Lo sviluppo dell’interesse per il mobbing

LO SVILUPPO DELL’INTERESSE PER IL MOBBING

Lo sviluppo dell’interesse per il mobbing

Nonostante le sue origini si perdono nei primordi dell’industrializzazione e da sempre sembra caratterizzare l’ambiente di lavoro (Maier, 2003), il mobbing è un fenomeno che è entrato recentemente nel campo della ricerca organizzativa e lavorativa e l’esplosione d’interesse rivolto ad esso ha fatto sì che si meritasse l’appellativo di “argomento della ricerca degli anni ‘90” (Hoel et al., 1999 in Einarsen, Hoel, Zapf e Cooper, 2003).

Il termine mobbing  venne utilizzato per primo dall’etologo Konrad Lorenz nei suoi studi per indicare il comportamento di alcuni animali della stessa specie che, coalizzati contro un membro del proprio gruppo, lo attaccano ripetutamente al fine di escluderlo dalla comunità di appartenenza (Favretto e Sartori, 2005).

Successivamente, questo termine è stato introdotto nell’ambito della ricerca sull’aggressività tra i bambini in età scolare da Heinemann (nel 1972), che lo adottò da una traduzione in svedese del libro di Lorenz sull’aggressione.

Questo portò parte dei ricercatori ad utilizzare il termine mobbing come un comune descrittore per la vittimizzazione tra i bambini nelle scuole, divenendo sinonimo di bullying.

Allo stesso modo, fu Leymann che nel 1986 prese in prestito il termine mobbing per descrivere una specifica aggressione tra adulti sul luogo di lavoro (Einarsen, Hoel, Zapf e Cooper, 2003).

Dagli anni ’80 agli anni ’90, dalla Scandinavia fino all’Europa e oltreoceano, il mobbing trovò gran risonanza sia nell’ambito accademico che non, dove articoli e libri scientifici e divulgativi vennero scritti in molte lingue e dove conferenze e simposi discutevano e disseminavano consapevolezza sul problema.

In Tabella 1 sono riportate le tappe principali che il fenomeno ha vissuto fino alla sua conclamata popolarità.

 

Tabella 1. Sviluppo della ricerca scientifica sul mobbing




Anno e luogo di pubblicazione

Autore

Descrizione

1963, Austria

Lorenz, K.

Nel libro Das sogenannte Böse utilizza il termine mobbing per indicare un particolare comportamento aggressivo animale della stessa specie

1972, Svezia

Heinemann, P.

Nel libro Mobbning – Gruppvåld bland barn och vuxna viene descritto un tipo di comportamento ostile di lunga durata riscontrata tra scolari

1976, Canada

Brodsky, C. M.

In The Harrased Worker descrive il fenomeno del mobbing in tutto e per tutto, ma il libro non avrà nessun impatto fino a molto tempo dopo

Anni ‘80, Scandinavia

 

Si avvia l’interesse per il mobbing sul luogo di lavoro

1984, Svezia

Leymann, H. e Gustavsson, B.

Nel libro Psykiskt void i arbetslivet. Tvd esplorativa undersokningar si riferiscono al mobbing come a un tipo di vessazione psicologica, esercitata sul posto di lavoro ripetuta e prolungata nel tempo

1986, Svezia

Leymann, H.

Attraverso vari studi emprici in diverse organizzazioni incontrò il fenomeno del mobbing che descrisse nel libro Vuxenmobbning, om psykiskt vald i arbetslivet

Inizi anni ’90, Europa

 

L’interesse rimase principalmente nei paesi nordici con poche pubblicazioni disponibili in inglese

1992, Regno Unito

Adams, A.

Grazie al suo libro Bullying at Work. How to confront and overcome it e ai suoi documentary su BBC radio, la questione del mobbing fu presa fermamente in considerazione anche nell’agenda inglese

1993, Germania

Leymann, H.

Col fine di diffondere la consapevolezza del mobbing nei luoghi di lavoro, scrisse in tedesco il libro Mobbing. Psychoterror am Arbeitsplatz und wie man sich dagegen wehrenkann.

1994, Stati Uniti

Keashly, L.

Il suo lavoro, Abusive behavior in the workplace: a preliminary investigation, offrì un inquadramento concettuale coerente del workplace bullying negli USA.

Metà anni ’90, Europa ed Australia

 

La consapevolezza del fenomeno iniziò a prendere piede e diffondersi nei vari paesi europei e non: Austria (Niedl, 1995; Kirchler e Lang, 1998), Italia (Ege, 1996), Paesi Bassi (Hubert and van Veldhoven, 2001), Ungheria (Kauscek e Simon, 1995) e Australia (McCarthy et al., 1996).




Riflessione contemporanea

La crescente attenzione data al mobbing può essere spiegata in parte dal recente cambiamento economico e sociale.

Per sopravvivere, le organizzazioni devono affrontare continue pressioni che portano a downsizing e ristrutturazioni per sostenere competitività in una crescente economia globale. Le poche persone vengono lasciate con più lavoro in un clima d’incertezza (Einarsen, Hoel, Zapf e Cooper, 2003).

Incertezza, mobilità, rischio e opportunità sono concetti che descrivono la società odierna caratterizzata da un capitalismo flessibile e da un’economia della velocità (Rifkin, 2000).

Tale società che vede le strutture produttive trasformarsi profondamente, per adattarsi alle necessità del mercato, conosce anche sul versante lavorativo cambiamenti non irrilevanti.

Questa adozione di filosofie e modelli gestionali flessibili e una maggiore diversificazione della forza lavoro, provocano mutamenti ad un ritmo talmente frenetico, che possono avere effetti collaterali sulla salute psicofisica dei lavoratori e sulla qualità della loro vita lavorativa, così come sul benessere delle organizzazioni stesse interessate da simili mutamenti (Sennet, 2000).

E’ indubbio che questo nuovo modello di azienda e lavoro flessibile sia pensato per apportare salute, benessere e prosperità tramite il potenziamento della competitività delle aziende e della capacità di inserimento e sviluppo professionale della forza lavoro, ma dove questi processi non vengono attuati con particolare cautela e attenzione al fattore umano (Maier, 2003), i suddetti fattori possono portare un clima nel quale l’insicurezza diviene endemica, creando un ambiente lavorativo nel quale si rafforzano le probabilità di conflitti interpersonali e mobbing (Einarsen, Hoel, Zapf e Cooper, 2003).

La maggior parte degli uomini e delle donne sopportano questo abuso non facendo niente perché hanno paura per il loro posto di lavoro e dei valori estrinseci ad esso legati.

Con famiglie da sostenere e mutui da pagare, mantenere il silenzio è spesso l’opzione scelta. Mentre chi trova il coraggio di confrontare la questione è probabile che venga etichettato come portatore di problemi o di essere accusato di insubordinazione (Beasley e Rayner, 1997).

Bibliografia

Beasley, J., & Rayner, C. (1997). Bullying at work: after Andrea Adams. Journal of Community & Applied Social Psychology, 7, 177-180.

Einarsen, S., Hoel, H., Zapf, D., & Cooper, C. L. (Eds.) (2003). Bullying and Emotional Abuse in the Workplace: International perspectives in research and practice. London: Taylor & Francis.

Favretto, G., & Sartori, R. (2005). Il mobbing come distress relazionale. In Favretto, G. (a cura di). Le Forme del Mobbing. Cause e conseguenze di dinamicheorganizzative disfunzionali. Milano: Raffello Cortina Editore.

Maier, E. (2003). Il mobbing come fenomeno psicosociale. In Depolo, M. (a cura di). Mobbing: quando la prevenzione è intervento: Aspetti giuridici e psicosociali del fenomeno. Milano: Franco Angeli.

Rifkin, J (2000). L’Era dell’Accesso. La rivoluzione della new economy. Milano: Mondadori.

Sennet, R. (2000). L’uomo flessibile. Milano: Feltrinelli.

 

Il Mobbing – © Marco Benedetti