Articolo 12 – Valutazione dello stress lavoro correlato: Strumenti per la misurazione degli effetti dello stress

Strumenti per la misurazione degli effetti dello stress

 

Riprendendo sempre la classificazione proposta da Magnavita (2008), all’interno di quest’ultima categoria l’autore ha identificato gli strumenti utili alla misurazione degli effetti dello stress, distinguendo:

a) stato di salute generale;
b) problemi psichici;
c) benessere psicologico.

Volendo ridefinire la classificazione è possibile raggruppare gli strumenti che indagano i problemi psichici ed il benessere psicologico, riducendo l’identificazione degli strumenti, utili alla misurazione degli effetti dello stress, a: stato di salute generale e lo stato psicologico e psichico dei lavoratori.

a) lo stato di salute generale può essere indagato attraverso l’utilizzo di “liste di sintomi”.

Una di quelle più frequentemente utilizzate è quella contenuta nel:

Questionario IAQ/MM040

la cui versione originale contiene 12 sintomi correlati con la qualità dell’aria.

Per ciascuno il lavoratore esprime la frequenza del disturbo negli ultimi 15 giorni mediante una scala Likert a 3 livelli (mai/qualche volta/spesso).

Esiste un quarto valore, corrispondente ai sintomi che si manifestano spesso sul lavoro.

Nella versione italiana la lista dei sintomi è stata ampliata a 18 domande, includendo sei sintomi comuni non correlati con la qualità dell’aria.

Nell’elaborazione si tiene generalmente conto solo dei sintomi presenti “spesso” o “spesso sul lavoro”. È anche possibile costruire una scala di malessere, sommando i punteggi delle varie domande.

Un altro strumento, del quale esiste anche una versione italiana, è:

Il Subjective Health Complaint Inventory (SHC)

composto da 29 domande relative alla frequenza di sintomi sorti negli ultimi 30 giorni. Fornisce un punteggio complessivo e cinque subscale, relative a disturbi muscoloscheletrici, pseudoneurologici, gastrointestinali, allergici e influenzali.

Infine vengono elencati alcuni strumenti definiti come indicatori generici di qualità della vita fra i quali quelli più utilizzati in Italia SF-36 e la sua versione abbreviata SF-12. l’FS-36 è composto da 36 domande che permettono di assemblare 8 differenti scale: AF-attività fisica (10 domande), RP-limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (4 domande) e RE-limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande), BP-dolore fisico (2 domande), GH-percezione dello stato di salute generale (5 domande), VTvitalità

(4 domande), SF-attività sociali (2 domande), MHsalute mentale (5 domande) e una singola domanda sul cambiamento nello stato di salute.

L’applicazione di questo strumento ha mostrato la presenza di due macro-fattori, costituiti da una componente fisica e da una componente mentale.

b) al fine di completare l’indagine sugli effetti dello stress sulla salute è necessario valutare lo stato psicologico e psichico dei lavoratori.

A tale scopo possono essere utilizzati strumenti di rilevazione dell’ansia, della depressione e del burnout. Per valutare lo stato d’ansia uno degli strumenti più utilizzati è il questionario STAI:

STAI di Spielberg (1970):

esso indaga due forme di ansia: “l’ansia di stato”, è una condizione relata agli eventi, ossia è un indice delle modalità che il soggetto ha di reagire ad un evento nuovo; “l’ansia di tratto”, permette di cogliere le caratteristiche stabili della personalità. La versione italiana del questionario è costituita da 20 domande.

Un altro strumento ampiamente utilizzato è:

La scala di ansia e depressione di Goldberg (1988).

L’ampio utilizzo di questo strumento è stato favorito dalla sua semplicità diagnostica. E’ stato elaborato infatti allo scopo di agevolare l’esigenza dei medici, di medicina generale e di altri medici non specialisti in psichiatria, di riconoscere l’esistenza di malattie psichiatriche nei propri pazienti, con un metodo relativamente semplice, economico e di rapida applicazione. Il questionario è composto da due scale di 9 domande con risposta dicotomica (no/si), il cui punteggio è dato dalla somma delle risposte positive.

L’analisi fattoriale indica che la scala di ansia è omogenea. La scala di depressione vice versa presenta due componenti, la prima relativa alla ipoattività tipica del disturbo distimico (6 item), la seconda relativa all’alterazione dell’immagine di sé (3 item).

Un paziente che risponda positivamente a cinque delle nove domande della scala A, o a due della scala D, ha il 50% di possibilità di avere un disturbo d’ansia e, rispettivamente, di depressione clinicamente rilevante.

Il questionario A/D conserva nella versione italiana le caratteristiche dell’originale.

La corretta e definitiva diagnosi dovrà essere posta, evidentemente, dallo psichiatra, sulla base di successivi accertamenti, in un secondo momento. Il questionario difatti non è stato pensato come sostituto della diagnosi né dell’anamnesi psichiatrica, ma come strumento epidemiologico.

Lo stesso Goldberg consigliava di valutare la prevalenza dei disturbi affettivi in popolazioni lavorative, e incoraggiava l’uso di una versione più breve, di sole quattro domande, che conserva una discreta potenza diagnostica (Goldberg 1988 citato in Magnavita, 2008).

Il questionario è stato infatti ampiamente usato in ambienti di lavoro per l’identificazione precoce di casi per i quali è desiderabile un approfondimento diagnostico.

Questo strumento può inoltre fornire una misura del livello di benessere psicologico in una popolazione lavorativa o gruppo omogeneo, e risultare quindi di particolare utilità negli studi epidemiologici trasversali e longitudinali.

Goldberg (1972) inoltre ha sviluppato:

Il General Health Questionnaire (GHQ)

che è probabilmente il questionario più usato per la rilevazione del rischio di disturbi psichiatrici minori a carattere acuto o, inversamente, per la misurazione del benessere psicologico a breve termine. Del GHQ esistono diverse versioni e in diverse lingue e varie formulazioni. Quella originale è costituita di 30 domande, ma esistono forme ridotte, una costituita da 28 domande e l’altra da 12 domande, ampiamente usata negli studi sul campo. Queste ultime uniscono alpregio di una maggiore brevità una più ampia articolazione in quattro subscale.

Il punteggio del GHQ può essere valutato con tre metodi alternativi ma indipendentemente dal metodo utilizzato il punteggio è generalmente unidimensionale.

Merita infine di essere citato uno strumento ampiamente usato per indagare il “job burnout” che la Maslach rappresenta come una “specifica sindrome da stress cronico caratterizzata da tre dimensioni”: (1) Esaurimento emotivo (emotional exhaustion): rappresenta la componente centrale e più tipica del job burnout e consiste nella sensazione della persona di aver “bruciato” tutte le energie psicologiche; si sente svuotata e senza più risorse fisiche ed emozionali per affrontare l’attività lavorativa. L’esaurimento è la dimensione maggiormente legata allo stress e al benessere fisico, oltre che psicologico, e costituisce anche l’aspetto più approfondito dalla ricerca scientifica. Può considerarsi una condizione necessaria, ma non sufficiente alla comparsa del job burnout; (2) Depersonalizzazione o spersonalizzazione (depersonalisation): rappresenta la componente interpersonale del job burnout ed è caratterizzata da un esasperato distacco nella relazione con gli utenti/clienti attraverso un processo di “deumanizzazione” che si esprime nel trattare gli altri come oggetti o numeri piuttosto che come persone (Kahill, 1988; Maslach, 1982 citati in Borgogni e Consiglio, 2005). La depersonalizzazione costituisce quindi una reazione di difesa, che si manifesta attraverso un atteggiamento freddo e cinico, di indifferenza e annullamento delle emozioni; (3)

Ridotto senso di riuscita professionale o ridotta efficacia professionale (reduced personal accomplishment, professional efficacy): rappresenta la componente di valutazione di sé del job burnout, caratterizzata da un crescente senso di inadeguatezza, dalla mancanza di fiducia circa le proprie possibilità di riuscita nell’attività professionale.

A partire da queste dimensioni teoriche, la Maslach ha elaborato il diffuso il questionario:

MBI-Maslach Burnout Inventory (Maslach e Jackson, 1981, 1986; Maslach, Jackson e Leiter, 1996 citati in Borgogni e Consiglio, 2005).

Il questionario è composto da 22 item che misurano le tre dimensioni individuate. La frequenza con cui il soggetto sottoposto al test prova le sensazioni relative a ciascuna scala è saggiata usando una modalità di risposta a 6 punti, i cui estremi sono definiti da “mai” ed “ogni giorno”. Il burnout è concepito nel questionario come una variabile continua non come una variabile dicotomica, che può essere solo presente o assente.

Inizialmente il questionario era stato appositamente costruito per essere somministrato nelle helping professions. Recentemente Maslach e Leiter (Maslach e Leiter 1999; Maslach, Schaufeli e Leiter, 2001 citati in Borgogni e Consiglio, 2005) hanno rivisto la precedente concettualizzazione del job burnout, estendendone la pertinenza e l’applicabilità a tutti i contesti organizzativi ed apportando alcune modifiche allo strumento di misura preesistente. La messa a punto del nuovo strumento MBI-General Survey (Maslach, Jackson e Leiter, 1996), ha dato una forte spinta alle numerose ricerche recenti che dimostrano l’estendibilità del costrutto alle organizzazioni produttive.

Le tre dimensioni costitutive vengono adesso articolate con item meno caratterizzanti il contesto (sociosanitario) e definite come: esaurimento (exhaustion), disaffezione lavorativa (cynicism) ed efficacia professionale o inefficacia (professional efficacy o inefficace) (Maslach e Leiter, 1999 citati in Borgogni e Consiglio, 2005); è il disaffezione lavorativa quello che si discosta maggiormente dall’originaria formulazione (Leiter e Schaufeli, 1996 citati in Borgogni e Consiglio, 2005). Con depersonalizzazione ci si riferiva ad una modalità disfunzionale di affrontare la richiesta emotivamente coinvolgente dell’utente (attraverso il distacco da quest’ultimo), invece con disaffezione lavorativa si intende riferirsi ad un generico atteggiamento di indifferenza, freddezza e distanza emotiva dal lavoro ed alla risposta difensiva nei confronti di vari aspetti della vita lavorativa (Maslach e Leiter, 1999; Borgogni, Armandi, Consiglio e Petitta, 2005 citati in Borgogni e Consiglio, 2005).

LA VALUTAZIONE DELLO STRESS LAVORO CORRELATO: PROSPETTIVE DI INTERVENTO A PARTIRE DAL DECRETO LEGISLATIVO DEL 9 APRILE 2008, N°81 – © Serena Molari