig.pdf    consultato il 06/11/12
    • Manieri Fabio (1983) L’immagine dello psicologo. Psicologia Italiana Vol.5, 2, 1983, 64-72.
    • Moscovici Serge Psicologia Sociale   Roma:  Borla 1989 tr.It. di Pavan Giovanni (titolo originale Psychologie sociale  Parigi: Universitaires de France 1984)
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    • Ordine Nazionale degli Psicologi http://www.psy.it/allegati/legge_56_1989_02_18.pdf   consultato il 06/11/12
    • Ordine Nazionale degli Psicologi http://www.psy.it/allegati/doc_04_07_03.pdf documento di sintesi e linee di sviluppo. consultato in data 21/11/12
    • Perussia Felice Psicologo storia e attualità di una professione scientifica Torino: Bollati Boringhieri 1994 1° ed.
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    • Tajfel Henri Gruppi Umani e Categorie Sociali Bologna: Il Mulino 1985 Nuova ed. 1995  tr. It. Di Caprioli Carla (titolo originale Human Groups and Social Categories. Studies in Social Psychology Cambridge: Cambridge University Press 1981)
    • Voci Alberto Processi psicosociali nei gruppi Roma-Bari: Gius.Laterza & Figli Spa 2003 1° ed.
    • Webb Anita Rosario, Speer James Ramsey (1985) The Public Image of Psychologists.  American Psychologist, 40, 9, September 1985, 1063-1064.
    • Wood Wendy, Jones Melinda, Benjamin Ludy T. Jr. (1986) Surveying Psychology’s Public Image. American Psychologist 41, 9, September 1986, 947- 953.

© L’immagine dello psicologo: una ricerca nella provincia di Bologna – Elisa Spisni

L’Immagine dello Psicologo: Differenze di genere nelle risposte

L’Immagine dello Psicologo: Differenze di genere nelle risposte

Tramite il test statistico Anova si vogliono valutare le differenze di genere nelle varie risposte al questionario, per brevità sono stati esaminati solo i risultati significativi.

Le donne si sono rivolte maggiormente ad un professionista della salute mentale rispetto agli uomini. Nel definire i tratti di personalità dello psicologo sembra che la donna tenda a generalizzare i tratti femminili quali affidabile, gentile e riservato, mentre l’uomo sembra che allo stesso modo generalizzi tratti maschili quali curioso, giudicante, manipolatore, saccente, spregevole e strano, l’uomo sembra che veda lo psicologo come più dominante e spregevole rispetto alla donna.

Gli uomini hanno dato risposte più alte sulla maggior parte degli item sulle attività dello psicologo come formula diagnosi, fa didattica, fa prevenzione, fa ricerca, fa riabilitazione, e hanno risposto di più rispetto alle donne che l’intervento dello psicologo avviene a livello della coppia.

Più donne hanno risposto che la classe sociale media è quella che maggiormente sirivolge ad uno/a psicologo/a e in particolare sono le persone normali che si rivolgono ad esso.

Per quanto riguarda le aree di intervento psicologico le femmine hanno risposto in maggioranza la psicologia della disabilità, della riabilitazione, delle dipendenze, clinica e psicoterapica, perciò aree prevalentemente sanitarie, mentre gli uomini hanno risposto di più aree quali la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, del marketing e della pubblicità, della comunicazione ed economica.

Le donne hanno risposto in modo maggiore rispetto agli uomini al fatto che solo lo psicologo può fare diagnosi psicologica, le donne hanno risposto che lo psicologo usa di più i disegni e gli uomini hanno risposto di più i giocattoli.

Nell’immagine dello studio di uno psicologo le donne hanno risposto di più l’item con una libreria e con un tavolo e gli uomini hanno risposto in modo maggiore l’item con la macchina del caffè rispetto alle donne.

Le donne sembrano avere una maggiore conoscenza della psicologia in quanto frequentano più corsi di psicologia, leggono più libri in questo ambito e vanno a vedere film psicologici in modo maggiore rispetto agli uomini.

Le donne hanno visto più film in cui lo/a psicologo/a aiuta a risolvere problemi, mentre nei libri lo psicologo/a analizza sogni e ascolta, fa didattica e interpretazioni, mentre gli uomini hanno letto libri dove lo psicologo fa interpretazioni.

Le donne seguono di più le rubriche alla radio su disturbi alimentari e problemi familiari e hanno risposto in modo maggiore al fatto che se in futuro avessero bisogno  si rivolgerebbero ad uno psicologo/a.

In questa analisi bisogna comunque tenere conto che la maggioranza del campione è composto da femmine.

Tabelle

 

 

Tratti di personalità

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

Affidabile

 

F 0,002

 

F

 

Attraente

 

F 0,005

 

M

 

Curioso

 

F 0,022

 

M

 

Gentile

 

F 0,003

 

F

 

Giudicante

 

F 0,000

 

M

 

Manipolatore

 

F 0,025

 

M

 

Riservato

 

F 0,043

 

F

 

Saccente

 

F 0,000

 

M

 

Spregevole

 

F 0,020

 

M

 

Strano

 

F 0,020

 

M

 

 

 

 

 

Attività

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

Formula diagnosi

 

F 0,001

 

M

 

Fa didattica

 

F 0,001

 

M

 

Fa prevenzione

 

F 0,038

 

M

 

Fa ricerca

 

F 0,000

 

M

 

Fa riabilitazione

 

F 0,030

 

M

 

 

 

 

 

L’intervento dello psicologo avviene di più a livello

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

Della coppia

 

F 0,028

 

M

 

 

 

 

Classi sociali che si rivolgono allo psicologo

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

media

 

F 0,035

 

F

 

 

 

 

Utilità dell’intervento dello psicologo con persone

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

normali

 

F 0,003

 

F

 

 

 

 

Aree di intervento utili

 

Significatività

 

Gruppo dalla media maggiore

 

Psicologia della disabilità

 

F 0,003

 

F

 

Psicologia della riabilitazione

 

F 0,030

 

F

 

Psicologia delle dipendenze

 

F 0,006

 

F

 

Psicologia clinica e psicoterapica

 

F 0,025

 

F

 

Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

 

n.s

 

M

 

Psicologia del marketing e pubblicità

 

n.s.

 

M

 

Psicologia della comunicazione

 

n.s.

 

M

 

Psicologia economica

 

n.s.

 

M

 

 

 

Ffonte sul sito del Dott. Igor Vitale

 

 

 

© L’immagine dello psicologo: una ricerca nella provincia di Bologna – Elisa Spisni



 



 

L’Immagine dello Psicologo: Frequenza delle risposte agli item

L’Immagine dello Psicologo: Frequenza delle risposte agli item

 

La maggioranza dei soggetti del  campione non si è mai rivolta ad un professionista della salute mentale mentre 51 sì ed in particolari 39 si sono rivolti a psicologi, 14 a psicoterapeuti e 1 allo psichiatra.

Emerge un’immagine positiva dello psicologo che viene valutato come molto competente ed esperto, affidabile, accogliente e comprensivo, per nulla crudele, per nulla giudicante e per nulla manipolatore, ma poco importante.

Le caratteriste di essere per nulla giudicante e per nulla manipolatore sono coerenti con il testo dell’articolo 4 del codice deontologico: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori”.

 

Per il campione il genere dello psicologo è indifferente, è più importante la competenza, ma se potessero scegliere andrebbero nel 49% da una psicologa donna e nel 35,5% da uno psicologo uomo. Nello spiegare il perché emergono alcuni pregiudizi di genere, sia per l’uomo sia per la donna, come per es. che la donna è più sensibile e portata all’ascolto ed è più comprensiva, mentre l’uomo è più autorevole e distaccato, si evidenzia inoltre una scelta secondo l’appartenenza allo stesso sesso in quanto i soggetti si sentirebbero più a proprio agio a parlare e confidarsi, ci sarebbe una maggior affinità e comprensione, mentre una minor parte dei soggetti sceglierebbe uno psicologo del sesso opposto al proprio per aver un punto di vista diverso.

Nell’immagine di questo campione lo/la psicologo/a ascolta piuttosto che dire cosa fare, principalmente fornisce sostegno e formula diagnosi, si occupa abbastanza di prevenzione, diagnosi e riabilitazione, mentre si occupa poco di didattica e ciò non corrisponde con la realtà. Nell’art. 1 di definizione della professione di psicologo della L.56/1989 si legge:

“ La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi edi intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.

Gli utenti dello psicologo/a sono prevalentemente adulti e adolescenti e poco bambini e anziani. L’intervento dello/a psicologo/a avviene a livello individuale per la maggioranza, abbastanza nella coppia, per niente nel gruppo e poco nella comunità.

 

Emerge quindi un immagine sociale di psicologo/a come  psicologo/a clinico che opera a livello individuale, ciò non corrisponde alla realtà, in quanto gli psicologi lavorano molto anche nel gruppo e nella comunità, sono inseriti, ad esempio in servizi ospedalieri e cliniche, centri di salute mentale, centri diurni, consultori, centri per la diagnosi e la cura delle tossicodipendenze e comunità terapeutiche, case-famiglia, comunità per minori, centri per le famiglie, servizi socio- assistenziali, agenzie formative, servizi per la prevenzione ed il recupero dei comportamenti antisociali e della marginalità sociale, ecc. Offrono inoltre sostegno psicologico a  famiglie che affrontano eventi critici (separazione, divorzio, adozione, affidamento….)

 

Le persone che si rivolgono allo psicologo sono più donne che uomini e le persone che si rivolgono allo psicologo sono in prevalenza di classe sociale media.

L’intervento psicologico è utile nelle persone con disturbi, ma in realtà lo psicologo per definizione non deve intervenire sul disturbo. Nell’ articolo 3 del Codice Deontologico si legge:

“Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.”

L’utilità dell’intervento psicologico emerge soprattutto nell’ambito della psicologia ospedaliera, clinica, neuropsicologia, dello sviluppo, scolastica ed dell’educazione, della disabilità, giuridica e forense, sociale e di comunità, della personalità, delle emozioni e affettività, con valore medio nella psicologia interculturale, del lavoro, del marketing e pubblicità, della comunicazione, economica, ergonomica e cognitiva, dell’emergenza, penitenziaria e criminologica, con valori bassi vengono codificate la psicologia viaria e del traffico, militare, dello sport, del turismo, della religione, politica e ambientale. Probabilmente gli ambiti poco conosciuti vengono valutati con valori più bassi.

Per quanto riguarda la differenziazione dello/a psicologo/a dallo psichiatra e dallo psicoterapeuta emerge che per la maggioranza del campione (137 soggetti) lo psicologo non può prescrivere psicofarmaci anche se 34 hanno risposto che può farlo, mentre lo psicologo psicoterapeuta può farlo per 84 soggetti e non può farlo per 62. È chiaro per 166 soggetti che è lo psichiatra a prescrivere psicofarmaci, per 88 soggetti lo psicologo può fare psicoterapia, in realtà psicologo/a e psicoterapeuta sono due professioni distinte, con due albi distinti. Emerge perciò una certa confusione sulla formazione e sull’attività dello psicologo. Nell’art. 3 della L. 56/1989 sull’esercizio dell’attività psicoterapeutica si legge:

“L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica”.

Come professioni per nulla prestigiose si riscontrano il mago e lo psicologo, come abbastanza prestigiose ci sono il sacerdote,  lo psichiatra, l’avvocato, l’assistente sociale, l’insegnante, mentre come professione molto prestigiosa emerge il medico.

La professione che assomiglia di più allo psicologo/a è l’insegnate, seguito dall’assistente sociale, dal medico, dall’infermiera. Per nulla si nota una somiglianza con il mago.

Alla domanda: “Quale nome di psicologo/a famoso gli viene in mente?”, i soggetti hanno risposto con un 28,5% Freud, con un 3% Jung, con 2,5% Morelli il 2% Crepet e 1% Skinner.

Se il campione immagina lo/a psicologo/a al lavoro, lo/a immagina vestito bene, con gli occhiali e alcuni anche con il camice, seduto/a mentre ascolta e prende appunti. Anche in questo dato emerge uno psicologo clinico che lavora a livello individuale nel proprio studio o ambulatorio. Questi dati sono coerenti con quelli emersi dalla ricerca condotta sia da Barrow nel 2000, sia da Hartwing nel 2002/2003.

Gli strumenti utilizzati dallo/a psicologo/a per il campione sono prevalentemente i giocattoli, gli appunti, i questionari e test, seguiti in minor misura dai disegni e dal registratore, non usa per nulla i tarocchi e poco l’ipnosi.

Nell’immagine che si ha dello studio appare un dato curioso, la maggioranza lo vede con un simbolo religioso, con il dato più alto di 188 soggetti, con delle piante, con una libreria, con una poltrona, con un divano, un tavolo e un orologio.

La maggioranza del campione, non ha amici e parenti che di professione fanno lo/a psicologo/a.

Solo 24 soggetti hanno frequentato corsi di psicologia, si tratta principalmente di corsi universitari, mentre la maggioranza non ne ha mai frequentati.

La percezione della figura professionale dello/a psicologo/a risulta molto interessante e molto utile.

L’idea dello psicologo/a deriva prevalentemente da discorsi con amici e parenti, seguito da trasmissioni Tv, libri, contatto diretto, giornali e riviste.

La maggioranza degli intervistati ha visto film in cui c’è uno/a psicologo/a e per lo più non ricordano il titolo del film, tra quelli che lo ricordano emergono “Prime”, “Terapia e pallottole”, “Il sesto senso”, “Prendimi l’anima” e “A beautiful mind”. Per il campione l’immagine dello/a psicologo/a nei film è simile alla realtà.

Nell’ultimo anno poche persone hanno letto dei libri di psicologia, tra i testi letti il maggior numero sono psicologici come “Change” di Paul Watzlawick, “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud, “Il dramma del bambino dotato” di Alice Miller, mentre altri sono più commerciali come “Le prime luci del mattino” di Fabio Volo.

Le principali attività che lo/a psicologo/a svolge nei film al cinema o nella tv sono l’aiutare a risolvere i problemi, ascoltare, dare consigli e fornire sostegno, mentre non ipnotizza, non minaccia e non seduce il cliente e non prescrive psicofarmaci.

Le rubriche alla radio, alla Tv, su internet o su un giornale, curate da uno/a psicologo/a sono poco seguite, gli argomenti principali di chi le segue sono sull’alcolismo, i problemi familiari, la disabilità e la depressione, la maggioranza sostiene di non essere influenzato in alcun modo dalla rubrica, e se avesse bisogno di andare da uno/a psicologo/a ci andrebbe lo stesso.

Quasi nessuno ha chiesto aiuto ad uno psicologo attraverso internet e la maggioranza ritiene che l’aiuto offerto dallo/a  psicologo/a attraverso internet non sia per nulla utile e in generale se in futuro avessero bisogno si rivolgerebbero ad uno/a psicologo/a.

 

 

 

 

 Tabelle

 

 

Si è mai rivolto ad un professionista della salute mentale

 

Frequenze

 

Percentuali

 

 

51

 

25,5

 

no

 

149

 

74,5

 

Totale

 

200

 

100,0

 

 

 

 

Di chi si trattava?

 

Frequenze

 

Percentuali

 

Psicologo/a

 

39

 

19,5

 

Psicoterapeuta

 

14

 

7,0

 

Psichiatra

 

1

 

,5

 

Totale

 

54

 

27,0

 

 

 

 

Quanto, su una scala da 1 (per nulla) a 4 molto, dei seguenti aggettivi caratterizzano lo psicologo?

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Accogliente

 

3

 

34

 

91

 

71

 

Affidabile

 

5

 

24

 

81

 

90

 

Aperto

 

14

 

35

 

85

 

65

 

Attento

 

3

 

11

 

76

 

110

 

Attraente

 

98

 

58

 

29

 

14

 

Autentico

 

40

 

41

 

66

 

49

 

Autorevole

 

38

 

66

 

60

 

33

 

Calmo

 

7

 

17

 

76

 

100

 

Competente

 

5

 

10

 

71

 

114

 

Comprensivo

 

9

 

11

 

103

 

73

 

Crudele

 

156

 

42

 

 

1

 

Curioso

 

48

 

51

 

60

 

38

 

Disponibile

 

1

 

23

 

<spanstyle=”mso-fareast-font-family:Calibri”>84

 

92

 

Empatico

 

20

 

31

 

79

 

61

 

Equilibrato

 

4

 

19

 

101

 

74

 

Esperto

 

3

 

10

 

82

 

105

 

Estroverso

 

33

 

58

 

78

 

28

 

Forte

 

46

 

54

 

69

 

29

 

Gentile

 

11

 

26

 

93

 

70

 

Giudicante

 

92

 

54

 

34

 

16

 

Importante

 

62

 

50

 

56

 

29

 

Ingiusto

 

150

 

33

 

8

 

6

 

Intelligente

 

7

 

12

 

91

 

88

 

Intuitivo

 

8

 

17

 

91

 

82

 

Istintivo

 

45

 

57

 

68

 

24

 

Manipolatore

 

129

 

26

 

32

 

11

 

Maturo

 

19

 

27

 

90

 

64

 

Paziente

 

10

 

              19

 

85

 

82

 

Presuntuoso

 

141

 

29

 

20

 

9

 

Ragionevole

 

7

 

23

 

123

 

45

 

Rassicurante

 

5

 

13

 

96

 

85

 

Responsabile

 

5

 

13

 

82

 

100

 

Riflessivo

 

12

 

18

 

92

 

78

 

Riservato

 

13

 

23

 

56

 

106

 

Rispettoso

 

8

 

7

 

60

 

125

 

Saccente

 

111

 

39

 

24

 

20

 

Sensibile

 

9

 

19

 

106

 

62

 

Serio

 

9

 

8

 

59

 

121

 

Sicuro di sé

 

11

 

27

 

93

 

67

 

Sincero

 

10

 

17

 

87

 

86

 

Socievole

 

12

 

41

 

96

 

51

 

Spontaneo

 

18

 

57

 

79

 

44

 

Spregevole

 

            171

 

17

 

8

 

3

 

Stabile

 

27

 

33

 

89

 

50

 

Strano

 

146

 

23

 

18

 

              12

 

Tollerante

 

13

 

23

 

109

 

54

 

 

 

 

Lei si immagina lo/a psicologo/a come:

 

 

Frequenze

 

Percentuali

 

Uomo

 

36

 

18,0

 

Donna

 

40

 

20,0

 

Indifferente

 

124

 

62,0

 

Totale

 

200

 

100,0

 

 

 

 

Se Lei potesse scegliere andrebbe da uno/a psicologo/a:

 

Frequenze

 

Percentuale

 

uomo

 

71

 

35,5

 

donna

 

98

 

49,0

 

Total

 

169

 

84,5

 

 

31

 

15,5

 

Totale

 

200

 

100,0

 

 

 

 

Può spiegare perché?

 

 

 

 

 

 

 

 

uomo

 

Freq.

 

donna

 

Freq.

 

Appartenenza allo stesso sesso

 

Freq.

 

Sesso opposto

 

Freq

 

per una maggiore autorevolezza dell’uomo

 

2

 

da più sicurezza

 

3

 

affronterei certi argomenti in maniera più spontanea

 

5

 

Per avere un punto di vista diverso

 

7

 

conosce meglio la realtà maschile

 

1

 

è più accogliente

 

1

 

c’è più confidenza con lo stesso sesso

 

8

 

 

 

è più distaccato

 

3

 

è più sensibile e portata all’ascolto

 

13

 

capirebbe meglio i miei problemi essendo del mio stesso sesso

 

17

 

 

 

sono meno sensibili e più distaccati

 

1

 

è più rassicurante

 

1

 

con persone dello stesso sesso è più facile parlare

 

2

 

 

 

gli uomini tendono a giudicare meno

 

1

 

la donna è più comprensiva

 

9

 

per una maggior affinità

 

3

 

 

 

sono più razionali

 

1

 

la donna è più predisposta ad ascoltare le problematiche degli altri

 

6

 

mi sentirei più a mio agio

 

32

 

 

 

Maggior importanza e sicurezza

 

1

 

Si avvicina di più alla figura materna

 

1

 

 

 

 

 

 

 

     Quanto secondo Lei lo/la psicologo/a svolge le seguenti attività?

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Dice cosa fare

 

39

 

75

 

62

 

22

 

Fornisce sostegno

 

 

18

 

          90

 

91

 

Formula diagnosi

 

27

 

41

 

79

 

52

 

Fa didattica

 

58

 

71

 

53

 

14

 

Fa prevenzione

 

34

 

60

 

76

 

28

 

Fa ricerca

 

25

 

36

 

94

 

43

 

Svolge un ruolo di guida spirituale

 

111

 

50

 

24

 

13

 

Prescrive psicofarmaci

 

127

 

49

 

14

 

8

 

Fa riabilitazione

 

53

 

56

 

68

 

21

 

 

 

 

 

 

 

Secondo Lei, gli utenti dello/a psicologo/a quanto appartengono alle seguenti fasce d’età?

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Bambini

 

22

 

81

 

70

 

27

 

Adolescenti

 

1

 

32

 

108

 

59

 

Adulti

 

2

 

9

 

73

 

116

 

Anziani

 

44

 

101

 

38

 

16

 

 

 

 

 

 

Secondo Lei, l’intervento dello/a psicologo/a quanto avviene a livello

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

dell’individuo

 

5

 

19

 

74

 

102

 

della coppia

 

1

 

37

 

102

 

60

 

del gruppo

 

24

 

82

 

70

 

23

 

della comunità

 

42

 

79

 

46

 

32

 

 

 

 

Secondo Lei, le persone che si rivolgono allo/a psicologo/a sono:

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Maschi

 

2

 

81

 

97

 

20

 

Femmine

 

 

11

 

102

 

87

 

 

 

      Secondo Lei, le persone che si rivolgono allo/a psicologo/a quanto appartengono a:

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Classi sociali basse

 

45

 

121

 

30

 

4

 

Classi sociali medie

 

4

 

29

 

141

 

26

 

Classi sociali alte

 

1

 

14

 

83

 

102

 

 

 

 

Secondo Lei, quanto è utile l’intervento dello/a psicologo/a con le persone:

 

 

 

 

 

per nulla

 

 

poco

 

 

abbastanza

 

 

molto

 

 

Normali

 

20

 

49

 

solid black .5pt;border-bottom:solid black .5pt;border-right:none;mso-border-top-alt:
solid black .5pt;background:white;padding:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;height:20.95pt”>

87

 

44

 

Con disturbi

 

4

 

14

 

60

 

122

 

 

 

 

Secondo Lei, quanto è utile l’intervento dello/a psicologo/a nelle seguenti aree? La preghiamo di indicare da 1 (poco) a 4 (molto):

 

 

 

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border-bottom:solid black .5pt;border-right:none;mso-border-top-alt:solid black .5pt;
background:white;padding:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;height:20.95pt”>
85

34

 

per nulla

 

(1)

 

poco

 

(2)

 

abbastanza

 

(3)

 

molto

 

(4)

 

Neuropsicologia (ad es. basi cerebrali del comportamento umano…)

 

16

 

41

 

84

 

58

 

Psicologia dello sviluppo

 

7

 

44

 

106

 

43

 

Psicologia scolastica e educazione

 

5

 

48

 

90

 

55

 

Psicologia della disabilità

 

4

 

35

 

88

 

72

 

Psicologia della riabilitazione

 

8

 

36

 

86

 

68

 

Psicologia delle dipendenze

 

10

 

18

 

72

 

97

 

Psicologia clinica e psicoterapia (individuale, di coppia, familiare e di gruppo…)

 

10

 

28

 

78

 

84

 

Psicologia ospedaliera (ad es. sostegno a pazienti oncologici, cardiotrapiantati)

 

7

 

24

 

62

 

106

 

Psicologia dell’interculturalità

 

18

 

67

 

81

 

33

 

Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

 

18

 

61

 

Psicologia del marketing e pubblicità

 

29

 

63

 

72

 

35

 

Psicologia della comunicazione

 

20

 

50

 

80

 

49

 

Psicologia economica

 

25

 

83

 

55

 

36

 

Psicologia ergonomica e cognitiva

 

26

 

64

 

87

 

22

 

Psicologia giuridica e forense

 

23

 

61

 

81

 

34

 

Psicologia sociale e di comunità

 

10

 

33

 

108

 

48

 

Psicologia della personalità

 

6

 

31

 

76

 

86

 

Psicologia delle emozioni e affettività

 

8

 

23

 

84

 

84

 

Psicologia viaria e del traffico (ad es. prevenzione incidenti stradali…)

 

53

 

68

 

59

 

19

 

Psicologia militare

 

30

 

66

 

71

 

32

 

Psicologia dell’emergenza

 

23

 

48

 

73

 

55

 

Psicologia penitenziaria e criminologica

 

15

 

29

 

80

 

76

 

Psicologia dello sport

 

37

 

80

 

53

 

30

 

Psicologia del turismo

 

53

 

93

 

44

 

10

 

Psicologia della religione

 

68

 

80

 

35

 

15

 

Psicologia politica

 

58

 

85

 

44

 

12

 

Psicologia ambientale

 

54

 

78

 

47

 

19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora Le elencheremo alcune caratteristiche dello/a psicologo/a, della psicoterapeuta e dello psichiatra. Per ognuna di queste figure segni con una crocetta tutte le caratteristiche che sono vere o false.

 

 

 

 

 

VERO

 

FALSO

 

NON SO

 

Lo psicologo può prescrivere psicofarmaci

 

34

 

137

 

29

 

Lo psicologo psicoterapeuta può prescrivere psicofarmaci

 

62

 

84

 

51

 

Lo psichiatra può prescrivere psicofarmaci

 

166

 

16

 

18

 

Solo lo psicologo è sicuramente laureato in psicologia

 

90

 

71

 

37

 

Lo psichiatra è laureato in medicina

 

131

 

21

 

46

 

Solo lo psicoterapeuta medico è sicuramente laureato in medicina

 

56

 

77

 

65

 

Lo psicoterapeuta per diventare tale ha seguito una scuola quadriennale di specializzazione dopo la laurea

 

77

 

19

 

101

 

Per diventare psicologo è necessario sottoporsi a 5 anni di analisi

 

45

 

88

 

62

 

Lo psicologo può fare psicoterapia

 

88

 

48

 

62

 

Lo psichiatra può fare psicoterapia

 

112

 

29

 

58

 

Solo lo psicologo può fare diagnosi psicologica

 

54

 

71

 

71

 

 

 

 

 

 

Indichi, con una crocetta, quanto sono prestigiose, secondo Lei, su una scala da 1 (per nulla) a 4 (molto) le seguenti professioni:

 

 

 

 

 

per nulla

 

(1)

 

poco

 

(2)

 

abbastanza

 

(3)

 

molto

 

(4)

 

Assistente sociale

 

22

 

52

 

81

 

43

 

Avvocato

 

14

 

31

 

86

 

69

 

Insegnante

 

14

 

36

 

85

 

65

 

Mago

 

139

 

25

 

14

 

22

 

Medico

 

5

 

9

 

70

 

116

 

Psichiatra

 

2

 

26

 

92

 

80

 

Psicologo

 

104

 

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34

 

40

 

22

 

Sacerdote

 

19

 

53

 

96

 

32

 

 

 

 

Quanto, secondo Lei, queste professioni assomigliano allo/a psicologo/a?

 

 

 

 

 

per nulla

 

(1)

 

poco

 

(2)

 

abbastanza

 

(3)

 

molto

 

(4)

 

Assistente sociale

 

19

 

53

 

96

 

32

 

Insegnante

 

17

 

53

 

104

 

26

 

Mago

 

158

 

14

 

16

 

12

 

Medico

 

27

 

60

 

78

 

34

 

Infermiera

 

52

 

72

 

63

 

13

 

Sacerdote

 

98

 

44

 

34

 

24

 

 

 

 

 

Strumenti

 

si

 

no

 

Questionari/test

 

133

 

66

 

Ipnosi

 

31

 

168

 

Tarrocchi

 

 

199

 

Disegni

 

75

 

124

 

Tomografia assiali computerizzata (TAC)

 

8

 

191

 

Giocattoli

 

148

 

51

 

Intervista/colloquio

 

45

 

154

 

Elettroencefalo-gramma (EEG)

 

9

 

190

 

Musica

 

55

 

144

 

Registratore

 

66

 

133

 

Massaggi

 

1

 

198

 

Giornali

 

10

 

189

 

Appunti

 

142

 

55

 

Foto

 

66

 

133

 

Libri

 

60

 

139

 

 

 

 

 

Come si immagina lo studio di uno psicologo

 

si

 

no

 

Con un divano

 

121

 

79

 

Con un letto

 

14

 

186

 

Con foto della famiglia

 

27

 

173

 

Con una libreria

 

132

 

68

 

Con la macchina del caffè

 

35

 

165

 

Con un orologio

 

99

 

101

 

Con delle piante

 

138

 

62

 

Con dei quadri

 

132

 

68

 

Con poster

 

16

 

184

 

Con una poltrona

 

155

 

45

 

Con un simbolo religioso

 

188

 

12

 

Con un tavolo

 

149

 

51

 

 

 

 

 

 

Lei ha amici o parenti che di professione fanno lo/a psicologo/a

 

Freq.pretazione dei sogni’si di psicologia?

 

nno lo psicologo/a4 sì, si tratta principalmente psicologo/a, 76 soggetti invece sì.

 

        no

 

      76                    123

 

Totale                    200

 

 

 

 

 

 

Lei ha mai frequentato corsi di psicologia?

 

Freq.

 

Si

 

24

 

no

 

176

 

Totale

 

200

 

 

 

 

 

 

 

Corsi di psicologia frequentati

 

Freq.

 

All’università

 

19

 

Inerenti al lavoro

 

1

 

Preparazione al parto

 

1

 

Corso di educazione per l’infanzia

 

1

 

Comunicazione aziendale

 

1

 

Approdi sull’interpretazione dei sogni

 

1

 

 

 

 

 

Percezione sulla figura dello psicologo

 

Per nulla

 

poco

 

abbastanza

 

molto

 

interessante

 

2

 

15

 

89

 

94

 

utile

 

2

 

12

 

88

 

97

 

 

 

 

 

La sua idea sullo/a psicologo/a deriva da:

 

 

No

 

Discorsi con parenti, amici

 

126

 

73

 

Libri

 

75

 

124

 

Giornali, riviste

 

55

 

145

 

Trasmissioni radio

 

17

 

183

 

Trasmissioni TV

 

78

 

122

 

Cinema

 

47

 

153

 

Internet

 

28

 

172

 

Contatto diretto

 

66

 

134

 

Corsi universitari di psicologia

 

31

 

169

 

Altri corsi non universitari

 

3

 

197

 

 

 

 

Lei ha visto film in cui c’è uno/a psicologo/a?

 

Freq.

 

 

144

 

No

 

54

 

 

 

 

Può scrivere il titolo dei film?

 

Freq.

 

A Beautiful mind

 

3

 

A dangerous method

 

1

 

A dangerous method

 

2

 

Basic Instint

 

1

 

Biografia di Freud

 

2

 

Bones

 

2

 

Emotivi anonimi

 

1

 

Freud passioni segrete (John Huston)

 

1

 

Genio ribelle

 

3

 

Habemus Papam

 

1

 

Il sesto senso

 

3

 

il soprano

 

1

 

Intreatmen

 

1

 

La mia famiglia senza di te

 

1

 

Mafia blues

 

1

 

Marnie

 

1

 

non ricordo

 

68

 

per l’amore di mio figlio

 

1

 

Prendimi l’anima

 

5

 

Prime

 

6

 

Qualcuno volò sul nido del cuculo

 

2

 

Sesto senso

 

3

 

Shutter Island

 

1

 

Terapia e pallottole

 

5

 

Will Hunting

 

4

 

Total

 

200

 

 

 

 

L’immagine dello psicologo/a nel film, secondo lei, è simile alla realtà?

 

Freq.

 

 

84

 

No

 

72

 

 

 

 

Nell’ultimo anno Lei ha letto qualche libro di psicologia?

 

Freq.

 

Si

 

23

 

No

 

172

 

 

 

 

Può scrivere il titolo del film?

 

Freq.

 

Change

 

1

 

I maestri del dolore

 

1

 

Il bambino dotato di Alice Miller

 

1

 

Il bambino nascosto

 

1

 

il cervello delle donne

 

1

 

Imperfetti e felici

 

1

 

L’interpretazione dei sogni di S.Freud

 

1

 

L’Io e L’Es di Freud

 

1

 

le prime luci del mattino (Volo)

 

1

 

Lo strano caso di Dora

 

1

 

non ricordo

 

4

 

Psicologia delle condotte sessuali su internet di A.Manzoni

 

1

 

Psicologia per bambini

 

1

 

Un modo di essere di Rogers

 

1

 

una madre senza speranza

 

1

 

Totale

 

200

 

 

 

 

Quali attività venivano svolte dallo psicologo

 

Nei film/TV

 

 

 

 

no

 

Nei libri

 

 

 

 

no

 

Aiuta a risolvere i problemi

 

121

 

31

 

22

 

130

 

Analizza i sogni

 

79

 

73

 

31

 

121

 

Ascolta

 

123

 

29

 

55

 

97

 

Conduce un gruppo di auto-aiuto

 

80

 

72

 

25

 

127

 

Dà consigli

 

105

 

47

 

31

 

121

 

Dice cosa fare

 

70

 

82

 

24

 

128

 

Fa diagnosi

 

74

 

78

 

28

 

124

 

Fa didattica

 

43

 

109

 

26

 

126

 

Fa domande

 

94

 

58

 

45

 

107

 

Fa interpretazioni

 

72

 

80

 

32

 

120

 

Fa riabilitazione

 

58

 

94

 

15

 

137

 

Fa ricerca

 

47

 

105

 

37

 

115

 

Fa test

 

65

 

87

 

37

 

115

 

Fornisce sostegno

 

86

 

66

 

40

 

112

 

Ipnotizza

 

58

 

94

 

17

 

135

 

Minaccia il cliente

 

20

 

132

 

1

 

51

 

Prescrive psicofarmaci

 

35

 

117

 

11

 

141

 

Seduce il paziente

 

41

 

111

 

9

 

143

 

Svolge un ruolo di guida spirituale

 

40

 

112

 

9

 

143

 

 

 

 

 

Le capita di seguire con frequenza una rubrica curata da uno/a psicologo/a alla radio, TV, su internet o sul giornale?

 

 

no

 

Alla radio

 

19

 

169

 

In televisione

 

42

 

148

 

Su internet

 

19

 

165

 

Su un quotidiano

 

20

 

164

 

Su una rivista

 

41

 

143

 

 

 

 

 

Se ha risposto almeno un “sì” di quale argomenti tratta prevalentemente la rubrica?

 

 

no

 

Alcolismo

 

69

 

24

 

Apprendimento

 

10

 

83

 

Benessere

 

24

 

69

 

Depressione

 

47

 

46

 

Disabilità

 

56

 

37

 

Disturbi alimentari

 

26

 

67

 

Disturbi psichici

 

26

 

74

 

Il funzionamento della mente

 

19

 

74

 

Interpretazione dei sogni

 

15

 

78

 

Ipnosi

 

6

 

87

 

Prevenzione

 

6

 

87

 

Problemi di personalità

 

29

 

64

 

Problemi familiari

 

57

 

36

 

Problemi di identità

 

24

 

69

 

Problemi al lavoro

 

19

 

74

 

Problemi sessuali

 

26

 

67

 

Ricerca

 

9

 

84

 

Sport

 

5

 

88

 

Tossicodipendenza

 

24

 

69

 

Violenza in famiglia

 

33

 

60

 

Altro (bullismo)

 

1

 

199

 

 

 

 

 

Questa rubrica influenza la Sua disponibilità a rivolgersi a uno/a psicologo/a

 

Frequenze

 

Sì, dopo avere seguito la rubrica sono più disposto/a ad andare dallo/a psicologo/a

 

24

 

Sì, dopo avere seguito la rubrica sono meno disposto/a ad andare dallo/a psicologo/a

 

 

No, non mi influenza in alcun modo, ci andrei lo stesso

 

76

 

No, non mi influenza in alcun modo, non ci andrei per nessun motivo

 

5

 

 

 

 

 

Ha mai chiesto aiuto a uno/a psicologo/a attraverso

 

 

no

 

Internet

 

3

 

197

 

giornali/riviste

 

2

 

198

 

 

 

 

Secondo Lei, l’aiuto offerto dallo/a psicologo/a via internet può essere:

 

 

 

 

Per nulla utile

 

Poco utile

 

Abbastanza utile

 

Molto utile

 

108

 

54

 

25

 

13

 

 

 

 

 

 

 

Se in futuro ne avesse bisogno, si rivolgerebbe ad uno/a psicologo/a?

 

 

 

187

 

no

 

13

 

Totale

 

200

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

© L’immagine dello psicologo: una ricerca nella provincia di Bologna – Elisa Spisni



 



 

Motivi della menzogna

Motivi della menzogna

 

facce-menzogna-01jpg

 

Motivi della menzogna: cosa ci spinge a mentire ?

 

Fonte: Studio Castello Borgia

 

Chiunque mente (la media è ogni 10 minuti di conversazione), ma ognuno di noi utilizza una specifica e personale modalità , ciò significa che, tendenzialmente ognuno di noi quando mente, tenderà ad utilizzare sempre la stessa modalità di comunicazione

Diversi sono i fattori che influenzano la tipologia di modalità:

– le caratteristiche personali

– le caratteristiche di chi si cerca di ingannare

– il contesto

– lo scopo della menzogna

 

Affinché si possa raggiungere il nostro obiettivo, quindi mentire ed influenzare il prossimo, le tecniche migliori sono la dissimulazione e la simulazione (o falsificazione).

La dissimulazione è l’omissione di una parte del discorso che viene nascosta, praticamente una mezza verità. In realtà non è una vera menzogna, ma all’atto pratico si tralascia unaparte per esaltarne un’altra portando così ad una globale esposizione (e comprensione per il nostro interlocutore) ingannevole.

Esempi di dissimulazione : a metà, omissione, fuorviamento.

    • Nella prima si tralasciano dei dettagli (come intuibile dal termine);
    • nella seconda si nasconde un fatto a chi ha diritto di saperlo (un classico esempio lo troviamo nelle omissioni coniugali),
    • mentre nell’ultima tipologia si distrae l’attenzione di chi ascolta, deviando il discorso su altro o inventandosi una scusa che chiuda la comunicazione.

 

La simulazione o falsificazione non porta omissioni, ma vere e proprie alterazione della realtà/verità.

Non è facile, poiché implica una certa coerenza comunicativa (non si può cambiare la versione dei fatti con altre persone o con la stessa in tempi diversi) e perché no, un certo impegno di fantasia.

 

Esempi di simulazione: quella di finzione e quella di contraffazione.

    • Quella di finzione fa, appunto, finta di provare, pensare o compiere qualcosa; è una finta empatia.
    • La contraffazione, fa credere che 2 o più persone o cose, siano uguali o simili.

 

Motivi menzogna

 

Vi siete mai chiesti perché si mente?

 

Quali sono i motivi che ci spingono a mentire verso una persona?

 

 

 

Continua a leggere …..

 

 

 

© Motivi della menzognaDott. Andrea Castello – Dott.ssa Borgia Irene

 

 

Menzogna: come capire se mente?

Menzogna: come capire se mente?

 

 

Fomte: Studio Castello Borgia

 

 Espressioni_1

 

 

La menzogna si scopre osservando il comportamento che assume il bugiardo: quello che dice e come lo dice.

 

La comunicazione non verbale globale del nostro interlocutore, è fondamentale per capire se mente oppure no; un errore dato da alcuni indizi rivelatori potrebbe essere fondamentali per capire e scoprire se mente,

Purtroppo non sempre riusciamo a scoprire qualcosa, poiché esistono microespressioni facciali, atteggiamenti, movimenti ed insieme di azioni così piccole e apparentemente insignificanti, da essere ignorate.

Dobbiamo individuare gli  indizi di menzogna, ed esistono 2 tipi di Indizi di menzogna:

    1. Indizi rivelatori (segni che mettono a nudo la verità)
    1. Indizi di falso (segni che fanno solo sospettare la menzogna e sui quali si deve verificare)

Gli indizi di falso e gli indizi rivelatori sono dati dal linguaggio del corpo e da tutta la comunicazione non verbale che comprende, paraverbale (tono, volume, velocità, timbro, pause  e ritmo della voce) e la comunicazione verbale, che comprende i famosi lapsus del bugiardo.

La certezza di questa approccio è che ‘più informazioni abbiamo, più indizi avremo per controllare se il nostro interlocutore dice il vero’.

Più indizi di menzogna avremo più la nostra valutazione sarà attendibile

La menzogna si scopre osservando il comportamento che assume il bugiardo: quello che dice e come lo dice.

 

Triangolazione

 

 

Un vecchio detto afferma che “le bugie hanno le gambe corte”… ma perché le bugie falliscono ?

 

 

 

 

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© Menzogna: come capire se mente ? –  Dott. Andrea Castello – Dott.ssa Borgia Irene