Articolo 13 – Modalità alternative di misurazione
Modalità alternative di misurazione
Molti ricercatori che specificatamente si sono concentrati sullo stress occupazionale, hanno identificato la necessità di approcci che completino la tradizionale ricerca quantitativa (Dick, 2000; Payne & Cooper, 2001).
Per esempio, Meyerson (1994) ha sostenuto che i ricercatori dovrebbero tener conto dei “modi in cui i significati concreti dello stress variano, riflettono e rinforzano le ideologie dominanti delle organizzazioni in cui le persone lavorano” (Dick, 2000; Payne & Cooper, 2001 Meyerson, 1994 citati in Harkness et al., 2005).
Sono state sperimentate strategie alternative di misurazione che rappresentano una risposta alla richiesta dei ricercatori dello stress di usare metodi di ricerca qualitativi, per acquisire una visione dei significati che sono centrali nel processo di stress e di adattamento.
Folkman & Moskowitz (2004) sostengono che molto si può imparare sul processo di stress e sull’adattamento chiedendo alle persone di “raccontare gli eventi stressanti, incluso ciò che è successo, le emozioni che si sono vissute, quello che hanno pensato e fatto man mano che la situazione si dipanava”.
Harkness et al.(2005) hanno condotto uno studio utilizzando, come metodo per la rilevazione, in una prospettiva d’intervento, l’analisi del discorso per esplorare il modo in cui gli addetti comprendono lo stress sul lavoro e scoprirne i significati impliciti. 22 impiegate di una città canadese hanno partecipato ad incontri focalizzati sul gruppo dove parlavano delle loro esperienze di stress al lavoro.
I racconti delle donne sono stati analizzati usando i metodi di analisi del discorso. I risultati rivelavano che parlare dell’essere stressati forniva un modo socialmente accettabile di esprimere il disagio e di riguadagnare un senso di importanza che era andato perduto sentendosi sottovalutate e scarsamente apprezzate nell’organizzazione.
Al contrario, ammettere di non essere in grado di adattarsi allo stress era considerato “anormale”. Il discorso sullo stress alimentava un senso di inadeguatezza e di ambiguità non riconoscendo le influenze esterne sulle esperienze delle impiegate, come ad es. il loro posto all’interno della struttura di potere dell’organizzazione, e limitando il loro senso di controllo sui problemi sperimentati sul lavoro.
Dai risultati sono emersi spunti importanti per lo sviluppo di culture organizzative più sane. E’ emerso che essere stressati o sembrare impegnati è visto come normale per le impiegate donne.
Sfortunatamente, essere occupate non vuol dire necessariamente essere produttive.
Quindi è importante per un’organizzazione incrementare la produttività attraverso una valutazione dei livelli di stress percepito dagli addetti.
Viene suggerito all’organizzazione, allo scopo di ridurre la percezione di stress, un cambiamento nella cultura organizzativa (per es. i datori di lavoro vengono incoraggiati ad essere coscienti dei messaggi che vengono inviano agli addetti su come devono essere trattate le emozioni negative o le esperienze stressanti sul lavoro ossia, come lo stress deve essere gestito.
Inoltre questo studio ha mostrato che lo stress è costruito discorsivamente, con le emozioni normali e negative che sono nascoste sul lavoro per aiutare le impiegate donna a mantenere un sentimento di accettabilità sociale e di controllo sulle loro esperienze di lavoro. Va notato che le impiegate donna in questo studio identificavano una soluzione collettiva allo stress lavoro correlato, cioè, il bisogno di promuovere l’armonia, di comunicare rispettosamente e di riconoscere l’importanza dei rapporti nel migliorare il benessere sul lavoro.
Un altro approccio alternativo è stato quello di usare “l’analisi di incidenti critici” per raccogliere dati sul processo di stress e sull’adattamento correlato al lavoro.
O’Driscoll e Cooper (1996) hanno modellato l’uso di questa tecnica su interviste di descrizione del comportamento, dove “gli antecedenti, i comportamenti e le conseguenze del comportamento erano derivate tramite domande dirette agli individui sulle loro esperienze”.
Gli autori sostenevano che l’uso dell’analisi di incidenti critici per investigare l’adattamento “fornisse un racconto più dettagliato e comprensibile del processo stress – adattamento, rispetto a quanto spesso riscontrato con altre determinazioni” (O’Driscoll & Cooper, 1996, citati in Dewe e Cooper, 2007).
In maniera similare Oakland e Ostell (1996) usavano interviste semi-strutturate per esplorare in dettaglio le situazioni di lavoro, in un modo in cui l’intervista “equivaleva all’approccio diagnostico di un terapista che costruiva un modello di una situazione problematica di un cliente”.
I dati raccolti usando questo approccio illustravano la tremenda complessità di cos’è un processo dinamico, lasciando gli autoria concludere che sebbene le liste di controllo siano ampiamente usate, non possono catturare “la natura sempre in cambiamento del processo di adattamento” e quindi sono “limitate sia nel loro potere descrittivo che in quello di spiegazione” (Oakland e Ostell, 1996 citati in Dewe e Cooper, 2007).
Usando la scrittura di un diario/giornale in un approccio sperimentale piuttosto creativo, Alford et al. (2005) chiedevano a chi rispondeva nel loro gruppo di intervento “di
scrivere un diario per 15-20 minuti ogni giorno per 3 giorni consecutivi, su i loro recenti stress, emozioni e pensieri e progetti correlati”. Gli autori descrivono questa tecnica come “un intervento di basso costo emotivo – espressivo”.
Considerato utile dal gruppo di intervento, lo studio ha mostrato che “la maggior parte rivelava grande quantità delle sue emozioni negli scritti” e per questo gruppo scrivere, portava ad un diminuito stress psicologico e ad un’aumentata soddisfazione sul lavoro.
Questi risultati, sostengono Alford e colleghi, supportano il punto di vista che “esprimere le proprie emozioni in parole e nel contesto di una storia tende a migliorare lo stato di salute mentale“. I diari quotidiani sono stati usati anche (Elfering, Grebner, Semmer, Kaiser- Freiburghaus, Lauper-Del Ponte & Witschi, 2005 citati in Dewe e Cooper, 2007) per esplorare come le caratteristiche croniche interessano il successo dell’adattamento.
I partecipanti venivano addestrati all’uso di diari tascabili e per sette giorni li riempivano ogni volta che provavano stress. Mentre i risultati indicavano la necessità di considerare sia le condizioni croniche che le variabili relative alle situazioni in relazione all’adattamento, le questioni sollevate da questi risultati, secondo gli autori “supportavano la necessità di più studi tipo diario”
LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO CORRELATO: PROSPETTIVE DI INTERVENTO A PARTIRE DAL DECRETO LEGISLATIVO DEL 9 APRILE 2008, N°81 – © Serena Molari