La credibilità del comunicatore
La credibilità del comunicatore
Le speculazioni sugli effetti del carattere e del prestigio sulla persuasione sono di antica data. Più di 300 anni prima di Cristo, Aristotele scrisse:
“crediamo di più e più facilmente alle persone oneste; questo è vero nelle questioni generali e lo è tanto più in quelle che non comportano certezza, ma opinabilità. Quindi, non bisogna pensare come alcuni dei trattatisti che ritengono che in quest’arte la stessa onestà dell’oratore non conferisca per nulla alla persuasione; ma anzi, il carattere porta quasi la prova più forte[1]”.
Ci sono voluti 2.300 anni perchè l’osservazione di Aristotele potesse essere verificata scientificamente, a opera di Carl Hovland e Walter Weiss[2]. Sottoposero a parecchie persone una comunicazione a sostegno di un particolare punto di vista, ad esempio la realizzabilità di sommergibili atomici.
Alcuni vennero informati che la proposta era stata fatta da una figura pubblica di grande credibilità; negli altri casi, la medesima proposta venne attribuita a una fonte poco credibile. Nello specifico, la tesi sulla costruzione di sommergibili fu attribuita a J. Robert Oppenheimer, rispettato fisico atomico di fama nazionale, e alla “Pravda”, il giornale ufficiale del partito comunista dell’Unione Sovietica, una pubblicazione che negli Stati Uniti non godeva fama di obiettività e veridicità.
Una cospicua percentuale di coloro che credevano che l’autore della comunicazione fosse Oppenheimer cambiò idea; ora erano più convinti della fattibilità del sommergibile atomico, pochissimi di quelli che lessero l’identica comunicazione attribuita alla “Pravda” cambiarono idea in quella direzione.
Cosa mancava alla “Pravda” che aveva invece il fisico? Aristotele disse che noi crediamo alle persone oneste, espressione con la quale intendeva le persone di alto calibro morale. Hovland e Weiss impiegarono il termine credibile, privo delle connotazioni morali presenti nella definizione aristotelica.
Oppenheimer è credibile, non è cioè necessariamente “buono” ma è nello stesso tempo “esperto ed attendibile”. È sensato farsi influenzare da comunicatori attendibili che sanno di cosa stanno parlando. Inoltre, certi attributi periferici del comunicatore possono risultare decisivi per alcune persone; tali attributi servono a rendere un dato comunicatore molto efficace oppure molto inefficace.
I pubblicitari approfittano di questa situazione, e spesso fanno leva su fattori irrilevanti per aumentare l’efficacia del soggetto che si fa portavoce del messaggio. Bill Cosby, ad esempio, è stato protagonista diversi anni fa di una serie di pubblicità nelle quali interagisce giocosamente con i bambini. Racconta ai bambini quanto è deliziosa una certa marca di budino e insieme ridono e gustano le loro merendine. Inoltre, ricorda al pubblico che il prodotto non solo è buono, ma fa bene, perchè fatto con il latte.
Cos’è che fa di Cosby un esperto di bambini e di alimentazione? Il fatto che negli anni ottanta, nel Bill Cosby Show, avesse impersonato il ruolo del dr. Cliff Huxtable, serio ginecologo, nonchè padre affettuoso, divertente e attento di cinque bambini.
Per quanto Cosby non sappia di alimentazione molto più dello spettatore medio, esso certamente diventa tanto più credibile e affidabile quanto più viene identificato con il suo ruolo particolare.
Un altro aspetto importante che determina l’efficacia di un comunicatore è quanto questi è attraente o piacente, a prescindere dalla competenza o dall’attendibilità complessive.
Judon Mills fece un semplice esperimento da laboratorio che dimostrò che una bella donna – non solo per la sua bellezza – può avere un impatto considerevole sulle opinioni di un pubblico, anche su argomenti totalmente privi di relazione con il suo aspetto, e inoltre, che il suo impatto è massimo proprio quando esprime apertamente il desiderio di influenzare il pubblico[3].
In un certo senso, le persone reagiscono come se tentassero di compiacere qualcuno che trovano attraente. Un esperimento successivo non solo confermò la scoperta che i comunicatori più piacenti sono anche i più persuasivi, ma arrivò a dimostrare che si presume che le fonti attraenti sostengano posizioni desiderabili[4].
Richard Petty, John Cacioppo e David Schumann hanno dimostrato che in almeno un caso non seguiamo i dettami delle persone socialmente attraenti – quando siamo motivati a pensare alla questione in oggetto[5]. Ciò significa che l’attrattività della fonte ha un impatto inferiore quando operiamo nel percorso centrale, e non periferico, della persuasione.
L’efficacia dimostrata dalle fonti attraenti nella vendita di prodotti e nella modificazione degli atteggiamenti dimostra che loro non soddisfano per noi solo il desiderio di avere opinioni corrette o di orientarsi nel mondo. Le nostre credenze e gli atteggiamenti servono anche ad attribuire un certo senso del Sè. Acquistando la “cosa giusta”, lusinghiamo il nostro ego ed esorcizziamo le “manchevolezze” divenendo uguali alle celebrità che amiamo.
I pubblicitari sanno benissimo che crediamo quello che crediamo e compriamo quello che compriamo, per coltivare l’immagine di noi stessi. Essi impregnano i loro prodotti di “personalità”. Le sigarette Malrboro sono da macho, la Bmw è yuppie, C Klein è chic.
Per affermare il personaggio che desideriamo essere, dobbiamo acquistare e mettere in mostra i prodotti giusti.
Lo stesso discorso vale per la politica. Quanto è generalizzato l’uso della pubblicità per creare immagini seducenti dei candidati politici? Secondo Kathleen Hall Jameison, i candidati americani alla presidenza hanno sempre cercato di creare immagini di sè gradite agli elettori, almeno fin dal 1828, epoca della vittoria di Andrew Jackson su John Quincy Adams[6].
Nel 1952 Eisenhower ingaggiò come consulenti chiave della sua campagna due agenzie pubblicitarie (la Bbdo e la Young % Rubicam) e si servi’ dell’aiuto volontario di una terza (Ted Bates).
Le agenzie pubblicitarie professioniste vennero impiegate in maniera generalizzata nelle campagne presidenziali. Oggi, le agenzie pubblicitarie, i sondaggisti politici e gli esperti di mass media sono un’istituzione della politica e figurano spesso tra i ranghi più elevati dei consiglieri politici. Ailes, nel suo libro, sottolinea la caratteristica fondamentale di un grande oratore:
Se c’è un elemento delle comunicazioni personali da padroneggiare più potente di tutto quello che abbiamo discusso, quell’elemento è la qualità di piacere. Io lo chiamo la pallottola magica, perchè se si riesce a piacere al proprio pubblico esso dimenticherà praticamente tutto quello che farete di sbagliato. Se non gli si piace, si rischia di seguire alla perfezione tutte le regole senza ottenere nulla[7].
Dilenschneider, nel suo bestseller Power & Influence, dispensa consigli di ordine generale per accrescere la credibilità :
- stabilire obiettivi iniziali facili e poi dichiarare vittoria (ciò permette di essere visti come un leader forte
- usare l’ambiente per rafforzare l’immagine (Reagan, ad esempio, progettò il proprio podio presidenziale per apparire potente e tuttavia amabile e controllato
- le interviste dovrebbero essere rilasciate in contesti adeguati al messaggio
- scegliere le cose negative che verranno scritte sul vostro conto (far conoscere al cronista quei difetti che in seguito sarà possibile spiegare e giustificare, permette di dare una buona immagine di sè)
- cercare di capire cosa vedono gli altri, per fare poi leva su ciò che preferiscono
- apparire coerente nei media (dicendo poche cose, ripetendole di continuo)
- non mentire alla stampa, ma non farsi scrupolo di manipolare i media[8]
I consigli di Ailes e Dilenschneider sono molto distanti dalla prescrizione aristotelica del comunicatore onesto. La credibilità è fabbricata, non guadagnata. La credibilità è creata attraverso un’attenta gestione della situazione, affinchè il protagonista dell’evento, il comunicatore, appaia esattamente quale deve apparire; amato, credibile, forte, esperto, o qualsiasi altra immagine serva sul momento.
Una volta che l’immagine è creata sotto forma di una celebrità o di un uomo politico, può essere venduta e comprata come una merce, per promuovere qualsiasi causa che disponga delle risorse per acquistare i “diritti” sull’immagine[9].
[1] Aristotele, Retorica, a cura di A. Plebe, Bari, Laterza, 1961
[2] Hovland C, Weiss W., The influence of source credibility on communication effectiveness, in Public Opinion Quarterly, 1951, pp. 635-650
[3] Mills J, Opinion change as a function of communicator’s attractiveness and destre to influence, in Journal of Personalità and Social Psychology, 1965, pp. 173-177
[4] Eagly A, An attribution analysis of the effect of communicator characteristics on opinion change, Journal of Personality, 1975, pp. 173-177
[5] Petty, Schumann, The moderating role of involvement, 1983, pp. 134-148
[6] Jameison K, Packaging the presidency, NY, Oxford University Press, 1984
[7] Ailes R, You are the message, NY, Doubleday, 1988, pp. 81
[8] Dilenschneider R, Power & Influence, NY, Prentice-Hall ,1990
[9] Pratkanis A, Aronson E., L’età della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 198-199
© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich