La teoria della comunicazione

La teoria della comunicazione

 

Il comunicare sottintende una trasmissione di informazioni di vario tipo, informazioni che possono riguardare fatti, pensieri, stati d’animo, istruzioni, codici< L’esigenza di trasmettere queste informazioni è riconducibile alla necessità di soddisfare dei bisogni, da quelli primari, fisiologici, che riguardano la sopravvivenza organica e della specie, a quelli secondari, di natura sociale e psichica.

Se è vero che per gli individui più primitivi lo status è connesso alla qualità di forza fisica e di sprezzo del pericolo, è altrettanto vero che nella società moderna questi bisogni vengono soddisfatti anche da altri valori, che possono andare dal possesso di un titolo, al denaro, alla bellezza fisica, all’importanza sociale, all’autorevolezza.

È proprio in questo quadro che si è sviluppata l’esigenza di poter influenzare, se non addirittura pilotare, la risposta dell’interlocutore all’emissione del messaggio. Quando si è capito che la risposta alla propria richiesta di soddisfacimento del bisogno poteva essere in un qualche modo guidata, diretta, indirizzata al soddisfacimento del bisogno stesso, è iniziata, nella storia dell’evoluzione umana, la ricerca di quegli elementi che potevano produrre quella influenza determinante, la persuasione, appunto.

Tutti, prima o poi, abbiamo desiderato almeno una volta di poter leggere nel pensiero di chi ci sta di fronte – cliente, amico o partner – al fine di ottenere da lui il pieno consenso. Questo consenso significa molto di più del semplice “aver ragione”; infatti, la capacità di influenzare gli altri non è la capacità di imporre le proprie ragioni, bensì quella di scoprire quali siano le leve motivazionali altrui che, se sollecitate, possono metterci nelle condizioni di guidare chi ci sta di fronte all’”acquisto” delle nostre ragioni.

La persuasione, allora non è l’arte di far fare agli altri ciò che loro non vogliono fare; è invece la capacità di motivarli ad ascoltarci, a riflettere sulle nostre ragioni senza chiudersi o difendersi a priori[1].

Persuadere”, “influenzare“, “sedurre”, “guidare” sono parole che presuppongono una interazione con gli altri, una comunicazione, che esiste in quanto relazione. L’attuarsi della comunicazione prevede che vi siano due soggetti in gioco; un emittente ed un ricevente.

Ciò significa che la parola comunicazione definisce una dinamica relativa ad un contenuto (parole, gesti, sguardi) che passa da un polo all’altro, è quindi bidirezionale. Questo presuppone il fatto che vi sia un feedback, ovvero una risposta, da parte del soggetto a cui la comunicazione è stata diretta: il feedback può essere di tipo verbale (una frase di risposta) o non verbale (un gesto, un’occhiata, una pausa di silenzio).

Il termine comunicazione ha un chiaro significato di “mettere al corrente” qualcuno, coinvolgendolo[2]. Nei secoli il termine “comunicare” è stato oggetto di notevoli mutamenti, in conseguenza dell’evoluzione del linguaggio, a partire da un originario significato di mettere in comune degli oggetti, idee, pensieri. Solo in epoca più recente si è aggiunto il significato di mettere in comune delle idee, tale accezione rappresenta sicuramente un senso più vicino a quello attuale.

Pur avendo sempre una base volontaria, la comunicazione non sempre contiene solo elementi coscienti e controllati da chi la emette, e non necessariamente porta ad un’interpretazione univoca in chi la riceve.

Poiché i pensieri e le emozioni che si vogliono trasmettere non possono essere trasferiti cosi’ come vengono pensati, si necessità di un sistema di traduzione (un linguaggio).

Esiste una pluralità di elementi che concorre a dar vita alla comunicazione. C’è un contenuto, che dovrebbe corrispondere al significato di ciò che passa da una parte all’altra; vi è una forma, che equivale alle modalità attraverso le quali è gestito e articolato il messaggio. Vi sono elementi linguistici, verbali, gestuali, toni di voce e pause di silenzio, espressioni e ritmo di parlata.

La comunicazione è un concetto indispensabile per la società, ma soprattutto per la psicologia applicata alla società: non esiste argomento in cui i processi comunicativi non giochino un ruolo fondamentale, anche se l’interesse per uno studio specifico è emerso solo di recente nella disciplina.

La comunicazione ha degli effetti pragmatici, vale a dire comportamentali, sui soggetti che vengono da essa raggiunti. L’interesse degli studiosi della Scuola di Palo Alto (California) è rivolto proprio a quanto appena detto. L’attenzione è focalizzata sul rapporto emittente-ricevente in quanto mediato dalla comunicazione; l’analisi riguarda sia l’effetto della comunicazione sul ricevente, sia l’effetto che la ricezione del ricevente produce sull’emittente.

Gli autori basano la loro elaborazione teorica su alcune proprietà semplici della comunicazione che hanno natura di assiomi, i quali servono ad illustrare certe caratteristiche di funzionamento della comunicazione interpersonale.

La principale proprietà del comportamento consiste nel fatto che non può avere un suo opposto. Non è possibile non avere un comportamento. Indipendentemente dal fatto che ognuno di noi sia in movimento oppure fermo, parli o resti in silenzio, dorma o agisca, viene percepito da chiunque lo circondi come una persona che è in uno stato specifico. Ognuno, dunque, comunica uno stato agli altri che lo percepiscono.

Il silenzio, ad esempio, è spesso un segnale che ha una forte valenza comunicazionale; può trasmettere collera, indifferenza, imbarazzo, sgomento, indignazione< Non si può quindi, non comunicare[3].

La comunicazione trasmette sempre un’informazione. Allo stesso tempo, però, essa impone un comportamento. L’informazione è, di fatto, una notizia; si trasmette un contenuto. Il comportamento è, invece, dettato dalla relazione tra i due comunicanti. L’impostazione e la natura di tale relazione corrisponde al tipo di messaggio che viene trasmesso.

Si può dire, quindi, che ogni comunicazione presenta un aspetto di contenuto e uno di relazione, in modo tale che il secondo classifica il primo ed è, quindi, metacomunicazione, (comunicazione sulla comunicazione)8.

Il terzo assioma introduce il concetto di punteggiatura, affermando che “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti”. Questo significa che i nostri scambi comunicativi non costituiscono una sequenza interrotta, ma sono organizzati come se seguissero una sorta di punteggiatura: in tal modo è possibile identificare le sequenze di chi parla e di chi risponde, definire ciò che si considera come causa di un comportamento distinguendolo dall’effetto.

Il quarto assioma specifica che “gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico”. Il linguaggio numerico riguarda l’uso di parole, dispone di una sintassi logica e di estrema efficacia, per cui è lo strumento privilegiato per trasmettere dei contenuti.

Il linguaggio analogico, invece, consiste di tutte le modalità della comunicazione non verbale (gesti, espressioni del viso, inflessioni della voce, sequenza del ritmo e cadenza delle parole), che servono soprattutto a trasmettere gli aspetti riguardanti la relazione tra i partecipanti. L’attività di comunicare comporta la capacità di coniugare questi due linguaggi, nonché di tradurre dall’uno all’altro i messaggi da trasmettere e quelli ricevuti.

Il quinto assioma, infine, sostiene che “tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”. Abbiamo un’interazione simmetrica, caratterizzata dall’uguaglianza, quando il comportamento di un membro tende a rispecchiare quello dell’altro; se viene comunicato un atteggiamento di simpatia, in tal caso, le stesso caratteristiche saranno messe in evidenza dal partner, nel tentativo di minimizzare le differenze.

Le relazioni complementari sono caratterizzate invece dalla differenza esistente tra le persone; un partner assume una posizione superiore o predominante, l’altro occupa la posizione corrispondente, inferiore o sottomessa.

Appartengono a questa seconda categoria anche i rapporti stabiliti dal contesto sociale e culturale; è il caso dei rapporti tra padre e figlio, tra insegnante e alunno, tra medico e paziente. Nella maggior parte dei casi queste relazioni asimmetriche non vengono imposte in modo esplicito, ma ciascun soggetto si comporta in modo da presupporre il comportamento dell’altro, offrendogli al tempo stesso le ragioni perché tale asimmetria esista e perduri nel tempo.

Nella comunicazione, la simmetria e la complementarietà non sono in sè “buone” o “cattive”; entrambe svolgono delle funzioni importanti e sono necessarie nelle relazioni “sane”, ovviamente alternandosi ed operando in settori diversi.

 


© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich


[1] Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore 2004, pp. 5

[2] Amietta G.B., Bentivenga S., Teoria della comunicazione, Stampa alternativa, Viterbo 1995, pp. 20

[3] Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 16 8 Idem

Psicologia della comunicazione persuasiva: Introduzione

Introduzione 

Racchiuse in queste parole di Packard, al tempo insegnante di giornalismo all’Università di New York, vi era il pensiero di tutta un’epoca, quella a cavallo degli anni cinquanta, nella quale soprattutto la pubblicità che si proponeva di influenzare il comportamento dei cittadini, veniva usata in molti campi e presentava una grande varietà di tecniche ingegnose.  

Con il passare degli anni e dei decenni, la pubblicità ha continuato, ovviamente, ad avere il medesimo scopo. Quello che e’ cambiato, ed e’ evoluto ad altissimi livelli, e’ il ruolo che essa possiede nella società di oggi. E’ l’evolversi del sua invisibile persuasione, delle tecniche e tattiche sempre meno osservabili e sempre più influenzabili, a renderla una delle leve più importanti, complesse ed usate del marketing odierno.

Qualunque azienda, grande o piccola che sia, deve necessariamente affrontare ed affidarsi a questa politica, nata in tempi lontani. Anche gli antichi fenici erano soliti lasciare grandi scritte sulle rocce che sovrastavano le strade commerciali.

Da qui sono state rinvenute altre forme primordiali di pubblicità, fino ad arrivare ad una data storica; il primo annuncio pubblicitario stampato in lingua inglese del 1473[1]. Questi cenni storici, danno un’idea delle lontane origini della pubblicità e dell’importanza che essa ha sempre rivestito a prescindere dai modelli economici oggi esistenti.

Chiunque infatti, consapevolmente o meno, sfodera questa politica per raggiungere i propri scopi; sotto questo profilo, la pubblicità potrebbe essere definita un’arma psicologica a vari livelli, utilizzata da ognuno di noi.

Nell’uso comune non si parlo’ di pubblicità fino all’inizio del Novecento, quando il termine propaganda venne utilizzato per descrivere le tattiche di persuasione impiegate durante la prima guerra mondiale e quelle utilizzate in seguito dai regimi totalitari.

Propaganda fu definita originariamente la disseminazione di idee e opinioni di parte, spesso attraverso il ricorso a menzogne e inganni, ma quando si inizio’ a studiare l’argomento in maggiore dettaglio, molti si accorsero che la propaganda non era prerogativa dei regimi “malvagi” e totalitari, e che spesso essa non si riduceva soltanto a ingegnosi inganni.

La parola si e’ dunque evoluta fino a significare “suggestione” o “influenza” sulle masse attraverso la manipolazione di simboli e della psicologia dell’individuo.

La propaganda comporta l’abile uso di immagini, slogan e simboli che sfruttano i nostri pregiudizi e le nostre emozioni; e’ la comunicazione di un particolare punto di vista, con l’obiettivo di indurre il destinatario del messaggio ad accettare “volontariamente” questa posizione come se fosse la propria[2].

L’evoluzione della propaganda ha avuto il suo culmine con la diffusione della pubblicità. La fondamentale importanza che essa riveste nel mondo d’oggi, ha contribuito alle accuse di alcuni studiosi, definendola la causa della perdita della “sovranità” del consumatore.

Con questo esordio, si vuole intraprendere una strada ben precisa che analizza l’agire della pubblicità sui consumatori, ma soprattutto si tenterà di capire la dinamica delle strategie persuasive sulla psicologia dell’individuo.

Quindi, accanto al ruolo, assegnato alla pubblicità, di “manipolatrice” dei consumatori, si affianca quello di “illuminatrice” degli stessi, dal momento che viene definita come “la grande autrice del mercato moderno”, mettendo a disposizione dei consumatori un mercato in cui vi è massima libertà di scelta tra i prodotti e servizi concorrenti[3].

Negli ultimi sessant’anni molti psicologi sociali hanno studiato usi ed abusi quotidiani della persuasione, e hanno condotto migliaia di esperimenti per verificare le innumerevoli ipotesi sugli effetti di tale tipo di comunicazione. In questo modo e’ stato possibile individuare le tecniche di persuasione più efficaci e comprendere cosa rende persuasivo un messaggio.

In questo lavoro ho cercato di analizzare il modo in cui le dinamiche della comunicazione persuasiva si mettano in pratica nella realtà di tutti i giorni, attraverso una leva, apparentemente semplicissima – la pubblicità.

Sono partita dal processo della comunicazione, predisposizione fondamentale per la costruzione del messaggio, attraversando il campo della pubblicità, come contesto privilegiato in cui questa forma di comunicazione si realizza, per arrivare, infine, all’arte della persuasione vera e propria, analizzandone gli strumenti, le strategie e le dinamiche.

 


© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich


 

[1] L’enciclopedia, La biblioteca di Repubblica, L’Espresso S.p.A., Divisione La Repubblica, 2003, vol. 16, pp. 681-682

[2] Una discussione sulla natura della propaganda e della persuasione in una democrazia e’ in

A.R. Pratkins e M.E. Turner, Persuasion and Democracy, 1996, pp. 187-205

[3] Lazzeri G. Aspetti qualitativi e quantitativi della pubblicità; conseguenze sui

consumatori e loro autotutela, in La pubblicità e il sistema dell’informazione, ERI, Torino 1984


La Comunicazione persuasiva: Conclusioni

La Comunicazione persuasiva: Conclusioni

Il presente contributo nasce dall’interesse, teorico e applicativo, verso gli elementi che definiscono la relazione tra la comunicazione persuasiva, la scelta e l’utilizzo delle metafore.

Al fine di verificare il ruolo di questo strumento comunicativo e cognitivo nella comunicazione quotidiana, è parso infatti necessario introdurre nell’analisi del tema un argomento familiare a tutti, qualela noia.

In particolare ci si è focalizzati sugli sviluppi applicativi della stessa nei processi educativi infantili.

Se da un lato si evidenzia come la metafora viene utilizzata in modo coerente con le teorie di Lakoff e Johnson (1980), secondo cui è strumento d’eccellenza nel rendere comprensibile e concreto un concetto astratto, dall’altro si evidenzia come il suo utilizzo e la sua scelta, in alternativa al corrispondente letterario, sono congrui agli schemi cognitivi attivati nelle diverse situazioni comunicazionali in cui un individuo si può ritrovare nel momento in cui interagisce nel contesto sociale in cui vive.

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© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva: Discussione

La comunicazione persuasiva: Discussione

I risultati della ricerca confermano in modo chiaro le ipotesi del presente studio: la scelta e l’utilizzo delle metafore è propedeutico al fine della comunicazione persuasiva. In altri termini, il messaggio inviato dalla fonte influenza l’atteggiamento specifico adottato dal ricevente. La scelta dei corrispondenti letterali invece, risulta essere propedeutica ad una comunicazione informativa la quale, non avendo lo scopo di persuadere il ricevente, orienta la scelta dei partecipanti verso un linguaggio più oggettivo e dunque privo di metafore.

Dai risultati ottenuti si può quindi rilevare come il campione, impegnato in una comunicazione persuasiva che chiede di rivolgersi ad un interlocutore immaginario influenzando in lui un atteggiamento specifico, prediliga l’utilizzo della metafora piuttosto al corrispondente letterario.

Tale risultato è evidente in entrambe le variabili dipendenti di scelta e di utilizzo del linguaggio. La metafora infatti implica un’economia linguistica e cognitiva utile nella comunicazione quotidiana,  rendendola diretta ed efficace. La stessa inoltre trascende la pura finalità di trasmissione delle informazioni descrittive contenute nel messaggio, entrando in una sfera più sociale che individuale.

A differenza della comunicazione informativa quella persuasiva consente di creare un legame empatico tra gli interlocutori, determinando una maggiore efficacia nell’influenzare atteggiamenti specifici nel ricevente. Attraverso la metafora infatti vengono create immagini aventi un universo semantico condiviso. Esse si adattano meglio alle esperienze individuali influenzando così gli atteggiamenti del ricevente.

Nella comunicazione persuasiva dunque l’utilizzo delle metafore consente di far leva sul piano emozionale in modo del tutto personale, in quanto ognuno attribuirà un significato preciso e parzialmente diverso al concetto espresso. Nell’esercizio di scelta multipla l’elevato indice di affidabilità dimostra appunto la coerenza della scelta del completamento in funzione dello scopo della comunicazione. I partecipanti intenzionati a informare l’interlocutore mantenendo un atteggiamento il più possibile oggettivo, scelgono per la maggior parte i corrispondenti letterali che, a differenza delle metafore capaci di orientare l’opinione del lettore, implicano elementi meramente descrittivi.

Nella produzione scritta l’utilizzo coerente della metafora è particolarmente evidente in associazione al tema astratto della noia. Quest’ultimo infatti suggerisce maggiormente la creazione di immagini semantiche rispetto a concetti più concreti e oggettivati come la stimolazione. Nel definire la noia i partecipanti hanno utilizzato metafore come quella del “circolo vizioso”, che richiama un senso incessante di monotonia senza soluzione di continuità.

La noia, nella sua accezione negativa, è associata ad un “appiattimento del cervello” che tende ad “andare in stand-by” inibendo la creatività, una volta calato il livello di attenzione. In alcuni casi i partecipanti hanno distinto tra gli effetti della noia infantile e quella adulta. Nel primo caso essa può portare il bambino alla creatività, spinto dal desiderio di vincerla. Nel secondo caso invece la noia è esclusivamente intesa in termini negativi di assopimento o addirittura di morte cerebrale. Nella sua accezione positiva invece viene valutata come antecedente causale della creatività. L’implicita capacità di “portare alla luce” elementi inconsci proponendoli in una nuova forma, garantisce l’unicità del pensiero prodotto. Viene quindi fatto maggiore riferimento, in questo caso, all’attivazione di schemi di pensiero nuovi che mettono in risalto ragionamenti creativi conseguenti l’aumento dell’attenzione. Sono riportate di seguito le risposte più significative, tenendo in considerazione che 6 partecipanti, su 140 intervistati, non hanno riportato risposte coerenti con la consegna proposta:

“…nei momenti di noia il nostro cervello si “addormenta” entrando in un circolo vizioso…”

“…la noia porta con sé altra noia…”

“…la noia è qualcosa che paralizza la nostra mente inibendo qualsiasi spunto creativo. È una sensazione di “calma piatta”, di “bonaccia” in cui viene a mancare il vento della creatività.”

“…la noia assopisce le persone, quando siamo annoiati entriamo in un tunnel sempre più buio, ma ad un certo punto la noia può diventare illuminante. Cerchiamo di vincerla in modo involontario riflettendo e così, spesso, nascono idee geniali.”

“…la noia è come una tela bianca per un pittore in cui vi può essere un “blocco creativo” o un punto di partenza per un’opera incredibile.”

“la noia è paragonabile all’assenza di luce. L’occhio non riesce ad identificare gli oggetti che lo circondano, se presenti, e nemmeno a farci realizzare che non ci sono. L’attenzione e la curiosità sono paragonabili alla luminosità: se anche la luce è fioca, sarà possibile identificare delle forme e, soprattutto, scoprire dov’è la sorgente di luce per vedere in modo chiaro.”

Viene così ad evidenziarsi il motivo della scelta del tema della noia.

Si tratta di una preferenza guidata dalla caratteristica principale di astrattezza che ha permesso di analizzare l’associazione di metafore al tema. Il confronto con la soluzione opposta di stimolazione costante della mente, la quale essendo più concreta e più facilmente associabile ad oggetti o esperienze facilmente rappresentabili e riconoscibili nella quotidianità, ha portato all’evidente distinzione nell’utilizzo dei riferimenti metaforici.

Un secondo criterio guida è stato la caratteristica di ambiguità intrinseca nelle sue applicazioni nei processi educativi infantili. Il presente tema, infatti, è argomento molto discusso in riferimento allo sviluppo della creatività dei bambini.

Per alcuni la creatività si origina in momenti di noia e solitudine, in cui il bambino ha la possibilità di rielaborare i pensieri inconsci portandoli all’attenzione con contributi personali unici. Per altri invece la noia corrisponde solo alla bassa attivazione dei processi cognitivi che conduce ad un sentimento di monotonia e inibisce la creatività. Per chi si affianca a quest’ultima interpretazione è necessario mantenere alta l’attenzione nei bambini, sottoponendoli a continui giochi ed esercizi, al fine di favorire uno sviluppo creativo produttivo.

Il tema tuttavia non poteva essere proposto ad un campione con figli, in quanto la loro vicinanza al tema e la necessità di prendere decisioni a riguardo in riferimento alle esperienze passate con i propri bambini avrebbe condizionato le loro risposte in modo consistente.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva: i risultati

La comunicazione persuasiva: i risultati

Sezione di elaborazione personale

Un primo risultato evidenziato è emerso dall’analisi del primo esercizio elaborazione in cui è stato chiesto ai soggetti di rendere evidente la propria opinione. Si è rilevato un numero più elevato di metafore quando i partecipanti si riferiscono alla noia (M=1.26, SD=1.6) rispetto che la stimolazione (M=.60, SD=1.01), t(63) = 2.05, p = .044.

Più importante, a prescindere dalla loro posizione favorevole piuttosto che contraria, è il fatto che i partecipanti hanno usato un maggior numero  di metafore nella condizione persuasiva (M=.79, SD=1.25) piuttosto che in quella informativa (M=.17, SD=.45), t (134)= 3.77, p<.0001.

Il numero di metafore presenti nel testo di produzione è stato codificato, in un momento successivo, da un secondo giudice ingenuo rispetto agli obiettivi della ricerca, e la correlazione inter-coder è risultata r=.95.  Questo dimostra il fatto che i risultati non sono stati influenzati dalla conoscenza del primo coder. La validità è quindi confermata.

Sezione di scelta multipla: metafore vs. aggettivi

Una seconda analisi ha invece riguardato l’indice di affidabilità di correlazione tra i quattro item dell’esercizio presente nella sezione a scelta multipla del questionario. Tenendo in considerazione il contesto di comunicazione attivato dalla consegna e la scelta della metafora, piuttosto che del suo corrispondente letterale, è risultato un indice di affidabilità di Cronbach pari ad ? =.75 che risulta soddisfacente.  Di conseguenza è stata utilizzata come variabile dipendente la percentuale di volte in cui un soggetto ha scelto la metafora (da 0% a 100%).

Viene evidenziato, attraverso un t-test per campioni indipendenti che, nell’esercizio di scelta multipla presente nell’ultima sezione del questionario, i partecipanti mostrano una preferenza per il termine metaforico nella condizione persuasiva (M=70.42, SD=28.44) piuttosto che in quella informativa (M=20.90, SD=28.40), t (136)= 10.23, p<.0001.

 

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva: il questionario

La comunicazione persuasiva: il questionario

E’ stato creato un questionario da utilizzare in un disegno di tipo between subject. Ai partecipanti viene mostrato lo stesso contenuto, ma in due diversi contesti riferiti a due diverse tipologie di comunicazione: quella informativa e quella persuasiva. Metà dei partecipanti ha compilato il questionario relativo alla comunicazione persuasiva, mentre l’altra metà il questionario relativo alla comunicazione informativa, distribuiti in modo del tutto casuale. La scelta di una duplicità del contesto è data dall’interesse nel testare l’attivazione spontanea di schemi mentali differenti in funzione all’obbiettivo della comunicazione.

Entrambi i questionari si compongono di tre parti, rispettivamente suddivise in parte anagrafica, elaborazione personale e scelta multipla.

Sezione anagrafica

In questa sezione si richiede al partecipante di indicare, attraverso una check list, il genere di appartenenza, l’età in anni compiuti e l’area geografica di residenza a scelta tra Nord, Centro, Sud e Isole in territorio nazionale o indicare Estero, in caso di residenza estera.

Sezione di elaborazione personale

In questa sezione è stata introdotta da un breve testo di riferimento utile a delineare un campo di risposta preciso. Il tema scelto nel suddetto testo è quello della noia, che è presentato al soggetto attraverso due asserzioni contrastanti tra loro.  La prima a favore dello stato di noia come un antecedente causale di uno stato di attenzione e creatività, la seconda invece a sostegno della noia come uno stato di monotonia che inibisce la creatività e l’attività di pensiero.

Di seguito è proposto il testo utilizzato :

“ Secondo alcuni la noia serve a stimolare attenzione e creatività. Nei periodi in cui crediamo di essere annoiati il nostro cervello rielabora i pensieri inconsci per poi portarli all’attenzione della coscienza.

Secondo altri invece la noia porta la mente ad un abbassamento del livello di attenzione e quindi ad una sensazione di monotonia che riduce la creatività e la capacità di produrre pensieri nuovi.

Vengono così a crearsi due approcci equivalentemente validi che vertono però su considerazioni opposte del concetto di noia e della sua applicazione nei processi educativi infantili.”

 

A seguito del testo introduttivo, al partecipante è richiesto quindi di formulare un breve elaborato su quanto precedentemente letto.

Per quanto riguarda il questionario informativo il soggetto deve descrivere ad un interlocutore immaginario le due asserzioni, mantenendo un atteggiamento informativo ed evitando di far trapelare la propria opinione sull’argomento.

E’ riportata in seguito la consegna utilizzata:

“Per favore, descrivi con parole tue quanto hai letto, mantenendo un atteggiamento informativo nei confronti di un interlocutore immaginario. Quindi per favore rimani obiettivo e cerca di  non far trapelare la tua opinione sull’argomento.”

 

Differentemente, per quanto riguarda il questionario persuasivo, il soggetto deve descrivere le asserzioni sul tema della noia, che sono presentate senza variazioni, adottando un atteggiamento persuasivo nei confronti dell’interlocutore immaginario.

In questo caso, quindi, il partecipante deve esprimere la sua opinione personale facendola emergere, in modo evidente, all’interno del testo prodotto.

E’ riportata in seguito la consegna utilizzata:

“Per favore, prendi posizione su quanto hai letto e argomenta il tuo punto di vista per persuadere un interlocutore immaginario. La tua opinione sull’argomento dovrebbe essere evidente nel testo che produrrai.”

 

Sezione a scelta multipla

 

Quest’ultima parte è stata proposta sotto forma di un esercizio suddiviso in quattro frasi a completamento. Il contenuto delle frasi è indipendente dal testo antecedente alla sezione seconda e propone il completamento, per mezzo di un’ aggettivazione,di proposizioni semplici che presentano il medesimo contenuto per ambo i questionari. L’alternativa proposta per completare la frase è a scelta tra una metafora e il suo corrispondente letterale.

La scelta delle metafore e i rispettivi corrispondenti letterali è stata guidata da un pre-test, svolto in separata sede, attraverso un focus group con lo scopo di individuare in una situazione di brainstorming, un insieme di metafore che potessero riferirsi a possibili target ancora da definire; successivamente, attraverso un questionario in cui e stato chiesto di attribuire aggettivi corrispondenti alle metafore presentate, sono state calcolate la frequenza d’uso e la facilità di attribuzione attraverso una scala Likert da 1 a 5 punti.

La valenza semantica delle proposizioni utilizzate nella terza parte del questionario è positiva o negativa in posizione alternata, secondo lo schema negativo-positivo-positivo-negativo.  Anche le alternative di completamento inserite tra parentesi sono state proposte con un’alternanza variabile.

Nel questionario di tipo informativo è stata sollecitata una compilazione delle frasi, strettamente legata alla scelta tra metafora o corrispondente letterale, con il fine di promuovere un’informazione obbiettiva verso un destinatario immaginario.

Di seguito sono riportate le frasi della terza sezione del questionario di tipo informativo:

“Completa ora le seguenti frasi, cercando di dare informazioni obiettive a chi legge:

Paolo è sempre stato ______(un asino/ ignorante)

Marco si allena da un mese, ormai è diventato ______(un fulmine/ molto veloce)

Mi hanno parlato di lui, dicono sia _______(buono/ un pezzo di pane)

Hai mai conosciuto Andrea? È davvero un _____(parassita / approfittatore)”

 

Diversamente, nel questionario di tipo persuasivo, il partecipante è sollecitato dalla consegna a completare le frasi in modo da suscitare un atteggiamento specifico in un destinatario immaginario.

La modalità di aggettivazione delle frasi tuttavia rimane costante, per cui di seguito è i riportata solo la consegna del questionario persuasivo:

“Completa ora le seguenti frasi, cercando di creare un atteggiamento specifico in chi legge:”

 

È bene precisare che si tratta di questionari  autosomministrati in forma cartacea. Il ruolo della ricercatrice è stato limitato alla mera presentazione dello scopo generale di ricerca, ovvero lo studio della comunicazione informativa, o persuasiva, a seconda del singolo caso.

Ai partecipanti non è stato elargito nessun tipo di ricompensa , per cui sono da escludere effetti devianti ad essa relativi.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La Comunicazione persuasiva: Metodologia

La Comunicazione persuasiva: Metodologia

IL CAMPIONE

È stato selezionato un gruppo di soggetti che comprende complessivamente 140 partecipanti, i quali  risultano avere un’età compresa tra 19 e 57 anni.

Un solo partecipante non specifica gli anni compiuti. L’età media di 22,47 anni dipende dal criterio di selezione del target di riferimento che richiede di non avere figli.

Tale condizione è stata verificata tramite una domanda preliminare formulata a voce dalla sperimentatrice.

I soggetti sono stati selezionati facendo riferimento agli ambienti universitari della città di Padova e Bologna.

Localizzazione geografica di convenienza.

Il campione è costituito complessivamente da 98 partecipanti femmine e 42 partecipanti  maschi, 127 dei quali proveniente da regioni del Nord, 5 da Centro, 7 da Sud e Isole e 1 da Estero.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La Comunicazione persuasiva: Obiettivi di ricerca e ipotesi

La Comunicazione persuasiva: Obiettivi di ricerca e ipotesi

 

All’interno di una società composta da soggetti che interagiscono tra loro, assume un ruolo di importanza sempre maggiore la necessità di una comunicazione efficace e diretta.

Per questo motivo è interessante analizzare le caratteristiche della comunicazione persuasiva che, grazie alla capacità di entrare nella sfera emozionale del soggetto, risulta essere recepita più incisiva rispetto alla comunicazione informativa.

Nella comunicazione informativa l’oggetto è presentato in modo puramente descrittivo, la fonte dunque ha lo scopo di esplicitare al ricevente, in modo chiaro e completo, soltanto  le caratteristiche di contenuto.

In quella persuasiva l’oggetto, in particolar modo nel caso di un oggetto astratto, è concretizzato attraverso l’uso della metafora, con l’obbiettivo di indurre un atteggiamento specifico nel  ricevente.

L’atteggiamento mostrato dall’interlocutore è dunque il risultato di una comunicazione persuasiva efficace che, grazie all’utilizzo della metafora, tocca la sfera emotiva e permette a due soggetti interagenti di raggiungere un’intesa empatica.

Lo scopo della ricerca è analizzare se l’utilizzo e la scelta della metafora da parte di un campione siano coerenti o meno con il fine della comunicazione.

Quindi verificare in che termini i partecipanti siano propensi a scegliere spontaneamente un linguaggio metaforico, nel momento in cui vene attivato un contesto  di riferimento persuasivo, piuttosto che informativo.

Si ipotizza che gli atteggiamenti attivati in relazione alla sfera comunicativa risultino coerenti secondo lo schema: persuasione – metafore e informazione – corrispondente letterario.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva

LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA

 

Come anticipato nel precedente paragrafo, per la tradizione classica ogni metafora si basa su somiglianze obiettive preesistenti tra due domini semantici differenti. Ne consegue che l’esito della metafora è sempre prevedibile. Diversamente, la linguistica cognitiva giustifica la metafora alla luce di correlazioni di matrice esperienziale, biologiche o culturali. Ne consegue che la metafora è motivabile solo a posteriori e se esistono infiniti pattern esperienziali, allora qualsiasi metafora è possibile. Implicazioni pratiche sono visibili laddove la consistenza semantica di una metafora perde il suo valore in riferimento a culture e lingue diverse.

In considerazione del fatto che le metafore dunque non rappresentano entità stabili, ma dotate di alta variabilità, allora mediante la “strategia di trasferimento metaforica” è possibile manipolare percezioni e motivazioni intorno ad un concetto, influenzare le relative informazioni, in conclusione modificare la metafora risultante.

Con una serie di cinque esperimenti, Thibodeau e Boroditsky (2011) analizzano le modalità più diffuse tra le persone per risolvere i problemi sociali relativi al crimine ed elaborare decisioni consapevoli, previo raggruppamento delle informazioni a disposizione.  Nel primo esperimento è stato dato ai partecipanti un rapporto sulle percentuali  in aumento dei crimini  avvenuti nella città di Addison, ed è stato chiesto loro di proporre una soluzione. Per la metà dei partecipanti, il crimine fu descritto metaforicamente come una bestia che preda su Addison, e per l’altra metà come un virus che infetta Addison. Il resto del rapporto conteneva statistiche sui delitti che erano identiche per entrambe le condizioni sperimentali. Secondo i risultati le metafore influenzarono sistematicamente il modo in cui le persone proposero di risolvere il problema dei crimini ad Addison.

Quando il crimine fu metaforicamente etichettato come un virus, i partecipanti proposero di investigare la radice del problema e di trattare il problema attraverso una riforma sociale per invitare la comunità ad affrontare la povertà e a migliorare l’istruzione. Quando il crimine fu metaforicamente etichettato come una bestia, i partecipanti proposero di catturare i criminali, di incarcerarli e di decretare leggi di più aspre.Gli autori si focalizzano in particolare sul mancato riconoscimento da parte delle persone, dell’influenza esercitata delle metafore utilizzate.

Bowdle e Gentner (1994) trovano una possibile spiegazione nel fatto che le metafore vengano percepite come analogie o allineamenti strutturali e sul momento in cui avviene tale riconoscimento. Le persone infatti tendono a raggruppare singole rappresentazioni di problemi complessi come il crimine, invece di creare un’unica rappresentazione integrata. Le singole rappresentazioni forniscono al ragionamento una maggiore dinamicità e flessibilità che facilita la presa di decisione.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La Metafora Aspetti teorici

ASPETTI TEORICI

LA METAFORA

A partire da Aristotele la metafora viene considerata dalla tradizione classica uno strumento linguistico, a scopo decorativo (Davidson, 1978; Rorty, 1989; Searle, 1979), utilizzato per comunicare. Il filosofo greco, infatti, sottolinea la capacità di questo artefatto di mettere a confronto elementi distinti che, nella retorica parlata, vengono percepiti dall’ascoltatore come simili.

I termini paragonati condividono, secondo la teoria tradizionale, somiglianze obiettive preesistenti per cui è possibile prevedere l’esito della metafora.

“..Le metafore mettono la cosa sotto gli occhi (tõ poieîn tò prãgma pròommátôn). Questo mettere sotto gli occhi torna varie altre volte nel testo e Aristotele sembra insistervi con convinzione: la metafora non è solo un trasferimento, ma è un trasferimento che è una evidenza immediata – ma evidentemente non consueta, inattesa – grazie alla quale si vedono le cose mentre agiscono (1410b 34), le cose in atto, energoûnta.”
Umberto Eco(2004), Aspetti conoscitivi della metafora in Aristotele.

Riconosciuto quindi, in quest’ultima, uno strumento di comunicazione che oggettivizza concetti astratti, che rende elementi dissimili più simili tra loro e che toglie oggettività all’informazione contenuta (Hobbes, 1651 & 1962; Locke, 1689 & 1997), se ne evidenzia l’implicita possibilità di influenzare atteggiamenti e comportamenti e un conseguente ruolo nella comunicazione persuasiva.

I filosofi del simbolismo umano sono tra i primi a individuare nella metafora un valido strumento per rendere concetti astratti agevoli e fruibili (Arendt, 1977; Cassirer, 1946; Jaynes, 1976; Langer 1979), fornendoli di un fondamento concreto. Ribattezzata dai cognitivisti “metafora concettuale” (Gobbs, 2006; Kövecses, 2002; Lakoff e Johnson, 1980), essa designa una corrispondenza tra elementi semanticamente coerenti all’interno delle strutture dei domini di fonte e di obiettivo. In linea con il principio di invarianza (Lakoff e Turner, 1989; Lakoff, 1993), tale corrispondenza include solo gli elementi del dominio di fonte semanticamente inerenti al dominio di obiettivo. In altri termini, si tratta di una proiezione di parte del contenuto semantico di un concetto astratto (source domain) in uno più concreto (target), ossia un mapping ontologico unidirezionale.

Il valore epistemologico di tale operazione modera l’incertezza interpretativa (Williams e Bargh, 2008), favorendo la comprensione ed organizzazione del mondo circostante (Keefer, Landau, Sullivan & Rothschild, 2011). A seguito di un meccanismo conoscitivo che plasma il pensiero sociale e gli atteggiamenti delle persone, risulta quindi che la metafora facilita l’attribuzione di senso a idee, eventi e comportamenti. A questo proposito, i risultati di alcuni studi di Lakoff e Johnson (1980) rappresentano un valido esempio, per quanto riguarda le metafore di percorso. Le persone tendono a disporre gli eventi della propria vita passata lungo una linea immaginaria, al cui capo finale si colloca il concetto di sé attuale. Questa operazione di organizzazione mnestica è tanto più probabile quando la coerenza tra passato e presente è scarsa. Infatti, la struttura metaforica del passato riduce l’incertezza circa l’identità personale.

Kövecses (2002) classifica la metafora secondo quattro criteri: la convenzionalità si riferisce all’uso quotidiano mentre la funzionalità allo scopo concettuale, la natura definisce il fondamento empirico o esperienziale, la generalità si contrappone alla specificità. Nello specifico, il livello di convenzionalità è determinato dal grado di saturazione della metafora nel linguaggio corrente.  Quanto più l’uso di una determinata metafora è reiterato nel tempo, tanto più diviene patrimonio dell’idioma di riferimento, tanto meno è riconoscibile nel linguaggio corrente.

In relazione alla maggiore o minore complessità del mapping, la funzionalità definisce tre tipi di metafora: strutturale, ontologica, di orientamento. La prima implica una corrispondenza la cui complessità strutturale è maggiore rispetto al dominio di obiettivo. Sono metafore ricche di contenuto informativo, che forniscono indicazioni circa qualità, dimensioni, rapporti (e altro ancora) del target. La metafora ontologica viene usata per dare una base più concreta ad un concetto astratto, senza comunque specificarlo. Infine la metafora di orientamento, detta anche “di coerenza”, assegna appunto coerenza spaziale alla corrispondenza. In riferimento a ciò, le associazioni metaforiche tra valenza e verticalità di Meier e Robinson (2004) supportano le analisi linguistiche di Lakoff & Johnson (1980). Le metafore di verticalità si combinino con la valenza positiva-negativa attribuita dalle persone ai concetti, localizzando ciò che è positivo in alto e il negativo in basso.  Vedi figura1.

Le metafore possono avere una natura logica (o proposizionale) oppure visiva. Nel primo caso la complessità strutturale della corrispondenza, ricca di informazione, si basa su una conoscenza specifica ed è conoscitiva. La metafora di natura visiva invece è determinata da una struttura ricorrente nei processi cognitivi, detta “schema immagine” (Johnson, 1987). Si tratta di strutture semplici da cui non derivano corrispondenze ricche di informazione, a differenza delle one-shot image metaphors, il cui uso in situazioni specifiche contrasta con quello quotidiano delle prime.

Infine la generalità è funzionale a operazioni particolari: interiorizzare un proverbio e applicarlo nella vita concreta o creare personificazioni (Vito, 2008).

In ultima analisi, le metafore sono ulteriormente promosse da quelli che la psicologia cognitiva chiama schemi, mentre restano distinte dalle metonimie. Gli schemi cui le persone si affidano per interpretare e valutare l’ambiente circostante, gli eventi e il proprio pensiero, sono accessibili alla coscienza (Banaji, Hardin & Rothman, 1993; Devine, 1989; Dunning & Sherman, 1997; Fazio, Jackson, Dunton & Williams, 1995; Dio, Ross & Lepper 1979). Tuttavia quando i concetti sono troppo astratti e difficili da organizzare, l’uso congiunto di metafore facilita ulteriormente l’organizzazione del pensiero (Vitto, 2008).

La differenza principale tra metafora e metonimia sta nella relazione tra gli elementi della struttura concettuale creata: mentre per la prima si tratta di corrispondenza, per la seconda è una questione di contiguità(Radden & Kövecses, 1999). La metonimia, infatti, consiste in un processo cognitivo in cui un concetto detto “veicolo” favorisce l’accesso mentale ad un altro concetto, il target. Ne consegue, la metonimia agisce all’interno di uno stesso dominio, detto Modello Cognitivo Idealizzato, ICM (Kövecses, 2002), mentre la metafora realizza una corrispondenza tra due domini semantici distinti.

Nelle metafore quotidiane più utilizzate sono presenti termini dell’astronautica, dell’aeronautica e della navigazione marittima come abbordare, imbarcarsi, sbarcare.  Tra le metafore quotidiane più ricorrenti troviamo associazioni tra contesti come l’amore, il viaggio e la guerra (Lakoff, Johnson, 1980):  “L’amore è un viaggio”.

Nella metonimia invece si utilizza spesso un nome al posto di un altro come, per esempio, quando si fa riferimento all’abito per definire la persona: “Le camicie rosse”; o al contenente per esprimere il contenuto: “Beviamo un bicchiere”

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon