La Testimonianza: l’attendibilità
La Testimonianza: l’attendibilità
Su autorizzazione dell’autrice Dott.ssa Chiara Vercellini, tratto da http://www.psicologiagiuridica.com/
L’attendibilità di una testimonianza fa riferimento sia alla sua accuratezza (aspetti percettivi, cognitivi e riproduttivi), sia alla sua credibilità (aspetti motivazionali, interesse personale, desiderabilità sociale, voglia di compiacere, pregiudizi) (Gulotta, 2008).
Per quel che riguarda, l’accuratezza della testimonianza, è necessario tenere in considerazione il rapporto che sussiste fra la realtà oggettiva, cioè ciò che si è veramente verificato, e la ricostruzione soggettiva dei fatti compiuta dal soggetto, cioè ciò che egli ritiene di aver percepito (Loftus, 1999; Gulotta 1987 e 2002; De Cataldo, 1988; Cavedon, 1992; Mazzoni, 1997 e 2000); mentre, per quel che riguarda la credibilità, si deve far riferimento al rapporto tra la realtà soggettiva e la realtà riferita, tenendo in considerazione gli aspetti motivazionali, l’interesse personale, la desiderabilità sociale, la voglia di compiacere e i pregiudizi (Gulotta, 2000).
Proprio questo, infatti, rappresenta uno dei maggiori problemi relativi alla testimonianza e all’investigazione, poiché esse riguardano non tanto quello che è successo, ma quello che viene raccontato di ciò che è successo (Gulotta, 2008, Rossi, Zappalà, 2004).
Poiché, dunque, il ricordo di un evento è, in realtà, la sua ricostruzione, è necessario esaminare sia i fattori che intercorrono prima dell’evento, sia quelli costituenti le fasi del processo mnestico e, infine, le azioni ed i processi che accadono dopo l’evento e che potrebbero alterarne la ritenzione ed il recupero (Petruccelli, Petruccelli, 2004).
In particolare, utilizzando il quadrato semiologico di Greimas, si evince che la testimonianza dipende dal rapporto fra il dire ed il sapere, per cui, testimoniare significa “dire e sapere”, essere reticente significa “sapere e non dire”, ignorare significa “non sapere e non dire” ed errare significa “dire e non sapere” (Gulotta 2000, 2008).