Conclusioni

Conclusioni

 

Ad ulteriore convalida delle tesi sopra esposte, si ritiene opportuno procedere ad un’analisi di maggior dettaglio, utilizzando i risultati parziali dei questionari per singola agenzia. In altre parole, ci si focalizzerà sui gap delle varie agenzie, ricavando da ciò delle conclusioni maggiormente ponderate. A tal fine si utilizzeranno delle “variabili empiriche di controllo”, che serviranno a dimostrare se effettivamente le considerazioni fatte sulla base del report medio di gruppo, trovano conferma nei risultati parzali delle singole agenzie. Si è così richiesto alle agenzie sottoposte ad indagine alcune informazioni di natura oggettiva, ossia quantificabili, da leggere alternativamente come gli effetti e le con-cause del non corretto o appropriato utilizzo delle leve motivazionali, qualora si evidenzi una loro corelazione con le leve stesse. Per maggiore chiarezza è opportuno procedere con ordine, analizzando i singoli aspetti. Perchè, poi, l’analisi parziale evidenzi dei pesi più determinanti, rispetto al particolare fenomeno osservabile in una singola agenzia, si è scelto di riaggregare le 12 agenzie in 4 gruppi caratterizzati dalla presenza, al loro interno, di agenzia con variabili di controllo analoghe. Per facilitare i confronti e riottenere report riferiti alle nuove unità di analisi (i gruppi omogenei e non la singola agenzia), si è ristrutturato in Matrix l’organigramma originario dell’azienda, introducendo le nuove modifiche.

Ritornando alla trattazione delle variabili di controllo, vengono adesso approfondite in dettaglio. Per quanto riguarda la selezione, si è scelto di richiedere il numero di ore di assenteismo mensile, ipotizzando che un eventuale elevato valore sia imputabile ad un’errata selezione di persone non motivate. Come da ipotesi di partenza, i gap attitudinali non sono correlabili a questa leva, essendosi riscontrati in tutti i gruppi bassi tassi di assenteismo. Riguardo alla disponibilità di percorsi di carriera, si è richiesta la permanenza media (in termini di mesi) dell’agente all’interno dell’affiliato, constatando come i gap attitudinali non siano nei gruppi di agenzie con permanenza media elevata. Evidentemente non sono importanti, nella fattispecie, gli incentivi a lungo termine, non venendo questo percepito come un lavoro che consente un elevato sviluppo di carriera. Non si può dire la stessa cosa riguardo una leva che sta sullo stesso orizzonte temporale: la formazione, essendo stata richiesta, in questo caso l’anzianità media (in termini di anni) dell’affiliato di provenienza. I gap attitudinali si sono concentrati maggiormente nei gruppi di agenzie più longeve, le quali, quindi, oltre a non aver investito in passato in formazione, sono probabilmente portatori di metodi gestionali più arretrati, non percependo l’importanza e la forza motivazionale dell’apprendimento continuo. Per quanto riguarda la comunicazione interna e il team working, i risultati parziali sobbalzano quelli sintetici. In questo caso infatti la variabile richiesta è stata il numero di riunioni e focus group mensili, laddove i maggiori gap si sono concentrati sui gruppi di agenzie che meno utilizzano questi strumenti di partecipazione e ascolto. Ciò conferma l’appropriatezza del loro utilizzo, che come si è detto era stata già prevista in ipotesi. Lo stesso dicasi per il clima interno, la cui appropriatezza è stata misurata da attività collaterali come newsletter, cene, tornei aziendali e quant’altro. Un elevato turnover annuale, è stato poi il parametro che ha spiegato il fallimento di politiche di incentivazione a breve termine, tra cui si fa rientrare la trasformazione di parte della retribuzione da variabile in fissa. Essendo i gap attitudinali correlati con le agenzie affette da più alto turnover, ciò non ha fatto altro che confermare le già previste caratteristiche “strutturali” del settore. Infine i gap attitudinali si sono maggiormente concentrati nelle agenzie in cui più carente è stata la predisposizione di indici di performance e la predisposizione di blueprint e manuali operativi, confermando come siano da ritenersi strategici, come previsto soprattutto nel contesto in esame, le politiche di goal setting e job desciption.

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© Analisi dei processi di motivazione nella gestione delle risorse umane – Davide Barbagallo